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mercoledì 16 aprile 2014

Finlandia: una scuola da imitare.

Se si perdono i ragazzi difficili, la scuola non è scuola: è un ospedale che cura i sani e respinge i malati
Don Lorenzo Milani


In Finlandia i bambini non imparano a leggere all'asilo.
Eppure crescono bene ugualmente
Joseph Erbentraut, L'Huffington Post
Ci si aspetta che i bambini dell'asilo abbiano un alto tasso di alfabetizzazione.
Questo non è il caso della Finlandia, dove i piccoli allievi della scuola materna passano il tempo a giocare eccellendo comunque nella lettura.

In una ricerca pubblicata questa settimana da Atlantic, lo scrittore e insegnate di Helsinki Tim Walker, fa uno studio sul sistema scolastico finlandese dove i piccoli allievi iniziano la scuola materna a 6 anni e il tempo dedicato al gioco e all'artigianato nell'insegnamento di base è prioritario.

Arja-Sisko Holappa della Finnish National Board of Education spiega che il ruolo del gioco nel modo di imparare dei bambini è veramente molto importante:
"Possiamo usare il gioco in modo tale che gli studenti apprendano ugualmente".

I primi studi mostrano come il ruolo delle attività ludiche durante la scuola primaria non penalizzi il futuro tasso di alfabetizzazione degli allievi. Stando alle ricerche dell'Università di Stanford, infatti, la Finlandia è uno dei Pesi con il più alto tasso di alfabetizzazione del mondo con il 94% degli studenti inizia la propria formazione durante la scuola secondaria -e i ragazzi che iniziano la carriera universitaria a 16 o 17 anni.

Secondo le ricerche del "Program for International Student Assessment (PISA)", la Finlandia ha un ottimo sistema scolastico, tra i 5 migliori del mondo. Questo, però, non vuol dire che la letteratura sia bandita dalle sue scuole. Al contrario, se gli insegnati lo ritengono opportuno, in accordo con i genitori, è possibile creare un apposito piano di studio per il piccolo allievo.

Walker sottolinea che la Finlandia ha uno dei più bassi tassi di povertà infantile del mondo. E questa è una caratteristica fondamentale perchè potrebbe rendere difficile esportare questo modello educativo in altri stati. L'insegnante e studioso fa anche riferimento a delle ricerche che sostengono non vi sia alcun beneficio a lungo termine sui bambini della scuola materna ai quali viene insegnato a leggere così presto.

Nel suo lavoro per "The Atlantic" e nel suo blog Taught By Finland Wolker ha esaminato le differenze tra la scuola finlandese e quelle statunitensi più arretrate, dove lui ha insegnato nei due anni precedenti.
In uno studio condotto lo scorso anno, Tim Walker ha indagato sui benefici di concedere agli alunni e agli insegnanti la possibilità di avere almeno 15 minuti per giocare e socializzare.

Questo post/articolo è comparso per la prima volta su HuffPost Us ed è stato poi tradotto dall'inglese da Valentina Trifiletti

http://www.huffingtonpost.it/2015/10/09/bambini-asilo-finlandia-_n_8267836.html?ncid=fcbklnkithpmg00000001




In viaggio verso... la Scuola Finlandese
Siamo in aereo, un gruppo di insegnanti e dirigenti in viaggio per andare a conoscere un nuovo modello di scuola.
Destinazione: Helsinky e la scuola finlandese.
Dicono sia la migliore del mondo. I dati Ocse PISA la collocano sempre ai primi posti delle graduatorie mondiali nell'apprendimento. Ma forse il dato più evidente del successo della scuola finlandese è l'assenza d'insuccesso: non esiste l'abbandono scolastico. Tutti vanno a scuola volentieri. E anche gli studenti speciali, quelli che qui in Italia chiameremmo BES (alunni con Bisogni Educativi Speciali) sono quelli con il più alto livello di inclusione sociale al mondo.

Forse non molti sanno che è proprio sul recupero degli studenti speciali dove sta la forza del sistema di istruzione finlandese. Quegli stessi alunni che nel nostro sistema sono stati definiti da handicappati, a portatori di handicap, a diversamente abili, per arrivare oggi alla definizione attuale di BES, nella scuola finlandese non solo solo sono inseriti senza etichette, ma viene valorizzato il loro talento “speciale”.

Proprio mentre sto facendo questa riflessione, avverto il sobbalzo che fanno le ruote dell’aereo contro l’asfalto della pista. Siamo atterrati a Helsinky, e con in testa queste premesse ha inizio il mio viaggio nella scuola Finlandese.

La visita alla scuola elementare e media è davvero entusiasmante.
Veniamo accolti dal Preside e dall'amministratore della scuola, che ci fanno togliere subito le scarpe e ci prendono i cappotti: sembra di entrare a casa, in famiglia. Due bambini della scuola di terza e quarta elementare ci fanno da guide e la prima cosa che ci mostrano è una sala tutta a vetrate vicino alla segreteria e alla presidenza:

“This is the library: the heart of the school!” ci dice il preside.

Vedo due bambini che leggono seduti in comode poltroncine e altri due bambini sui tavolini che disegnano. Sono circa le 9.30.

“Cosa ci fanno i bambini in biblioteca a quest’ora?”, chiedo al preside della scuola.

Il preside pazientemente mi spiega che sono nella loro pausa di 15 minuti, un momento di break che scandisce tutte le ore di lezione. Per agevolare il loro apprendimento ogni lezione è di 45 minuti e poi gli insegnanti lasciano un quarto d’ora di pausa per distrarsi come vogliono loro: possono giocare fuori all'aperto, riposarsi sui divanetti e sui tavolini sparpagliati per tutti i corridoi della scuola, svolgere i compiti assegnati, leggere... è a scelta del bambino.

Sempre “a scelta del bambino” sono le materie di studio, in particolare le lingue.

Certo ci sono le lingue obbligatorie, tra cui la lingua finlandese, svedese e inglese, mentre le altre come il tedesco, il francese e lo spagnolo, sono facoltative.

Oltre alle lingue poi, girando per la scuola vedo delle aule in cui si svolgono lezioni davvero curiose: un laboratorio che sembra un'officina meccanica, con bulloni, viti, cacciaviti e chiavi inglesi. In un altro sembra di trovarsi in falegnameria: ci sono studenti che imparano ad usare frese, pialle, seghe. Poi vedo una cucina con il tavolo molto grande al centro della stanza: è il laboratorio di economia domestica, dove i bambini imparano a cucinare e ad organizzare tutto ciò che serve per vivere in famiglia. Infine facciamo una visita ai classici laboratori di informatica e di scienze, ovviamente superaccessoriati.

Quello che però mi ha davvero colpito è la libertà concessa ai bambini nel muoversi in questa casa dell'apprendimento.

Salgo le scale per andare a frequentare una delle lezioni insieme ai ragazzi delle scuole medie: è educazione artistica. Noi osservatori siamo in fondo alla classe seduti comodamente su alcune sedie appositamente preparate per gli ospiti. Accanto a me si siede una donna che non fa parte del nostro gruppo e mi spiega che dietro di noi, dentro all'aula, c'è l'ufficio del docente, dove prepara le lezioni e corregge i compiti. La guardo un po’ disorientato, ma poi la mia attenzione viene subito catturata dalla lezione. Sono 45 minuti strutturati: i primi 15 minuti l'insegnante spiega la parte teorica (vedo proiettato un quadro di Van Gogh, i Girasoli). Durante la lezione noto un ragazzo vivace che stenta a restare fermo sui banchi. Anche l’insegnante se ne accorge dopo poco tempo e, invece di rimproverarlo, lo rende partecipe della sua spiegazione. Poi cominciano i 15 minuti di interazione docente - allievi, durante i quali l’insegnante verifica la comprenisone dei contenuti appena esposti. In fine gli ultimi 15 minuti vengono dedicati al disegno, mentre i ragazzi fanno scorrere i loro pennelli sulla carta l’insegnante passa tra i banchi a controllare.

Parlando con la donna di prima, non posso fare a meno di farle notare  che l'insegnante è molto giovane. Al che lei mi risponde candidamente che la ragazza che sta facendo lezione è una tirocinante dell'Università, mentre lei è l'insegnante titolare che ha il compito di prepararla, osservarla mentre spiega e poi verificare insieme alla tirocinante le criticità e i miglioramenti da adottare per la prossima volta. Spesso, mi dice, discutono anche dei singoli allievi e della loro capacità di esprimersi in questa disciplina.

Alla fine del tour, ci avviciniamo ad un'aula dove pochi bambini (ne conto 5) sono insieme con un insegnante di matematica: sono evidentemente bambini speciali, uno in particolare sembra essere affetto dalla la sindrome di Down. Colgo al volo l'opportunità di chiedere all'insegnante cosa stiano facendo, e lui mi risponde che le lezioni di matematica, le più difficili da seguire per questi bambini, sono insegnate a parte. Tutte le altre lezioni invece le seguono regolarmente in classe con tutti i loro compagni. Nessun insegnante di sostegno, nessuna classe speciale.

In questa scuola ogni insegnante deve essere preparato anche per seguire i casi più difficili, addirittura quando serve, c’è il supporto dell'equipe psico-pedagogica coordinata dall'università, che aiuta a studiare dei percorsi personalizzati da svolgere con i bambini difficili. Il loro primo scopo è sempre quello di facilitare la loro socialità e di favorire il più possibile le lezioni con tutta la classe.

Il giro nella scuola finisce e noi torniamo in hotel. L’idea che mi sono fatto dopo questa esperienza è in parte una conferma di quello che sapevo già, ma in grossa parte è stata una scoperta. Ho capito che l'idea fondante di questa scuola non solo è l’idea vincente ma è l’idea necessaria anche per la scuola del futuro: il bambino messo al centro di tutta l'attività educativa, istruttiva e formativa. E’ qui in Finlandia che ho intuito per la prima volta da cosa bisogna partire per creare una scuola che funzioni. Mettere al centro lo studente, sempre e comunque. E’ dalla sua intelligenza, dalla sua creatività e dal suo talento che la scuola e noi educatori dobbiamo ripartire per costruire il suo futuro.
Giordano Casonato
http://www.scuolaconleali.it/it/temi/articoli/in-viaggio-verso-la-scuola-finlandese.html




Finlandia: una scuola da imitare.


Secondo i dati dello studio Pisa (Programme for international study assessment), condotto su 400mila 15enni di 57 Paesi, i ragazzi finlandesi sono i meglio preparati in lingua, matematica e scienze. Gli italiani decisamente meno: uno su quattro non capisce ciò che legge e uno su due manca delle nozioni di base in matematica.Quali sono i segreti della scuola finlandese? Ecco che cosa emerge dall’inchiesta di Focus (11/2008).
  • I bambini vanno quasi tutti all’asilo nido e poi alla scuola materna dello stesso distretto.Il che consente grande omogeneità educativa: fin dalla prima infanzia si coltivano autoriflessione, senso di responsabilità, empatia e collaborazione. Qualità ideali per l’apprendimento.
  • La scuola inizia a sette anni compiuti, quando il cervello è al giusto stadio di maturazioneper apprendere. Il 99,7% dei bambini (immigrati e rom compresi) termina la scuola nove anni dopo, “nessuno escluso”, come dice la legge istitutiva della scuola.
  • Per la pedagogia finlandese sono gli insegnanti a dover capire gli alunni, non il contrario. Un insegnante in una classe di 25 alunni deve quindi sviluppare diverse strategie. Es. sostegno ad hoc per chi ha difficoltà di apprendimento, giochi ed esercizi per aiutare i bambini stranieri a superare le barriere linguistiche e culturali. Tutte le scuole hanno un team di insegnanti e psicologi.
  • I docenti vengono selezionati accuratamente. Nel 2005 è stato accolto solo il 6,5% dei 4.500 candidati per frequentare le facoltà che preparano gli insegnanti. I migliori vengono formati per cinque anni, su come far divertire i ragazzi, catturare la loro attenzione e fare in modo che imparino. Seguono 120 ore di praticantato, un semestre sotto sorveglianza e un tutor durante i primi tre anni ‘di ruolo’. Lo stipendio è sotto la media europea.
  • In classe, fino ai 13 anni, niente voti e le interrogazioni non hanno nulla a che fare con giudizi punitivi o selezioni. La pedagogia finlandese parte dalla convinzione che tutti i bambini possano imparare a leggere, scrivere, fare di conto e parlare tre lingue come imparano a correre e parlare, senza umiliazioni.
  • Si impara facendo. Un fare che è sperimentare l’apprendimento con i 44 sistemi sensoriali. Già Albert Einstein diceva “che apprendere significa sperimentare. Il resto è solo informazione”.
  • Finiti i primi nove anni di scuola, ne seguono tre di scuola superiore. Il 53% degli alunni finlandesi (quelli con i voti migliori) continua nelle scuole superiori di carattere umanistico, mentre il 39% va alle scuole superiori tecniche.

http://www.nostrofiglio.it/Bambino-7-13-anni/scuola/scuola_Finlandia.html


Viaggio nel welfare finlandese/2
Scuola e matematica: modello Finlandia

[...] la lezione finlandese torna di attualità e ci mostra come matematica e bellezza, numeri e umanesimo, siano un binomio indissolubile

Quali competenze è necessario insegnare e apprendere per evitare il naufragio in quello che gli americani chiamano «unpredictably changing knowledge world» e Zygmunt Bauman, con formula forse inflazionata ma di certo più nota dalle nostre parti, ha definito «mondo liquido»?

L'America è di troppo
I cambiamenti tecnologici, gli scenari economici, la geografia umana e valoriale. Tutto si sussegue bruciando ricette e risorse, consumando formule e lasciando solo un senso di impotenza e di vuoto. Tutto cambia con una velocità impressionante e la risposta ricorrente, venata spesso da un sottile antiumanesimo, è che servano conoscenze scientifiche o tecniche che preparino alla competizione prossima ventura. [...]

Un caso su tutti: visti dalla testa del loro sistema educativo, gli Stati Uniti sono al vertice delle classifiche mondiali, per qualità e standard delle loro università. Per questa ragione, non c’è dibattito dove non vengano presi a modello. I difetti di questo sistema vengono quasi esclusivamente individuati nell’eccesso di disparità all’accesso: tasse troppo alte, selettività estrema e via discorrendo. Ma le cose, anche volendo tralasciare la questione economica, non è così semplice.

La tanto sbandierata eccellenza statunitense – oramai se ne sono accorti in molti, compreso il Presidente Barack Obama, che sta guardando al nord Europa per eventuali, ma forse improbabili riforme – cade miseramente quando si guarda la più astratta, eppure al tempo stesso la più concreta delle materie di studio. La più odiata – tanto che gli psicologi la annoverano tra le cause di una forma specifica di “panico” scolastico – eppure la più determinante: la matematica.

Pochi, non abbagliati dalle classifiche universitarie, osservano il problema scolastico statunitense là dove presenta le criticità più radicali: la sua base. Lì, infatti, negli studi pre-universitari le cose cambiano. E cambiano di molto.

Opinione comune è che la scuola, nel suo insieme, debba essere il luogo dove conoscenza (knowledge) e competenza (skill) si incontrano, e che cosa più della matematica potrebbe unire i due termini della questione? Eppure è lì che il sistema scricchiola, producendo competenze risibili e conoscenza quasi nulla.

La matematica è un bene comune
Tutti nella vita hanno bisogno di matematica: dall’usciere al cameriere, dal falegname al broker, dall’artista – sì, anche l’artista – all’avvocato, dal programmatore al ferroviere. Ma la popolazione adulta americana, simile in questo alla nostra, presenta bassissime competenze matematiche.

Ecco allora che, proprio su questo punto, la questione si rovescia. Si rovescia se le comparazioni che prendiamo a osservare non sono quelle basate sulla qualità degli atenei d’eccellenza, ma quelle legate al concreto, ossia agli studenti americani fino ai 15 anni. Gli studenti americani, a parità di test, soprattutto test matematici, se comparati a quelli di altri paesi in cima alle classifiche del sistema PISA (il sistema di valutazione internazionale degli studi), scendono ai livelli più bassi.

Negli ultimi 10 anni, il livello medio di uno studente americano è rimasto lo stesso, sostanzialmente basso. Mentre dal 1980 a oggi, il modello finlandese nel suo complesso - università inclusa, ma soprattutto la base dell’istruzione che, nel paese dei mille laghi– è cresciuto da standard di qualità considerati mediocri all’eccellenza globale.

Ora è proprio quello della piccola Finlandia (5 milioni e passa di abitanti, quasi quattro milioni di lettori che leggono 3 libri al mese, consumo culturale alle stelle) il sistema a cui si guarda ovunque, tanto che le “finnish lessons”, come le chiama Pasi Sahlberg, professore all’Università di Harvard, sono diventate un modello da studiare e imitare. Se si vuole più cultura e più bellezza si deve partire da qualcosa di diverso dal merchandising dei musei. Servono sì musei, ma anche una popolazione capace di vedere, leggere, interpretare e rapidamente mutare in base alle sollecitazioni del mondo e della realtà.

Lezioni, quelle della scuola finlandese, gratuita persino per quanto riguarda il sistema delle mense scolastiche, a cui stanno guardando in molti, soprattutto perché questo modello mischia equità e qualità, non insistendo sul binomio competizione-merito che, declinato senza equità e senza metodo, diventa foriero di pessimi risultati.

Ma che cosa c’entra la matematica in tutto questo? C’entra molto, moltissimo. Anzi, la matematica appare come una delle chiavi di volta di questo sistema, che non prevede per gli studenti elementi di stress eccessivi come continui esami, interrogazioni, valutazioni.

Anche l’orario scolastico, in una scuola fortemente orientata al bene comune – ricordiamo che, a fronte dei circa 60 euro l’anno che sono richiesti a uno studente che voglia iscriversi in un’università finlandese, gli viene chiesto una sorta di giuramento/impegno sul bene comune, visto che la comunità paga per lui – è flessibile e sono molte le scuole, nei tre ordini più o meno simili a quelli italiani, che le compongono che iniziano le lezioni alle 10 del mattino, terminandole alle 14.

Il modello educativo finlandese è improntato a quella che, altrove, chiameremmo creatività. Solo che questa creatività non è declinata là dove ci aspetteremmo, in ore dedicate all’arte, al cinema, alla musica o al teatro. Questa creatività è declinata proprio nel campo matematica. Come è possibile che l’altissimo tasso di alfabetizzazione matematica dei finlandesi si sia realizzato in un sistema che prevede libertà quasi assoluta di studio?

Scuola e principio di vita
La ragione fondamentale, quella che tocca la radice del problema, è già nella domanda con cui aprivamo il nostro articolo: in ogni momento della vita, in ogni istante di un mondo che rapidamente muta, ognuno ha e avrà sempre bisogno della matematica. Questo, osserva Pasi Sahlberg, è il punto. Quello che, con un po’ di approssimazione, potremmo chiamare un principio-vita. «La differenza è che, da noi, gli studenti iniziano a imparare la matematica giovanissimi.

Al primo anno di scuola, riescono a svolgere in completa e serena autonomia ciò che uno studente di 3, 4 talvolta 5 anni superiore ai loro in altri paesi non sa svolgere». Il principio di base del normale apprendimento è rovesciato: non si impara la matematica per risolvere problemi. Ma si incontrano problemi che ci inducono a fare esperienza della matematica. Come nella vita reale. Elemento determinante, in una scuola che esalta elementi di cooperazione tra insegnanti e tra alunni, ma si poggia su un cardine di mutua auto responsabilizzazione, è legato a una parola chiave: immaginazione.

Gli studenti, soprattutto di 5-6 anni, vengono istruiti lavorando su un contesto di conoscenza che sviluppi le loro capacità. Si trovano in situazioni reali e lì devono mettere a frutto quella conoscenza che, in una dinamica non di competizione e valutazione, esperiscono come vitale e persino piacevole.

Giocare davvero, imparare davvero
Ecco allora spiegata - di contro alla iperscolarizzazione in termini di orario, carico di compiti, carico di esami di paesi come la Corea del Sud – la ragione per cui in Finlandia il tempo libero è vissuto non come mera ricreazione, ma come spazio di collaborazione, mentre lo studio di materie apparentemente, ma solo apparentemente inerti come la matematica, rimetta in discussione tutto e si avvalga anche dei più elaborati processi di ludizzazione. Una ludizzazione positiva, sia inteso.

Se il gioco è ciò che ci fa fare esperienza, senza che ci si accorga di fare esperienza, esso diventa allora una chiave di volta determinante e importante che permette di legare divertimento e apprendimento.

[...]

Marco Dotti,  04 marzo 2015

http://www.vita.it/it/article/2015/03/04/scuola-e-matematica-modello-finlandia/129684/



Ma perché i docenti scaricano le loro frustrazioni sugli allievi. 
Periodicamente bisognerebbe sottoporre i docenti a verifiche.



Troppe interrogazioni e valutazioni uccidono il piacere per lo studio. Per imparare bisogna anche sbagliare, è l'errore che ci porta sulla strada giusta. In Italia si giudica troppo e si danno voti continuamente, mentre invece andrebbero dati solo sulle verifiche.


La Finlandia è avanti in tutto.Per esempio non vi sono case di riposo per anziani ma residence che ospitano persone sole, a prescindere dall'età. Vi è quindi collaborazione tra la saggezza e la gioventù.



In Germania per esempio vengono dati i voti solo in tedesco e in matematica, nelle altre materie solo giudizi verbali.




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