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giovedì 13 ottobre 2016

Rodrigo Borgia alias papa Alessandro VI. Era un uomo dissoluto e un libertino impenitente e come tale si comportò per tutta la vita: da laico, da cardinale e da papa, senza minimamente preoccuparsi di celare agli altri questa sua scandalosa condotta di vita. Ebbe numerosi figli da varie amanti, tra le quali si ricordano Vannozza Cattanei e la giovane e bella Giulia Farnese.

“Qui giace in poca terra quel che tutta lo temeva, 
quel che la pace e la guerra nella sua mano teneva. 
O tu che intendi cercare cose degne di lodare, 
se vuoi lodare il più degno 
qui ferma il tuo cammino, 
non ti curar d’andare oltre.”
Epitaffio riportato sulla tomba di Cesare Borgia
nella chiesa di Santa Maria di Viana




Robert Delsol a
4. STORIA

UN PAPA SCANDALOSO.

Membro della potente famiglia dei Borgia, nato a Xàtiva, in Spagna, nel 1431, fu il 214° papa della Chiesa cattolica, dal 1492 alla morte, nel 1503.

La sua condotta libertina non fu mai criticata dallo zio, papa Callisto III (Alonso de Borja).

Era un uomo dissoluto e un libertino impenitente e come tale si comportò per tutta la vita:
da laico, da cardinale e da papa, senza minimamente preoccuparsi di celare agli altri questa sua scandalosa condotta di vita.

Ebbe numerosi figli da varie amanti, tra le quali si ricordano Vannozza Cattanei e la giovane e bella Giulia Farnese.

Ebbe quattro figli da Vannozza Cattanei, che a Roma svolgeva l'attività di locandiera:
Giovanni Borgia (1475-1497), Cesare Borgia (1475-1507), Lucrezia Borgia (1480-1519), Goffredo Borgia (1481-1516).

Ebbe forse, ma questa paternità è incerta, una figlia da Giulia Farnese (sorella di Alessandro Farnese, futuro papa Paolo III): Laura Orsini (1492-1530).

Inoltre ebbe altri tre figli da madri ignote:
Pedro Luìs Borgia (1458-1491), Duca di Gandia, Isabel Borgia (1467-1547), Girolama Borgia (1469-1483).

Nel 1493 fece sposare la figlia Lucrezia con Giovanni Sforza, allo scopo di stabilire un'alleanza con la potente famiglia milanese. Lei aveva appena 13 anni, il matrimonio fu un avvenimento scandaloso, ma non più stravagante di molte altre celebrazioni del periodo rinascimentale. Durante la prima notte di nozze, come in uso in quei tempi, papa Alessandro fece da testimone dell'avenuta consumazione, alloggiando nella stanza degli sposi.

Quando successivamente le cose con gli Sforza, andarono male, il papa accusò Giovanni di impotenza e Giovanni, a sua volta, accusò Lucrezia di incesto con il padre e il fratello, e, per dimostrare di essere in grado di consumare il matrimonio propose una prova innanzi a testimoni (un rapporto sessuale con sua moglie davanti a testimoni accettati da entrambi le parti). Ma il papa fece in modo che il matrimonio fosse dichiarato nullo.

Roderic Llançol de Borja,
italianizzato in Rodrigo Borgia,
alias papa Alessandro VI


Lucia Ferrigno 

Eminenti storici del calibro di Burckhardt e Gregorovius ci hanno trasmesso realistiche descrizioni dell' esecrabile clima di mondanità, di corruzione generalizzata e di dissolutezza che contraddistinsero la Chiesa cattolica in epoca rinascimentale, dimostrando come la logica spartitoria delle prebende e l'utilizzo di violenze e venefici svolgessero la parte del leone, calpestando senza ritegno i più alti valori morali e spirituali della tradizione cristiana

In tale contesto emerse quel personaggio ambizioso, licenzioso e "uomo tristo" (secondo il giudizio di Machiavelli) che fu certamente Alessandro VI, contro il quale tuonava G. Savonarola invocando un Concilio per deporre il "papa simoniaco, eretico, infedele " che aveva dato man forte alla "meretrice" Chiesa e a quella Babilonia che una spada vendicatrice non avrebbe tardato ad abbattere

A parte tutti i giudizi negativi e di certo condivisibili che ci sono stati trasmessi riguardo a tale pontefice e alla sua condotta licenziosa, non gli si può comunque disconoscere sia il ruolo di mecenate espletato nella protezione di letterati ed artisti umanisti (Pomponio Leto, Aldo Manuzio (di cui si ricordano le famose edizioni Aldine), Pinturicchio etc.), sia quello di diplomatico, che gli consentì non solo di accrescere il potere della propria famiglia ma di interferire nella spartizione delle terre conquistate da Spagna e Portogallo. Le cosiddette "Bolle alessandrine", fra le quali la più nota fu "Inter caetera" del 1493, sancivano di fatto il riconoscimento ai re cattolici di Spagna del diritto di estendere la propria sovranità su tutti i territori che i loro sudditi avessero scoperto. Si trattava in effetti di un atto unilaterale del pontefice a favore della Spagna e a danno del Portogallo la cui immediata reazione portò dopo trattative al "Trattato di Tordesillas" con cui venivano regolate le rispettive sfere di espansione fra i due Paesi colonizzatori.



« O Cesare o nulla. »
CESARE BORGIA, IL PRINCIPE CHE FU PROMESSO.
Figlio illegittimo di papa Alessandro VI, fu prima cardinale e poi condottiero, divenendo una delle figure più discusse e controverse del Rinascimento Italiano. Ma chi fu veramente Cesare Borgia?
E quale influenza ebbe il suo operato?

Nato nei pressi di Roma il 13 settembre del 1475 dalla relazione tra il cardinale Rodrigo Borgia e Vannozza Cattani, Cesare fu il secondo di quattro figli.

Fin dalla giovane età, Cesare ottiene grazie al padre numerosi benefici, riconosciutigli dalla bolla papale emanata da Sisto IV. Sempre per volere del padre Rodrigo, a seguito dei suoi studi umanistici, viene inviato a studiare teologia all’Università di Perugia, in modo da prepararsi alla vita ecclesiastica. Qui, giunto nel 1489, fa la conoscenza di Giovanni de’ Medici, il futuro papa Leone X. Trasferitosi a Pisa insieme a Giovanni per studiare diritto nel 1491, si laureerà nella facoltà di giurisprudenza della Sapienza.

La carriera ecclesiastica.
È a Pisa che il diciassettenne Cesare riceve la notizia che darà una svolta alla sua vita.
L’11 agosto 1492, infatti, suo padre Rodrigo sale al soglio pontificio con il nome di Alessandro VI. Quello stesso anno, il nuovo pontefice lo nomina arcivescovo, assegnandogli l’arcidiocesi di Valencia, nonostante Cesare non si recherà mai in Spagna. La sua carriera ecclesiastica è veloce: cardinale nel 1493, quindi governatore e legato della città di Orvieto nel 1495.
In questi anni Cesare trascorre una vita di agi e dissolutezze.
Due eventi, però, lo porteranno a prendere la decisione di abbandonare quel genere di vita.

Il matrimonio.
L’evento scatenante fu l’incoronazione di Federico I d’Aragona a nuovo re di Napoli, il 27 luglio 1497. La vera occasione per Cesare di abbandonare la porpora si presentò però un anno più tardi, a seguito dell’omicidio del fratello Giovanni, duca di Gandia, omicidio che rimarrà irrisolto e del quale alcuni storici riterranno responsabile, come mandante, lo stesso Cesare.
In questa occasione Cesare otterrà dal padre e dal Concistoro di tornare alla vita secolare, ottenendo quindi la possibilità di iniziare il suo piano di scalata al potere. Il suo obiettivo, infatti, era quello di unirsi in matrimonio a Carlotta d’Aragona, figlia ed erede di Federico I di Napoli, in modo da impossessarsi del Regno di Napoli.

Grazie all’intercessione di Alessandro VI, Cesare ottiene la mano della principessa d’Aragona dal re di Francia in persona, Luigi XII, che in quel periodo ospitava Carlotta nella sua corte. In cambio, Luigi avrebbe ottenuto dal papa l’annullamento del suo matrimonio con Giovanna di Valois, in modo da poter prendere in moglie la regina Anna di Bretagna, legittimando di fatto le sue pretese sul ducato di Milano.

Gli accordi subirono però uno stallo quando Cesare, giunto alla corte del re di Francia, venne respinto da Carlotta d’Aragona. A seguito di ciò, il Borgia si rifiutò di consegnare la bolla papale contenente l’annullamento del matrimonio a Luigi XII. Cesare rimase per alcuni mesi come ostaggio nella corte del re, ma il suo comportamento risoluto gli permise di giungere a un nuovo accordo, ottenendo la mano di Charlotte d’Albert, nipote di Luigi e originaria del regno di Navarra. Lo sposalizio fu celebrato il 12 maggio 1499 e in seguito a ciò, Cesare divenne duca di Valentinois, iniziando così ad essere chiamato dai più il Valentino.

L’uomo e il condottiero.
Con l’alleanza del re di Francia e l’appoggio economico del papato, Cesare inizia in discesa la sua carriera militare. Nel 1499 diviene comandante dell’esercito pontificio, appoggiando la Francia e Venezia nella guerra con la Spagna. Il primo a capitolare fu il Ducato di Milano di Ludovico il Moro. Questo successo aprì la strada per la Romagna, territorio sotto il potere temporale del papa.
E fu proprio grazie al papa che Cesare ebbe la possibilità di conquistare un suo regno.

Ignorando la lettera di Alessandro VI che dichiarava i Signori romagnoli decaduti, il Valentino ebbe la scusa di muovere loro guerra a capo di un esercito di fanti e mercenari di varie nazioni e province.

Già prima della fine del 1499 Cesare conquistò Imola.
Seguì, l’anno successivo, Forlì, che capitolò dopo un logorante assedio di quasi un mese.
L’energica comandante degli assediati, Caterina Sforza, fu fatta prigioniera e deposta dal Valentino in persona. Tra il 1500 e il 1501, sfruttando le sue capacità politiche e militari e le potenti amicizie del papa e del re di Francia, Cesare ultimò la sua conquista della Romagna assoggettando Cesena, Faenza, Rimini, Pianosa e Piombino, stringendo un patto di alleanza con la Repubblica di Firenze, che inviò come suo ambasciatore Niccolò Machiavelli.

Nel 1502, scomunicato il re di Napoli, Cesare conquista Capua e apre le sue porte all’esercito francese. Le sue attenzioni si spostano quindi sul trono di Urbino, dove però il Borgia riceverà una severa sconfitta dalla lega dei Condottieri, formata dai capitani di ventura che lo avevano aiutato a costruire il suo regno in Romagna. Stipulerà con loro una pace, riuscendo a scampare alla così detta Congiura della Magione grazie alle informazioni ricevute da Machiavelli, uccidendo i suoi vecchi capitani Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il duca di Gravina e Paolo Orsini. Per le modalità e l’efferatezza, tale episodio destò molto scalpore, spingendo Machiavelli a scriverne un trattato.

Tutto sembrava ormai pronto per riprendere con l’espansione della Romagna.
Perugia era l’obiettivo acclamato: da lì si sarebbe aperta la strada per Siena e Pisa.
Il 18 agosto del 1503 moriva però Alessandro VI, pontefice e principale sostenitore del figlio Cesare.

Nonostante la convalescenza dovuta alle febbri malariche, il Valentino riuscì in un primo tempo a mantenere i titoli e le terre conquistate, grazie al benestare di Pio III. Il nuovo pontefice però, da tempo ammalato di gotta, non ebbe vita lunga, morendo pochi mesi dopo la sua elezione.

Questa volta al soglio pontificio salì Giuliano della Rovere, uomo austero e, soprattutto, acerrimo nemico del fu Rodrigo Borgia. Il Valentino perse tutti i suoi titoli e possedimenti, e dopo una fuga da Castel sant’Angelo, venne deportato in Aragona e consegnato a Ferdinando II, che lo fece imprigionare nel forte di La Mota. Qui Cesare riuscì nel 1506 in una rocambolesca evasione, calandosi con una fune da venti metri d’altezza e fratturandosi qualche osso del corpo.

Terminerà la sua esistenza in Navarra, al servizio del cognato Giovanni III d’Albert, morendo in un agguato tesogli durante l’assedio di Viana, la notte tra l’11 e il 12 marzo 1507.

L’eredità storica.
Cesare Borgia viene spesso descritto come un uomo crudele, lascivo e profittatore.
Molti storici gli attribuiscono la colpa per l’omicidio del fratello Giovanni, a seguito del quale Cesare ebbe campo libero per intraprendere la sua rapida ascesa al potere. Altri ancora lo accusano, oltre che di fratricidio, di incesto con la tanto discussa sorella Lucrezia.

È vero che il Valentino fu un personaggio del suo tempo, estremamente abile nel gioco degli inganni e con un’astuzia spietata, come dimostra la strage di Senigallia ordita contro i suoi stessi capitani dopo aver scoperto che questi ultimi stavano congiurando alle sue spalle, strage che come abbiamo visto suscitò tale scalpore da spingere Niccolò Machiavelli a scrivere un trattato.

È anche vero, però, che i contemporanei descrivevano Cesare Borgia come un uomo dallo sconfinato coraggio e le maniere educate. Egli fu abile nello sfruttare i potenti appoggi garantiti dal re di Francia e papa Alessandro VI, costruendo in brevissimo tempo un principato tutto suo. Negli anni del suo dominio, in Romagna nacquero tribunali che strapparono il controllo della giustizia al potere temporale, portando un relativo periodo di pace e stabilità.

Fu uno strenuo sostenitore delle arti e dell’architettura.
Comprese prima di molti l’importanza dell’anatomia e dell’astronomia.
Si circondò di alcune delle più grandi menti del Rinascimento, come il già citato Machiavelli e, su tutti, Leonardo da Vinci, del quale utilizzò le macchine da guerra da lui progettate in alcuni dei suoi assedi. La sua figura di astuto uomo politico e ardito comandante inspirò sempre Machiavelli in quella che sarà senza dubbio la sua più grande opera, e il primo grande saggio sulla politica moderna: Il Principe.

La riprova del rispetto e dell’ammirazione che vantava tra i contemporanei è l’epitaffio riportato sulla tomba, nella chiesa di Santa Maria di Viana:

Qui giace in poca terra quel che tutta lo temeva, 
quel che la pace e la guerra nella sua mano teneva. 
O tu che intendi cercare cose degne di lodare, 
se vuoi lodare il più degno qui ferma il tuo cammino, 
non ti curar d’andare oltre.”

Per il Valentino, però, non ci sarà pace neppure da morto.
Per una probabile e tardiva vendetta verso il figlio sul suo acerrimo rivale, papa Giulio II ordinò al vescovo di Pamplona di riesumare i resti di Cesare e farli gettare in terra sconsacrata. Questo accanimento creerà un’aurea demoniaca attorno alla figura del Borgia, che nei secoli successivi verrà descritto da molti storici e scrittori, da Guicciardini a Nietzsche, come il simbolo del male.

Grazie a una rivalutazione storica della sua figura, soprattutto nell’ultimo secolo, le autorità di Viana hanno ottenuto nel 1953 di recuperare i resti del Valentino in un’urna; un monumento commemorativo è stato realizzato nel 1965.

Se volessimo usare dei termini moderni, Cesare Borgia fu senza dubbio una meteora nel grande crocevia della Storia. Ma fu con tutta probabilità una delle stelle più luminose del suo tempo. Il sogno che accarezzò, quello di un’Italia unita, verrà realizzato più di trecento anni dopo la sua morte e, seppur per poco, lui stesso riuscì a creare un regno del centro Italia che allarmò i grandi del tempo.

In 32 anni di vita lasciò un’eredità culturale che tutt’oggi affascina e viene studiata.
Alcuni lo considerano l’ultimo grande comandante di ventura italiano, altri l’evoluzione dell’uomo medievale a quello moderno. Di certo, Cesare Borgia fu sotto molti aspetti il simbolo immortale del Rinascimento Italiano.






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