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sabato 10 marzo 2012

Johann Wolfgang Goethe. Le affinità elettive. Non possiamo imparare a conoscere le persone quando vengono da noi; dobbiamo noi andare da loro per vedere quello che sono.


Chiamiamo affini quelle nature che incontrandosi subito si compenetrano e si determinano reciprocamente si cerchino l'un l'altra, si attraggano, si compenetrino, si distruggano, si divorino, si consumino per poi uscire dal più intimo legame e riapparire in forma rinnovata, nuova, inattesa; allora soltanto si attribuiscono loro vita eterna e addirittura spirito e intelletto, perchè sentiamo che i nostri sensi bastino appena a osservarle esattamente e la nostra ragione giunge appena a comprenderle.
Johann Wolfgang von Goethe. Le Affinità Elettive




"Pensavo ” interruppe Edoardo “ che alcuni esempi potrebbero chiarire comodamente la cosa a lei e a noi. Pensa all'acqua, all'olio, al mercurio, e tu troverai fra le singole parti di essi un rapporto, una unità. Queste non perdono questa unità se non per violenza esterna, o per altro motivo. Appena l'impedimento viene allontanato, l'unità si ristabilisce immediatamente”.
Goethe,  Le affinità elettive


Non possiamo imparare a conoscere le persone quando vengono da noi;
dobbiamo noi andare da loro per vedere quello che sono.
Johann Wolfgang Von Goethe, Le affinità elettive


Solo la vicinanza più stretta riusciva a recar loro pace; era una pace assolutamente completa, bastava. Non c’era bisogno di occhiate, di parole o gesti, neppure d’un contatto: era sufficiente il puro stare assieme. In quel momento, non erano più due persone distinte, bensì una sola in uno stato di beatitudine perfetta, priva di coscienza, in armonia con se stessa, con il mondo. […] Per loro, la vita diventava un enigma, la cui soluzione era concesso di trovare solo rimanendo uniti.
Goethe,  Le affinità elettive


Certo, noi tutti facciamo uno spreco di preparativi per la vita. Invece di cominciare subito ad accontentarci d’uno stato di serena mediocrità, miriamo a espanderci, allargarci e ci infliggiamo disagi crescenti.”
Johann Wolfgang Goethe. Le affinità elettive

Abbiamo commesso una pazzia: ora lo vedo fin troppo bene. Chi, giunto ad una certa età, vuole realizzare sogni e speranze di gioventù, si inganna sempre, giacché nell'uomo ogni dieci anni cambia il concetto delle felicità, cambiano le speranze e le prospettive. Guai a colui che, dalle circostanze o dall'illusione, viene indotto ad aggrapparsi al futuro o al passato! Abbiamo commesso una pazzia. Dovremmo, per una sorta di scrupolo, rinunciare a ciò che i costumi del nostro tempo non ci vietano? In quante cose l'uomo ritorna sui suoi propositi, sulle sue azioni, e non dovrebbe farlo qui, dov'è in gioco tutto e non un dettaglio, dove si tratta non di questa o di quella condizione di vita, bensì della vita in tutto il suo complesso?
Johann Wolfgang Goethe. Le affinità elettive

Per natura, ogni donna esclude la donna: perchè da ognuna si richiede tutto ciò che spetta al suo sesso. Non così accade per gli uomini. Uomo cerca uomo; se non ci fosse un secondo uomo, se lo inventerebbe: una donna potrebbe vivere un’eternità, senza manco pensare a procurarsi una sua simile”
Johann Wolfgang Goethe. Le affinità elettive

«Sotto quel cielo terso, con quel bel sole, le apparve a un tratto evidente che il suo amore, per realizzarsi sino in fondo, doveva perdere ogni traccia d'egoismo; e in certi momenti, le sembrava d'essere già a quel vertice: desiderava soltanto la felicità dell'amico, si credeva capace di rinunciare a lui, di non vederlo addirittura più, pur di saperlo contento. Ma per sé, era ben sicura di non volere appartenere a nessun altro».
Johann Wolfgang Goethe, “Le affinità elettive”


W.Goethe ne “Le affinità elettive”fa dire ad Ottilia “Le grandi passioni sono malattie senza speranza. Ciò che potrebbe guarirle, è proprio ciò che le rende pericolose”.
La simbiosi come proiezione narcistica di sé nell'altro é distruttiva, anzi letale ,perché priva di quel processo di individuazione che salva da proiezioni mortifere.Significativamente Pietro Citati, uno dei letterati italiani più brillanti e più acuti, riferendosi al romanzo di Goethe “Le affinità elettive” osserva
“Per Ottilie […] come per tutti i mistici, l’amore è la totale cancellazione, l’assoluto annullamento dell’io nella figura dell’amato. Lentamente Ottilie si uccide non per l’amato, ma nell’amato; e il suo destino rivela quale tremendo istinto di morte vi sia nell’amore, se è guidato dalle “affinità elettive”. Quando scorge la calligrafia di Ottilie trasformarsi nella sua, Eduard esclama “Tu mi ami!” e l’abbraccia. È un grido rivelatore. Eduard ama Ottilie perché, guardando in lei, vede se stesso. Il suo è l’amore di Narciso verso il proprio specchio: il più mortale degli amori, perché in esso l’altro è soltanto un’eco e un riflesso del nostro io.
Pietro Citati, Il male assoluto



Le affinità elettive: Sotto il segno del Fato
Nulla è più importante, in qualsiasi circostanza, del sopraggiungere di una terza persona. Ho visto amici, fratelli, amanti, sposi, i cui rapporti furono radicalmente mutati, la cui situazione fu interamente capovolta dall’arrivo casuale o voluto di una terza persona.
(GoetheLe affinità elettive)
È il tre il numero perfetto? Di sicuro non nelle relazioni interpersonali. La teoria del terzo incomodo la conosciamo tutti, ma qui lo specchio d’acqua si estende, le carte si mescolano e viene fuori qualcosa di nuovo e inaspettato, grazie all’aggiunta di un ulteriore elemento. Laddove il terzo incomodo inquina e corrompe il quarto crea e dà vita a trasformazioni inimmaginabili.

Goethe vuole adattare le leggi che controllano la Natura, alla società. Alla base di tutto pone la chimica e sfruttando la teoria delle affinità, che spinge alcuni elementi a unirsi tra loro, nel racconto mostra l’evoluzione delle relazioni amorose dei vari personaggi, in base alle regole di un determinismo psicologico che rende vane le promesse matrimoniali e che trova posto all’interno di un quadro generale, dove attrazione e separazione sono dettate unicamente dall’incontro di determinati componenti chimici.

Ma è possibile adattare un qualsiasi modello a chi non può concludersi mai in una forma fissa? Forse si può leggere nel testo anche una critica nei confronti dell’istituzione matrimoniale, che segue le leggi culturali e non le inclinazioni naturali, ma neanche l’adulterio esce vincitore dalla battaglia e allora, per rendere tutto più evidente, Goethe mantiene costante la presenza del Fato ineluttabile, come un’ombra che copre tutto il romanzo e che si esprime nella sua veste migliore quando porta, di gran fretta, nella direzione opposta a quella che ci si era augurata e ancor più rapidamente verso una morte predestinata.

Edoardo e Carlotta si amano fin dalla gioventù, ma i genitori ne hanno impedito le nozze ed hanno imposto loro un matrimonio combinato. Adesso, rimasti vedovi e ancora abbastanza giovani, finalmente possono coronare il vecchio sogno d’amore e decidono di trasferirsi in un castello di campagna dove vivere serenamente, a contatto con la natura.
Ma non siamo forse esseri in continuo fluire? Ed è poi possibile ritrovare ciò che eravamo un tempo? Se l’indole che ci caratterizza raramente muta, le aspirazioni, i desideri, i sentimenti sono invece in incessante trasformazione.


«A dire il vero, mia cara» rispose il conte «la colpa è solo nostra, se ci meravigliamo tanto. Ci piace ritenere assolutamente durature le cose di questo mondo, compresi anche e soprattutto i legami coniugali; per quanto riguarda quest’ultimo punto poi, le commedie, che continuiamo a vedere, ci inducono a fantasie che non hanno nulla a che fare con la realtà. Nella commedia il matrimonio viene visto come la realizzazione, procrastinata di atto in atto per una serie di ostacoli, di un desiderio, e nell’istante in cui questo desiderio si realizza, cala il sipario, mentre in noi trova eco quella soddisfazione momentanea. Nella realtà le cose vanno diversamente: dietro il sipario si continua a recitare, e quando lo si alza di nuovo, si vorrebbe che non ci fosse più nulla da vedere o da sentire.»
(GoetheLe affinità elettive)


Edoardo, che rappresenta l’istinto e l’impeto della fanciullezza, rispetto a Carlotta che invece mette sempre in moto la ragione, dà l’avvio alla connessione degli eventi che permetterà il dipanarsi della trama, proponendo di invitare a vivere insieme a loro, il Capitano, suo amico di gioventù.
Carlotta sa quanto sia fragile l’equilibrio all’interno di una coppia e cerca di opporsi, ma alla fine cede e il Capitano arriva prontamente al castello. La teoria di Carlotta si trasforma in realtà e il terzo incomodo fa mutare l’armonia della coppia e tutte le sue rassicuranti abitudini. Ma affinché tutto proceda secondo gli intenti di Goethe, bisogna aggiungere ancora un altro componente, a tal scopo sopraggiungerà dunque Ottilia, nipote di Carlotta e strumento indispensabile nelle mani del Fato.


[…] quattro sostanze, finora unite a due a due, appena messe a contatto, sciolgono il precedente legame per instaurarne uno nuovo. In questo lasciare e prendere, in questo fuggire e cercare, sembra potersi scorgere davvero una determinazione superiore: attribuiamo a tali esseri una sorta di volontà e di capacità di scelta e riteniamo pienamente legittimo il termine tecnico «affinità elettive». […]Pensate a un A e a un B così intimamente legati che anche impiegando i mezzi più disparati, compresa la forza, non ci sia verso di separarli; pensate quindi a un C, che abbia con un D il medesimo rapporto; e ora mettete in contatto le due coppie: A si getterà su D, C su B, senza che si possa dire chi per primo ha lasciato l’altro, chi per primo si è di nuovo unito all’altro.
(GoetheLe affinità elettive)


Ovviamente, quando si mescolano natura e società, non tutto può essere riportato alle combinazioni degli elementi, altrimenti si potrebbe, con grande precisione, prevedere il futuro e invece, c’è sempre la famosa variabile, che immancabilmente interviene, il Fato appunto, alla cui presa nessuno può sfuggire. La sensazione del presagio che incombe sulla vita di tutti noi, confluisce in una forza superiore che ci soggioga e che nessuna legge può mai fermare. E ciò perché le unioni che nascono solo da un’attrazione momentanea, si trasformano in una sorta di necessità, che però non può essere supportata dalla durata, con un destino sempre pronto a precipitarli al punto d’origine, ovvero alla mera casualità. Pertanto, comunque vadano le cose, si viene travolti da un gioco che non è possibile gestire.

Edoardo, che ha sempre creduto di potere condurre gli incastri, abituato com’è ad essere egoista e viziato e ad ottenere sempre ciò che vuole, si dimentica però che i suoi sono solo degli assunti teorici. Di conseguenza, proprio grazie al sistema di Edoardo, il Fato metterà in moto le sue trame e anziché realizzare le innocenti previsioni dell’uomo, scatenerà le forze oscure degli elementi che si uniscono contro ogni pronostico, portando il consueto vortice di dolore e morte, che caratterizza le passioni.
Non saranno infatti B e C a congiungersi, ma A e C e anziché A e D ci sarà B con D, ovvero Carlotta e il CapitanoEdoardo e Ottilia. La potenza delle affinità elettive non conosce i limiti della ragione, né della materia e riesce addirittura a produrre l’impossibile. Una sera Edoardo si reca nella camera della moglie e insieme a lei concepisce un figlio, che però avrà i tratti di Ottilia e del Capitano, ovvero di coloro ai quali pensavano di congiungersi i coniugi nel momento dell’unione carnale. Come suggerisce Citatila materia si è lasciata influenzare e plasmare dai rapporti sentimentali. E non è l’unico caso, sebbene sia il più eclatante.


Per Ottilie […] come per tutti i mistici, l’amore è la totale cancellazione, l’assoluto annullamento dell’io nella figura dell’amato. Lentamente Ottilie si uccide non per l’amato, ma nell’amato; e il suo destino rivela quale tremendo istinto di morte vi sia nell’amore, se è guidato dalle “affinità elettive”. Quando scorge la calligrafia di Ottilie trasformarsi nella sua, Eduard esclama “Tu mi ami!” e l’abbraccia. È un grido rivelatore. Eduard ama Ottilie perché, guardando in lei, vede se stesso. Il suo è l’amore di Narciso verso il proprio specchio: il più mortale degli amori, perché in esso l’altro è soltanto un’eco e un riflesso del nostro io.
(Pietro CitatiIl male assoluto)


In questo gioco crudele, tutto è dunque segnato, la passione senza futuro è incarnata da Edoardo, ottuso nel suo caparbio inseguimento della soddisfazione personale e da Ottilia, che diventa martire dell’amore che fa annullare se stessi per esaltare l’altro. Quasi senza rendersene conto, entrambi, piuttosto che seguire la traccia dei propri sentimenti, si lanciano nell’esito infausto che il destino ha in serbo per loro, seguendo perfettamente un copione già scritto, ma a loro insaputa.
Ottilia è il personaggio predestinato alla fatalità e alla morte, infatti viene subito posta su un piano quasi soprannaturale, come se nel mondo terreno si aggirasse da estranea, come se nulla le appartenesse e pertanto come se potesse e dovesse per questo motivo distruggere tutto ciò che la circonda. E come avviene in ogni tragedia degna di tal nome, ciò che conta non è la colpa e nemmeno un conseguente castigo, bensì l’espiazione. Da qui il completo trionfo della morte.


Ci sono certe cose che il destino persegue con ostinazione. È inutile che la ragione e la virtù, che il dovere e ogni sacro intento cerchino di sbarrargli il cammino: bisogna che accada quel che per lui è giusto e che a noi non sembra tale; comunque ci comportiamo, alla fine è sempre lui ad avere la meglio.
(GoetheLe affinità elettive)


A ben guardare la chimica vince sì sulla ragione, ma poi perde contro il tormento del peccato e la volontà della penitenza, mentre sembra che una forza estranea costringa tutto e tutti sotto la sua guida incontrastata, rendendo ogni azione autonoma, che si svolge al di fuori dello schema, come sbagliata o comunque vana. Chissà perché abbiamo questa mania di voler dare sempre un senso e una direzione ad ogni cosa, anziché provare a sentirla. Con tutto il rumore che produciamo, probabilmente non siamo più in grado di ascoltarci, rimanendo in balia del tempo, degli inganni, del dolore, spesso soltanto per inseguire una squallida imitazione d’amore, che neanche ci serve.

È un compito terribile quello di imitare l’inimitabile. Lo sento bene, mio caro, ci vuole del genio per tutto, anche per il martirio.
(GoetheLe affinità elettive) 





È un libro bellissimo, all'inizio definito "immorale" per ché esortava all'adulterio.. Macchè, è scritto con tanta delicatezza di sentimenti,per cui questo fatidico adulterio fa solo da sfondo, con uno stile ancora "romantico", ai sentimenti, al conversare immersi nella natura, all'affinità elettiva che si crea tra persone che condividono insieme l'anima, più che il corpo.. E la fine tragica degli amanti li riscatta dagli "errori" che molti benpensanti ci vedono (e quanti ce ne sono ancora oggi..).

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