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domenica 11 marzo 2012

Erasmo da Rotterdam. Elogio alla follia. La differenza tra un pazzo e un saggio sta nel fatto che il primo obbedisce alle passioni, il secondo alla ragione. Perciò gli stoici affermano che il saggio rifugge la passione come se fosse una malattia

Cane non mangia cane; «i feroci leoni non si fanno guerra»; il serpente non aggredisce il suo simile; v’è pace tra le bestie velenose. Ma per l’uomo non c’è bestia più pericolosa dell’uomo.
Erasmo da Rotterdam


"Poniamo che un tizio volesse strappare la maschera a degli attori che sostengono la loro parte su di un palcoscenico e rivelare agli spettatori le loro facce vere e reali. Non guasterà costui tutta la finzione scenica e non meriterà d'esser preso per matto furioso e cacciato dal teatro a sassate? D'improvviso lo spettacolo assumerà un nuovo volto: prima c'era una donna, ora c'è un uomo, prima un vecchio, ora un giovane; chi era re, d'un colpo è divenuto una canaglia e chi era un dio, lì per li ci appare un omiciattolo. Ma togliere l'illusione significa mandare a monte tutto quanto il dramma, poiché proprio l'inganno della finzione scenica incanta l'occhio dello spettatore. Orbene! Che cos'è la vita dell'uomo, se non una commedia, in cui ognuno va coperto d'una maschera sua particolare e ognuno recita la sua parte, sinché il regista lo allontana dalla scena? Sempre il regista affida al medesimo attore il compito ora di mettersi addosso la porpora regale e ora gli stracci d'un miserabile schiavo. Dunque sul palcoscenico tutto è posticcio, ma la commedia della vita non si svolge in un modo diverso".
Erasmo da Rotterdam


Erasmo da Rotterdam, La leggerezza all’origine della stirpe umana.
“Innanzitutto, che cosa può esserci di più dolce e prezioso della vita? ma a chi, se non a me, riportarne la desiderata origine? Non l’asta di Pallade dal padre possente, né l’egida di Giove adunator di nembi, generano e propagano la stirpe umana. Lo stesso padre degli dèi e re degli uomini, al cui cenno trema l’Olimpo intero, quando vuol fare quello che poi fa sempre, e cioè generare dei figli, deve deporre quel suo famoso fulmine a tre punte, deve spogliarsi del titanico sembiante con cui spaventa a suo piacimento, e, come un povero commediante qualsiasi, deve assumere la maschera di un altro personaggio. Quanto agli stoici che si credono così vicini agli dèi, datemene uno che sia stoico magari tre o quattro volte, o, se volete, stoico mille colte! Anche lui dovrà deporre, se non la barba che è l’insegna della sapienza (comune, a dir vero, con i caproni), certamente il suo sussiego; dovrà spianare la fronte, mettere da parte i suoi princìpi adamantini, e abbandonarsi un poco a qualche leggerezza e follia. Se vuole davvero divenire padre, insomma, anche quel saggio deve chiamare me, proprio me.”
ERASMO da ROTTERDAM (1446 – 1536), “Elogio della Follia”, a cura, trad., introd. e nota bibliografica di Eugenio Garin, Mondadori, Milano 2011 (ristampa, I ed. 1992), XI, p. 18.
“ Principio quid esse potest uita ipsa vel dulcius, vel pretiosius? At hujus exordium cui tandem acceptum ferri convenit, nisi mihi? Neque enim aut ὀβριμοπάτρης hasta Palladis, aut νεφεληγερέτου Jovis ægis hominum genus vel progignit, vel propagat. Verum ipse Deum pater atque hominum Rex, qui totum nutu tremefactat Olympum, fulmen illud trisulcum ponat oportet, et vultum illum Titanicum, quo, cum lubet, Deos omneis territat, planeque histrionum more, aliena sumenda misero persona, si quando velit id facere, quod numquam non facit, hoc est παιδοποιεῖν. Jam vero Stoici se Diis proximos autumant. At date mihi terque quaterque, aut si libet, sexcenties Stoicum, tamen huic quoque, si non barba insigne sapientiæ, etiam si cum hircis commune, certe supercilium erit ponendum, explicanda frons, abjicienda dogmata illa adamantina, ineptiendum ac delirandum aliquantisper. In summa, me, me inquam, sapiens accersat oportet, si modo pater esse velit.”
DESIDERII ERASMI ROTERDAMI “Μωρίας Εγκώμιον sive Stultitiæ Laus Declamatio”, cum Commentariis Gerardi Listrii, ineditis Oswaldi Molitoris, et Figuris Johannis Holbenii, Guil. Gottl. Beckerus Basileæ M.DCC. LXXX (I ed. Gilles de Gourmont, Parisiis 1511, incompleta e all’insaputa dell’A.), pp. 27 – 39.


Erasmo da Rotterdam, “L’educazione precoce e liberale dei fanciulli” (1529)
Con i loro figli gli uomini possono sbagliare in tre modi:
perché trascurano del tutto la loro educazione,
perché si accorgono troppo tardi dell’importanza di questa
o perché i maestri ai quali li affidano insegnano
cose che non servono.
Vi sono persone il cui animo gretto
impedisce loro di assumere un insegnante qualificato;
e sempre avviene che si paga più uno scudiero
che l’educatore del proprio figlio.
Volesse il cielo che fossero meno numerosi coloro
che spendono di più per i loro capricci
che per l’educazione di un figlio.


I Potenti sono sfortunati perché attorno a loro ci sono solo elogiatori,
pronti a velare ogni verità che risulti sgradita al padrone.
Erasmo da Rotterdam

La mente umana è fatta in modo tale che è molto più suscettibile alla menzogna che alla verità
Erasmo da Rotterdam


Ciò che l'occhio è per il corpo, la ragione lo è per l'anima.
Erasmo da Rotterdam

A forza di sterminare animali, si capì che anche sopprimere l'uomo non richiedeva un grande sforzo.
Erasmo Da Rotterdam



Per qual motivo io sia venuta innanzi a voi in questa insolita acconciatura, lo sentirete fra breve, se non vi è grave prestar orecchio alle mie parole. Non certo come lo porgevate ai predicatori sacri, ma piuttosto come facevate con i ciarlatani di piazza, con gli scrocconi e con i buffoni [...]. Mi piacerebbe con voi fare un pò il sofista, non però di quella razza che oggi inculca nei ragazzetti quisquilie da togliere il fiato comunicando loro una ostinazione a disputare peggio delle femmine; ma imiterò quegli antichi che, pur di evitare il nome malfamato di sapienti, preferiscono dieci sofisti. L’occupazione di costoro consisteva nel celebrare con i loro elogi gli dèi e gli eroi. Sentirete dunque l’elogio, non già di Ercole o di Solone, ma di me in persona, la Pazzia.
Erasmo, Elogio della Pazzia


Osservate con quanta previdenza la natura, madre del genere umano, ebbe cura di spargere ovunque un pizzico di follia. Infuse nell'uomo più passione che ragione perchè fosse tutto meno triste, difficile, brutto, insipido, fastidioso. Se i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto con la saggezza, la vecchiaia neppure ci sarebbe. Se solo fossero più fatui, allegri e dissennati godrebbero felici di un’eterna giovinezza. La vita umana non è altro che un gioco della Follia.
Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia


La via della saggezza passa per la follia. Le passioni non soltanto fanno da piloti nel porto della saggezza, ma si trovano in tutte le azioni secondo virtù, come degli sproni stimolanti a fare del bene
Erasmo da Rotterdam


La differenza tra un pazzo e un saggio sta nel fatto che il primo obbedisce alle passioni, il secondo alla ragione. Perciò gli stoici affermano che il saggio rifugge la passione come se fosse una malattia. Secondo i Peripatetici invece le passioni sono le navi che ci conducono al porto della saggezza, ci stimolano e ci spronano sul cammino della virtù, esortandoci ad agire correttamente.
Elogio alla follia, Erasmo da Rotterdam



Follia è libertà degli affanni. Qualunque cosa dicano di me i mortali (so bene, signori miei, troppo bene, che la pazzia gode di pessima reputazione anche tra i folli più folli) ebbene, sono io la sola, proprio io in carne ed ossa, grazie ai miei poteri sovrannaturali, a infondere serenità nel cuore degli uomini e degli dei.
Erasmo Da Rotterdam, Elogio della Follia


Ma per non seguitar all'infinito e per offrirvi il succo della cosa, a parer mio tutta la religione cristiana ha una specie di parentela con la pazzia e non va punto d'accordo con la sapienza. Ne volete le prove? Osservate anzitutto che quelli che piú trovano piacere nelle funzioni sacre e in tutte le cose di religione, che si strofinano sempre agli altari sono ragazzi, vecchi, donne, ignoranti. È madre natura che ve li spinge, si sa; nient'altro. In secondo luogo vedete tutti quei primi fondatori di religione: costoro abbracciavano una vita di straordinaria semplicità ed erano della cultura nemici irriconciliabili. Infine non si trovano pazzi piú dissennati di coloro che si son lasciati prendere una volta da ardore di pietà cristiana: eccoli profondere i loro averi, non curarsi di offese, lasciarsi ingannare, non far differenza fra amici e nemici, aver in orrore il piacere, ingrassare a forza di digiuni, veglie, lagrime, lavori e ingiurie, aver in uggia la vita, non bramar che la morte; in una parola son diventati pare assolutamente ottusi ad ogni senso comune, come se il loro animo vivesse altrove non dentro il corpo. E questa che cos'altro è se non pazzia? Non c'è da meravigliarsi se gli Apostoli sembravano briachi di vin dolce o se san Paolo parve addirittura al giudice Festo un pazzo. 
Erasmo da Rotterdam, Elogio della pazzia


E poi ci sono i filosofi, venerandi per barba e mantello: affermano di essere i soli sapienti; tutti gli altri sono soltanto ombre inquiete. Ma com'è bello il loro delirio quando costruiscono mondi innumerevoli; quando misurano, quasi col pollice e il filo, il sole, la luna, le stelle, le sfere; quando rendono ragione dei fulmini, dei venti, delle eclissi e degli altri fenomeni inesplicabili, senza la minima esitazione, come se fossero a parte dei segreti della natura artefice delle cose, come se venissero a noi dal consiglio degli Dèi! La natura, intanto, si fa le grandi risate su di loro e sulle loro ipotesi. A dimostrare che nulla sanno con certezza, basterebbe quel loro polemizzare sulla spiegazione di ogni singolo fenomeno. Loro, pur non sapendo nulla, affermano di sapere tutto; non conoscendo se stessi e non accorgendosi, a volte, della buca o del sasso che hanno sotto il naso, o perchè in molti casi ci vedono poco, o perchè sono altrove con la testa, sostengono di vedere idee, universali, forme separate, materie prime, quiddità, ecceità, e cose tanto sottili da sfuggire, credo, persino agli occhi di Linceo. Disprezzano in particolare il profano volgo, quando confondono le idee agli ignoranti con triangoli, quadrati, circoli, e figure geometriche siffatte, disposte le une sulle altre a formare una specie di labirinto, e poi con lettere collocate quasi in ordine di battaglia e variamente manovrate. Nè mancano, fra loro, quelli che, consultando gli astri, predicono l'avvenire promettendo miracoli che vanno al di là della magia; e, beati loro, trovano anche chi ci crede. 
Erasmo da Rotterdam, Elogio della pazzia


D'altra parte quale città ha mai voluto applicare le leggi di Platone o Aristotele e le massime di Socrate? E così qual impulso persuase i Deci a offrirsi spontaneamente in olocausto agli dèi Mani? Qual istinto ha trascinato Curzio nell'abisso se non la gloria, ch'è vana? Ella è una sirena dolcissima davvero, ma con quanto accanimento la condannano questi sapienti! Dicono essi: non v'è pazzo più grande del candidato alle elezioni, il quale umilmente si presta ad adulare il popolo, ne compra il favore con donativi, va in caccia degli applausi d'una massa di pazzi, è tutto contento quando lo acclamano, si lascia portare intorno in trionfo perchè il popolo lo ammiri, come si fa per le immagini dei santi, e infine ammette di star ritto nella pubblica piazza effigiato nel bronzo.
Con tali buaggini fanno il palo le adozioni di nomi e soprannomi, gli onori divini offerti ad uomini da nulla, e le pubbliche cerimonie con cui tiranni scelleratissimi vengono elevati al rango di divinità. Queste son davvero mattie belle e buone e non basterebbe un sol Democrito a farsene le dovute beffe. C'è qualcuno che dice di no? Eppure proprio a questa sorgente gli eroi attingono l'ispirazione per le audaci imprese che tanti uomini eloquenti levano sino al cielo nei loro scritti. Una tal forma di pazzia fa nascere le città e su di essa si fondano gli imperi, le repubbliche , la religione, le assemblee e i tribunali. E in definitiva la vita degli uomini nient'altro è che un gioco della pazzia.
Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia




“…è pacifico che tutte le passioni rientrano nella sfera della follia: ciò che distingue il savio dal pazzo è che questi si fa guidare dalle passioni, mentre il primo ha per guida la ragione. Perciò gli stoici spogliano il sapiente di tutte le passioni come fossero delle malattie. Tuttavia questi elementi emotivi, non solo assolvono la funzione di guide per chi si affretta verso il porto della sapienza, ma nell’esercizio della virtù vengono sempre in aiuto spronando e stimolando, come forze che esortano al bene. Anche se qui fieramente leva la sua protesta Seneca, col suo stoicismo integrale, negando al sapiente ogni passione. Ma così facendo distrugge anche l’uomo e crea al suo posto un Dio di nuovo genere, che non è mai esistito e non esisterà mai; anzi, per parlare ancora più chiaro, scolpisce la statua di un uomo di marmo, privo d’intelligenza e di qualunque sentimento umano. Perciò, se lo desiderano, si godano pure il loro saggio, che potranno amare senza rivali, e dimorino con lui nella Repubblica di Platone, o, se preferiscono, nel mondo delle idee, o nei giardini di Tantalo”.
Erasmo da Rotterdham, Elogio della follia, cap. 30


...Colui che afferra il timone dello stato si fa amministratore del pubblico non dei suoi privati, non deve allontanarsi neppur di un mignolo dalle leggi, delle quali lui è autore ed esecutore, deve rispondere lui della correttezza dei suoi amministratori . Lui solo infatti è continuamente esposto agli occhi di tutti e, come un astro benigno, con la sua integrità, può influire molto favorevolmente sulle cose umane, e può anche, come funesta cometa, recar la più grande rovina; chè dei vizi di privati non ci si risente allo stesso modo, ne si diffondono con ugual virulenza, laddove Lui si trova in tal posizione che, per poco che si allontani dal retto, immediatamente il suo malo esempio serpeggia, contagiando un numero infinito di uomini....
Erasmo da Rotterdam, Elogio della pazzia


“Perciò, visto che fra i molti meriti di Bacco è considerato a ragione il più importante quello di ripulire l’animo dalle preoccupazioni (e questo soltanto per un tempo molto breve: infatti, appena smaltito il caro vino, subito su bianche quadrighe, come si dice, ritornano le ansie), quanto è più completo e più efficace il beneficio che procuro io riempiendo la mente, per mezzo di una specie di perpetua ebbrezza, di gioie, di piaceri, di esplosioni di allegria, e per di più senza alcuna fatica? E non permetto a nessun mortale di non prendere parte al mio dono…”
Erasmo da Rotterdam, “L’elogio della follia”



Bisogna essere grezzi e ignoranti per piacere prima di tutto a sé stessi e poi per riscuotere l'ammirazione altrui. Solo uno sciocco può ambire alla cosiddetta vera cultura, perché in primo luogo acquisirla è assai gravoso e in secondo luogo non offre alcun vantaggio. L'uomo dotto si ritrova solo, respinto e isolato dal mondo.
Erasmo, Elogio della Follia


“Di grazia, chi odia se stesso come potrà amare qualcuno?
Chi è interiormente combattuto, potrà forse andare d’accordo con altri?
Potrà, chi è sgradito e molesto a se stesso, riuscire gradevole a un altro?
Nessuno, credo, lo affermerebbe, se non fosse un pazzo più pazzo della Follia stessa.”
Erasmo da Rotterdam, "Elogio della follia"




Ho conosciuto una volta un tale, dotto in svariati campi: 
sapeva di greco, di latino, di matematica, di filosofia, di medicina, e questo a livello superiore. Ormai sessantenne, messo da parte tutto il resto, da oltre vent'anni si tormenta sulla grammatica, ritenendo di poter essere felice se vivrà abbastanza da stabilire con certezza come vadano distinte le otto parti del discorso; finora nessuno, né dei Greci né dei Latini, ci è riuscito pienamente. Di qui quasi un caso di guerra se uno considera congiunzione una locuzione avverbiale. A questo modo, pur essendovi tante grammatiche quanti grammatici, anzi di più se solo il mio amico Aldo Manuzio ne ha pubblicate più di cinque, questo tale non tralascia di leggerne ed esaminarne minuziosamente nessuna, per barbara o goffa che sia nello stile. Guarda infatti con sospetto chiunque faccia in materia un tentativo, sia pure insignificante, attanagliato com'è dalla paura che qualcuno lo privi della gloria, rendendo vane così annose fatiche. Preferite chiamarla follia o stoltezza? A me poco importa, purché siate disposti a riconoscere che, per mio beneficio, l'animale più infelice di tutti può attingere una tale felicità da non volere scambiare la propria sorte neppure con quella dei re persiani.
Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia




ERASMO DA ROTTERDAM. IL DENARO.
C’è chi si prodiga con ogni cura per gli affari degli altri mentre trascura i propri, e chi, preso nel giuoco dei debiti, prossimo a fallire, si crede ricco del denaro altrui; un altro pone all’apice della sua felicità morire povero pur di arricchire l’erede.

Questi per un guadagno modesto, e per giunta incerto, corre tutti i mari, affidando la vita, che il denaro non ricompra, alle onde e ai venti; quello preferisce cercare di arricchirsi in guerra piuttosto che starsene al sicuro in casa sua. Ci sono di quelli che credono si possa arrivare alla ricchezza senza la minima fatica andando a caccia di vecchi senza eredi; nè manca chi, in vista dello stesso risultato, opta per un legame con vecchiette danarose. Gli uni e gli altri offrono agli Dei che stanno a guardare uno spettacolo oltremodo divertente, quando si fanno abbindolare proprio da coloro che vogliono intrappolare.

La razza più stolta e abietta è quella dei mercanti che, pur trattando la più sordida delle faccende e nei modi più sordidi, pur mentendo, spergiurando, rubando, frodando a tutto spiano, si credono da più degli altri perché hanno le dita inanellate d’oro.

Nè mancano di adularli certi fraticelli che li ammirano e li chiamano apertamente venerabili, senza dubbio perché una piccola parte degli illeciti profitti vada a loro.

Altrove puoi vedere dei Pitagorici, a tal segno convinti della comunanza dei beni, che, se trovano qualcosa d’incustodito, tranquillamente se ne appropriano come l’avessero ricevuto in eredità.

C’è chi, ricco solo di speranze, sogna la felicità, e già questo sogno, per lui, è la felicità.

Taluni si compiacciono di essere creduti ricchi, mentre a casa loro muoiono di fame.

Uno si affretta a dilapidare tutto quello che possiede; un altro accumula con mezzi leciti e illeciti. Questo si fa portare candidato perché ambisce a pubbliche cariche, quello è contento di starsene accanto al fuoco. E sono tanti quelli che intentano interminabili cause e che, portatori di opposti interessi, fanno a gara per arricchire il giudice che accorda rinvii, e l’avvocato che è in combutta con la parte avversa.

Uno ha la mania di rinnovare il mondo, un altro propende per il grandioso. C’è chi, senza nessuna ragione d’affari, lascia a casa moglie e figli e se ne va a Gerusalemme, a Roma, a San Giacomo di Compostella.”

Erasmo da Rotterdam, L’elogio della pazzia


http://youtu.be/L6Ktzj2xpXo














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