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giovedì 28 gennaio 2016

Viktor Frankl. Uno psicologo nei lager. "Tutti gli sforzi psicoterapeutici e d’igiene mentale, rivolti ai detenuti, dovrebbero obbedire a un motto, espresso con grande chiarezza nelle parole di Nietzsche: «Chi ha un perché per vivere, sopporta quasi ogni come ».



Viktor Frankl, Uno psicologo nei lager.

Chi ha un perché per vivere, sopporta quasi ogni come. 
Il miglior libro che io abbia mai letto sul tema di cui oggi si fa memoria, scritto da un uomo sopravvissuto ai campi di concentramento, capace di trasformare un'esperienza di morte in sguardo creativo sulla vita:
"Tutti gli sforzi psicoterapeutici e d’igiene mentale, rivolti ai detenuti, dovrebbero obbedire a un motto, espresso con grande chiarezza nelle parole di Nietzsche: 
«Chi ha un perché per vivere, sopporta quasi ogni come ».
Si doveva dunque, quando si presentava una buona occasione, qualche volta, qua e là, chiarire agli internati il «perché» della loro vita, per far sì che fossero interiormente all’altezza del terribile «come» del loro presente, degli spaventi di una vita nel Lager, affinché potessero affrontare tutto con coraggio. E viceversa: guai a chi non trovava più uno scopo di vita, non aveva un contenuto di vita, non scorgeva nessuno scopo nella sua esistenza; svaniva il significato del suo essere, perdeva ogni senso anche la resistenza. Questa gente, privata di ogni possibile sostegno, si lasciò presto cadere. Di conseguenza, la frase con la quale demolivano tutti gli argomenti che avrebbero potuto infondere coraggio ricusando qualsiasi conforto, era sempre: «Ormai non posso sperare più nulla dalla vita». Che cosa possiamo rispondere?
...
Ricordo due «casi» che non solamente illustrano come fosse possibile applicare nella prassi le teorie già ricordate, ma mostrano anche un notevole parallelismo. Due compagni rivelarono nel modo tipico, più sopra descritto, «di non sperare più nulla dalla vita». Ad entrambi si poteva chiarire ancora che la vita attendeva qualcosa da loro, che qualcosa li aspettava nella vita, nel futuro. In effetti risultò proprio che una persona attendeva uno dei due: il figlio adorato «attendeva» all’estero il padre. L’altro, invece, non aveva nessuno, ma l’”attendeva” una cosa: la sua opera! Infatti quest’uomo, uno studioso, aveva pubblicato su un certo tema una collana di testi, non ancora completa, che attendeva il suo compimento. Quest’uomo era indispensabile per quest’opera; nessuno avrebbe potuto sostituirlo, proprio come l’altro era indispensabile e insostituibile nell’amore del figlio: quell’unicità e originalità che distinguono ogni singolo individuo e che conferiscono — esse sole — alla vita il suo significato, si fanno dunque valere nei confronti d’una opera o di un lavoro creativo, proprio come nel rapporto con un altro uomo e il suo amore. L’essere indispensabile e insostituibile, tipici d’ogni individuo, fanno apparire nella giusta misura, non appena affiorano nella coscienza, la responsabilità che un uomo ha della sua vita, lo incitano a continuare a vivere. Un uomo pienamente consapevole di questa responsabilità nei confronti dell’opera che l’attende o della persona che lo ama e che l’aspetta, non potrà mai gettar via la sua esistenza. Egli sa bene il «perché» della sua vita — e quindi saprà sopportare quasi tutti i «come»."
Viktor Frankl, Uno psicologo nei lager





L’essere indispensabile e insostituibile, tipici d’ogni individuo, fanno apparire nella giusta misura, non appena affiorano nella coscienza, la responsabilità che un uomo ha della sua vita, lo incitano a continuare a vivere. Un uomo pienamente consapevole di questa responsabilità nei confronti dell’opera che l’attende o della persona che lo ama e che l’aspetta, non potrà mai gettar via la sua esistenza. Egli sa bene il «perché» della sua vita — e quindi saprà sopportare quasi tutti i «come»." - Che stupenda analisi.

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