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lunedì 18 luglio 2016

La fine dei Romanov. Lo squadrone d’esecuzione comprendeva quattro bolscevichi e sette soldati ungheresi. Questi ultimi, prigionieri di guerra che non parlavano russo, erano stati scelti proprio per evitare la possibilità che si rifiutassero di sparare. Con la scusa della necessità di immortalarli in una fotografia, Jurovskij indicò alla famiglia imperiale come disporsi nella stanza


17 LUGLIO 1918: LA FINE DEI ROMANOV
Ekaterinburg è una cittadina che dista circa 1800 chilometri da San Pietroburgo. Poco prima della mezzanotte tra il 16 ed il 17 luglio 1918 il commissario Jurovskij svegliò l’ex-zar Nicola II e la famiglia ordinando di preparare i bagagli in vista di un trasferimento in un luogo più sicuro. Erano scoppiati disordini in città. In realtà era solo un pretesto per condurli in un seminterrato della “Casa Ipatiev” dove erano trattenuti e dal quale erano stati tolti tutti i mobili.
Lo squadrone d’esecuzione comprendeva quattro bolscevichi e sette soldati ungheresi. Questi ultimi, prigionieri di guerra che non parlavano russo, erano stati scelti proprio per evitare la possibilità che si rifiutassero di sparare.
Con la scusa della necessità di immortalarli in una fotografia, Jurovskij indicò alla famiglia imperiale come disporsi nella stanza: seduti in prima fila c’erano Aleksandra Fëdorovna e Aleksej, accanto a loro Nicola e alle loro spalle le figlie; sui lati, invece, i membri del seguito. Nessuno di loro sospettava niente. Nel frattempo, nella camera accanto, il plotone era in attesa dell’ordine di Jurovskij.
Quando entrò la squadra, il commissario disse ai Romanov che dal momento che i loro parenti continuavano l’attacco contro la Russia sovietica, il Comitato esecutivo degli Urali aveva deciso di giustiziarli. Nicola, incredulo, si voltò verso la famiglia, poi si girò in direzione del plotone per protestare. Il commissario ripeté in fretta quanto detto prima e ordinò alla squadra di puntare. Nicola non disse più nulla, si voltò di nuovo verso la famiglia.
Il primo a cadere fu lo Zar, poi toccò alla moglie, ai membri del seguito, il medico Dott. Botkin, l’inserviente Trupp e il cuoco Charitonov, ai figli Olga, Tatiana, Maria, Anastasia, Alessio, e alla dama di compagnia Anna Demidova. 
Tre delle figlie di Nicola non morirono all’istante . Avevano nascosto nei corsetti alcuni gioielli in vista della presunta partenza e furono il loro parziale scudo. Rannicchiate in un angolo, terrorizzate e agonizzanti dalle ferite, vennero colpite col calcio dei fucili e finite a colpi di baionetta.
L’esecuzione terminò dopo venti lunghissimi minuti. Le salme vennero trasportate nel vicino bosco di Koptiakij, denudate, fatte a pezzi e gettate nel pozzo di una vecchia miniera, sciolte con acido solforico e infine date alle fiamme.
Il Soviet centrale di Mosca negò il massacro comunicando la sola fucilazione dello zar avvenuta a causa di in un tentativo di fuga. 
Ma furono inutili i tentativi di Jurovskij e dei suoi uomini di nascondere ogni traccia dell’esecuzione ordinata dal soviet locale, probabilmente con il beneplacito di Lenin. In seguito la motivazione dell'eccidio fu giustificata dal fatto che le armate filoimperilali dell'ammiraglio Aleksander Kolcak si stavano avvicinando.
Nel gelido bosco di Ekaterinburg 9 scheletri furono individuati sul finire degli anni Settanta, resi noti nel 1989 e riesumati nel 1991 e dagli esami del DNA pare si trattasse dello zar, della zarina, di tre dei loro figli e delle persone del seguito.Verranno seppelliti a San Pietroburgo nella Cappella di Santa Caterina nel 1998, 80 anni dopo essere stati uccisi dai bolscevichi. I due corpi che mancavano all’appello, quello di Alessio e Maria, furono ritrovati nel 2007.
Originaria della Lituania, la famiglia reale regnava sulla Russia dal 1613 anno in cui, ponendo fine ad una crisi dinastica interna al paese, fu eletto zar Michele Feodorovi Romanov.
Antonio A. – Fonte: BBC History 

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