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giovedì 21 febbraio 2019

Octavio Paz. Per ogni lingua che si estingue scompare una immagine dell'uomo

La poesia, nel passato, era al centro della nostra società, ma con la modernità si è ritirata ai suoi margini. Io penso che l'esilio della poesia sia anche l'esilio del meglio del genere umano.
Octavio Paz

Per ogni lingua che si estingue scompare una immagine dell'uomo
Octavio Paz (Città del Messico,1914 - 1998)


Imparare a parlare è imparare a tradurre
Octavio Paz (Città del Messico,1914 - 1998)


"la lingua è un'impronta, l'impronta maggiore della nostra condizione umana"
Octavio Paz (Città del Messico,1914 - 1998)

Scopriamo così una verità semplice e doppia: primo, siamo una comunità di popoli che parlano la stessa lingua; secondo, parlarla è un modo, tra i tanti, di essere umani
Octavio Paz (Città del Messico, 1914 - 1998)


E di qui deriva anche il fatto che l’amore è, pur senza intenzione, un atto antisociale, perché ogni volta che giunge a realizzarsi fa a pezzi il matrimonio e lo trasforma in ciò che la società non vuole che sia: la rivelazione di due solitudini le quali creano di per se stesse un mondo che rompe la menzogna sodale, sopprime tempo e lavoro e si dichiara autosufficiente.
Non meraviglia, quindi, che la società perseguiti con lo stesso accanimento l’amore e la poesia, che ne è la testimonianza, e che li emargini nella clandestinità, nel mondo oscuro e confuso del proibito, del ridicolo e dell’anormale. E non stupisce neppure che amore e poesia scoppino in forme strane e pure: uno scandalo, un delitto, dei versi.
Octavio Paz, Il labirinto della solitudine


L'amore è uno degli esempi più evidenti di quel duplice istinto che ci induce a scavare e ad affondare in noi stessi, e, contemporaneamente, a uscire da noi e a realizzarci nell'altro: morte e ricreazione, solitudine e comunione. Ma non è il solo. Nella vita di ogni uomo c'è una serie di momenti che sono anch'essi rotture e unioni, separazioni e riconciliazioni. Ciascuna di queste tappe è un tentativo di trascendere la nostra solitudine, seguita da immersioni in ambienti estranei.
Octavio Paz, Il labirinto della solitudine, “La dialettica della solitudine”


Per realizzarsi l'amore deve infrangere la legge del mondo. Nel nostro tempo l'amore è scandalo e disordine, trasgressione: quella di due astri che rompono la fatalità delle loro orbite e si incontrano a metà dello spazio.
Octavio Paz, da “Il labirinto della solitudine”


Amare è lotta, quando due si baciano
il mondo cambia, i desideri si incarnano,
anche il pensiero incarna, un paio d’ali
spuntano sulla schiena dello schiavo,
si fa concreto il mondo, il vino è vino,
prende sapore il pane, l’acqua è acqua,
amare è lotta, è spalancare porte,
non essere più fantasma con un numero
a perpetua catena condannato
da un capo senza volto;
Octavio Paz, Pietra del sole (Piedra de sol), 1957, vv. 365-374

In ogni incontro erotico c'è un personaggio invisibile e sempre attivo: l'immaginazione.
Octavio Paz


Lascia che le mie parole scendano e ti ricoprano
Come una pioggia di foglie su un campo di neve,
come l’edera su una statua,
come l’inchiostro su questo foglio.
Braccia, cintura, collo, seni,
la fronte pura come il mare,
la nuca di bosco d’autunno,
i denti che mordono un filo d’erba.
Il tuo corpo è costellato di segni verdi
Come il corpo dell’albero dalle gemme.
Non ti importi di tante piccole cicatrici luminose
Guarda il cielo e il suo verde tatuaggio di stelle
Octavio Paz


Vivere significa separarci da ciò che fummo per addentrarci in ciò che saremo, un futuro sempre estraneo. La solitudine è il fondo ultimo della condizione umana.
Octavio Paz, il labirinto della solitudine, “La dialettica della solitudine”


Se ci chiudiamo in noi stessi rendiamo più profonda, più esacerbata la coscienza di tutto ciò che ci separa, ci isola o ci distingue. E la nostra solitudine aumenta, perché non andiamo alla ricerca dei nostri simili, sia per paura di contemplarci in loro, sia per un penoso sentimento difensivo della nostra intimità.
Octavio Paz, Il labirinto della solitudine - “Il pachuco e altri eccessi”




L’uomo moderno non si abbandona a nulla di ciò che fa. Una parte di sé, la più profonda, resta sempre vigile e intatta. Nel secolo dell’azione l’uomo si spia. Il lavoro, unica divinità moderna, ha smesso di essere creatore. Il lavoro senza fine, infinito, corrisponde alla vita senza finalità della società moderna. E la solitudine che genera, solitudine promiscua degli alberghi, degli uffici, delle fabbriche e dei cinema, non è una prova che affini l’anima, un purgatorio necessario. È una condanna definitiva, specchio di un mondo senza uscita.
Octavio Paz, Il labirinto della solitudine 


L'uomo è l'unico essere che si senta solo ed è l'unico che sia alla ricerca di un «altro». 
La sua natura - se possiamo parlare di natura riferendoci all'uomo, l'essere che si è inventato da sé proprio dicendo no alla natura - consiste in un'aspirazione a realizzarsi nell'altro. L'uomo è nostalgia e ricerca di comunione. Per questo ogni volta che sente se stesso, si sente come mancanza dell'altro, come solitudine.
Octavio Paz, Il labirinto della solitudine, “La dialettica della solitudine”


La nostra solitudine ha le stesse radici del sentimento religioso. È un essere orfani, un’oscura coscienza d’essere stati strappati dal Tutto e un’ardente ricerca: una fuga e un ritorno, tentativo di riannodare i legami che ci univano alla creazione.
Octavio Paz, Il labirinto della solitudine


Ma, più vasta e più profonda del senso di inferiorità giace la solitudine. 
È impossibile identificare un atteggiamento con l'altro: 
sentirsi solo non è sentirsi inferiore, ma diverso.
Octavio Paz, Il labirinto della solitudine - “Il pachuco e altri eccessi”


La nostra vita è un quotidiano apprendistato della morte. Più che a vivere ci si insegna a morire. E lo si fa male.
Octavio Paz, Il labirinto della solitudine, “La dialettica della solitudine”


Ascoltami come chi ascolta piovere,
né attenta né distratta,
passi lievi, pioviggine,
acqua che è aria, aria che è tempo,
il giorno non finisce di andarsene,
la notte non arriva ancora,
figure della nebbia
al voltare l’angolo,
figure del tempo
nell’ansa di questa pausa,
ascoltami come chi ascolta piovere,
senza ascoltarmi, ascoltando ciò che dico
con gli occhi aperti verso dentro,
addormentata con i cinque sensi svegli,
piove, passi lievi, rumore di sillabe,
aria e acqua, parole che non pesano:
ciò che fummo e siamo,
i giorni e gli anni, questo istante,
tempo senza peso, pesantezza enorme,
ascoltami come chi ascolta piovere,
lampeggia l’asfalto umido,
il vapore si alza e cammina,
la notte si apre e mi guarda,
sei tu e il tuo sembiante di vapore,
tu e il tuo volto di notte,
tu e i tuoi capelli, lento lampo,
attraversi la strada ed entri nella mia fronte,
passi d’acqua sopra le mie palpebre,
ascoltami come chi ascolta piovere,
l’asfalto lampeggia, tu attraversi la strada,
è la nebbia errante nella notte,
è la notte addormentata nel tuo letto,
è l’ondeggiare del tuo respiro,
le tue dita d’acqua bagnano la mia fronte,
le tue dita di fiamma bruciano i miei occhi,
le tue dita d’aria aprono le palpebre del tempo,
sgorgare di apparizioni e resurrezioni,
ascoltami come chi ascolta piovere,
passano gli anni, ritornano gli istanti,
senti i tuoi passi nella stanza vicina?
non qui né là: li senti
in un altro tempo che è proprio ora,
ascolta i passi del tempo
inventore di spazi senza peso né luogo,
ascolta la pioggia scorrere per la terrazza,
la notte è ormai più notte fra gli alberi,
fra le foglie si è annidato il fulmine,
vago giardino alla deriva
– entra, la tua ombra copre questa pagina.
Octavio Paz, Come chi ascolta piovere, da Albero interiore (1976-1987), in Octavio Paz, Il fuoco di ogni giorno, Garzanti



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