mercoledì 11 gennaio 2012

Tommaso Moro. Gli uomini, se qualcuno gli gioca un brutto tiro, lo scrivono sul marmo, ma se qualcuno gli fa un favore, lo scrivono sulla sabbia


Voi lasciate che crescano fin da ragazzi in condizioni tali da essere fatalmente destinati ad una vita criminale, poi li punite. In altre parole, punite quei ladri che voi stessi avete creato.
Mi sembra che dovunque vige la proprietà privata, dove misura di tutte le cose è la pecunia, sia alquanto difficile che mai si riesca ad attuare un regime politico basato sulla giustizia o sulla prosperità.
Tommaso Moro


Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare, che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare, che io possa avere soprattutto l'intelligenza di saperle distinguere
Thomas More


Gli uomini, se qualcuno gli gioca un brutto tiro,
lo scrivono sul marmo,
ma se qualcuno gli fa un favore,
lo scrivono sulla sabbia
Tommaso Moro



Per un’utopia sostenibile. [...] 
Thomas More fu decapitato nel 1535 perché si rifiutò di accettare l’Atto di supremazia del re sulla Chiesa in Inghilterra; la sua testa fu esposta per un mese sul London Bridge
Un destino riservato a troppi utopisti, di cui More può essere considerato il fondatore moderno. 
Come tutti sanno, scrisse un libro intitolato appunto Utopia
lo scrisse innanzitutto per criticare la società inglese, piena di violenze, contrasti civili e diseguaglianze sociali. Sull’isola da lui immaginata non c’è la proprietà privata, non c’è moneta, l’oro è usato per fare i vasi da notte, il lavoro è obbligatorio per tutti ma dura solo sei ore al giorno, e tutte le religioni sono ammesse.

Ma More fece un’altra invenzione geniale, la parola stessa utopia: 
dal greco οὐ (“non”) e τόπος (“luogo”); “non-luogo – ma anche un gioco con l’omofono eutopiaderivato dal greco εὖ (“buono” o “bene”) e τόπος (“luogo”). Data l’identica pronuncia, in inglese, di “utopia” ed “eutopia”, i significati si mescolano: nasce un luogo irraggiungibile e insieme ideale.

Il mondo romano era povero di sogni simili, con il suo duro realismo politico; il cristianesimo medievale produsse il messianismo e il millenarismo; ma fu solo l’umanesimo a partorire – con l’allargamento delle prospettive dovuto ai grandi viaggi, e l’incontro con l’Altro vagheggiato – una nuova utopia laica. Campanella, Bacone, Harrington, Swift e tanti altri: la modernità imparò in fretta a pensare altrimenti e proporre soluzioni radicali. Forse troppo?

Questa è l’obiezione che diversi pensatori hanno mosso all’utopismo: la sua propensione a rovesciarsi in un’ideologia intollerante. Se si sogna troppo in grande, se si ha già perfettamente chiaro dove si vuole arrivare, si finisce per costringere la realtà al sogno – e questo in genere porta a conseguenze terribili.

Ai piani generosi dell’utopia, Popper contrappone il riformismo
invece di edificare la società ideale, preoccupiamoci di migliorare lentamente quella in cui viviamo.

La forma migliore dell’obiezione mi pare ancora quella espressa da Karl Popper e Isaiah Berlin. 
Nel saggio Utopia e violenza, contenuto in Congetture e confutazioni, Popper argomenta così:

Le mete utopistiche sono concepite per servire da fondamento all’azione e alla discussione di politiche razionali, e una tale azione sembra possibile solo se lo scopo è stabilito in modo definitivo. L’utopista dunque deve riuscire vincitore o vinto nei confronti dei rivali suoi simili che non condividono gli stessi ideali, non professando la medesima religione utopisticaMa egli deve fare di più. Dev’essere molto severo nell’eliminare e soffocare tutte le posizioni eretiche rivali.”

A questi piani generosi ma che causano inevitabile violenza, Popper contrappone il riformismoinvece di edificare la società ideale, preoccupiamoci di migliorare lentamente quella in cui viviamo. In una frase: “Non permettere che i sogni di un mondo perfetto ti distolgano delle rivendicazioni degli uomini che soffrono qui e ora”.

Per quanto riguarda Berlin, è sufficiente leggere i primi due capitoli del suo celebre Il legno storto dell’umanità. Proprio come Popper – entrambi fanno parte della più alta tradizione liberale – Berlin difende un pluralismo di valori e la possibilità della correzione reciproca attraverso il dialogo razionale. Non è un metodo infallibile, ovvio. Spesso la ragione viene soffocata da pulsioni di ogni sorta, e altrettanto spesso finiamo per litigare senza giungere a nessun progresso.

Ma per Berlin c’è di peggio: pensare che le contraddizioni e i conflitti possano essere risolti “in un mondo perfetto in cui tutte le cose buone possono ricomporsi in un’armonia ideale”. Cercare una soluzione conclusiva ai problemi umani significa già porsi sulla strada di Stalin e Pol Pot.

Per evitare simili derive, di cui il Novecento ci ha ampiamente istruito, occorre in primo luogo un esercizio di umiltà e di disponibilità reciproca ad ammettere il torto. Per questo il titolo del libro di Berlin è tratto da una frase di Kant
Da un legno così storto come quello di cui è fatto l’uomo, 
non si può costruire nulla di perfettamente dritto.
[...] 



utopia-cover

Giorgio Fontana è scrittore, sceneggiatore, giornalista nato a Saronno nel 1981, cresciuto a Caronno Pertusella, vive a Milano. Con Morte di un uomo felice (Sellerio) ha vinto il Premio Campiello 2014. Il suo ultimo romanzo è Un solo paradiso (Sellerio).


http://www.iltascabile.com/societa/utopia-sostenibile-bregman/







considerazione vera, anche oggi. Un altro grande Tommaso Moro che ligio alla legge, non si chinò neanche al suo re. Oggi inorridirebbe!



 accoppato da enrico VIII nel 1535...




 Il più grande amico,insieme ad Aldo Manuzio,di Erasmo da Rotterdam. 
Durante un soggiorno in casa sua a Londra fu scritto in una settimana "Mori Elogium" che può essere letto come elogio di Moro o come elogio della follia.


 Impostazione di pensiero del neo-stoicismo romano e parole di Epitteto!

San Tommaso Moro



Tommaso Moro, ritratto di Hans Holbein il Giovane (1527)

Thomas More, italianizzato in Tommaso Moro (Londra, 7 febbraio 1478Londra, 6 luglio 1535), fu un umanista, scrittore e politico inglese; è venerato come santo dalla Chiesa cattolica e da quella anglicana.
Nel corso della sua vita si guadagnò fama a livello europeo come autore umanista e occupò numerose cariche pubbliche, compresa quella di Lord Cancelliere d'Inghilterra tra il 1529 e il 1532 sotto il re Enrico VIII. Cattolico, il suo rifiuto di accettare l'Atto di Supremazia del re sulla Chiesa in Inghilterra mise fine alla sua carriera politica e lo condusse alla pena capitale con l'accusa di tradimento. La Chiesa cattolica e la Chiesa anglicana lo venerano come santo; nel 2000 papa Giovanni Paolo II lo proclamò patrono dei governanti e dei politici.
Tommaso Moro coniò il termine "utopia", con cui battezzò un'immaginaria isola dotata di una società ideale, di cui descrisse il sistema politico nella sua opera più famosa, L'Utopia, pubblicata nel 1516.

Moro nacque a Londra (Inghilterra). Entrò alla corte di Enrico VIII nel 1520 e venne nominato cavaliere nel 1521. Figlio di Sir Giovanni Moro, un avvocato di successo e giudice, la sua carriera forense è celebrata sebbene non sia sopravvissuta ad oggi alcuna testimonianza dei casi di cui si occupò. Come studioso fu inizialmente un umanista nel senso più comune del termine. Fu grande amico di Erasmo da Rotterdam, che gli dedicò il suo Elogio della follia (la parola "follia" in greco si dice moria). In seguito, le relazioni tra i due furono tese, poiché Moro fu impegnato nella difesa dell'ortodossia religiosa, mentre Erasmo denunciò quelli che vedeva come errori intrinseci della dottrina cattolica.
Come consigliere e segretario di Enrico VIII, Moro contribuì alla redazione de La difesa dei sette sacramenti, una polemica contro la dottrina protestante che fece guadagnare al sovrano il titolo di Difensore della fede da parte di papa Leone X nel 1521. Sia la risposta di Martin Lutero ad Enrico che la conseguente Responsio ad Lutherum (Risposta a Lutero) furono criticate per i loro intemperanti attacchi ad hominem.
Moro fu un acceso difensore del primato della Chiesa, sia dal punto di vista spirituale (come il titolo del clero di redimere il peccato) che temporale (come per il primato della legge canonica sulla legge comune). Il suo cancellierato (1529-1532) si distinse anche per la sua costante caccia agli eretici e alle loro opere, in questo periodo diversi furono infatti i riformisti portati al rogo come eretici. Alcuni ritengono un paradosso che un uomo visto oggi come un libertario e un libero pensatore fosse a suo tempo un conservatore nelle questioni di religione.

Il divorzio di Enrico VIII[modifica]

Il cardinale Thomas Wolsey, arcivescovato di York, non riuscì ad ottenere il divorzio e l'annullamento che Enrico aveva cercato e fu costretto a dimettersi nel 1529. Moro venne nominato cancelliere al suo posto, tuttavia non realizzò le richieste di Enrico su tale questione. Essendo stato ben istruito in diritto canonico, oltre che profondamente religioso, Moro considerava l'annullamento del sacramento del matrimonio come una questione all'interno della giurisdizione del Papato, e la posizione di papa Clemente VII era chiaramente contro il divorzio.
La reazione di Enrico fu quella di mettersi a capo della Chiesa d'Inghilterra. Solo al clero venne richiesto di prestare l'iniziale giuramento di Supremazia, dichiarando il sovrano come capo della Chiesa. Moro, in quanto laico, non sarebbe stato soggetto a questo giuramento, ma si dimise da cancelliere il 16 maggio 1532, piuttosto che servire il nuovo regime.
In un primo tempo Moro sfuggì a un tentativo di collegarlo a un episodio di tradimento. Tuttavia l'approvazione nel 1534 dell'"Atto di successione" da parte del Parlamento di Westminster (che includeva un giuramento che riconosceva la legittimità di ogni figlio nato da Enrico ed Anna Bolena e ripudiava ogni autorità straniera, principe, o potentato) si rivelò uno strumento nelle mani della corona contro gli oppositori del re. L'Atto prevedeva infatti che questo giuramento non venisse richiesto a tutti i sudditi, ma solo a coloro che vennero specificamente convocati a prestarlo: ovvero, coloro che rivestivano un incarico pubblico e coloro i quali erano sospettati di non appoggiare Enrico. Moro venne chiamato a prestare tale giuramento nell'aprile del 1535 e, a causa del suo rifiuto, fu imprigionato nella Torre di Londra.

La prigionia[modifica]


Tommaso Moro riceve in carcere la figlia Margaret Roper
Nella Torre di Londra egli continuò a scrivere. La sua scelta fu quella di mantenere il silenzio, comunemente interpretato come allo stesso tempo assenso e rifiuto di abiura.
« Sapessi Margaret, quante e quante notti insonni ho trascorse, mentre mia moglie dormiva o credeva che fossi anch'io addormentato, a passare in rassegna tutti i pericoli cui potevo andare incontro: spingendomi così lontano con l'immaginazione che ti assicuro che non può accadermi niente di più grave. E mentre ci pensavo, bambina mia, sentivo l'animo oppresso dall'angoscia. E tuttavia ringrazio Dio che, nonostante tutto, non ho mai pensato di venire meno al mio proposito, anche se fosse dovuto accadermi il peggio che andava raffigurandomi la mia paura. »
(Tommaso Moro alla figlia in una lettera inviata dal carcere)
Quando però questa mossa fallì venne processato, condannato, incarcerato e quindi giustiziato a Tower Hill il 6 luglio 1535. La sua testa venne mostrata sul London Bridge per un mese, quindi recuperata (dietro pagamento di una tangente) da sua figlia, Margaret Roper.

Le opere[modifica]

L'Utopia[modifica]

Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce L'Utopia.

Illustrazione per L'Utopia di Tommaso Moro
L'opera più famosa di Moro è L'Utopia (Utopia, 1516 circa), in cui descrive un'immaginaria isola-regno abitata da una società ideale, nella quale alcuni studiosi moderni hanno ravvisato un opposto idealizzato dell'Europa sua contemporanea, mentre altri vi riscontrano una satira sferzante della stessa. Moro derivò il termine dal greco antico con un gioco di parole fra ou-topos (cioè non-luogo) ed eu-topos (luogo felice); utopia è quindi, letteralmente un "luogo felice inesistente".
L'Utopia si divide in due libri: città reale e città perfetta.

Città reale[modifica]

Viene fatta un'analisi sulla situazione politica ed economica dell'Inghilterra dell'epoca. In particolare Moro ritiene assurda e illegittima la sanzione di pena capitale per il furto (in Inghilterra erano aumentati i furti con l'introduzione del sistema delle enclosures). Va dato atto a Moro che la pena di morte non fece altro che aumentare i furti e gli omicidi.
Ci sono due possibilità per risolvere questo problema:
  • tornare alla situazione economica del medioevo (una posizione reazionaria che Moro non condivide)
  • sviluppare un'industria manifatturiera per la produzione di lana in modo da creare un'economia mercantile che possa favorire il benessere sociale nella nazione.
Moro sembra escludere queste ipotesi. Ritenendo che il male dei mali sia la proprietà privata, ne propone l'abolizione, in maniera da ripartire i beni materiali in maniera eguale. Si tratta di un sistema di tipo comunistico.

Città perfetta[modifica]

Nella seconda parte viene descritta L'Utopia.
Nell'isola di Utopia (la forma è simile a quella della Gran Bretagna) secondo Moro, la proprietà privata è vietata per legge e la terra deve invece essere coltivata, a turni di due anni, da ciascun cittadino, nessuno escluso: tutti hanno un lavoro, di 6 ore al giorno; nel tempo libero, tutti i cittadini possono altresì dedicarsi alle proprie passioni e professioni abituali, ma un posto fondamentale è occupato dallo studio delle scienze e della filosofia. La famiglia rappresenta un nucleo fondamentale per l'Utopia: un tipo di famiglia allargata e monogamica. L'uomo si può sposare all'età di 22 anni e la donna a 18 anni. Il divorzio è consentito, l'adulterio è severamente punito: l'individuo che ne è reo viene incarcerato e incatenato con catene e biglie d'oro (l'oro in Utopia non vale nulla, ad esso si ricorre solo per sostenere economicamente eventuali guerre).
Per quanto riguarda la religione, nell'isola di Utopia deve essere prevista la più larga tolleranza religiosa, fermo restando però l'obbligo di credere nella Provvidenza di Dio e nell'immortalità dell'anima. Chi infrange le regole viene scacciato da Utopia. Tutti hanno diritto a una vita pacifica, il cui fine è il benessere.
Gli stessi nomi all'interno della descrizione ricalcano lo spirito utopico dell'isola. La città si chiama Amauroto, dal greco "amauros" che significa evanescente. Allo stesso modo il principe Ademo (dal greco alfa privativo + demos cioè "senza popolo") o il fiume Anidro ovvero "senza acqua".

Caratteristiche dell'opera[modifica]

Una delle caratteristiche delle opere di Moro rimane l'uso esagerato di tropi, sia di una presunta voce autoritaria (come nel "Dialogo del conforto", apparentemente una conversazione tra zio e nipote) che di una altamente stilizzata, che di entrambe. Questo, assieme alla mancanza di una direzione chiara di Moro circa il suo punto di vista - per ragioni che diverranno ovvie - significa che è possibile dibattere praticamente qualsiasi opinione di qualsiasi suo lavoro. Per la realizzazione della sua opera si ispira alla dottrina Neoplatonica: ad esempio la descrizione di questa società ideale richiama la Repubblica di Platone.

La Storia di Riccardo III[modifica]


Frontespizio degli Epigrammi pubblicati a Londra nel 1638
I riccardiani hanno molto studiato i manoscritti della Storia di Riccardo III di Moro, da cui deriva molta propaganda anti-Riccardo, comprese le opere di Shakespeare. Il lavoro esiste in diverse versioni, sia in inglese che in latino, tutte incomplete. Non venne pubblicato quando Moro era in vita, ma fu trovato tra le sue carte dopo l'esecuzione, circa un quarto di secolo dopo la sua stesura. Riccardo III è un'opera storica nel senso che tratta di eventi passati di cui Moro non fu testimone. Resta comunque un'opera di storia Tudor (nell'accezione classica) intendendo con ciò che include una considerevole quantità di discorsi inventati dall'immaginazione di Moro e passaggi allegorici e di colore. Ancora una volta, l'opinione di Moro sul testo è sconosciuta, con il risultato che è stata considerata come una fonte storica affidabile da Alison Weir, una parodia da Alison Hanham, e un esercizio letterario della drammatica rappresentazione della scelleratezza da Jeremy Potter. La verità sta senza dubbio da qualche parte nel mezzo. Gli storici moderni hanno demistificato la pretesa che il lavoro fosse in realtà opera del vescovo John Morton.

Il culto[modifica]

Moro venne canonizzato dalla Chiesa cattolica nel 1935 da Papa Pio XI ed è commemorato il giorno 22 giugno; dal 1980 è commemorato anche nel calendario dei Santi della Chiesa anglicana (il 6 luglio), assieme all'amico Giovanni Fisher, vescovo di Rochester, decapitato quindici giorni prima di Moro. Nel 2000 san Tommaso Moro venne dichiarato patrono degli statisti e dei politici da papa Giovanni Paolo II.

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