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sabato 19 settembre 2015

Antonio Canova. Il metodo di lavoro. II Canova", scriveva il pittore Francesco Hayez nelle sue Memorie, "faceva in creta il suo modello; poi gettatolo in gesso, affidava ; il blocco a' suoi gio­vani studenti perché lo sbozzassero e allora cominciava !'opera del gran maestro. [...] Essi portavano le opere del maestro a tal grado di finitez­za che sì sarebbero dette ter­minate: ma dovevano lasciarvi ancora una piccola grossezza di marmo, la quale era poi la­vorata da Canova più o meno secondo quello che questo il­lustre artista credeva dover fare




Antonio Canova. Il metodo di lavoro.
"II Canova", scriveva il pittore Francesco Hayez nelle sue Memorie, "faceva in creta il suo modello; poi gettatolo in gesso, affidava ; il blocco a' suoi gio­vani studenti perché lo sbozzassero e allora cominciava !'opera del gran maestro. [...] Essi portavano le opere del maestro a tal grado di finitez­za che sì sarebbero dette ter­minate: ma dovevano lasciarvi ancora una piccola grossezza di marmo, la quale era poi la­vorata da Canova più o meno secondo quello che questo il­lustre artista credeva dover fare".

Il processo creativo impiegato dal Canova per la realizzazione di una scultura era straordinario e si componeva di quattro fasi

  • Il disegno era la prima fase in cui il maestro trasferiva i propri "pensieri " sulla carta: ad essi attribuiva un importanza fondamentale equiparando la matita allo scalpello. Attraverso la pratica del disegno, Canova pone le basi della sua arte scultorea. Talvolta si trattava di sudi veri e propri rigorosamente catalogati per giorno, mese e anno, quelli ch'egli considerava la sua quotidiana palestra.
  • La successiva fave prevedeva una resa tridimensionale del disegno, mediante la realizzazione di un bozzetto in terra cotta o cruda o in cera; permetteva di vedere immediatamente come poteva realizzarsi l'opera appena ideata nel disegno. Nella terracotta rimane spesso l'impronta della mano dell'artista che impaziente plasmava la materia docile e le donava una forma affascinante e "calda" dando una forma all'opera.
  • Dal bozzetto di creta veniva fissata la prima intuizione si passava ad un modellino che che gli permetteva uno studio più approfondito, un ulteriore messa a fuoco dell'invenzione; si procedeva quindi a realizzare il modello a grandezza naturale, in creta, avvalendosi di uno scheletro portante composto da un'asta di ferro alta quanto l'opera da eseguire, collegata ad un sistema di aste munite alle estremità di crocette di legno.
  • Il passaggio dal modello in creta a quello in gesso si attuava col metodo della "forma persa": la creta rivestita da un leggero strato di gesso veniva ricoperta da uno strato di gesso bianco. Asportata la creta,si colava il gesso all'interno della matrice che veniva infine distrutta procedendo con la massima cautela al comparire dello strato di gesso rossigno. A questo punto i lavoranti fissavano sui punti chiave della figura le repère (chiodi metallici) e iniziavano la sbozzatura del marmo. In seguito il materiale sbozzato veniva trasferito nello studio del Maestro per ricevere ciò che egli stesso chiamava "l'ultima mano", la fase che dava il soffio di vita all'opera d'arte. Canova dava gli ultimi tocchi a lume di candela. In ultimo un lustratore, in vari giorni di lavoro donava all'opera la diafana lucentezza del marmo.Canova aveva l'abitudine di spalmare sull'intera superficie epidermica una speciale patina: lo scopo era quello di anticipare gli effetti del tempo " il quale sovente dà alle opere quell'accordo e quell'armonia che l'arte può difficilmente imitare". L'ultima mano era tutt'altro che inutile manifestazione di virtuosismo fine a se stesso, ma bensì tendeva a donare all'opera una vita propria fissata in un istante.





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