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giovedì 9 ottobre 2014

Voltaire. Bestie. “Che vergogna, che miseria aver detto che le bestie sono macchine prive di conoscenza e di sentimento, che fanno sempre le loro operazioni allo stesso modo, che non imparano nulla, non perfezionano nulla, ecc.! Come! Quell’uccello che fa il suo nido a semicerchio quando lo attacca a un muro, che lo costruisce a quarto di cerchio quando è in un angolo, e a cerchio su un albero; quell’uccello fa tutto allo stesso modo? Quel cane da caccia che hai addestrato per tre mesi, dopo questo tempo non ne sa forse più di quanto non sapesse prima delle tue lezioni? Il canarino al quale insegni un’aria la ripete forse all’istante? non impieghi un tempo considerevole a insegnargliela? non ti sei accorto che si sbaglia e si corregge? Forse perché ti parlo, giudichi che io abbia sentimento, memoria, idee? Bene! Non ti parlo; mi vedi entrare in casa con aria afflitta, cercare ansiosamente una carta, aprire lo scrittoio aprire lo scrittoio dove mi ricordo d’averla rinchiusa, trovarla, leggerla con gioia. Giudichi che io abbia provato il sentimento dell’afflizione e quello del piacere, che ho memoria e conoscenza. Applica allora il medesimo giudizio a quel cane che ha perduto il suo padrone, l’ha cercato per tutte le strade con guaiti dolorosi, torna a casa, agitato, inquieto, sale, scende, va di camera in camera, trova finalmente nello studio il padrone che ama, gli testimonia la sua gioia con la dolcezza dei suoi guaiti, con i suoi salti, le sue carezze. Dei barbari afferrano questo cane, che supera tanto l’uomo in amicizia: lo inchiodano su una tavola, e lo sezionano vivo per mostrarti le vene meseraiche. In lui scopri tutti quegli stessi organi sensori che sono in te. Rispondimi, meccanicista, la natura ha forse sistemato tutte le molle del sentimento in quest’animale perché non senta? ha dei nervi per essere impassibile? Non supporre tale impertinente contraddizione nella natura. Ma i maestri della scuola domandano che cosa sia l’anima delle bestie. Non capisco questa domanda. Un albero ha la facoltà di ricevere nelle sue fibre la linfa che circola, di dispiegare i boccioli delle sue foglie e dei suoi frutti; mi chiedereste che cosa sia l’anima di questo albero? Esso ha ricevuto questi doni; l’animale quelli del sentimento, della memoria, di un certo numero di idee. Chi ha fatto tutti questi doni? Colui che fa crescere l’erba nei campi, e fa gravitare la terra intorno al sole. «Le anime delle bestie sono forme sostanziali», ha detto Aristotele; e dopo Aristotele, la scuola araba; e dopo la scuola araba, la scuola angelica; la Sorbona; e dopo la Sorbona, nessun altro al mondo. «Le anime delle bestie sono materiali», gridano altri filosofi. Questi ultimi non hanno avuto maggior fortuna degli altri. Invano si è chiesto loro che cosa sia un’anima materiale; devono convenire che è una materia dotata di sensazione: ma chi le ha dato questa sensazione? È un’anima materiale, ossia materia che dà sensazione a materia; da questo circolo vizioso non escono. Ascoltate altre bestie ragionare sulle bestie; la loro anima è un essere spirituale che muore con il corpo: ma che prova ne avete? che idea avete di questo essere spirituale che, a quanto pare, ha sentimento, memoria, una quota di idee e di combinazioni, ma che non potrà mai sapere quel che sa un bambino di sei anni? Con quale fondamento immaginate che questo essere, che non è corpo, muore con il corpo? Le bestie più grosse sono quelli che hanno asserito che quest’anima non è né corpo né spirito. Ecco un bel sistema. Per spirito non possiamo intendere altro che qualcosa di sconosciuto che non è corpo: così il sistema di questi signori si riduce a questo, che l’anima delle bestie è una sostanza che non è né corpo, né qualcosa che non è corpo. Da che cosa possono originarsi tanti errori contraddittori? Dall’abitudine che hanno sempre avuto gli uomini di esaminare qualcosa prima ancora di sapere se esista. Si chiama anima del soffietto la linguetta, la valvola del soffietto. Che cos’è quest’anima? È un nome che ho dato a quella valvola che si abbassa, lascia entrare l’aria, si rialza, e la spinge attraverso un tubo, allorché faccio muovere il soffietto. Non c’è in questo caso un’anima distinta dalla macchina. Ma chi fa muovere il soffietto degli animali? Ve l’ho già detto, colui che fa muovere gli astri. Il filosofo ha detto: ‹Deus est anima brutorum›, aveva ragione; ma doveva spingersi oltre.”


Voltaire. Bestie.
Che vergogna, che miseria aver detto che le bestie sono macchine prive di conoscenza e di sentimento, che fanno sempre le loro operazioni allo stesso modo, che non imparano nulla, non perfezionano nulla, ecc.!
Come! Quell’uccello che fa il suo nido a semicerchio quando lo attacca a un muro, che lo costruisce a quarto di cerchio quando è in un angolo, e a cerchio su un albero; quell’uccello fa tutto allo stesso modo? 
Quel cane da caccia che hai addestrato per tre mesi, dopo questo tempo non ne sa forse più di quanto non sapesse prima delle tue lezioni? Il canarino al quale insegni un’aria la ripete forse all’istante? non impieghi un tempo considerevole a insegnargliela? non ti sei accorto che si sbaglia e si corregge?
Forse perché ti parlo, giudichi che io abbia sentimento, memoria, idee? Bene! Non ti parlo; mi vedi entrare in casa con aria afflitta, cercare ansiosamente una carta, aprire lo scrittoio aprire lo scrittoio dove mi ricordo d’averla rinchiusa, trovarla, leggerla con gioia. Giudichi che io abbia provato il sentimento dell’afflizione e quello del piacere, che ho memoria e conoscenza.
Applica allora il medesimo giudizio a quel cane che ha perduto il suo padrone, l’ha cercato per tutte le strade con guaiti dolorosi, torna a casa, agitato, inquieto, sale, scende, va di camera in camera, trova finalmente nello studio il padrone che ama, gli testimonia la sua gioia con la dolcezza dei suoi guaiti, con i suoi salti, le sue carezze. 
Dei barbari afferrano questo cane, che supera tanto l’uomo in amicizia: lo inchiodano su una tavola, e lo sezionano vivo per mostrarti le vene meseraiche. In lui scopri tutti quegli stessi organi sensori che sono in te. Rispondimi, meccanicista, la natura ha forse sistemato tutte le molle del sentimento in quest’animale perché non senta? ha dei nervi per essere impassibile? Non supporre tale impertinente contraddizione nella natura.
Ma i maestri della scuola domandano che cosa sia l’anima delle bestie. Non capisco questa domanda. Un albero ha la facoltà di ricevere nelle sue fibre la linfa che circola, di dispiegare i boccioli delle sue foglie e dei suoi frutti; mi chiedereste che cosa sia l’anima di questo albero? Esso ha ricevuto questi doni; l’animale quelli del sentimento, della memoria, di un certo numero di idee. Chi ha fatto tutti questi doni? Colui che fa crescere l’erba nei campi, e fa gravitare la terra intorno al sole.
«Le anime delle bestie sono forme sostanziali», ha detto Aristotele; e dopo Aristotele, la scuola araba; e dopo la scuola araba, la scuola angelica; la Sorbona; e dopo la Sorbona, nessun altro al mondo.
«Le anime delle bestie sono materiali», gridano altri filosofi. Questi ultimi non hanno avuto maggior fortuna degli altri. Invano si è chiesto loro che cosa sia un’anima materiale; devono convenire che è una materia dotata di sensazione: ma chi le ha dato questa sensazione? È un’anima materiale, ossia materia che dà sensazione a materia; da questo circolo vizioso non escono.
Ascoltate altre bestie ragionare sulle bestie; la loro anima è un essere spirituale che muore con il corpo: ma che prova ne avete? che idea avete di questo essere spirituale che, a quanto pare, ha sentimento, memoria, una quota di idee e di combinazioni, ma che non potrà mai sapere quel che sa un bambino di sei anni? Con quale fondamento immaginate che questo essere, che non è corpo, muore con il corpo? Le bestie più grosse sono quelli che hanno asserito che quest’anima non è né corpo né spirito. Ecco un bel sistema. Per spirito non possiamo intendere altro che qualcosa di sconosciuto che non è corpo: così il sistema di questi signori si riduce a questo, che l’anima delle bestie è una sostanza che non è né corpo, né qualcosa che non è corpo.
Da che cosa possono originarsi tanti errori contraddittori? Dall’abitudine che hanno sempre avuto gli uomini di esaminare qualcosa prima ancora di sapere se esista. Si chiama anima del soffietto la linguetta, la valvola del soffietto. Che cos’è quest’anima? È un nome che ho dato a quella valvola che si abbassa, lascia entrare l’aria, si rialza, e la spinge attraverso un tubo, allorché faccio muovere il soffietto.
Non c’è in questo caso un’anima distinta dalla macchina. Ma chi fa muovere il soffietto degli animali? Ve l’ho già detto, colui che fa muovere gli astri. Il filosofo ha detto: ‹Deus est anima brutorum›, aveva ragione; ma doveva spingersi oltre.”

(FRANÇOIS-MARIE AROUET) VOLTAIRE (1694 – 1778), “Dizionario filosofico” (1764), ed. integrale condotta sul testo critico stabilito da Raymond Naves, introd. di Angelo G. Sabatini, trad. di Maurizio Grasso, Newton Compton, Roma 2010 (III ed., I ed. 1991), «Bestie», pp. 47 – 49.
“ Quelle pitié, quelle pauvreté, d’avoir dit que les bêtes sont des machines, privées de connaissance et de sentiment, qui font toujours leurs opérations de la même manière, qui n’apprennent rien, ne perfectionnent rien, etc.!
Quoi! cet oiseau qui fait son nid en demi cercle quand il l’attache à un mur, qui le bâtit en quart de cercle quand il est dans un angle, et en cercle sur arbre; cet oiseau fait tout de la même façon? Ce chien de chasse que tu as discipliné pendant trois mois, n’en sait-il pas plus au bout de ce temps, qu’il en savait avant les leçons? Le serin à qui tu apprends un air, le répète-t-il dans l’instant? N’emploies-tu pas un temps considérable à l’enseigner? N’as-tu pas vu qu’il se méprend et qu’il se corrige?
Est-ce parce que je te parle, que tu juges que j’ai du sentiment, de la mémoire, des idées? Eh bien, je ne te parle pas; tu me vois entrer chez toi l’air affligé, chercher un papier avec inquiétude, ouvrir le bureau où je me souviens de l’avoir enfermé, le trouver, le lire avec joie. Tu juges que j’ai éprouvé le sentiment de l’affliction et celui du plaisir, que j’ai de la mémoire et de la connaissance.
Porte donc le même jugement sur ce chien qui a perdu son maître, qui l’a cherché dans tous les chemins avec des cris douloureux, qui entre dans la maison agité, inquiet, qui descend, qui monte, qui va de chambre en chambre, qui trouve enfin dans son cabinet le maître qu’il aime, et qui lui témoigne sa joie par la douceur de ses cris, par ses sauts, par ses caresses.
Des barbares saisissent ce chien, qui l'emporte si prodigieusement sur l’homme en amitié; ils le clouent sur une table, et ils le dissèquent vivant pour te montrer les veines mésaraïques. Tu découvres dans lui tous les mêmes organes de sentiment qui sont dans toi. Réponds-moi, machiniste; la nature a-t-elle arrangé tous les ressorts du sentiment dans cet animal, afin qu’il ne sente pas? A-t-il des nerfs pour être impassible? Ne suppose point cette impertinente contradiction dans la nature.
Mais les maîtres de l’école demandent ce que c’est que l'âme des bêtes? Je n’entends pas cette question. Un arbre a la faculté de recevoir dans ses fibres sa sève qui circule, de déployer les boutons de ses feuilles et de ses fruits; me demanderez-vous ce que c’est que l'âme de cet arbre? Il a reçu ces dons; l’animal a reçu ceux du sentiment, de la mémoire, d’un certain nombre d’idées. Qui a fait tous ces dons? Qui a donné toutes ces facultés? Celui qui fait croître l’herbe des champs, et qui fait graviter la terre vers le soleil.
«Les âmes des bêtes sont des formes substantielles», a dit Aristote, et après Aristote l’école arabe, et après l’école arabe, l’école angélique, et après l’école angélique la Sorbonne, et après la Sorbonne personne au monde.
«Les âmes des bêtes sont matérielles», crient d‘autres philosophes. Ceux-là n’ont pas fait plus de fortune que les autres. On leur a en vain demandé ce que c’est qu’une âme matérielle; il faut qu’ils conviennent que c’est de la matière qui a sensation ; mais qui lui a donné cette sensation? C’est une âme matérielle, c’est-à-dire que c’est de la matière qui donne de la sensation à de la matière, ils ne sortent pas de ce cercle.
Écoutez d’autres bêtes raisonnant sur les bêtes; leur âme est un être spirituel qui meurt avec le corps: mais quelle preuve en avez vous? Quelle idée avez-vous de cet être spirituel, qui, à la vérité, a du sentiment, de la mémoire, et sa mesure d’idées et de combinaisons, mais qui ne pourra jamais savoir ce que sait un enfant de six ans. Sur quel fondement imaginez-vous que cet être qui n’est pas corps périt avec le corps ? Les plus grandes bêtes sont ceux qui ont avancé que cette âme n’est ni corps ni esprit. Voilà un beau système. Nous ne pouvons entendre par esprit que quelque chose d’inconnu qui n'est pas corps. Ainsi le système de ces messieurs, revient à ceci, que l’âme des bêtes est une substance qui n’est ni corps ni quelque chose qui n’est point corps.
D’où peuvent procéder tant d’erreurs contradictoires? de l’habitude où les hommes ont toujours été d’examiner ce qu’est une chose, avant de savoir si elle existe. On appelle la languette, la soupape d’un soufflet, l’âme du soufflet. Qu’est-ce que cette âme ? C’est un nom que j’ai donné à cette soupape qui baisse, laisse entrer l’air, se relève, et le pousse par un tuyau, quand je fais mouvoir le soufflet.
Il n’y a point là une âme distincte de la machine. Mais qui fait mouvoir le soufflet des animaux? Je vous l’ai déjà dit, celui qui fait mouvoir les astres. Le philosophe qui a dit: ‹Deus est anima brutorum›, avait raison: mais il devait aller plus loin.”
VOLTAIRE, [anonimo] “Dictionnaire philosophique, portatif”, [s.n.], Londres [Genève] MDCCLXIV (I éd), «Bêtes» pp. 40 – 42.





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