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giovedì 25 dicembre 2014

Alice Munro. Mobili di famiglia. In casa mia ci si limitava ad aggiungere un asse di legno al tavolo della sala da pranzo due o tre volte l'anno per intrattenere la nonna, le zie - sorelle maggiori di papà - e i loro mariti. Lo facevamo a Natale e per il giorno del Ringraziamento, quando toccava a noi, e anche quando un parente veniva a trovarci da un'altra zona del paese.

«C'è un limite alla quantità di sofferenze e di scombussolamento che si è disposti a sopportare in nome dell'amore, come c'è un limite al disordine che siamo disposti ad accettare in una casa. Non si può conoscere in anticipo, ma quando lo raggiungi, te ne accorgi. Ne sono convinta. Quando cominci veramente a lasciar perdere, succede così. Ti parte dentro una fitta di dolore segreta, inaspettata. E subito dopo, un senso di leggerezza. Vale la pena rifletterci, sulla leggerezza. Non si tratta solo di sollievo. Contiene una forma strana di piacere, niente a che fare con masochismo o vendetta, niente di personale, insomma. E' il piacere spontaneo di quando si constata che il progetto non corrisponde più alla struttura, che l'edificio non può stare su; è il piacere di riconsiderare dal principio tutto ciò che esiste di contraddittorio, persistente e irriducibile nella vita.»
Alice Munro, “Bardon, autobus n. 144” da Le lune di Giove (The Moons of Jupiter), 1982.


In casa mia ci si limitava ad aggiungere un asse di legno al tavolo della sala da pranzo due o tre volte l'anno per intrattenere la nonna, le zie - sorelle maggiori di papà - e i loro mariti. Lo facevamo a Natale e per il giorno del Ringraziamento, quando toccava a noi, e anche quando un parente veniva a trovarci da un'altra zona del paese.
Alice Munro, Mobili di famiglia


«A renderci desiderabili non è qualcosa che facciamo, ma qualcosa che senza saperlo abbiamo dentro di noi».
Alice Munro, “Chi ti credi di essere?”


«Ricordati sempre: quando un uomo esce da una stanza, si lascia alle spalle tutto quel che c’è dentro. Una donna, invece, si porta appresso tutto quel che c’è avvenuto».
Alice Munro, “Troppa felicità”



La gente apre un negozio per vendere, spera che ci sia un tale movimento da dovere ingrandire il negozio per vendere di più e diventare più ricchi. Non è così? Ma probabilmente esistono altre persone che aprono un negozio sperando di trovare un riparo, tra gli oggetti che più apprezzano - lana o tazze da tè o libri - e con la sola idea di affermare qualcosa in tutta tranquillità. Diventeranno parte di un isolato, di una strada, della cartina generale e infine della memoria collettiva. Per queste persone un negozio è ciò che per altre può essere una capanna nel bosco, un rifugio e una giustificazione.
Alice Munro da “Segreti svelati”








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