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martedì 28 agosto 2012

Wolfgang Goethe. L'Italia è ancora come la lasciai, ancora polvere sulle strade, ancora truffe al forestiero, si presenti come vuole. Onestà tedesca ovunque cercherai invano, c'è vita e animazione qui, ma non ordine e disciplina; ognuno pensa per sé, è vano, dell'altro diffida, e i capi dello stato, pure loro, pensano solo per sé

"L’Italia è un paese nemico della cultura e mal governato da tempo immemorabileGoethe lo definì un paese bello e inutile, oggi è solo inutile, visto che diventa di giorno in giorno sempre più brutto […]. L’Italia è un paese che non ha rispetto di sé ed è disastrosamente impari al proprio passato. Gli italiani, con le debite eccezioni, non sono il miglior popolo del mondo; sono un popolo molto pressappochista e presuntuoso con dei geni isolati e spesso bistrattati. È inutile starsi a sciacquare la bocca con la romanità e con il Rinascimento: è roba vecchia e irrimediabilmente passata – roba che gli italiani, tra parentesi, non conoscono, salvo rare eccezioni. Credo che per un intellettuale una delle peggiori disgrazie sia quella di nascere in Italia. Mi attirerò molti nemici ma è quello che penso, e lo penso con molto dolore."
Brano di un’intervista a Riccardo Reim,1953 – 2014, attore, regista, drammaturgo, apparsa su Il Giornale di Letterefilosofia.it


L'Italia è ancora come la lasciai, ancora polvere sulle strade, ancora truffe al forestiero, si presenti come vuole. Onestà tedesca ovunque cercherai invano,  c'è vita e animazione qui, ma non ordine e disciplina;  ognuno pensa per sé, è vano, dell'altro diffida, e i capi dello stato, pure loro, pensano solo per sé. 
Wolfgang Goethe


Non ci deve abbattere il pensiero che la grandezza è passeggera; ma piuttosto, riflettendo che il passato è stato grande, dobbiamo acquistar coraggio per produrre anche noi qualcosa di notevole, che a sua volta, anche quando sarà caduto in rovina, ecciti i posteri a una nobile attività, come non hanno mai mancato di fare i nostri predecessori
Johann Wolfgang Goethe. Parlando di Roma. 


Oggi sono stato alla Ninfa Egeria, poi alle Terme di Caracalla e nella Via Appia a vedere le tombe ruinate e quella meglio conservata di Cecilia Metella, che dà il giusto concetto della solidità dell'arte muraria. Questi uomini lavoravano per l'eternità ed avevano calcolato tutto, meno la ferocia devastante di coloro che sono venuti dopo ed innanzi ai quali tutto doveva cadere
Johann Wolfgang Goethe. Viaggio in Italia, 1786






Johann Wolfgang von Goethe è nato Francoforte sul Meno il 28 agosto 1749.
Goethe non era assolutamente portato per i viaggi non visitò mai le grandi capitali europee; il solo paese in cui soggiornò a lungo fu l'Italia. Perché, chiederete voi?

Il suo viaggio in Italia inizia, in gran segreto, alle tre di mattina del 3 settembre 1786, da Karlsbad, dove il poeta e scrittore si trova per accompagnare in villeggiatura il suo mecenate, committente e datore di lavoro, il duca Carlo Augusto di Sassonia-Weimar.
All'inizio viaggia sotto il falso nome di Giovanni Filippo Moeller: non vuole essere riconosciuto, per godersi il viaggio senza dover rendere conto a nessuno. Per molto tempo nemmeno sua madre e i suoi amici più stretti hanno notizie di lui. Viaggia con poco bagaglio, su una carrozza di posta, con una valigetta e uno zaino di pelo di tasso.

Questo viaggio è una specie di fuga.
Dal 1775 Goethe ha lavorato come precettore del diciottenne Karl August, duca di Weimar.
Nel suoi dieci anni a Weimar, grazie alle sue straordinarie capacità di organizzatore e amministratore, ha trasformato la piccola capitale in un vivace centro culturale, attirando alcuni fra i migliori ingegni del tempo.
Ma il lavoro come ministro a Weimar, dopo più di dieci anni, ha soffocato la sua creatività.
L'Italia, come per molti altri letterati e artisti, rappresenta il sogno, l'Italia classica della Magna Grecia e dei Romani; qui spera di poter rinascere come artista.
Ma fugge anche da un amore, che da undici anni lo tiene prigioniero.
A Weimar infatti ha intrecciato un'appassionata, ma assolutamente platonica (non certo per volere di Goethe), storia d'amore con Charlotte von Stein, moglie del maestro di scuderia del duca di Sassonia-Weimar e madre di sette figli.
Charlotte ha sette anni più di lui ed è una vera gran dama colta, elegante, affascinante e....sigh... virtuosa! Questa musa di grande fascino e intelligenza, gli ispira liriche e ballate, ma, a parte questo, nisba.
Anche lei si diletta a scrivere in prosa e in versi, seppur con risultati non eccelsi.
Così scrive Pietro Citati nella prefazione alle «Lettere alla signora von Stein»:
«L'amore di Charlotte aveva rinchiuso Goethe in un cerchio troppo esclusivo; mille rughe avevano scavato il loro solco dentro il suo animo: lo spirito si era irrigidito; mentre la rassegnazione nascondeva le gioie e i dolori nel grigiore della consuetudine».

Il sommo tedesco le scrive migliaia di lettere dal tono enfaticamente romantico, come per esempio questa:
Il tuo amore è per me come la stella della sera e quella dei mattino: 
tramonta dopo il sole e sorge prima di esso.
Come la stella polare che non tramonta mai, 
e intreccia sopra le nostre teste una corona eternamente viva.
Prego gli dèi che mi concedano di non veder mai oscurato il cammino della mia vita”.

Solo durante il suo soggiorno in Italia, Goethe le invia la bellezza di 1600 lettere.
Quando parte di soppiatto nottetempo, il nostro Johann Wolfgang ha appena compiuto 37 anni e ancora non conosce le gioie dell’amore fisico.
Assetato di bellezza e di classicità, visita Trento, Verona, Padova; a Venezia vede per la prima volta il mare e definisce la città “una repubblica dei castori”.
Arriva a Roma a tappe forzate dedicando, incredibilmente, appena tre ore a Firenze.
Si sente subito a casa e si comporta come se non fosse mai vissuto da un altra parte.
Prende in affitto un bell’appartamento in centro e frequenta artisti e intellettuali tedeschi.
Fa amicizia anche con Vincenzo Monti.
Si rimette in viaggio verso sud e visita Napoli, Pompei, Ercolano e la Sicilia, che lo entusiasma e gli ispira questi versi:
Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni?
Brillano tra le foglie cupe le arance d’oro,
Una brezza lieve dal cielo azzurro spira,
Il mirto è immobile, alto è l’alloro!
Lo conosci tu?

Dalla Sicilia torna a Napoli, dove sale sul Vesuvio e poi eccolo nuovamente a Roma, all’inizio di giugno, qui si ferma per quasi un anno, anche perché finalmente riesce a perdere la sua attempata verginità con una popolana, bruna, formosa, dai grandi occhi fieri e vellutati, molto più giovane di lui, scoprendo che l’amore platonico con gran dame sposate e virtuose non è poi tutta ‘sta meraviglia.
Probabilmente la Faustina, delle “Elegie romane” è appunto questa bella romana, ed è di lei che parla in questi versi:
Ma di notte Amore m’impegna in altro modo; 
Imparo solo a metà, eppure sono due volte felice. 
E non m’educo forse spiando le forme del seno 
e guidando la mano giù per i fianchi?”.

E qua il nostro poeta si prende qualche bella soddisfazione, scrivendo a Charlotte von Stein: «A Weimar non mi era mai successo di sentirmi così bene, come qui, per sedici giorni di fila» (Tié!!!).
In Italia il grande scrittore sta finalmente vivendo: libero dagli impegni di lavoro presso il duca e dalla piccola vita ordinata di Weimar, si muove secondo l' estro del momento, godendosi il paesaggio, la natura, il clima, le città e i piccoli villaggi incontrati lungo la strada, affascinato perfino dall'aria che respira, in preda ad una seconda giovinezza che lo riempie di entusiasmo e di voglia di scrivere. «Sono diventato un' altra persona» scrive continuamente agli amici in Germania, e anche a Charlotte, pur tentando, con lei, di essere un po’ più diplomatico.
Comunque, alla fine della fiera, non pago di aver dedicato ben dieci anni della sua vita ad adorare la signora Von Stein, e illudendosi di avere finalmente qualche speranza, decide, se pur con il cuore molto addolorato, di lasciare l’Italia, e la sua appassionata Faustina, poveretta.
Torna a Weimar, dove la tremenda Charlotte lo accoglie gelidamente, dimostrando interesse pressoché zero per i suoi racconti del “paese dove fioriscono i limoni”.
Ma a questo punto il nostro poeta ha imparato la lezione: è passato solo un mese dal suo ritorno quando incontra al parco un’altra bella popolana dai riccioli neri, Christiane Vulpius, 23 anni come Faustina, ex operaia in un fabbrica di fiori finti. Senza dire ne a ne ba, in quattro e quattro otto la sistema di nascosto, nella sua casa di campagna, ma presto, alla faccia delle malelingue, la porta a vivere nella sua residenza di Weimar. Al contrario di Charlotte, Christiane è un po’ volgarotta, sa a stento leggere e scrivere e si veste sempre di abiti vistosi e colorati.
Quando la signora von Stein viene a sapere, per ultima e non dal diretto interessato, che il suo platonico amante si è portato a casa la Vulpius, si offende a morte e rompe i rapporti con Goethe.
Da allora e per tutta la vita, comunque, Christiane si occuperà di lui e della casa, diventando la madre dell' unico figlio del poeta. Dopo 18 anni di convivenza, alla fine, si sposeranno.

L’esperienza nel nostro paese è raccontata nel libro “Il viaggio in Italia”, che è stato pubblicato, dopo molte revisioni e modifiche, molti anni dopo il viaggio. È un libro molto interessante e insolito. Non è tanto una descrizione del paese, ma una raccolta di impressioni personali sull’Italia e sulla gente, con riflessioni originali su arte, cultura e letteratura.
Tra l’altro Goethe ritornò in Italia una seconda volta ma non riuscì a rivivere le stesse impressioni, anzi fu colpito soprattutto dal disordine e dal cattivo funzionamento delle cose pubbliche.

Negli “Epigrammi veneziani” così scrive:
L'Italia è ancora come la lasciai, ancora polvere sulle strade,
ancora truffe al forestiero, si presenti come vuole.
Cerchi la correttezza tedesca in ogni angolo invano,
c'è vita e animazione qui, ma non ordine e disciplina;
ognuno pensa solo per sé, è vanitoso, diffida del prossimo,
e i capi dello Stato, pure loro, provvedono solo per sé stessi.
È bella questa terra; ma, oh! non ritrovo più Faustina. 
Non c’è più l’Italia, quella che ho lasciato con dolore.”

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