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mercoledì 14 marzo 2012

Epitteto. Accusare gli altri delle proprie disgrazie è conseguenza della nostra ignoranza;

Nessuna cosa compare all'improvviso,
nemmeno l'uva, nemmeno i fichi.
Se ora mi dici:“Voglio un fico”, ti rispondo:
“Ci vuole tempo. Lascia innanzitutto che vengano i fiori,
poi che si sviluppino i frutti e, poi, che maturino”.
Epitteto (ca. 50 - ca. 125 d.C.) - Dissertazioni, I, 15, 7


Le cose sono di due maniere;
alcune in potere nostro,
altre no.
Epitteto, Il manuale


Fai l’uso migliore di ciò che è in tuo potere fare e accetta il resto come viene.
Epitteto


Accusare gli altri delle proprie disgrazie è conseguenza della nostra ignoranza della diairesi; accusare sé stessi significa cominciare ad usare la diairesi;
Epitteto


Esempi di Diaresi:
Epitteto fa numerosissimi esempi, tra i quali possiamo scegliere questi:
'Oggi devo inevitabilmente morire.
Ne devo pure gemere?'
'Diatribe' I,1,22

'Domani devo essere inevitabilmente imprigionato.
Dovrò anche lamentarmi?'
'Diatribe' I,1,22

'Sono stato condannato all'esilio.
Chi mi impedisce di ridere, di essere di buonumore, di essere sereno?'
'Diatribe' I,1,22

La Proairesi, che si atteggia secondo Diairesi, sceglierà nel primo caso di non gemere e morirà.
Nel secondo caso, sceglierà di non lamentarsi e andrà in prigione. Nel terzo caso, sceglierà di ridere, di essere di buonumore, di essere serena e andrà in esilio. La Diairesi è il Supergiudizio esattamente contrario alla Controdiairesi.
https://it.wikipedia.org/wiki/Diairesi


La felicità non consiste nell’acquistare e nel godere,
ma nel non desiderare nulla, perché consiste nell’essere liberi.

Dio ci ha dato due orecchie, ma soltanto una bocca,
proprio per ascoltare il doppio e parlare la metà.
Epitteto.


Né una nave si può assicurare a una piccola ancora,
né una vita a una sola speranza.
Epitteto


Innanzi tutto dì a te stesso chi vuoi essere;
poi fa ogni cosa di conseguenza.
Epitteto


Prima dí a te stesso cosa vorresti essere; poi fai ciò che devi fare.
Epitteto


Non devi cercare che le cose vadano a modo tuo,
ma volere che vadano così come vadano,
e ciò sarà bene.
Epitteto


C’è solo un modo per essere felici ed è smettere di preoccuparsi
di tutto quello che non dipende dalla nostra volontà.
Epitteto


Esiste solo una via alla felicità,
e consiste nel cessare di preoccuparsi
per cose che non è in nostro potere cambiare.
Epitteto


La felicità non consiste nell'ottenere e nel godere,
ma nel non desiderare
Epitteto


Ciò che turba gli uomini non sono le cose,
ma le opinioni che essi hanno delle cose.
Epitteto, “Manuale”.


Se ti affezioni ad una pentola, pur sapendo che è di terracotta, non ti lamentare se si rompe.
Nello stesso modo, quando baci tua moglie o tuo figlio, di’ sempre a te stesso
“Sto baciando un mortale”, affinché, se poi muoiono,
tu non abbia a rimanere sconcertato.
Epitteto


Se un ragazzo infila la mano in un vaso con la bocca stretta e ne prende fichi mandorlati succede che, se la mano è piena, non può più tirarla fuori e si mette a piangere. “Lasciane andare qualcuno, e potrai tirar fuori gli altri” gli viene detto. Così anche tu, rinuncia a qualche desiderio: desidera poche cose e le avrai.
Epitteto, Colloqui




Gli Stoici
Ducunt volentem fata, nolentem trahunt,
il fato è padrone del mondo
Questa volta è la volta degli stoici, grande scuola di pensiero che annoverava fra i suoi massimi esponenti imperatori romani (Marco Aurelio), schiavi poi affrancati e divenuti celebri (Epitteto, “l’acquistato”), tutor di Nerone (Seneca) e liberi professionisti (Sifone, l’idraulico frigio). (Sifone l’idraulico frigio è un’aggiunta apocrifa).
Il nome prende origine, come già saprete, dalla Stoà poikíle, il portico dipinto sito nell’agorà di Atene dove Zenone di Cizio, fondatore della scuola, teneva le sue lezioni nel terzo secolo a.C.
(sotto un portico ai tempi ci si istruiva, oggi non basta una scuola).
Lo stoicismo ebbe grande diffusione e fortuna, tanto che possiamo distinguere un’antica Stoà di indirizzo greco (terzo e primo secolo a.C.), una media Stoà e una tarda Stoà di indirizzo romano (da Seneca alla morte di Marco Aurelio).
Lo stoicismo è comunemente noto come filosofia della sopportazione, come arte dello schivare i colpi della sorte, non già nascondendosi quanto affrontandoli a viso aperto, senza battere ciglio e con grande senso di dignità, è in effetti quello stoico un pensiero di carattere prevalentemente etico, che incoraggia la partecipazione attiva alle vicende del mondo (al contrario del “vivi nascosto” epicureo) e che fa perno su una visione rigorosamente razionale della natura.
L’antica Stoà definisce la cornice dello stoicismo, l’idea che l’universo sia un organismo composto da un principio attivo, il logos, la ragione, e da uno passivo, la materia, non c’è posto per gli dei, lo stoicismo è ateo quanto lo era Spinoza (e non cito Spinoza a caso) e se parla di Dio è per riferirsi alla necessità immanente che guida provvidenzialmente il mondo (questo mondo non è tanto il migliore dei mondi possibili quanto l’unico possibile secondo ragione e quindi non ha senso lamentarsene).
Lo stoico, avendo ben compreso che il logos permea ogni cosa con la sua necessità, sa che la vera libertà sta nell’assecondarlo ed accettarlo come guida, chi non lo accetta finirebbe comunque per venirne trascinato (Ducunt volentem fata, nolentem trahunt). Esempio massimo di etica stoica il suicidio indotto di Seneca. Il dominio della passioni sulla ragione è la vera ossessione degli stoici:
se la ragione è il principio vero e originario, allora le passioni sono l’errore che conduce alla sofferenza, ma questa diffidenza verso le passioni si trova già in Socrate (e il concetto si ritrova anche in Spinoza).
(Io personalmente non penso che si possa condurre un’esistenza seguendo i soli precetti dell’atarassia e dell’apatia, compito disumano, ma nel momento di massimo sconforto un piccolo lumicino di speranza mi viene dal pensare che quel che accade accade perché non poteva accadere altrimenti, che a ben guardare accade sempre e solo quel che accade e mai quel che sarebbe potuto accadere, il “sarebbe potuto” è solo un “flatus mentis”, un’ombra del pensiero causa di mille angustie, rimpianti e preoccupazioni, vero Kierkegaard?).
http://fmentis.tumblr.com/post/165841023146/gli-stoici



Epittèto, lo schiavo stoico.
Epittèto (”colui che fu comprato”, 50-130 d.C. circa) era zoppo e debole di costituzione, la leggenda vuole che ad azzopparlo fosse stato proprio il suo padrone Epafrodito, il quale a sua volta fu schiavo affrancato e delatore della congiura ai danni di Nerone, quella che poi portò al suicidio di Seneca. Si pensa che Epittèto fu liberato proprio da Epafrodito, che era poi divenuto nel frattempo segretario di Nerone e che non sfuggì alla condanna di Domiziano per aver aiutato il suo principale a fuggire e a suicidarsi pugnalandosi alla gola (Qualis artifex pereo!). Questo per dire del rapporto stretto che intercorreva fra impegno pubblico e filosofia stoica, gente che era molto dentro i fatti di cronaca.
Epittèto, a sua volta bandito da Roma e ritiratosi a Nicopoli nell’Epiro, si mise a insegnare filosofia e divenne molto popolare essendo uomo retto e di assai modeste pretese (le sue lezioni furono trascritte fedelmente dallo studente Arriano visto che come Socrate preferì non scrivere nulla di suo pugno).
Sua principale preoccupazione fu distinguere le cose che sono in nostro possesso e dipendono da noi da quelle che non lo sono. Sono in nostro possesso secondo le sue stesse parole:
“giudizio di valore, impulso ad agire, desiderio, avversione, e in una parola, tutti quelli che sono propriamente fatti nostri.” Non sono in nostro possesso: “il corpo, i nostri possedimenti, le opinioni che gli altri hanno di noi, le cariche pubbliche e, in una parola, tutti quelli che non sono propriamente fatti nostri.”
L’infelicità ovviamente nasce dal desiderare le cose che non sono in nostro possesso.
Non lamentarti dunque del tuo aspetto fisico, il corpo non è in tuo possesso, non lamentarti delle opinioni altrui, non sono in tuo possesso, non vantarti dei tuoi possedimenti, anche loro non sono in tuo possesso.
Proairesi e diairesi.
Per giudicare i fatti, secondo Epittèto, utilizziamo due facoltà, la proairesi, la facoltà razionale che dà un significato alle cose (il senso delle cose non è infatti da individuare nella percezione in sé ma nel significato che di volta in volta le diamo) e la diairesi, la facoltà di discernere ciò che è in nostro possesso da ciò che non lo è. E in effetti il compito essenziale della filosofia di tutti i tempi è stato quello di dare significati nuovi a fatti noti e argomenti vecchi.
«Non sono i fatti in sé che turbano gli uomini, ma i giudizi che gli uomini formulano sui fatti.
Per esempio, la morte non è nulla di terribile (perché altrimenti sarebbe sembrata tale anche a Socrate): ma il giudizio che la vuole terribile, ecco, questo è terribile. Di conseguenza, quando subiamo un impedimento, siamo turbati o afflitti, non dobbiamo mai accusare nessun altro tranne noi stessi, ossia i nostri giudizi. Incolpare gli altri dei propri mali è tipico di chi non ha educazione filosofica; chi l'ha intrapresa incolpa sé stesso; chi l'ha completata non incolpa né gli altri né se stesso.»
Epitteto, Manuale
http://fmentis.tumblr.com/post/165892617721/epitt%C3%A8to-lo-schiavo-stoico




Perché pretendere che le cose vadano come vogliamo?
Per essere felici basta volere che vadano come vanno.
Epittéto



«Un giorno, studiando la filosofia del ’600, [Beckett] ebbe un’illuminazione – simile al lampo remoto perso in una notte profonda. Sfogliò le opere del filosofo belga Arnold Geulincx (1624-69) e vi trovò scritto: «Ubi nihil vales, ibi nihil velis» ossia, facendo eco allo stoicismo di Epitteto:
dove nulla puoi, niente devi volere.
Fu una grande scoperta: il modo migliore per non suicidarsi era non volere.
Il modo migliore per affrontare i conflitti della volontà (compresi quelli di emancipazione personale) era l’abolizione stessa della volontà. Si applicò a questo credo da giovanissimo e così l’ebbe vinta sulle pulsioni suicide».
http://nicolaghezzani.altervista.org/psicologia_disturbi_psicologici_psicoterapia-il_genio_paradossale_di_samuel_beckett.html


Non sei una monade isolata, ma una parte unica e insostituibile del cosmo.
Non dimenticarlo, sei un elemento essenziale del groviglio dell'umanità.
Epitteto

Nessuna grande opera viene creata in un instante, nemmeno l’uva, nemmeno i fichi.
Se ora mi dici “Voglio un fico”, ti rispondo: “Ci vuole tempo”.
Lascia innanzitutto che vengano i fiori, poi che si sviluppino i frutti e, poi, che maturino.
Epitteto



"Le cose che ci accadono nella vita sono un pò come quelle che accadono in una fiera.
Vi si conducono per la vendita mandrie di animali e buoi; la più parte dei presenti è lì per vendere o per comprare. Pochi sono quelli che vengono alla fiera per godersi lo spettacolo, per vedere come si svolge e perché, chi sono gli organizzatori e a quale scopo l'hanno organizzata. Lo stesso anche qui, in questa fiera della vita: alcuni, come le mandrie degli animali, non si danno pensiero che del foraggio: tutti quanti voi che vi date da fare per il patrimonio, i campi, i servi e le cariche, e tutto ciò non è che foraggio. Pochi sono, invece, quelli che vanno alla fiera per il gusto dello spettacolo.
L'uomo [...] Dio l'ha introdotto nel mondo come spettatore di Lui e delle sue opere [...].
Fate attenzione, dunque, a non morire senza aver contemplato queste cose"
Epitteto


Abbi cura di lasciare i tuoi figli ben istruiti piuttosto che ricchi, perché le speranze degli istruiti sono migliori del benessere degli ignoranti.
Epitteto



Non si deve ancorare una nave ad una sola àncora, né la vita ad una sola speranza
Epitteto


Dio ci ha dato due orecchie, e soltanto una bocca, per ascoltare il doppio e parlare la metà 
Epitteto

Sono le difficoltà a mostrare gli uomini
Epitteto

Innanzi tutto dì a te stesso chi vuoi essere; poi fa ogni cosa di conseguenza. 
Epitteto 

Gli uomini sono agitati e turbati, non dalle cose,  ma dalle opinioni che essi hanno delle cose
Epitteto

Ricorda che non ti fa violenza chi ti insulta o ti percuote, ma il giudizio che costoro ti facciano violenza. Perciò, se uno ti irrita, sappi che è la tua opinione che ti ha irritato. Come prima cosa, quindi, cerca di non essere trascinato dalla rappresentazione: una volta infatti che avrai avuto un po' di tempo per riflettere, più facilmente sarai in grado di dominare te stesso.
Epitteto

Accusare gli altri delle proprie disgrazie è conseguenza della nostra ignoranza;
accusare se stessi significa cominciare a capire;
non accusare né sé, né gli altri, questa è vera saggezza
Epitteto

Accusare gli altri della propria sfortuna è segno di un bisogno di educazione.
Accusare sè stessi significa che la propria educazione è incominciata.
Non accusare nè se stessi nè altri significa che la propria educazione è stata completata.
Epitteto


Se hai assunto un ruolo che va oltre le tue possibilità, oltre a rimediare, in quello, una brutta figura, hai trascurato il ruolo che era alla tua altezza
Epitteto, "Manuale"



Se mai ti capitasse di vivere per compiacere un'altra persona, 
avrai allora certamente perso di vista la meta della tua vita
Epitteto

Ricordati che sei attore di un dramma, e di quale dramma lo decide l'autore: 
di un dramma breve se lo vuole breve; di uno lungo, se lo vuole lungo. 
Se vuole che tu faccia il mendicante, bada di recitar bene anche questa parte, 
e lo stesso anche per la parte dello zoppo, del magistrato, del privato cittadino: 
questo infatti è il tuo compito, recitare bene il ruolo che ti è stato assegnato; 
sceglierlo invece, spetta a un altro. 
Epitteto


Non sei una monade isolata, ma una parte unica e insostituibile del cosmo. 
Non dimenticarlo, sei un elemento essenziale nel groviglio dell'umanità
Epitteto


Non devi cercare di fare in modo che le cose vadano come vuoi, ma accettare le cose come vanno: così sarai sereno
Epitteto


Nessuna grande opera viene creata in un istante.
Epitteto




NORME DI CONDOTTA DAL MANUALE DI EPITTETO
Stabilisci a te stesso una condotta di vita da rispettare e da praticare costantemente sia con te stesso, sia con gli altri. Innanzi tutto sii silenzioso e se la necessità lo richiede dì brevemente ciò che hai da dire. Soltanto alcune volte, quando capita il momento opportuno, parla più distesamente, ma non su argomenti superficiali ed ordinari, non di gare sportive o corse di cavalli, non di atleti né di cibi o bevande né di quei fatti di cui si sente parlare tutti i giorni, e sopra tutto non lodare o disprezzare o comparare l'operato della gente. Se puoi, cerca di raddrizzare e ridurre all'essenziale i ragionamenti dei tuoi compagni. Se ti capiterà di trovarti con persone aliene di filosofia, stai silenzioso. Non ridere molto né troppo sguaiatamente e non su molte cose. Non giurare mai, se puoi; altrimenti più raramente possibile. Non frequentare persone che siano triviali o lontane dalla filosofia; e se al contrario ti dovesse succedere, ricordati di stare sveglio e attento più del solito, per non farsi trascinare in azioni volgari. Perché, succede che, se starai con persone sporche, ti sporcherai anche tu, supponendo che tu sia pulito. Le cose che riguardano il corpo, come il mangiare, il bere, il vestire, la casa siano usate solo per la loro essenzialità. Tutto ciò che é ostentazione o delizia sia tagliato via. Si sia temperanti. Quando sarai sposato non abusare del sesso in modo eccessivo, ma contenendoti seguendo le leggi naturali. In ogni caso non annoiare né riprendere chi voglia fare come vuole nei riguardi del sesso, né metterti davanti dicendo che tu non usi in quel modo. Se qualcuno ti venisse a dire che il tale o il talaltro sta dicendo male di te, non prendere a scusarti né a difenderti, ma rispondi che quella persona non ti conosce bene perché altrimenti avrebbe riferito anche tutti gli altri tuoi difetti.
Non andare spesso agli spettacoli. Ma se ti ci troverai, non mostrare troppa sollecitudine o pensiero se non verso te stesso, cioè a dire di non volere che avvenga se non quello che avverrà, né che vinca altri che quegli a cui toccherà la vittoria; solo in questo modo il tuo desiderio non avrà impedimento. Devi astenerti completamente dal gridare, dal ridere sguaiato sopra le cose o le persone, dal dimenarti e contorcerti eccessivamente. E quando sarai uscito da quel posto, non stare a discutere con gli altri di ciò che hai visto, a meno che non si tratti di cose che servono a farti migliore. Né devi far vedere che ti sia piaciuto troppo lo spettacolo. Non andare a sentire certi comizi, anzi schifa di trovartici; e se per caso ti ci troverai cerca di conservare un atteggiamento grave e attento, e non spiacevole e superbo.
Se ti capita di dover fare dei ragionamenti o pratica con gli altri, e specialmente con alcuni di quelli che sono reputati importanti, pensa come si sarebbe comportato in tale situazione o Socrate o Zenone; e allora vedrai che per ogni situazione saprai adeguarti convenientemente.
Se devi recarti a trovare una persona altolocata, preparati psicologicamente al fatto che potresti non trovarla a casa, che si sia chiusa dentro, che non ti vorrà ricevere, che non vorrà ascoltarti. E se nonostante ciò, per non mancare al tuo dovere, decidi ugualmente di andare, fai in modo che qualunque cosa accada non ti turbi, e non dire mai a te stesso: é un farabutto; perché questo é un parlare da uomo comune che fa caso solo alle apparenze. Quando stai con la gente, non prolungarti troppo sulle azioni fatte o sui pericoli da te sostenuti. Perché a tutti piace raccontare le proprie peripezie e riesce più dilettevole ad ognuno udire le avventure di chi parla. Non cercare di far ridere la gente; perché così facendo c'è il rischio di cadere nei modi della gente comune(volgare); oltre ciò qualcuno dei più superficiali potrebbe poi mancarti di rispetto per il tuo modo troppo familiare. Ed é ugualmente pericoloso ragionare sulle cose oscene: e se ciò dovesse succedere tu sgriderai quel tale che sarà entrato in siffatta materia; altrimenti resta silenzioso o assumi un atteggiamento brusco, per far capire che quel parlare non ti piaccia.
Epitteto



COME BISOGNA COMBATTERE LE ABITUDINI
Dai Discorsi di Epitteto:
Ogni abitudine e ogni capacità si mantiene e si irrobustisce con le azioni corrispondenti, quella del camminare col comminare, quella del correre col correre. Se vuoi essere bravo a leggere, leggi, a scrivere, scrivi. Ma se per trenta giorni di seguito ti astieni dal leggere e ti metti a fare altre cose, t'accorgerai del risultato. Così dopo essere rimasto per dieci giorni inerte sul letto, alzati e cerca di intraprendere un viaggio un po' lungo: vedrai come sono indebolite le tue gambe! Insomma, se vuoi fare qualcosa, prendi l'abitudine a farla: se non la vuoi fare, non farla, ma abituati a compierne un'altra al posto di quella. Lo stesso accade per gli stati dell'anima: quando ti adiri, sappi che non ti é sopraggiunto soltanto questo male, ma tu hai irrobustito la tua abitudine e, in un certo senso, hai aggiunto esca al fuoco. Quando hai ceduto alla passione carnale, rifletti che non é questa l'unica sconfitta, ma che hai anche nutrito e irrobustito la tua intemperanza. E' impossibile, infatti, che in forza delle azioni corrispondenti non s'innestino nell'animo le abitudini e le capacità che prima non v'erano, e che non si svolgano e acquistino vigore quelle che già c'erano. Senza dubbio le malattie dell'anima nascono in questo modo - sostengono i filosofi. Quando vi prende, per la prima volta, voglia del denaro, questa cessa se la parte che vi guida, cioè la ragione, ripigli il suo posto e vi spinga ad accorgervi del male; ma se nulla vi porta a curarvi, non riprende il suo posto e, eccitata da questa nuova immaginazione, corre alla voglia con precipitata intensità. Ora se questo accade di continuo, finisce per formarsi un callo e l'infermità fortifica l'avarizia. Chi ha avuto la febbre, una volta ristabilito, non é più come prima, a meno che non sia completamente guarito. Qualcosa di simile accade anche per le malattie dell'anima. Rimangono nell'anima delle tracce e delle lividure, e, se non si riesce a cancellarle del tutto, subito, al primo colpo che si riceve nello stesso punto, non si formano più lividure, ma piaghe. Quindi, se non vuoi essere collerico, non nutrire la tua abitudine, non porle niente vicino che possa alimentarla. Calmala, quando si presenta la prima volta, e conta poi i giorni nei quali non vai in collera: "Avevo l'abitudine di andare in collera tutti i giorni, ora é un giorno intero che non mi adiro, ecco sono due, ecco sono tre!. E se l'eviterai per trenta giorni, fa un sacrificio a Dio. Perché l'abitudine dapprima s'indebolisce, poi sparisce del tutto. 
" Oggi non mi sono addolorato, né il giorno dopo, né in seguito per due o tre mesi, ma mi sono tenuto in guardia, quando accadeva qualcosa che potesse provocarmi ". Sappi che le cose vanno bene per te. "Oggi, alla vista di un bel ragazzo o di una bella ragazza non mi sono detto:' Sarebbe bello andarci a letto!' e 'Beato suo marito!'" Perché, chi lo dice, direbbe anche: Beato l'adultero! Non m'immagino neanche le scene che seguono: lei che si presenta, che si sveste, che mi si mette a giacere accanto... Mi carezzo la fronte e dico:" Bravo, Epitteto, hai risolto un sofisma piccolo e fine, molto più fine del "Conquistatore". Se poi, nonostante la ragazzetta voglia e mi faccia cenni e mi mandi a chiamare, nonostante che mi tocchi e mi si metta accanto, io mi tolgo di li e vinco, ecco già risolto un sofisma superiore a quello del Mentitore o di Colui che Dorme. Di questo é ben giusto andar fieri, e non di proporre il Conquistatore. Come può avvenire ciò? Fa che il tuo scopo sia quello di appagare finalmente te stesso, apparire bello agli sguardi di Dio: che il tuo desiderio sia di diventare puro, d'accordo col tuo "IO" puro e d'accordo con Dio. E quando ti capita un'immaginazione di questo tipo và ad offrire un sacrificio espiatorio, come dice Platone, và supplice al tempio degli dei salvatori: basta, anche, che frequenti uomini nobili e virtuosi, allo scopo di paragonare la tua con la loro vita, sia che trovi il tuo modello tra i vivi o tra i morti. Vattene da Socrate e guardalo che giace presso Alcibiade e ne deride la bellezza, considera che grande vittoria ebbe coscienza d'aver riportato, quale vittoria olimpica! e che posto si guadagnò tra i successori di Eracle! Sicché, a ragione, per gli dei, lo si poteva accogliere con queste parole :" Salve, uomo mirabile!" - lui, certo, e non questi putridi pugilatori e pancraziasti, o i loro simili, i gladiatori. Ponendoti di fronte questo esempio vincerai la tua immaginazione, e non sarai trascinato da essa. Per cominciare, non lasciarti stordire dalla rapidità del colpo, ma di' a te stesso così :
" Aspetta un po', immaginazione: lasciami vedere chi sei e qual'é il tuo oggetto, lascia ch'io ti provi". Dopo questo, non permettere che si svolga, dipingendoti le conseguenze; altrimenti se ne va, portandoti dove vuole. Piuttosto, al posto di questa, inducine un'altra bella e nobile, e quella impura cacciala via. Se prendi l'abitudine di esercitarti così, vedrai che spalle ti si svilupperanno, che muscoli, che vigore: ora, invece, hai solo chiacchiere, e niente più. Ecco il vero atleta, quello che si esercita contro siffatte immaginazioni. Aspetta, disgraziato, non lasciarti trascinare via. Grande é il combattimento, impresa divina, per il regno, per la libertà, per la felicità, per l'imperturbabilità. Ricordati di Dio, invoca il suo aiuto e la sua assistenza, come i naviganti invocano i Dioscuri nella tempesta. Quale tempesta più grande di quella scatenata dalle immaginazioni violente e ribelli alla ragione? E questa tempesta, che altro é se non una immaginazione? Certo, togli il timore della morte e porta tuoni e fulmini, quanti ne vuoi; vedrai che pace e serenità c'é nella parte direttrice dell'anima! Ma se, sconfitto una volta, dici che vincerai un'altra volta, e questo ragionamento si ripeterà ancora, sappi che ti ridurrai a tal punto di miseria e di debolezza che non potrai renderti più conto dei tuoi propri errori, anzi comincerai ad inventare scuse per giustificare il tuo agire, e così confermerai la verità del verso di Esiodo: Lotta sempre coi guai chi tutto rimanda al domani.



Se sei desideroso di pervenire a sì felice stato.
Le cose sono di due maniere: alcune in nostro potere, altre no.
Sono in nostro potere: l'opinione, il volere, il desiderio, l'avversione, in breve tutte quelle cose che dipendono dalla nostra volontà. Non sono in nostro potere: il corpo, le ricchezze, gli onori, le dignità pubbliche, e in breve tutte quelle cose che non dipendono da noi.
Le cose poste in nostro potere sono per natura libere, non possono essere impedite né avversate. Quelle altre sono deboli, schiave, sottoposte a ricevere impedimento, e per ultimo non sono cose nostre.
Ricordati dunque che se reputerai per libere, quelle cose che sono per natura schiave, e per proprie quelle che sono di altri, ti capiterà di trovare ora un ostacolo, ora un altro, di essere afflitto, turbato, di dolerti degli uomini e degli Dei. Se invece stimerai tuo ciò che é tuo veramente, e capirai quali sono le cose che non sono in tuo potere, mai nessuno ti potrà forzare, nessuno impedire, non ti lamenterai di nessuno, non incolperai alcuno, non avrai nessun nemico, nessuno ti nuocerà, perché nessuno in effetti ti potrà fare del male.
Ora, se hai desiderio di raggiungere questo felice stato, sappi che ciò richiede sforzo e concentrazione d'animo non comune, e che, certe cose esteriori, devono essere eliminate dalla mente, altre pensate al tempo giusto, e devi dedicarti sopra tutto alla cura di te stesso. Perché, se vorrai ad un tempo ottenere i predetti beni ed insieme dignità e ricchezze, è possibile che non otterrai nulla, perché se starai dietro alle ricchezze senza preoccuparti di accrescerti interiormente, senza dubbio ne sarai privato, perché solo attraverso l'accrescimento di se stessi si può godere beatitudine e libertà. Pertanto a ciascuna apparenza che ti capiterà nella vita, innanzi tutto abituati a dire: questa é un'apparenza, e non é proprio quello che sembra di essere.
Poi comincia ad esaminarla e inquadrarla nella tua mente, e cioè vedere se essa appartiene alle cose che sono in nostra facoltà, ovvero a quelle che non lo sono. Ed appartenendo a quelle che non lo sono, dal tuo cuore venga questa sentenza : Ciò a me non importa.
EPITTETO (vissuto fra il I e il II sec. d.C.), “Manuale”, volgarizzato da Giacomo Leopardi, postfazione e commento di Antonio Banfi (194), SE, Milano 2009, I. ‘Il principio di libertà’, pp. 15 – 16.




Si tratta di un'etica individuale di profondità abissale. Siamo in presenza della morale di uno schiavo (perchè tale egli era) con la quale colui che abbia la forza sovrumana di praticarla con successo diventa padrone di ogni ricchezza, come neanche può esserlo un re. Personalmente, considerandola astrattamente e svincolata dal contesto storico, e come uomo della contemporaneità, vi sospetto un disegno fortemente consolatorio e compensativo.


NON SI DEVONO DESIDERARE O TEMERE LE COSE CHE DIPENDONO DA NOI.
Ricordati che lo scopo del desiderio é di appagare ciò che si desidera, e l'intento dell'avversione é quello di rifiutare ciò che si detesta. Per cui si pensa che quello che non ottiene ciò che desidera, sia senza fortuna; e quello a cui capiti ciò che detesta, abbia cattiva fortuna. Ora se l'animo tuo eviterà, tra le cose che sono in nostro potere, quelle che possono dichiararsi contro natura, non ti capiterà mai di dolertene. Ma se si sarà volti a schivare i morbi, la povertà, la morte, si avrà cattiva fortuna. Astieniti dunque dall'avversione per quelle cose che non riguardano la tua sfera personale, ed usala rispetto alle cose che é nel numero di quelle che sono in tuo potere, sono contro natura. Dal desiderio, per ora, ti asterrai completamente. Perché se bramerai qualcosa che é al di fuori del nostro potere, non potrai essere fortunato, e delle cose che si possono desiderare, non ce ne sono veramente di cose degne da ottenere. Pertanto non consentirai a te stesso se non i primi movimenti e le prime inclinazioni dell'animo a desiderare o schifare, purché‚ siano lievi, condizionali, e senza nessun impeto.
dal Manuale di Epitteto (Stoico)




1 DISTINZIONE TRA CIO’  CHE DIPENDE E CIO’ CHE NON DIPENDE DA NOI.
dal Manuale di Epitteto
Le cose sono di due maniere: alcune in nostro potere, altre no.
Sono in nostro potere: l'opinione, il volere, il desiderio, l'avversione, in breve tutte quelle cose che dipendono dalla nostra volontà.
Non sono in nostro potere: il corpo, le ricchezze, gli onori, le dignità pubbliche, e in breve tutte quelle cose che non dipendono da noi.
Le cose poste in nostro potere sono per natura libere, non possono essere impedite né avversate. Quelle altre sono deboli, schiave, sottoposte a ricevere impedimento, e per ultimo non sono cose nostre.
(N.d.T. Siamo inclini a preoccuparci sempre degli altri, e questo non va bene, in quanto ciò che avviene agli altri non dipende da noi, e quindi è inutile preoccuparsi. Mentre invece cercare di ragionare su ogni cosa, questo dipende da noi, avere una giusta opinione dipende da noi, volere che le cose vadano così come vanno e ciò sarà bene, dipende da noi il comprenderlo.)
Ricordati dunque che se reputerai per libere, quelle cose che sono per natura schiave, e per proprie quelle che sono di altri, ti capiterà di trovare ora un ostacolo, ora un altro, di essere afflitto, turbato, di dolerti degli uomini e degli Dei. Se invece stimerai tuo ciò che é tuo veramente, e capirai quali sono le cose che non sono in tuo potere, mai nessuno ti potrà forzare, nessuno impedire, non ti lamenterai di nessuno, non incolperai alcuno, non avrai nessun nemico, nessuno ti nuocerà, perché nessuno in effetti ti potrà fare del male.
Ora, se hai desiderio di raggiungere questo felice stato, sappi che ciò richiede sforzo e concentrazione d'animo non comune, e che, certe cose esteriori, devono essere eliminate dalla mente, altre pensate al tempo giusto, e devi dedicarti sopra tutto alla cura di te stesso. Perché, se vorrai ad un tempo ottenere i predetti beni ed insieme dignità e ricchezze, è possibile che non otterrai nulla, perché se starai dietro alle ricchezze senza preoccuparti di accrescerti interiormente, senza dubbio ne sarai privato, perché solo attraverso l'accrescimento di se stessi si può godere beatitudine e libertà. Pertanto a ciascuna apparenza che ti capiterà nella vita, innanzi tutto abituati a dire : questa é un'apparenza, e non é proprio quello che sembra di essere.
Poi comincia ad esaminarla e inquadrarla nella tua mente, e cioè vedere se essa appartiene alle cose che sono in nostra facoltà, ovvero a quelle che non lo sono. Ed appartenendo a quelle che non lo sono, dal tuo cuore venga questa sentenza :
Ciò a me non importa.




COME SI RICONOSCE L’UOMO COMUNE DALL’UOMO FILOSOFO.
SI RICONOSCE LA PERSONA COMUNE QUANDO QUESTA SI ASPETTA DEI BENEFICI MAI DA SE STESSO, MA SOLO DALLE COSE FUORI DI LUI. Si riconosce il filosofo quando non fa affidamento che su se stesso sia nella buona sia nella cattiva sorte. I segni che distinguono uno che sta avanzando nella filosofia sono: NON PARLARE MALE DI NESSUNO; NON LODARE CHICCHESSIA; NON LAMENTARSI DI NESSUNO; NON INCOLPARE NESSUNO; NON INCENSARSI e far vedere che si é persona che si intenda di qualsiasi cosa; provando degli impedimenti o dei disturbi nelle intenzioni di un altro, imputare la colpa a se stessi; lodato, ridere interiormente del lodatore; biasimato, non difendersi; andare in giro come fanno i convalescenti guardando di non muovere qualche parte curata da poco, prima che essa sia ben guarita; aver levato qualsiasi appetito; ridotta l'avversione a quel tanto che nelle cose che dipendono dal nostro arbitrio é contrario alla natura; non lasciarsi andar subito nelle situazioni se non sei né riposato né calmo; se sarai ritenuto sciocco o ignorante, non te ne curare; in breve: STARE SEMPRE ALL’ERTA CON SE STESSI, COME CONTRO UN NEMICO.
Dal manuale di Epitteto


Non mettere vino nuovo in botti vecchie. Ho sentito dire da Favorino che IL FILOSOFO EPITTETO LA MAGGIOR PARTE DI COSTORO CHE S'ATTEGGIANO A FILOSOFI, LI CHIAMAVA FILOSOFI NON A FATTI, MA A CHIACCHIERE. Ed ecco un'espressione ancora più forte ch'egli soleva ripetere e che si trova nei libri delle Diatribe raccolte da Arriano, «Quando s'accorgeva - egli dice - che UN UOMO SENZA PUDORE, DALLA CONDOTTA SREGOLATA, DAI COSTUMI CORROTTI, PROVOCATORE, PIENO DI IATTANZA NEL PARLARE, DI TUTTO PREOCCUPATO FUORCHÉ DELL'ANIMA, QUANDO, DUNQUE, VEDEVA CHE UN SIFFATTO UOMO SI DAVA ALLE QUESTIONI E AGLI STUDI DEI FILOSOFI, SI ACCINGEVA ALLA FISICA, MEDITAVA STILLA DIALETTICA, ESAMINAVA E INVESTIGAVA MOLTI PRINCIPI TEORETICI DI QUESTO GENERE, ALLORA INVOCAVA LA TESTIMONIANZA DEGLI DÈI E DEGLI UOMINI e spesso nel procedere della requisitoria lo apostrofava con tali parole: «UOMO, DOVE LO RIPONI QUESTO? GUARDA SE IL VASO È PULITO. PERCHÉ SE LO RIPONI SULLA TUA PRESUNZIONE, È PERDUTO - E SE VA A MALE, DIVENTA ORINA O ACETO O QUALCOSA DI PEGGIO ANCORA ». In realtà, niente è più forte di queste parole, niente più vero: con esse il grandissimo filosofo intendeva mostrare che QUANDO LA CULTURA E LE COGNIZIONI FILOSOFICHE ENTRANO IN UN UOMO FURBO, IN UN CARATTERE DEGENERATO, SI MUTANO, CAMBIANO D'ASPETTO, SI CORROMPONO, come fossero in un vaso sporco e impuro o, per usare le sue espressioni più ciniche, diventano orina o qualcosa più schifosa ancora dell'orina. Lo stesso Epitteto, come ho udito dal medesimo Favorìno, soleva dire che i due difetti di gran lunga più gravi e spregevoli sono la mancanza di sopportazione e l'intemperanza, qualora non sopportiamo né tolleriamo i torti che si devono sopportare o non ci asteniamo dagli oggetti e dai piaceri da cui dobbiamo astenercì, «Perciò, diceva,  se uno si mettesse bene in testa queste due parole e si sforzasse di applicarle per regolare e governare la propria condotta, costui sarebbe sempre libero da falli e vivrebbe una vita estremamente tranquilla. Ecco le due parole: "SOPPORTA E ASTIENITI”.
X - GELLIUS, Noc. Att. XVII, 19. 


1 dal manuale di Epitteto
DISTINZIONE TRA CIO’ CHE DIPENDE E CIO’ CHE NON DIPENDE DA NOI.
Le cose sono di due maniere: alcune in nostro potere, altre no.
Sono in nostro potere: l'opinione, il volere, il desiderio, l'avversione, in breve tutte quelle cose che dipendono dalla nostra volontà.
Non sono in nostro potere: il corpo, le ricchezze, gli onori, le dignità pubbliche, e in breve tutte quelle cose che non dipendono da noi.
Le cose poste in nostro potere sono per natura libere, non possono essere impedite né avversate. Quelle altre sono deboli, schiave, sottoposte a ricevere impedimento, e per ultimo non sono cose nostre.
(N.d.T. Siamo inclini a preoccuparci sempre degli altri, e questo non va bene, in quanto ciò che avviene agli altri non dipende da noi, e quindi è inutile preoccuparsi. Mentre invece cercare di ragionare su ogni cosa, questo dipende da noi, avere una giusta opinione dipende da noi, volere che le cose vadano come vanno dipende da noi.)
Ricordati dunque che se reputerai per libere, quelle cose che sono per natura schiave, e per proprie quelle che sono di altri, ti capiterà di trovare ora un ostacolo, ora un altro, di essere afflitto, turbato, di dolerti degli uomini e degli Dei.
Se invece stimerai tuo ciò che é tuo veramente, e capirai quali sono le cose che non sono in tuo potere, mai nessuno ti potrà forzare, nessuno impedire, non ti lamenterai di nessuno, non incolperai alcuno, non avrai nessun nemico, nessuno ti nuocerà, perché nessuno in effetti ti potrà fare del male.
Ora, se hai desiderio di raggiungere questo felice stato, sappi che ciò richiede sforzo e concentrazione d'animo non comune, e che, certe cose esteriori, devono essere eliminate dalla mente, altre pensate al tempo giusto, e devi dedicarti sopra tutto alla cura di te stesso.
Perché, se vorrai ad un tempo ottenere i predetti beni ed insieme dignità e ricchezze, è possibile che non otterrai nulla, perché se starai dietro alle ricchezze senza preoccuparti di accrescerti interiormente, senza dubbio ne sarai privato, perché solo attraverso l'accrescimento di se stessi si può godere beatitudine e libertà.
Pertanto a ciascuna apparenza che ti capiterà nella vita, innanzi tutto abituati a dire: questa é un'apparenza, e non é proprio quello che sembra di essere.

Poi comincia ad esaminarla e inquadrarla nella tua mente, e cioè vedere se essa appartiene alle cose che sono in nostra facoltà, ovvero a quelle che non lo sono. Ed appartenendo a quelle che non lo sono, dal tuo cuore venga questa sentenza : Ciò a me non importa.
Diatribe e Frammenti





É NECESSARIO ESSERE ACCORTI NELLO SCENDERE A CONTATTO CON GLI UOMINI
le Diatribe e i frammenti di Epitteto
Chi scende di frequente a contatto cogli altri o per ciarlare o per partecipare ad una riunione o semplicemente per stare insieme, dovrà per necessità o mettersi sul loro stesso piano o trasportarli nel suo ordine di idee. Perché, se si pone un tizzo mezzo spento vicino a uno che brucia, o quello spegnerà questo o questo infuocherà quello. Essendo, dunque, il pericolo tanto grande, bisogna essere molto circospetti nell'impegnarsi in siffatte relazioni con gli uomini comuni, ricordando che chi si stropiccia a persone sporche di fuliggine, é impossibile che non se ne buschi un poco anche lui. Che cosa farai se quello parla di gladiatori, di cavalli, di atleti, o, peggio ancora, di uomini: "Il tale é cattivo, il tale é buono : questo é riuscito bene, questo male"; o, ancora, se schernisce, se mette in ridicolo, se é una mala lingua? Chi di voi ha la preparazione del citarista che, presa la lira, non appena tocca le corde, avverte quali sono scordate e accorda lo strumento? o la capacità che aveva Socrate che in ogni circostanza trascinava a se quanti stavano con lui? Come potete averla? Al contrario, sarete voi ad essere per necessità abbindolati dagli uomini comuni. E perché essi sono più forti di voi? Perché essi le loro chiacchiere putride le dicono con convinzione, voi, i vostri bei discorsi a fior di labbra: e quindi sono senza mordente, senza vita, e chi ascolta le vostre esortazioni, la vostra miserabile virtù, decantata in tutti i toni si deve nauseare. Ecco come vi superano gli uomini comuni. Perché in qualunque campo se il giudizio é forte, é un giudizio invincibile. Perciò, finché non saranno ben ferme in voi le idee giuste e non avrete ottenuto una certa forza per garantirne la sicurezza, io vi consiglio di essere circospetti nello scendere a contatto cogli uomini comuni: se no, giorno per giorno, come cera al sole, si scioglieranno le poche cose notate a scuola. Ritiratevi, dunque, in qualche luogo, lontano dal sole, finché le vostre idee sono di cera. Anche per questo i filosofi consigliano di abbandonare la patria; in realtà, le antiche abitudini trascinano e non lasciano che cominci a imporsi un altro costume, e neppure sopportiamo chi ci incontra ed esclama : "Ecco, quello filosofa, ed é così e così". Allo stesso modo i medici mandano in altri paesi, in altri climi chi soffre di malattie croniche: e fanno bene. Anche voi, quindi, inducete abitudini differenti al posto di quelle antiche: rendete ben ferme le vostre idee, esercitatevi con esse. E invece, no: ma ve ne andate di qui agli spettacoli, ai combattimenti dei gladiatori, nei ginnasi coperti, nel circo: poi, di là venite qui, e ancora di qui ritornate là, sempre gli stessi. E nessuna bella abitudine, nessuna attenzione né cura di voi stessi: non vi dite mai: " Come uso l'immaginazione che mi si presenta? Secondo natura o contro natura? In che modo rispondo ad essa? Come si deve o come non si deve? Dico a tutte quelle cose che non dipendono dalla mia libera scelta che non hanno niente da fare con me?". Se ancora non vi comportate così, fuggite le antiche abitudini, fuggite gli uomini comuni, se volete davvero cominciare ad essere qualcuno.


SULLE RELAZIONI CON GLI UOMINI
Riguardo a questo punto devi fare innanzi tutto attenzione a non legarti mai con qualcuno dei tuoi antichi conoscenti o amici al fine di non scendere al loro livello: se no, distruggerai te stesso. E se ti si insinua il sospetto:" gli sembrerò ingenuo e con me non si comporterà più come prima" ricorda che niente si fa senza pagare e che non è possibile essere quello di prima se si cambia il proprio atteggiamento. Scegli dunque quel che preferisci: o continuare ad essere amato dagli antichi amici, restando simile all'antico te stesso, o, diventando migliore, non aver più il medesimo affetto. Se questa seconda alternativa é migliore, volgiti subito ad essa e non ti distraggano altre considerazioni. Perché nessuno può far progressi quando é incerto tra due partiti; ma se hai posto questo al di sopra di tutto, se a questo solo ti vuoi dedicare, se per questo vuoi compiere ogni sforzo, lascia tutto il resto. Se no, codesta incertezza produrrà due risultati: non farai progressi come dovresti, non otterrai ciò che prima ottenevi: prima, infatti, quando desideravi sinceramente oggetti di nessun valore, eri gradito agli amici. Non puoi eccellere nell'una condizione e nell'altra, ma é indispensabile che, quanto acquisti nell'una, altrettanto perda nell'altra. Se non bevi con quelli coi quali bevevi, non puoi apparire gradito come allora ai loro occhi. Scegli dunque: vuoi essere ubriaco e gradito ad essi oppure astemio e non gradito? Se non canti con quelli con cui cantavi, non puoi essere amato da loro come allora: scegli, dunque, anche qui quel che vuoi. E se‚ meglio essere rispettoso e modesto che sentir dire. "E' un compagno gradito!" lascia le altre cose, rigettale, voltati indietro: non c’è niente in comune tra te ed esse. Se poi questo non ti piace, inclinati tutto dalla parte opposta: sii un cinedo (degenerato), un adultero, agisci in conseguenza e otterrai ciò che vuoi. E salta in piedi e grida il tuo entusiasmo al ballerino. Parti così differenti non si confondono: non puoi fare Tersite e Agamennone. Se vuoi essere Tersite, devi essere gobbo e calvo; se Agamennone, invece, grande, bello e affezionato ai tuoi sudditi.
le Diatribe e i frammenti di Epitteto



"Ricordati di comportarti nella vita così come ti comporteresti ad un banchetto. Viene servita una vivanda. Ti si ferma davanti? Prendine la tua parte con educazione. Non ti viene servita? Non preoccupartene. Ancora non ti viene servita? Trattieni pazientemente la tua fame: aspetta che ti arrivi. Nello stesso modo comportati con ciò che riguarda i figli, la moglie, gli averi, gli onori; e tu sarai degno di sedere a mensa con gli Dei. Ma se non toccherai neppure ciò che ti sarà servito, e ti sarà addirittura indifferente, tu sarai degno non solo di sedere a mensa con gli Dei, ma di regnare con loro. Proprio perché operavano in questo modo che Diogene, Eraclito ed altri simili, venivano chiamati divini, e lo erano veramente."
Il Manuale di Epitteto tradotto da Giacomo Leopardi




DELL'ESERCIZIO LE DIATRIBE E I FRAMMENTI di Epitteto
Non ci si deve esercitare mediante cose innaturali o bizzarre, giacché allora non ci sarà differenza alcuna tra i prestigiatori e noi che diciamo di filosofare.
E difficile, certo, camminare sulla corda; non solo difficile, ma anche pericoloso.
Per questo dovremo provare pure noi a camminare sulla corda o a drizzare una palma o ad abbracciare le statue? Nient'affatto. Non tutto ciò ch'è difficile e pericoloso serve ad esercitare, ma solo ciò che è vantaggioso all'oggetto proposto ai nostri sforzi. E qual è l'oggetto proposto ai nostri sforzi? Trattare desideri e avversioni senza impedimenti. Che significa ciò?
Non essere frustrati nei propri desideri, né incorrere in ciò che avversiamo. A questo, dunque, deve tendere anche l'esercizio. E poiché non è possibile avere un desiderio che non fallisce il suo oggetto, né un'avversione sicura da ogni inciampo senza lunga e continua preparazione, sappi che se questa preparazione la rivolgerai di fuori, agli oggetti indipendenti dalla volontà, non avrai né un desiderio atto a raggiungere il suo oggetto, né una avversione al sicuro da inciampi. E poiché l'abitudine ha una grande influenza, se noi siamo abituati a usare del nostro desiderio e della nostra avversione solo in rapporto agli oggetti esterni, bisogna opporre a questa abitudine l'abitudine contraria, e dove l'abbaglio delle rappresentazioni è frequente, lì opporre la forza dell'esercizio.
Sonò incline al piacere; a mo' d'esercizio, mi spingerò dalla parte contraria oltre misura.
Aborrisco dalla fatica; occuperò ed eserciterò in questo campo le mie rappresentazioni onde cessi alfine la mia avversione da qualunque cosa di questo genere.
E, in verità, chi si esercita? Chi si cura di non usare il suo desiderio, e di usare la sua avversione solo per quanto rientra nella sfera della persona morale, chi si cura maggiormente di ciò in cui è difficile riuscire?
Per cui bisogna che questo si eserciti più in un campo, quello più in un altro.
A che vale allora drizzare una palma, o portare in giro una copertura di pelle, il mortaio o il pestello?
Uomo, se sei irascibile, esèrcitati a sopportare gli insulti, e non irritarti d'essere disprezzato.
In tal modo progredirai tanto che, seppure uno ti picchia, tu stesso gli dirai; - «Supponi d'aver abbracciato una statua.»
Esércitati, inoltre, a usare con discrezione il vino, non in vista di ingozzarne molto (sebbene anche in questo s'esercitino taluni sciocchi), ma in primo luogo per astenertene, e tienti lontano dall’abuso della soddisfazione sessuale e dalla gola.
Talora, poi, per metterti alla prova, se ti va, scenderai opportunamente in lizza contro te stesso, per conoscere se le rappresentazioni conservano sopra te lo stesso potere di un tempo. Soprattutto, però, fuggi lontano dalle tentazioni troppo violente. Ineguale è la lotta tra una bella ragazza e un giovine che è ai primi passi del filosofare: pentola e sasso, dicono, non vanno d'accordo.
Dopo il desiderio e l'avversione, il secondo campo d'esercizio riguarda l'impulso e la repulsa, affinché l'azione che a essi conséguita sia docile alla ragione e rispetti il tempo, il luogo, e altre convenienze di questo genere.
Il terzo riguarda i casi d'assenso ed è in rapporto a quanto può persuadere e attirare.
Perché, come Socrate diceva che non s'ha da vivere una vita priva di esame, così non bisogna accogliere alcuna rappresentazione senza esame, ma dire: - « Aspetta, lasciami vedere chi sei e donde vieni.» oppure, come le sentinelle notturne: « Mostrami le tessere.» - « Hai il segno dato da natura, segno che deve recare qualunque rappresentazione voglia farsi accettare? ».
E, infine, tutte le pratiche a cui si sottopone il corpo da chi lo tiene in attività potrebbero essere usate anch'esse come esercizio, se in qualche modo mirano al desiderio e all'avversione:
se invece mirano all'ostentazione, allora sono proprie di uno che guarda al di fuori e va a caccia di qualche altra cosa e cerca spettatori che dicano: « Oh, il grand'uomo! ».

Per ciò diceva bene Apollonio: « Se vuoi esercitarti proprio per te, quando hai sete ed è caldo, tira su un sorso d'acqua fresca, poi sputala e non dirlo a nessuno ».



A NASONE capitolo XIV “ LE DIATRIBE E FRAMMENTI” di Epitteto

“A QUANTI PENSANO DI NON AVER BISOGNO DI STUDIARE PER APPRENDERE CHI SIAMO”.
Un giorno entrò un romano col figlio e si mise ad ascoltare una lezione «Questo, disse Epitteto, è il tenore del mio insegnamento» - e tacque. E poiché quello lo pregò di seguitare «Ogni arte - riprese - quando la si impartisce, comporta fatica per il profano, per chi ne è inesperto. I prodotti delle arti, invece, mostrano subito la loro utilità in considerazione del fine al quale sono destinati e hanno, per la massima parte, qualcosa di attraente e di dilettoso. Per esempio, assistere e seguire il modo con cui si apprende il mestiere di calzolaio è seccante, ma la calzatura è cosa utile, e guardarla d'altronde, fa piacere. 
Così, la tecnica del carpentiere è in sommo grado noiosa per un profano, che assista per caso all'insegnamento, ma l'opera ne mostra l'utilità. Questo potrai osservarlo molto 6 meglio nel campo della musica. Se sei presente a una lezione di musica, ti sembrerà l'insegnamento più seccante di tutti, invece, la produzione musicale è dolce e gradita alle orecchia dei profani. E nel nostro caso il compito di, chi filosofa ce lo rappresentiamo così: BISOGNA ADATTARE LA VOLONTÀ AGLI AVVENIMENTI in modo che niente di quel che accade sia contro il nostro volere, anche se quello che noi vogliamo che accada non debba verificarsi. (“Non devi cercare che le cose vadano a modo tuo, ma volere che vadano così come vanno, e ciò sarà bene”. NdT).
Da ciò risulta che quanti hanno ben organizzato tale compito non falliscono nei desideri e non incorrono in ciò che vogliono evitare, menano da parte loro una vita senza dolori, senza timori, senza turbamenti, osservando col prossimo le relazioni naturali o acquisite ~ relazioni di figlio, di padre, di fratello, di cittadino, di sposo, di sposa, di vicino, di compagno di strada, di capo, di suddito. 
Così, più o meno, ci rappresentiamo il compito di chi filosofa. Rimane da cercare, dopo ciò, come si realizzerà. Vediamo che il carpentiere diventa carpentiere mediante un insegnamento, il timoniere diventa timoniere mediante un' insegnamento. Forse che anche nel nostro caso, non basta voler essere un uomo di perfetta virtù, ma bisogna imparar qualcosa? Cerchiamo allora qual è. Dicono i filosofi che la prima cosa da imparare è questa; esiste Dio, provvede all'universo, e non gli si possono tener nascoste non solo le azioni, ma neppure i pensieri o i sentimenti. Inoltre, quali sono gli dèi, perché, proprio nelle qualità che in essi si trovano, deve cercare di' rassomigliare loro, secondo le sue forze, chi vuole ad essi piacere e obbedire - se la divinità è fedele deve esser fedele anch'egli, se libera, libero anch'egli, se benefica, benefico anch'egli, se generosa, generoso anch'egli e così di seguito, come imitatore di Dio, deve fare e dire ogni cosa. 
- Da dove bisogna cominciare, allora? 
- Se acconsentì, ti dirò che per prima cosa devi intendere il significato delle parole. 
- Sicché io, adesso, non intendo il significato delle 
parole? 
- Non l'intendi, no. 
- Come le uso, allora? 
- Come gli illetterati usano il linguaggio scritto, come le bestie le rappresentazioni, perché altro è l'uso, altro l'intendimento. Se ritieni di intenderle, prendi la parola che vuoi e saggiamoci, se veramente l'intendiamo. 
Nasone - Certo, esser messi alla prova è penoso per un uomo abbastanza avanti negli anni e che, per suo destino, ha già partecipato a tre campagna, 
- Lo so anch'io. Perché tu, adesso, sei venuto da me come se non avessi bisogno di niente. E di che cosa potresti immaginare di aver bisogno? Sei ricco, hai figli, forse, anche moglie e molti servi. Cesare ti conosce, possiedi in Roma un gran numero di amici, compi i tuoi obblighi, sai ricambiare il bene a chi ti fa bene e il male a chi ti fa male. Che ti manca? Se io ti dimostro che è la cosa più necessaria ed importante per la felicità, e che fino a questo momento tutto hai curato più che ciò che dovevi, e se concludo con quest'ultima osservazione: «tu non conosci che cosa è Dio, né che cos'è l'uomo, né che cosa è il bene, né che cosa è il male, forse puoi tollerare di non sapere quanto non ti riguarda, ma se aggiungo che ignori te stesso, come potrai tollerarmi e subire l'esame e rimaner fermo? In nessun modo, ma t'allontani subito malcontento, Eppure, che male ti ho fatto? A meno che anche lo specchio non faccia male a chi è brutto, mostrandogli com'è: a meno che anche il medico non offenda il malato, dicendogli: «Brav'uomo, in apparenza non hai niente, in realtà, sei febbricitante: per oggi niente cibo, bevi acqua ». 
In questo caso nessuno commenta: «che affronto tremendo! »: ma se dici a uno: «i tuoi desideri sono infiammati, le tue avversioni sono meschine, i tuoi disegni contraddittori, i tuoi impulsi non accordati alla natura, le tue opinioni in considerate e false» quello subito se ne va ed esclama: «M'ha fatto un affronto! ». 
Succede, nelle nostre cose, come in una fiera. Vi si conducono a vendere mandrie di bestie e di buoi: c'è una gran folla di uomini, alcuni intenti a comprare, altri a vendere: solo pochi sono venuti per mirare lo spettacolo della fiera, come si svolge, perché, chi l'ha organizzata, e per qual fine. Lo stesso accade qui, nella fiera della vita: alcuni, come mandrie di bestie, di niente si preoccupano più che del foraggio, quanti, cioè, vi lasciate attrarre dai beni, dai campi, dai servi, dalle cariche - tutto questo non è che foraggio: pochi sono gli uomini che frequentano la fiera per amore dello spettacolo. «Che, cos'è il mondo? Chi l'amministra? Nessuno? E com'è possibile che, mentre una città o una casa non riescono a reggersi, neppure per brevissimo tempo, senza qualcuno che le amministri e se ne prenda cura, una costruzione così vasta e bella sia amministrata in modo tanto ordinato a caso e come capita? 
C'è dunque qualcuno che la governa. Chi è? In che modo la governa? E noi, chi siamo che da Lui fummo fatti, e per quale compito? E abbiamo davvero un legame con lui, una relazione, o no?» Ecco i sentimenti di questi pochi: e in conseguenza, a questo solo si dedicano, a studiare la fiera prima di andarsene. Con quale risultato? Sono derisi dai più: proprio come nell'altro caso gli spettatori dai trafficanti: e anche le bestie, se potessero riflettere, deriderebbero, quanti apprezzano altra cosa che il foraggio.



‎A UNO CHE SI TORMENTAVA SULLA NATURA DELLE COSE.
Da Arriano discepolo di Epiiteio,
«Che m'importa, dice Epitteto, se le cose che esistono sono formate di atomi o di indivisibili 'odi fuoco e di terra? Perché, non basta conoscere la vera natura del bene e del male, le norme dei desideri e delle avversioni, degli impulsi e delle repulse e di ordinare su di esse, come su regole, la condotta della vita e tralasciare quante cose sono al di là di noi? Queste c'è caso siano incomprensibili alla mente umana: e se pure se ne ammettesse la piena comprensibilità, che utilità deriverebbe da tale comprensione? Non si deve dire, quindi, che si affannano senza scopo quanti le assegnano come necessarie all'indagine del filosofo?» -
«È forse superfluo anche il precetto di Delfi, conosci te stesso?» - « Questo, davvero, no, dice. »
«E che significa? Se si ordinasse a un coreuta di conoscere se stesso, non baderebbe costui all'ordine, prestando attenzione ai compagni del coro e accordando il suo canto al loro? » -
« Certo. » - «E nel caso di un navigante? o d'un soldato'? Ti sembra che l'uomo sia stato fatto per vivere da solo o per la comunità?» - «Per la comunità.» - 
«Da chi?» -- «Dalla natura.» -
«E che sia la natura e come governi l'universo, e Se realmente esista o no, sono questioni di cui non bisogna preoccuparsi ».
STOBAEUS. Eclogae II, 1, 31.


La Crepa nel muro

lunedì 8 febbraio 2016


Distinzione tra ciò che dipende e ciò che non dipende da noi


Manuale di Epitteto - (Encheiridion)

Versione curata da Claudio Buffa.


Il "Manuale" di Epitteto (50 ca - 138 ca) occupa un posto particolare fra i trattati di filosofia stoica. Infatti, come indica il titolo originale in greco, "Encheiridion" (a portata di mano), non si tratta di una organica riflessione sui fondamenti della dottrina, bensì di un agile strumento offerto a chi vuol vivere bene, seguendo i princìpi della morale stoica.




1) DISTINZIONE TRA CIO’ CHE DIPENDE E CIO’ CHE NON DIPENDE DA NOI

Le cose sono di due maniere: alcune in nostro potere, altre no.

Sono in nostro potere: l'opinione, il volere, il desiderio, l'avversione, in breve tutte quelle cose che dipendono dalla nostra volontà.

Non sono in nostro potere: il corpo, le ricchezze, gli onori, le dignità pubbliche, e in breve tutte quelle cose che non dipendono da noi.
Le cose poste in nostro potere sono per natura libere, non possono essere impedite né avversate. Quelle altre sono deboli, schiave, sottoposte a ricevere impedimento, e per ultimo non sono cose nostre.

Ricordati dunque che se reputerai per libere, quelle cose che sono per natura schiave, e per proprie quelle che sono di altri, ti capiterà di trovare ora un ostacolo, ora un altro, di essere afflitto, turbato, di dolerti degli uomini e degli Dei. Se invece stimerai tuo ciò che è tuo veramente, e capirai quali sono le cose che non sono in tuo potere, mai nessuno ti potrà forzare, nessuno impedire, non ti lamenterai di nessuno, non incolperai alcuno, non avrai nessun nemico, nessuno ti nuocerà, perché nessuno in effetti ti potrà fare delmale.
Ora, se hai desiderio di raggiungere questo felice stato, sappi che ciò richiede sforzo e concentrazione d'animo non comune, e che, certe cose esteriori, devono essere eliminate dalla mente, altre pensate al tempo giusto, e devi dedicarti sopra tutto alla cura di te stesso. Perché, se vorrai ad un tempo ottenere i predetti beni ed insieme dignità e ricchezze, è possibile che non otterrai nulla, perché se starai dietro alle ricchezze senza preoccuparti di accrescerti interiormente, senza dubbio ne sarai privato, perché solo attraverso l'accrescimento di se stessi si può godere beatitudine e libertà. Pertanto a ciascuna apparenza che ti capiterà nella vita, innanzi tutto abituati a dire: questa è un'apparenza, e non è proprio quello che sembra di essere.

Poi comincia ad esaminarla e inquadrarla nella tua mente, e cioè vedere se essa appartiene alle cose che sono in nostra facoltà, ovvero a quelle che non lo sono. Ed appartenendo a quelle che non lo sono, dal tuo cuore venga questa sentenza: - Ciò a me non importa ...










2) NON SI DEVONO DESIDERARE O TEMERE LE COSE CHE DIPENDONO DA NOI
Ricordati che lo scopo del desiderio é di appagare ciò che si desidera, e l'intento dell'avversione é quello di rifiutare ciò che si detesta. Per cui si pensa che quello che non ottiene ciò che desidera, sia senza fortuna; e quello a cui capiti ciò che detesta, abbia cattiva fortuna. Ora se l'animo tuo eviterà, tra le cose che sono in nostro potere, quelle che possono dichiararsi contro natura, non ti capiterà mai di dolertene. Ma se si sarà volti a schivare i morbi, la povertà, la morte, si avrà cattiva fortuna. Astieniti dunque dall'avversione per quelle cose che non riguardano la tua sfera personale, ed usala rispetto alle cose che é nel numero di quelle che sono in tuo potere, sono contro natura. Dal desiderio, per ora, ti asterrai completamente. Perché se bramerai qualcosa che é al di fuori del nostro potere, non potrai essere fortunato, e delle cose che si possono desiderare, non ce ne sono veramente di cose degne da ottenere. Pertanto non consentirai a te stesso se non i primi movimenti e le prime inclinazioni dell'animo a desiderare o schifare, purché‚ siano lievi, condizionali, e senza nessun impeto.

3) DARE ALLE COSE CHE ABBIAMO IL GIUSTO VALORE
Ricordati di dare il giusto valore alle cose che ti servono o che ami, o che ti dilettano, incominciando dalle più piccole. Se ami un oggetto dire a te stesso: non é che un oggetto; per cui se esso si rompe, non ne avrai l'animo alterato. Nella stessa maniera, se bacerai un tuo amico o fratello o figliolo o moglie, pensa che essi sono mortali; in modo che, se essi muoiono, tu non ne resti turbato.

4) BISOGNA CONOSCERE LA NATURA DI OGNI OPERA CHE SI COMPIE
Qualora tu voglia una qualsiasi cosa, analizza la qualità di ciò che vuoi fare. Se tu vai, per esempio, al bagno pubblico a lavarti, vai preparato alle cose che possono succedere: la gente che ti spruzza, che ti urta, che ti insulta, che ti ruba. E per fare quella cosa nel migliore dei modi, dirai a te stesso: io ora voglio lavarmi, ed oltre a ciò mantenere una disposizione d'animo serena. E cosi per tutte le altre cose. Ora, se per caso, ti capitasse qualche difficoltà, sarai preparato psicologicamente a risolverlo dicendo: - Io non volevo solo fare il bagno, ma anche mantenere una disposizione d'animo aperta. Mentre se io mi cruccerò, non rinforzerò le mie qualità interiori.

5) SOLAMENTE LE OPINIONI CHE ABBIAMO DELLE COSE, CI TURBANO
Gli uomini sono agitati e turbati non dalle cose, ma dalle opinioni che hanno delle cose. Per esempio, la morte non é per nulla amara; altrimenti lo sarebbe stata anche per Socrate; ma l'opinione che si ha della morte, quello é l'amaro. Pertanto, quando siamo agitati, afflitti, nervosi, non dobbiamo incolparne gli altri, ma solo noi stessi, cioè‚ le nostre opinioni. Non filosofo é chi addossa sugli altri le colpe dei propri travagli, mezzo filosofo l'addossarla solo a se stesso, da filosofo il non darla né a se stesso né agli altri.

6) NON BISOGNA INORGOGLIRSI DEI PREGI ALTRUI, MA DEI PROPRI
Guarda di non insuperbire di alcuna superiorità o di alcun pregio altrui. Se un cavallo montasse in superbia e dicesse: io sono bello; ciò, al massimo, sarebbe da verificare. Ma quando ti insuperbisci dicendo: io ho un bel cavallo; non capisci che ti fai bello con un pregio non tuo?
Sai tu ciò che è tuo? L’uso che fai delle apparenze delle cose. Sicché quando usi queste apparenze resta conforme alla tua natura, allora prenderai compiacenza di te stesso a buona ragione; perché quello sarà un pregio proprio tuo.

7) QUELLO CHE DOBBIAMO CONSIDERARE COME PRINCIPALE E COME ACCESSORIO 
Simile ad un viaggio per mare, quando la nave approda in qualche porto, se esci dal legno per fare acqua, puoi anche soffermarti per via raccogliendo qui una chiocciolina, lì una radice, ma ti conviene sempre tenere il pensiero alla nave, e voltarti spesso, per sentire se il comandante chiami, e, chiamandoti, lasciare tutte quelle cose, per non essere cacciato dentro legato come si fa alle pecore; cosi nella vita, se in cambio delle radici e delle chioccioline ti si porterà una donna o un figlio, niente vieta che tu possa prenderli e goderteli. Ma se il comandante ti chiama, corri subito alla nave senza voltarti, lasciando stare ogni cosa. E se sarai vecchio, non allontanarti molto dalla nave, per non avere a mancare al richiamo del comandante.

8) LA LIBERTA’ CONSISTE NEL FARE CIO’ CHE E’ NECESSARIO 
Non devi cercare che le cose vadano a modo tuo, ma volere che vadano così come vanno, e ciò sarà bene.

9) LA MALATTIA NON E’ UN MALE
La malattia é sì un impaccio del corpo, ma non della disposizione d'animo, solo che lo si voglia. L'essere zoppo é un impaccio della gamba, ma non della disposizione d'animo. Cosi dirai per ogni accidente che ti capita. Perché scoprirai che il male potrà essere d'impaccio a qualche altra cosa, ma non a te proprio.

10) AD OGNI COSA ESTERIORE CORRISPONDE UNA NOSTRA FACOLTA’ CHE PUO’ ESSERE USATA CONVENIENTEMENTE
Quando una qualsiasi cosa ti succeda, rivolgiti dentro di te e cerca quale delle facoltà che hai si possa adoperare verso quella situazione. Se avrai veduto un bel ragazzo o una bella donna, capirai che verso queste cose bisogna usare la facoltà della continenza. Se ti capiterà di sostenere una fatica, troverai la facoltà della tolleranza. Se una villania, la pazienza. E così, disciplinandoti, non ti lascerai trasportare dalle apparenze delle cose.


11) NON SI PERDE MA SI RESTITUISCE
Non dire mai di alcuna cosa: io l'ho perduta; ma meglio: io l'ho restituita. Ti é morto per fatalità un figlio? Tu l'hai restituito. E' morta la tua donna? Tu l'hai restituita. Ti é stato tolto un podere? ora non è stato restituito anche questo? Ma colui che me ne ha spogliato è un ribaldo. Cosa ti importa se quello che te lo aveva dato te lo abbia richiesto per via di tale o tal’altra persona? Fino a quando egli ti lascia tenere o il terreno o qualunque altra cosa, prendila agendo come fosse cosa d'altri, proprio come fanno i viaggiatori in un albergo.

12) PER ACQUISTARE LA TRANQUILLITA’ OCCORRE RINUNCIARE ALLE COSE ESTERIORI
Se vuoi progredire nella sapienza lascia da parte questi discorsi: se non avrò cura dei miei averi, non potrò sopravvivere; se non punirò il mio servo, mi deruberà sicuramente. E' meglio morire di fame dopo una vita libera dai travagli e dai timori, che vivere inquieto in grande abbondanza di ogni cosa. E' meglio che il tuo servo sia un furfante, che tu infelice. Tu incomincerai dunque dalle piccole cose. Ti si versa un po’ d’olio? Ti é stato rubato un po’ di vino? Tu dirai: non posso perdere la mia tranquillità d'animo; pazienza: nulla si può aver gratis. Quando chiami il tuo servo, può capitare che non ti senta, e che pur udendoti, non faccia nulla per obbedirti. Ora non permettere che il tuo servo abbia il potere di turbare la quiete del tuo animo.

13) SEMBRARE PAZZO ED ESSERE SAGGIO
Se vuoi star bene, sopporta pazientemente di essere ritenuto pazzo e sciocco per il tuo disinteresse per il mondano. Anzi se ci sarà qualcuno che ti stima, diffida di te stesso. Perché non si può nello stesso tempo preoccuparsi di crescere interiormente, e dedicarsi alle cose esteriori; ma colui che ha cura di una di queste parti, deve trascurare l'altra per necessità.

14) SAGGIO E’ COLUI CHE E’ PADRONE DEI PROPRI DESIDERI
Se vuoi che, chi viva intorno a te, viva sempre, sei pazzo. In quanto vuoi che dipenda da te qualcosa che non é in tuo potere, e che sia tuo ciò che invece é di altri. Ugualmente, se vuoi che il tuo amico non commetta errori, sei sciocco. perché é come volere che la malizia non sia la malizia, ma qualche altra cosa. Quindi non desiderare ciò che non puoi ottenere, questo sì che lo puoi fare. Perciò industriati di ottenere quello che rientra nelle tue possibilità. Chi ha la facoltà di dare o togliere ad una persona ciò che essa vuole o non vuole, è padrone di quella persona. Quindi chiunque ha volontà di essere libero, non deve desiderare né disprezzare le cose che sono in potere di altri; perché altrimenti gli toccherà essere schiavo.

15) LA VITA E’ SIMILE AD UN BANCHETTO
Ricordati di comportarti nella vita così come ti comporteresti ad un banchetto. Viene servita una vivanda. Ti si ferma davanti? Prendine la tua parte con educazione. Non ti viene servita? Non preoccupartene. Ancora non ti viene servita? Trattieni pazientemente la tua fame: aspetta che ti arrivi. Nello stesso modo comportati con ciò che riguarda i figli, la moglie, gli averi, gli onori; e tu sarai degno di sedere a mensa con gli Dei. Ma se non toccherai neppure ciò che ti sarà servito, e ti sarà addirittura indifferente, tu sarai degno non solo di sedere a mensa con gli Dei, ma di regnare con loro. Proprio perché operavano in questo modo che Diogene, Eraclito ed altri simili, venivano chiamati divini, e lo erano veramente.

16) BISOGNA MANIFESTARE LA PIETA’ MA NON SENTIRLA
Quando vedi qualcuno che piange per la morte di un suo parente o per la lontananza di un suo figliolo o la perdita di qualche cosa di valore, stai attento a non farti ingannare dall'apparenza del fatto, e farti trasportare dalla compassione e pensare che quel tale per quei motivi subisca un vero male. Dentro di te devi sapere subito che quella persona non é veramente afflitta dal fatto accaduto ma dal concetto che egli ha dell'accaduto. Pur tuttavia non devi aver difficoltà ad assecondare il suo dolore, e, se occorre, anche sospirare insieme con lui, ma guarda però di non dolertene veramente.

17) LA VITA E’ COME UNA COMMEDIA
Ricordati che tu sei nella vita come un attore in una commedia, che sarà lunga o breve, a seconda della volontà del regista. E se a costui piace che tu faccia la parte di un medico, fa in modo di rappresentarla meglio possibile. Così anche se devi fare la parte di uno zoppo, di un magistrato, di un uomo comune. Cerca di comprendere che ti spetta di rappresentare bene la parte a te destinata: lo sceglierla spetta ad un altro.

18) I PRESAGI
Quando un corvo gracchiando annuncia un cattivo augurio, non farti turbare da questa apparenza, ma dì a te: - Questo animale non annuncia una sventura a me proprio, ma forse a questo mio corpo, o forse ai miei averi, alla reputazione, ai figli, alla moglie. Per quanto riguarda me, questo, se io voglio é un augurio buono, anzi ottimo. In quanto ricaverò utilità dagli avvenimenti, quali possano essere, solo se io voglio.

19) COME SI PUO’ DIVENTARE INVINCIBILI
Puoi essere invincibile se ti cimenterai soltanto in quelle situazioni in cui puoi vincere. Quando vedi uomini onorati o potenti o come vuoi che sia reputati e famosi, bada che l'apparenza di questa cosa non ti faccia pensare che essi siano felici e avventurosi. In quanto che, se l'essenza del bene sta in ciò che dipende da noi, non bisogna avere né invidia né gelosia. A te non deve interessare di diventare né condottiero né presidente, né magistrato, ma solo un uomo libero: e per questo ci si arriva per una sola via, che é quella di non curarsi delle cose che non sono in nostro potere.

20) NON E’ L’OFFESA CHE CI OFFENDE, MA L’OPINIONE CHE CI FACCIAMO DI ESSERE OFFESI
Ricordati che se sei offeso o picchiato da qualcuno non é questo qualcuno che ci offende, ma l'opinione che ci facciamo di essere offesi. Perciò quando tu stai montando in collera, pensa che é la tua immaginazione che ti porta all'ira, e non altre cose. Perciò fa in modo di non venire trasportato subito dall'apparenza della cosa; perché se aspetterai un po di tempo, potrai più facilmente contenerti e vincerti.

21) PENSARE SEMPRE ALLA MORTE
Devi avere presente tutti i momenti il pensiero della morte, e tutte quelle cose che appaiono più spaventose e da fuggire, e più di ogni altra cosa la morte; e non ti accadrà mai di avere un pensiero vile, né ti nasceranno pensieri troppo accesi.

22) NON BISOGNA TEMERE IL RIDICOLO
Vuoi darti a filosofare? Preparati fin da ora ad essere schernito e deriso da molti; aspettati che la gente dica: - Oh! si é trasformato in filosofo tutto ad un tratto; e: - cosa vogliono dire quelle sopracciglia aggrottate? Ora tu non aggrottare le sopracciglia, ma non ti lasciar sviare da ciò che tu stimi meglio, perseverando, per così dire, in un posto a te assegnato da Dio. E sappi che se sarai perseverante in questo, gli stessi che all'inizio si erano presi gioco di te, successivamente cambiati ti ammireranno; al contrario se ti perderai d'animo per le canzonature, ne guadagnerai beffe e risa doppie.

23) PER APPARIRE FILOSOFI
Se è per acquistare la stima degli altri che filosofeggi, sarai uscito dalla via che ti eri prefissa. Ma cerca di essere sempre filosofo, e sii contento e soddisfatto di questo in ogni cosa. Perché‚ se oltre ad essere, volessi anche parere, fa che tu appaia filosofo a te stesso, e ciò ti basti.
(nota dai Discorsi di Epitteto: “Contro quelli che vogliono essere ammirati”: Quando uno nella vita ha l'atteggiamento che deve avere, non spalanca la bocca meravigliato dalle cose di fuori. O uomo, cosa desideri che t'accada? Io mi limito ad avere desideri ed avversioni secondo natura; che la mia volontà o la mia repulsione, che i miei disegni ed i miei sforzi, e i miei giudizi siano come la natura esige. Perché vai per la strada come se avessi ingoiato uno spillo? - Voglio che quelli che mi incontrano, mi ammirino, mi seguano e gridino: " Che gran filosofo!". Chi sono questi da cui vuoi essere ammirato? Non sono quelli di cui sei solito dire che sono pazzi? E che? Vuoi essere ammirato dai pazzi?).

24) E’ NECESSARIO CHE OGNUNO FACCIA IL PROPRIO DOVERE
Non darti pena dicendo fra te e te: io farò una vita ignobile; io non sarò nessuno. Perché se essere ignobili è un male, non puoi patire alcun male per colpa di altre persone, ma solo vergognarti di te stesso. Ora dimmi, il pervenire ad un ufficio pubblico, o l'essere invitati ad una festa, sta forse in tuo potere? oppure é il caso ad essere cattivo o ignobile se io non otterrò questo ufficio o andrò a questa festa? E come puoi dire di essere inutile, se tra le cose che intraprendi scegli soltanto quelle che sono in tua facoltà, ed in questo puoi anche essere il migliore?
- Ma gli amici non avranno da me nessun aiuto o beneficio!
- Di che benefici e di che aiuto parli? Non avranno da te denaro, non riceveranno benefici politici. Ora, chi ti ha detto che queste cose sono in nostro potere, e non in potere di altri? Chi può dare ad un altro ciò che lui stesso non ha? 
- E tu acquistalo - dirà qualcuno, - per poterlo dare a noi.
Se io potessi comprarli, vorrei la modestia, la fede, la nobiltà d'animo; mostratemi come si fa ed io non mancherò. Ma se voi volete che perda i miei beni personali, per farvi ottenere cose che poi non sono beni, voi vedete come siete poco giusti ed indiscreti. Oltre ancora, cosa scegliereste per prima voi, tra i soldi e l'amicizia vera? Non é meglio che voi mi aiutaste ad essere un amico vero piuttosto di farmi fare cose che mi faranno perdere la virtù?
- Ma la società non avrà nessun contributo da me. - Ancora! di quali contributi parli? Non avrà da te né opere pubbliche né costruzioni. Perbacco! La società non riceve neppure scarpe dall'armaiolo, né armi dal calzolaio. Gli basta che ognuno svolga bene il proprio compito.
Dimmi- Se divenissi un cittadino modesto e leale non sarebbe più utile alla tua società?
- Certo che si!
- Allora come farai ad essergli inutile essendo così?
- Ma che compito svolgerò nella società?
-Quello che potrai nel rispetto della modestia e della fede. Perché se per voler aiutare la società perdessi la fede ed il pudore, che aiuto le potrai dare, quando sarai divenuto sleale ed impudente?

25) COSA VALGONO GLI ONORI
Non sei stato salutato, o cercano consigli da un'altra persona? Se questi onori sono beni devi essere contento che quel tale li abbia ricevuti; se sono mali non ti dispiaccia che non siano toccati a te. Considera poi che tu non ti interessi alle cose mondane, e che quindi non puoi godere degli stessi interessi degli altri. Infatti come può, per esempio, colui che non frequenta le persone famose, che non le accompagna, che non le loda, andare al passo con coloro che fanno queste cose? Certo sarebbe ingiusto ed ingordo avere gratis questi onori, senza pagare il prezzo con cui si comprano i favori e i benefici dei potenti e dei ricchi.
- A quanto si vende oggi la verdura? Mettiamo caso 1 Euro al chilo. Ora facciamo che uno compra un Kg di verdura e spenda 1 Euro e tu invece non l'abbia comprata, pensi forse di avere meno di lui? No, perché se lui ha la frutta, tu avrai i soldi che non hai speso. Similmente nel nostro caso. Non sei stato invitato alla festa di quel tale? Ma neppure tu gli darai il prezzo di quella festa: ora egli la vende al prezzo di lodi, di osservanza, di ossequi. Se la mercanzia fa per te, paga dunque il prezzo. Ma se vuoi avere la mercanzia senza pagarne il prezzo, questa é ingordigia e furfanteria. Forse che in cambio della cena non hai avuto nulla? Si, certamente hai guadagnato nel fatto che non hai lodato chi non volevi lodare, e non sei stato ad aspettarlo sull'uscio.

26) COME CONOSCERE LE LEGGI DELLA NATURA
La natura umana si conosce quando non abbiamo l'immediato interesse a quella cosa. Se succede una disgrazia a un tuo vicino si é soliti dire:
- Sono cose che succedono! Ora devi sapere che quando ti succede la stessa cosa devi prenderla nello stesso modo con cui l'hai presa per il tuo vicino. Così anche nelle disgrazie peggiori. - Muore un figlio o la moglie di un altro? - Sono casi umani!
- Ti muore un figlio o la moglie? Subito gli Hai, hai!
Quindi ci conviene ricordare come diremmo noi, quando lo stesso caso capita ad un altro.

27) IL MALE NON ESISTE
Come non si mette un bersaglio affinché l'uomo non lo colga, così non nasce e non si ritrova nel mondo la natura del male.
(Trad. Leopardi)

Come è vero che nessuno mette un bersaglio per non coglierlo, così è vero che al mondo danno fatale o danno voluto da natura non esiste.
(Trad. padre Bassi)

28) NON PERVERTIRE LA TUA ANIMA
Se qualcuno desse il tuo corpo in potere di chiunque capiti, ne saresti sdegnato; e allora perché non provi la minima vergogna nel dare la tua mente in potere di chicchessia, quando ti senti turbato e confuso se qualcuno ti dice qualche cattiva parola?

29) PRIMA DI AGIRE BISOGNA ESAMINARE BENE LE PROPRIE AZIONI
Prima di intraprendere qualsiasi cosa, studiane tutte le possibilità e le conseguenze. Altrimenti se ti metterai all'opera con grande impeto, non pensando affatto alle conseguenze di ciò che può accadere, ne potrebbero nascere delle difficoltà e qualche male di cui poi non potrai che dolertene. Desideri diventare vincitore olimpico? Io non meno di te, per Dio; perché‚ ciò fa onore. Ma prima studia le antecedenze e le conseguenze e poi mettiti all'opera. Quindi conviene sottoporti ad una disciplina e osservare una regola; Mangiare moderatamente; astenerti da confetture e cose simili; fare esercizi ginnici alle ore scelte, così al caldo come al freddo; essere moderati nelle bevande e soprattutto col vino; e infine affidarti ad un maestro, né più né meno come ad un dottore. Poi imparare a stare con la gente, sopportare il dolore, camminare parecchio, provare anche le ingiurie e le offese e per ultimo provare anche la sconfitta.
Dopo aver considerato tutte queste cose, se sarai ancora convinto di ciò che stai facendo, datti all'esercizio dei giochi. Ma se invece non consideri importante ciò che ho appena detto, sarai come una banderuola al vento, che ora fa il lottatore, ora lo schermitore, a volte l'atleta, poi il parolaio, poi contraffa le tragedie. Così ancora tu: oggi schermitore, domani atleta, a volte oratore, poi filosofo, e nulla mai veramente e con tutto te stesso, ma come le scimmie contraffai tutto ciò che vedi e cambi opinione ad ogni momento. In questo modo non farai nessuna cosa nella giusta maniera, perché non consideri tutte le possibilità, ma agisci così a caso, o per qualche capriccio da bambino. E ci sono quelli che se incontrano per caso un filosofo, oppure hanno sentito dire da questo o da quello: oh, Eufrate dice bene, e: - chi può paragonarsi a quel filosofo? e si mettono a filosofeggiare pure loro.
O uomo, considera bene cosa significhi prima filosofeggiare, di che cosa si tratti, e quindi cerca di conoscere la tua natura, e stabilire se sei idoneo a seguirne la via. Vuoi diventare un lottatore o un atleta? Devi vedere la potenza delle tue braccia, delle cosce, del fisico perché per poter fare il lottatore devi essere forte in una cosa, per fare l'atleta in un'altra. Pensi che si possa filosofeggiare e nello stesso tempo eccedere e nel mangiare e nel bere e fare lo schizzinoso e il delicato come adesso? E no! Bisogna vegliare, faticare, separarti dai tuoi, essere anche offeso da un ragazzetto, essere inferiore agli altri, negli onori, nel lavoro, nei giudizi, in ogni cosa. Considera bene queste difficoltà e questi incomodi e vedi se per te é possibile il sopportarli per avere come compenso la libertà, lo stato d'animo tranquillo, senza passioni; non fare come i bambini, oggi filosofo, poi gabelliere, poi oratore, quindi politico. Queste qualità non si accordano insieme. Si può essere una cosa sola, o valente o da poco; o adoperarsi a conoscere noi stessi, o curare le cose mondane; o aver cura dell'intrinseco o dell'estrinseco; che é come dire essere filosofo oppure uomo comune.

30) COME SI MISURANO I DOVERI
I doveri e le incombenze si misurano generalmente dalle relazioni con gli altri. Quello è tuo padre? devi aver cura di lui; cedergli nelle cose; se ti sgrida, se ti batte, sopportalo pazientemente.
- Ma è un padre cattivo.
- Forse che la natura ti promette un padre buono? Non penso, ma solo un padre.
- Il fratello ti fa torto? Non ti preoccupare di quello che fa, ma preoccupati di ciò che tu stesso devi fare per procedere secondo natura. Perché nessuno ti può nuocere se non vuoi; Mentre invece sarai offeso se penserai di essere offeso. Ora dunque comportati nel predetto modo e capirai quali sono i doveri che ti appartengono nei confronti del vicino, del cittadino o di qualunque altro.

31) DELLA PRATICA VERSO DIO
La devozione verso Dio consiste massimamente nell'avere delle opinioni nei Suoi riguardi sane e rette; cioè credere veramente alla sua esistenza e sapere che governa con somma giustizia su ogni piano. E di imparare ad ubbidire alla sua volontà, di cedergli in tutto negli avvenimenti o adattandovisi di buon grado, come coloro che sono guidati dal migliore consiglio e dalla migliore volontà del mondo. E agendo in questo modo non potrai lamentarti di nessuna cosa da parte di lui, né potrai incolparlo perché non ha cura di te. Ora questo é possibile solo se ti distaccherai dalle cose esteriori, riponendo il bene ed il male soltanto in quelle cose che dipendono da noi. Ma se reputerai che alcune cose esterne siano beni o mali, quando non riuscirai a raggiungere ciò che avevi desiderato, o che ti capiterà quello che sfuggivi, potrai soltanto avercela con la gente e odiarla; ciò perché su questa terra tutti gli animali per natura fuggono e odiano quelle cose che appaiono nocive, mentre viceversa seguono ed apprezzano le cose reputate utili. Perché é impossibile amare una cosa dalla quale si pensa di ricevere male, così come é impossibile che uno ami il male stesso. A questo punto vediamo che un figlio lancia cattive parole contro suo padre, se costui non lo fa partecipe delle cose che la gente stima beni; per queste ragioni Polinice ed Eteocle vennero in discordia, perché essi reputavano il Principato un bene. E così l'agricoltore, il marinaio e il mercante bestemmiano Dio, e chi perde i figli o le mogli bestemmia Dio; e questo perché gli uomini mettono prima l'interesse e poi la pietà. Da ciò quindi se uno si sforza di desiderare e fuggire solamente quello che deve essere desiderato e fuggito, è nello stesso tempo un uomo pio. E quando si fanno le libagioni, i sacrifici, nell'offrire le primizie, queste cose si debbono fare con purezza e serietà, e non trascuratamente né in fretta, né con grettezza né fare qualunque altra cosa che superi le nostre possibilità.

32) COME CONSULTARE GLI ORACOLI
Quando andrai per consultare un indovino, é perché tu vuoi sapere come ti andrà qualche determinata cosa, ma se tu sei filosofo, saprai anche come andrà a finire, perché se é una cosa che non dipende da te, ciò che ti si potrà dire non sarà né male né bene. Perciò quando vai dall'indovino, vacci senza avversione né desiderio, e non aver paura delle cose che ti dirà, ma con animo indifferente, perché in tutti i casi tu avrai la facoltà di risolvere in tuo favore tutto ciò che ti capita, e questo non potrà impedirtelo nessuno. Quindi vai con animo franco e sicuro, come per consigliarti con gli Dei: e fatto questo, ricevuto qualche consiglio, ricordati di seguire ciò che ti é stato consigliato; (Socrate, però, diceva che era cosa ridicola consultare gli oracoli su quelle cose per le quali basta la nostra sola ragione a decidere: per esempio se si debba affidare un cocchio ad un auriga abile o maldestro; se in una nave si debba mettere un comandante esperto. Reputava empi coloro che andavano agli oracoli per simili cose, stimando che si dovessero consultare solo per cose ignote a noi.) Si deve poi, come consigliava Socrate, cercare il consiglio degl'indovini in quei casi in cui il deliberare ilbene o il male si riferisce totalmente alla riuscita, e dove né con la ragione né con alcuna altra arte si ha la possibilità di conoscere la decisione che si debba prendere. Per cui se ti succederà di mettere a repentaglio la tua vita per la nazione o per un amico, tu non andrai dall'indovino per sapere come sfuggire a questo pericolo; perché se anche i segni delle vittime dessero cattivi auspici, come la morte, lo storpiamento, l'esilio, nonostante questo devi lo stesso assistere l'amico e sacrificarti per la nazione; solo così allora obbedirai a un maggior indovino, voglio dire ad Apollo Pizio, il quale scacciò dal tempio colui che non aveva soccorso l'amico ferito durante un imboscata. (Due amici si recavano a Delfo e caddero in una imboscata; accadde che uno fu ferito gravemente, mentre l'altro sfuggì e senza prestare soccorso all'amico morente andò a consultare l'oracolo. Ma il Dio lo cacciò, dicendo: - Non hai soccorso il tuo amico morente, pur essendogli vicino: NON SEI PURO esci da questo bellissimo tempio.)

33) NORME DI CONDOTTA
Stabilisci a te stesso una condotta di vita da rispettare e da praticare costantemente sia con te stesso, sia con gli altri. Innanzi tutto sii silenzioso e se la necessità lo richiede dì brevemente ciò che hai da dire. Soltanto alcune volte, quando capita il momento opportuno, parla più distesamente, ma non su argomenti superficiali ed ordinari, non di gare sportive o corse di cavalli, non di atleti né di cibi o bevande né di quei fatti di cui si sente parlare tutti i giorni, e sopra tutto non lodare o disprezzare o comparare l'operato della gente. Se puoi, cerca di raddrizzare e ridurre all'essenziale i ragionamenti dei tuoi compagni. Se ti capiterà di trovarti con persone aliene di filosofia, stai silenzioso. Non ridere molto né troppo sguaiatamente e non su molte cose. Non giurare mai, se puoi; altrimenti più raramente possibile. Non frequentare persone che siano triviali o lontane dalla filosofia; e se al contrario ti dovesse succedere, ricordati di stare sveglio e attento più del solito, per non farsi trascinare in azioni volgari. Perché, succede che, se starai con persone sporche, ti sporcherai anche tu, supponendo che tu sia pulito. Le cose che riguardano il corpo, come il mangiare, il bere, il vestire, la casa siano usate solo per la loro essenzialità. Tutto ciò che é ostentazione o delizia sia tagliato via. Si sia temperanti. Quando sarai sposato non abusare del sesso in modo eccessivo, ma contenendoti seguendo le leggi naturali. In ogni caso non annoiare né riprendere chi voglia fare come vuole nei riguardi del sesso, né metterti davanti dicendo che tu non usi in quel modo. Se qualcuno ti venisse a dire che il tale o il talaltro sta dicendo male di te, non prendere a scusarti né a difenderti, ma rispondi che quella persona non ti conosce bene perché altrimenti avrebbe riferito anche tutti gli altri tuoi difetti.
Non andare spesso agli spettacoli. Ma se ti ci troverai, non mostrare troppa sollecitudine o pensiero se non verso te stesso, cioè a dire di non volere che avvenga se non quello che avverrà, né che vinca altri che quegli a cui toccherà la vittoria; solo in questo modo il tuo desiderio non avrà impedimento. Devi astenerti completamente dal gridare, dal ridere sguaiato sopra le cose o le persone, dal dimenarti e contorcerti eccessivamente. E quando sarai uscito da quel posto, non stare a discutere con gli altri di ciò che hai visto, a meno che non si tratti di cose che servono a farti migliore. Né devi far vedere che ti sia piaciuto troppo lo spettacolo. Non andare a sentire certi comizi, anzi schifa di trovartici; e se per caso ti ci troverai cerca di conservare un atteggiamento grave e attento, e non spiacevole e superbo.
Se ti capita di dover fare dei ragionamenti o pratica con gli altri, e specialmente con alcuni di quelli che sono reputati importanti, pensa come si sarebbe comportato in tale situazione o Socrate o Zenone; e allora vedrai che per ogni situazione saprai adeguarti convenientemente.
Se devi recarti a trovare una persona altolocata, preparati psicologicamente al fatto che potresti non trovarla a casa, che si sia chiusa dentro, che non ti vorrà ricevere, che non vorrà ascoltarti. E se nonostante ciò, per non mancare al tuo dovere, decidi ugualmente di andare, fai in modo che qualunque cosa accada non ti turbi, e non dire mai a te stesso: é un farabutto; perché questo é un parlare da uomo comune che fa caso solo alle apparenze. Quando stai con la gente, non prolungarti troppo sulle azioni fatte o sui pericoli da te sostenuti. Perché a tutti piace raccontare le proprie peripezie e riesce più dilettevole ad ognuno udire le avventure di chi parla. Non cercare di far ridere la gente; perché così facendo c'è il rischio di cadere nei modi della gente comune (volgare); oltre ciò qualcuno dei più superficiali potrebbe poi mancarti di rispetto per il tuo modo troppo familiare. Ed é ugualmente pericoloso ragionare sulle cose oscene: e se ciò dovesse succedere tu sgriderai quel tale che sarà entrato in siffatta materia; altrimenti resta silenzioso o assumi un atteggiamento brusco, per far capire che quel parlare non ti piaccia.

34) COME SI POSSONO VINCERE LE PASSIONI
Se concepirai nella mente un'immagine voluttuosa, non ti far trasportare subito da essa, ma fa, per modo di dire, che la cosa aspetti un momento, e comanda a te stesso un poco di indugio. Poi pensa a tutta la situazione che si può verificare prima e dopo che tu avrai soddisfatto quella voluttà, e se poi essa non ti faccia pentire e vergognare con te stesso; e viceversa, al piacere che proverai nel riscontrare che riesci a resistere ad un impulso di questo tipo e le lodi che riceverai da te stesso. E quando verrà il tempo opportuno per fare quella cosa, cerca di non farti vincere dalla piacevolezza di quell'atto, né da quelle lusinghe, né dal dolce di quella cosa, ma pensa quanto sarà meglio, se tu sarai consapevole di te stesso, nell'aver ottenuto questa così bella vittoria.

35) NON SI DEVE NASCONDERE IL NOSTRO OPERATO
Quando farai una cosa che tu abbia considerato e giudicato di dover fare, non nasconderti per non farti vedere dagli altri, anche se il più delle persone dovessero interpretare sinistramente il tuo operato. Ciò perché o tu agisci male, e allora per paura nascondi il tuo operato; o fai bene, e allora che timore hai tu di coloro che ti riprenderanno a torto?

36) NELLE NOSTRE AZIONI DOBBIAMO RICONOSCERE CIO' CHE CONVIENE AL CORPO E CIO' CHE CONVIENE ALL'ANIMA
Facciamo un paragone: o é giorno o é notte. Quando sono presi separatamente, affermano ed hanno grande forza, se sono invece presi insieme, tutto il contrario. similmente quando si é a casa e si prende una grande porzione di cibo, sta bene ed è molto acconcio, per il proprio corpo; ma quando si è invitati a un pranzo, fare nello stesso modo sconviene e non é a proposito. Pertanto quando sei invitato da un amico, non guardare a soddisfare il tuo stomaco ma soprattutto come devi comportarti nei riguardi di chi ti ha invitato.

37) NON CERCARE DI ESSERE DIVERSO DA QUELLO CHE SEI
Se comincerai a fare una parte che non é attinente alla tua natura per prima cosa non vi riuscirai bene, e di poi avrai lasciato indietro ciò che avresti potuto sostenere con bravura.

38) IL PASSO FALSO
Nello stesso modo in cui per la strada stai attento a non calpestare un chiodo o ad evitare una buca, così devi aver cura di non fare pregiudizio alla parte principale di te stesso. E se altrettanto osserveremo in ogni nostro atto, faremo ogni cosa più accuratamente.

39) LA MISURA DELLA PROPRIETA’
Per tutti il proprio corpo é la misura del nostro avere, proprio come la scarpa per il piede. Per tanto se ti conterrai dentro i termini di quello che é richiesto alla tua persona, tu serberai la misura, mentre invece se tu l'oltrepasserai, andrai da allora in poi precipitando senza fine come in un precipizio. Non altrimenti con la scarpa, se sorpassi l'uso proprio di essa, prima diventerà dorata, poi di porpora, poi ricamata, infine ingioiellata.Ciò perché al di là della misura non c 'é limite alcuno.

40) DELL’EDUCAZIONE DELLA DONNA
Le donne cominciano ad essere considerate dagli uomini, solo quando cominciano a "formarsi". Sicché vedendo che non possiedono nessun altro pregio se non quello che si riferisce al sesso... si danno ad acconciarsi e ornarsi, e a riporre ogni loro speranza in tale studio. Per cui bisogna aver cura che si accorgano che le si ha in pregio solamente quando si dimostrino costumate, vereconde e caste.

41) DELLA CURA CHE SI DEVE AVERE PER IL PROPRIO CORPO
L'occuparsi eccessivamente degli interessi del corpo, cioè a dire agli esercizi fisici, al mangiare, al bere, alle necessità naturali, alla sessualità, é segno di piccola indole. Queste cose si devono fare come di passaggio, e tutto lo studio deve essere rivolto alla costruzione di se stessi.

42) SOPPORTARE COLORO CHE CI FANNO DEL MALE
Quando qualcuno con parole o azioni ti offende, ricordati che egli parla ovvero opera così, pensando che questo sia un suo diritto e che faccia bene. Ora é indubbio che lui non agisce nella maniera conforme alla tua, ma conforme alla sua. Per cui se lui fa una cosa errata, il danno é il suo e non degli altri, cioè a dire il danno é di colui che s'inganna. Per esempio se qualcuno trova falsa una verità, non é la verità che ne soffre, ma colui che l'ha mal compresa. Ragionando in questa maniera, stai tranquillo con colui che ti oltraggerà, perché ogni volta potrai dire a te stesso: credeva fosse bene fare così.

43) LE DUE FACCE DELLA MEDAGLIA
Ogni cosa ha, per modo di dire, due facce: a prenderla dall'una si sopporta, dall'altra no. Se il fratello ti farà un'ingiuria non prendere la cosa in modo che tu dica: egli mi ha fatto ingiuria, perché questa é la faccia che non si sopporta; ma prendila dall'altra faccia e parlati così: é mio fratello, é stato nutrito ed é cresciuto insieme a me condividendo molte mie storie; se la prenderai da questo lato allora si può sopportare.

44) NON SI DEVE CONFONDERE SE STESSO CON CIO’ CHE SI POSSIEDE
Quando uno dice: sono più ricco di te, perciò sono migliore di te; sono più istruito di te, perciò sono superiore a te; sono indubbiamente argomentazioni che non reggono. Chi dicesse invece: sono più ricco di te, perciò ho più roba di te; sono più letterato di te, per cui la mia cultura é superiore alla tua; questa sì, sarebbe un'argomentazione che reggerebbe meglio. Ma tu non sei né roba né cultura.

45) COME SI DEVONO GIUDICARE GLI ALTRI
Uno si laverà in fretta. Non dire: egli si lava male; ma: si lava in fretta. Un altro berrà molto vino. Non dire: beve male; bensì: beve molto vino. Perché come puoi sapere se quelli fanno male, prima ancora di aver considerata e stabilita l'opinione che prenderai? In questo modo non ti capiterà di ricevere un'impressione, e giudicare secondo un'altra.
(nota dai Discorsi di Epitteto: "Ciò che é bene, lo si é fatto pensando al bene; ciò che é male, pensando al male. Finché non conosci l'idea secondo la quale si é fatta una cosa, non biasimare l'azione di chi l'ha fatta.")

46) NON BISOGNA PROFESSARSI FILOSOFO, MA ESSERLO
Non darti mai il titolo di filosofo, e tra la gente comune non voler entrare in ragionamenti di dottrina speculativa se non in qualche rara occasione, cerca invece, in quei momenti, di agire seguendo i principi della tua dottrina. A titolo di esempio, in un convito non stare a discorrere come si debba mangiare, ma mangia come credi si debba mangiare. Ricordati che fu agendo in questo modo che anche Socrate allontanò da sé ogni ostentazione. Venivano da lui ora una persona ora un'altra, chiedendogli di introdurli ora da questo ora da quell'altro maestro di filosofia, e lui li portava dove loro volevano. Faceva vedere così come non gli interessasse di essere considerato e lasciato in disparte. Dunque, poniamo che, tra persone comuni cadesse per caso il discorso su argomenti di materia speculativa; a te converrà di rimanere silenzioso. Perché altrimenti correresti il grande rischio di dire cose che tu ancora non hai fatto tue. E se qualcuno ti dicesse che tu non sai nulla, e nonostante ciò non te ne sentirai offeso, allora sappi che tu cominci a fare frutto. Non vedi che le pecore non portano al pastore l'erba per fargli vedere la quantità di ciò che hanno mangiato, ma digerita la pastura, danno fuori la lana ed il latte? Tu, nello stesso modo non sciorinare di fronte ai non filosofi le dottrine speculative, ma tu stesso avendole digerite dentro, esteriorizzale e dimostra a tutti le operazioni.
(Nota dai Discorsi: Un principio che non é stato ben assimilato dalla tua anima e non ha prodotto un salutare effetto su di te, é come un cibo mal digerito. Pronunciare sentenze dalle quali non si sia saputo trarre accrescimento di saggezza o ispirazione a rendersi migliori, equivale a rigettare cibi non digeriti. Bisogna perciò parlare solo quando da ogni massima si è tratto il succo migliore. Salvo a tacere quando ci si trova davanti a persone ignoranti. Equivale al detto del Vangelo: Nolite dare sanctum canibus: neque mittatis margaritas vestras ante porcos. (Non dare cose sante ai cani: e neppure gettare le vostre perle ai porci.)

47) ESSERE AUSTERI E NON VANTARSENE
Quando sarai arrivato a controllarti, non cominciare a vantartene e farne mostra; e se berrai solo dell'acqua, non stare a dire ad ogni occasione: bevo solo acqua. E se qualche volta vorrai esercitarti alla sofferenza per amore di te stesso e non delle cose estrinseche, non andare a farlo vedere platealmente, ma nel momento in cui avrai sete, prendi una boccata d'acqua fresca e sputala, e di questo non parlare.

48) COME SI RICONOSCE L’UOMO COMUNE DALL’UOMO FILOSOFO
Si riconosce la persona comune quando questa si aspetta dei benefici mai da se stesso, ma solo dalle cose fuori di lui. Si riconosce il filosofo quando non fa affidamento che su se stesso sia nella buona sia nella cattiva sorte. I segni che distinguono uno che sta avanzando nella filosofia sono: non parlare male di nessuno; non lodare chicchessia; non lamentarsi di nessuno; non incolpare nessuno; non incensarsi e far vedere che si è persona che si intenda di qualsiasi cosa; provando degli impedimenti o dei disturbi nelle intenzioni di un altro, imputare la colpa a se stessi; lodato, ridere interiormente del lodatore; biasimato, non difendersi; andare in giro come fanno i convalescenti guardando di non muovere qualche parte curata da poco, prima che essa sia ben guarita; aver levato qualsiasi appetito; ridotta l'avversione a quel tanto che nelle cose che dipendono dal nostro arbitrio é contrario alla natura; non lasciarsi andar subito nelle situazioni se non sei né riposato né calmo; se sarai ritenuto sciocco o ignorante, non te ne curare; in breve: stare sempre all’erta con se stessi, come contro un nemico.

49) COMMENTARE I FILOSOFI NON È FILOSOFARE
Quando qualcuno si vanterà o si dichiarerà capace di interpretare i libri di Crisippo, di a te stesso: Se quel filosofo non avesse scritto in modo oscuro, costui non avrebbe di che gloriarsi. Ma cosa desidero io veramente? Capire la Natura e seguirla. Quindi cerco qualcuno che me la interpreti. E sentendo che Crisippo é un maestro vado da lui. Ma non capisco il suo modo di scrivere. Cerco dunque qualcuno che me li spieghi. E fino a questo punto non c'é niente di che gloriarsi. Trovato colui che riesce a spiegarmeli, resta solo che io metta in pratica gli ammaestramenti che ho ricevuto. E solo in questo consiste ciò che fa onore. Ma se a me piacerà solo di scoprire l'interpretazione per l'interpretazione, al massimo potrà diventare un buon grammatico anziché filosofo. Salvo che scimmiotterò Crisippo invece di Omero. Allora se qualcuno mi dirà: leggimi Crisippo mi conviene arrossire, se non posso mostrare con i fatti ciò che sto leggendo.

50) LA LEGGE MORALE
Ciascun proponimento che farai lo devi osservare e mantenere, più di una legge o di un dogma religioso. Di quello che poi dirà la gente, non ti curare, perché ciò non dipende da te.

51) PRATICA E TEORIA
Quando ti deciderai a intraprendere la via della conoscenza dell'uomo, e a osservare quali siano le cose che dipendono e non dipendono da noi? Hai avuto gli scritti da meditare e studiare e quasi da conversare con essi; aspetti forse un maestro per mettere in pratica quello che hai letto? Non sei più un fanciullo, ma un uomo fatto. Ricordati che se stai li senza pensare, senza voler far nulla, accumulando ogni giorno indecisioni su indecisioni, rimandando tutto sempre a domani, capiterà che senza accorgertene arriverai alla fine della tua vita, uomo volgare. Comincia dunque fin da adesso, a studiare di vivere da uomo perfetto e che cresce in virtù; e tutto quello che ti pare il migliore, sia per te legge inviolabile. E se all'inizio ti si presenteranno cosa spiacevoli o dure, ovvero dilettevoli o dolci, oppure cose che portino la stima e la lode, ovvero il disprezzo e il biasimo delle persone, fa in modo che é in quell'occasione che tu devi provare te stesso, e senza indugio, per poter raggiungere la completezza; e se tu terrai duro in una battaglia o cederai, tu acquisterai o perderai l'avanzamento tuo nel bene. Seguendo questa condotta Socrate divenne perfetto; e se tu non sei ancora come Socrate, devi fare in maniera di vivere come uno che vuole essere così.
(nota dai Discorsi: Se ti lasci vincere una volta, dicendo che ti vincerai domani, mentre sai che il domani rinnoverai la sconfitta, sappi che arriverai ad essere così malato e debole, da non accorgerti più dei tuoi errori e da trovare sempre scuse per i tuoi atti.)

52) LE TRE PARTI DELLA FILOSOFIA
La prima ed essenziale regola della filosofia è quella di avere delle norme morali pratiche da seguire; per esempio questa: NON SI DEVE MENTIRE.
La seconda regola è quella delle dimostrazioni, e cioè, provare con esempi perché non si deve mentire.
La terza è la logica che serve a conferma e distinzione delle stesse cose, e poniamo vi si tratti come si possa dimostrare quella cosa, e che cosa é la dimostrazione, che cosa sia conseguenza e ripugnanza, verità e falsità.
Per cui la terza regola è necessaria rispetto alla seconda, la seconda rispetto la prima; ma la più necessaria di tutte é sicuramente la prima. Ora noi facciamo il contrario, e poniamo tutto lo studio sulla terza norma, senza avere pensiero per la prima norma: in questo modo vedremo che mentiremo ogni giorno mentre staremo a discutere del come non si deve mentire.

53) LE ULTIME SENTENZE
Si abbiano sempre in mente queste parole: sia fatta la volontà del cielo, qualsiasi cosa debba capitare sarà bene, ed io la seguirò di buon cuore. Perché se io la rifiutassi sarei un meschino ed un inetto, e non arriverei a nulla. Ancora: Chiunque sa adattarsi alle necessità, viene dichiarato da noi saggio, ed esso ha la conoscenza delle cose divine. Ancora in terzo luogo: O Critone, se così piace agli dei, così sia. Anito e Melito mi possono pure uccidere, ma non già offendere. (Parole di Socrate prima di morire. Anito e Melito erano i suoi accusatori.)

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