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venerdì 6 gennaio 2012

Philip Roth. Io, che cambio di umore ottomila volte al minuto, che provo emozioni forti come tornado, che mi lascio abbattere da una parola, da una sillaba, io sarei brava a mantenere il controllo?

Il segreto è stare in quel momento, senza badare al resto e senza avere idea di dove andrai dopo. Perché se riesci a far funzionare un momento, puoi arrivare dappertutto.
Philip Roth - "L'umiliazione"


È bello scrivere perché riunisce le due gioie:
parlare da solo e parlare a una folla.
Cesare Pavese



Tutto quello che ho per difendermi è l'alfabeto;
è quanto mi hanno dato al posto di un fucile.
Philip Roth, “Operazione Shylock”



«Forse dovresti scrivere.»
«Invece tu dovresti piantarla di leggere tutto ciò che è stato scritto.»
«E cosa dovrei fare nel tempo libero?»
«Immergerti nella vita vera.»
«C’è un libro che parla proprio di questo, sai.»
- Io odio le biblioteche, odio i libri e odio le scuole. A quanto ricordo, tendono a trasformare tutto quel che riguarda la vita in qualcosa di leggermente diverso, “leggermente” quando tutto va bene.
- E tu cosa vedi in me?
- Beh, anche tu li odi. Per quello che ti hanno fatto.
- E cioè?
- Ti hanno trasformato in qualcosa di…
- Orrendo?…
- No, non proprio. In qualcosa di leggermente diverso, di leggermente…sbagliato. Tutto ciò che ti riguarda è un po’ una bugia… eccetto i tuoi occhi. Lì ci sei tu. Non riesco a sostenere il tuo sguardo troppo a lungo.”
Philip Roth, Il professore di desiderio



«Chiudi tutte le porte, prima e dopo. Tutti i modi di pensare della gente, lasciali perdere.
Tutto quello che chiede la meravigliosa società? Come siamo messi socialmente?
«Dovrei, dovrei, dovrei»? Al diavolo tutto questo.
Quello che dovresti essere, quello che dovresti fare, tutto questo, beh, uccide ogni cosa».
Philip Roth, “La macchia umana”



Quando la tragedia umana si è compiuta, la si passa ai giornalisti affinché banalizzandola, la trasformino in spettacolo. Forse dipende dal fatto che tutta quell’irrazionale frenesia c’investì personalmente, e non mi sfuggì nessuna stupida insinuazione giornalistica, se penso al maccartismo come alla prima fase del trionfo postbellico del pettegolezzo come credo unificante della repubblica democratica più antica del mondo. “In Gossip We trust”, “Nel pettegolezzo noi crediamo”. Il gossip come gospel, il pettegolezzo come vangelo, fede nazionale. Il maccartismo come il debutto, non soltanto della politica seria, ma di ogni cosa seria come spettacolo per divertire la massa del pubblico. Il maccartismo come prima fioritura postbellica di quell’irrazionalità americana che oggi è diffusa dappertutto.
Philip Roth, Ho sposato un comunista



“Un uomo che si ritrova in mano le carte sbagliate per la partita da giocare. Assolutamente impreparato a ciò che sta per abbattersi su di lui. Come avrebbe potuto sapere, con tutta la sua bontà così accuratamente calibrata, che il prezzo di una vita obbediente era tanto alto? Ci si rassegna all’obbedienza per abbassare il prezzo. Una bella moglie. Una bella casa. Un’azienda magistralmente gestita. Un padre difficile trattato abbastanza bene. L’aveva realizzata per davvero, la sua versione del paradiso. Così vivono gli uomini di successo. Sono buoni cittadini. sono fortunati. Sono riconoscenti. Dio sorride loro. Se ci sono problemi, si adattano. E poi tutto cambia e diventa impossibile. Più nulla e nessuno che sorrida loro. E allora chi riesce ad adattarsi? Ecco un uomo che non è stato programmato per avere sfortuna, e ancora meno per l’impossibile. Ma chi è pronto ad affrontare l’impossibile che sta per verificarsi? Chi è pronto ad affrontare la tragedia e l’incomprensibilità del dolore? Nessuno.”
P. Roth, Pastorale americana


“L’ultima domanda assegnata alla scolaresca era “cosa è la vita?”.
Secondo Merry, mentre gli altri scolari si arrovellavano intorno alle loro profonde (e fasulle) riflessioni, lei, dopo un’ora di riflessioni nel suo banco, aveva scritto una sola semplice e non banale affermazione: “la vita è solo un breve periodo di tempo nel quale sei vivo”. La maestra non fu d’accordo, e accanto alla risposta di Merry scrisse: “Tutto qui?”. Sì, pensava adesso lo Svedese, è tutto qui. Grazie a Dio è tutto qui; ed è insopportabile anche questo.”
Philip Roth, Pastorale americana


Che gli uomini fossero creature multiformi, non era una novità per lo Svedese, anche se era sempre un pò uno choc doverlo constatare nuovamente ogni volta che qualcuno ti dava una delusione. Ciò che lui trovava stupefacente era il modo in cui gli uomini sembravano esaurire la propria essenza – esaurire la materia, qualunque fosse, che li rendeva quello che erano – e, svuotati di sé stessi, trasformarsi nelle persone di cui un tempo avrebbero avuto pietà.
Philip Roth, Pastorale americana


E poiché non dimentichiamo le cose solo perché non contano, ma le dimentichiamo anche perché contano troppo (perché ciascuno di noi ricorda e dimentica secondo uno schema labirintico che rappresenta un segno di riconoscimento non meno caratteristico di un’impronta digitale), non c’è da meravigliarsi se le schegge di realtà che una persona terrà in gran conto come parti della propria biografia potranno sembrare a qualcun altro che, diciamo, ha per caso consumato diecimila cene allo stesso tavolo di cucina, una deliberata escursione nella mitomania.
Philip Roth, Pastorale americana


Aveva imparato la lezione peggiore che la vita possa insegnare: che non c’è un senso.
E quando capita una cosa simile, la felicità non è più spontanea. E’ artificiale e, anche allora, comprata al prezzo di un ostinato estraniamento da se stessi e dalla propria storia. L’uomo bello e buono col suo modo indulgente di affrontare il conflitto e la contraddizione, l’ex atleta sicuro di sé e ragionevole e pieno di risorse in ogni lotta con un avversario leale, si trova a doversi misurare con un avversario che leale non è, il male inestirpabile delle relazioni umane, ed è spacciato
Philip Roth, Pastorale americana


"...Rimane il fatto che, in ogni modo, capire bene la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e poi ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando. Forse la cosa migliore sarebbe dimenticare di avere ragione o torto sulla gente e godersi semplicemente la gita. Ma se ci riuscite... Beh, siete fortunati."
Philip Roth, Pastorale americana


Io, che cambio di umore ottomila volte al minuto, che provo emozioni forti come tornado, che mi lascio abbattere da una parola, da una sillaba, io sarei brava a mantenere il controllo?
Philip Roth


Non è l'essere arrabbiati che conta, è l'essere arrabbiati per le cose giuste. La rabbia serve a renderti efficiente. Questa è la sua funzione per la sopravvivenza. Ecco perché ti è stata data. Se ti rende inefficiente, mollala come una patata bollente.
Philip Roth


L'unica ossessione che vogliono tutti: l'amore. Cosa crede, la gente, che basti innamorarsi per sentirsi completi? La platonica unione delle anime? Io la penso diversamente. Io credo che tu sia completo prima di cominciare. E l'amore ti spezza. Tu sei intero, e poi ti apri in due. Quella ragazza era un corpo estraneo introdotto nella tua interezza. E per un anno e mezzo tu hai lottato per incorporarlo. Ma non sarai mai intero finché non l'avrai espulso. O te ne sbarazzi o lo incorpori con un'autodistorsione. Ed è quello che hai fatto e che ti ha ridotto alla disperazione. [...]
Per quante cose tu sappia, per quante cose tu pensi, per quanto tu ordisca e trami e architetti, non sei mai al di sopra del sesso.
Philip Roth, L'animale morente


"Sono i segreti che rendono malati –. Non era la prima volta che se ne usciva con quella massima idiota, insensata e vacua. – Sbagliato, – le rispose lui, come se gli importasse qualcosa di quello che diceva, lei o chiunque altro, come se con quelle loro frasi vuote qualcuno di loro si avvicinasse anche solo agli estremi margini della verità, – i segreti rendono avventurosi, i segreti rendono ripugnanti, rendono soli, rendono seducenti, rendono audaci, rendono imbecilli, i segreti rendono perduti, rendono umani, rendono… – No. A te ti rendono disumano. Disumano e malato. Sono i segreti che ti impediscono di trovare un accordo con il tuo essere interiore. Non è possibile avere dei segreti, – disse fermamente Roseanna, – e conquistare la pace interiore. – Bene, visto che confezionare segreti è l’industria più importante del genere umano, tanti saluti alla pace interiore."
Philip Roth, Il teatro di Sabbath



Idioti ideologici! – proclamò il ragazzo in nero – 
Il terzo grande fallimento ideologico del ventesimo secolo. 
È sempre la solita storia. Fascismo. Comunismo. Femminismo
Tutti progettati per indurre un gruppo di persone a scagliarsi contro un altro gruppo
I bravi ariani contro le altre razze cattive che li opprimono
I bravi poveri contro i ricchi cattivi che li opprimono
Le brave donne contro gli uomini cattivi che le opprimono
Il depositario dell’ideologia è puro, buono e pulito, e gli altri sono malvagi. 
Ma lo sai tu chi è davvero malvagio? Chiunque pensi di essere puro è malvagio
Non esiste la purezza! Non esiste! Non può esistere! Non deve e non dovrebbe esistere! 
Perchè è una menzogna! La sua ideologia e come tutte le altre ideologie, basata su una menzogna! 
Tirannia ideologica. È il male del secoloL’ideologia istituzionalizza la patologia
Tra vent’anni ci sarà una nuova ideologia. La gente contro i cani. La nostra vita da gente è colpa dei cani. E poi, dopo i cani, cosa ci sarà? A chi daremo la colpa di aver corrotto la nostra purezza?
Philip Roth, Il teatro di Sabbath


In quanta stupidità dobbiamo calarci per giungere alla nostra meta, quali sconfinati errori bisogna saper commettere! Se qualcuno te lo dicesse prima, quanti errori dovrai fare, tu diresti no, mi spiace, è impossibile, trovatevi qualcun altro; io sono troppo furbo per fare tutti quegli errori. E loro ti direbbero, noi abbiamo fede, non preoccuparti, e tu diresti no, niente da fare, avete bisogno di uno molto più coglione di me, ma loro ripeterebbero che hanno fede in te, che tu ti trasformerai in un coglione colossale mettendoci un impegno che neanche ti immagini, che farai sbagli di una grandezza che neanche li sogni... perché è l'unico modo di giungere alla meta.
Philip Roth, Il teatro di Sabbath


...Ma il quoziente di dolore di un individuo non è già abbastanza terribile senza amplificazioni romanzesche, senza dare alle cose un’intensità che nella vita è effimera e certe volte addirittura invisibile? Non per tutti. Per poche, pochissime persone quest’amplificazione, uscendo e sviluppandosi in modo incerto dal nulla, costituisce la loro unica sicurezza, e il non vissuto, la supposizione, impressa per esteso sulla carta, è la vita il cui significato arriva a contare di più.
Philip Roth,  Il fantasma esce di scena.



“Mi era così profondamente radicata nella coscienza, che penso di aver creduto per tutto il primo anno scolastico che ognuna delle mie insegnanti fosse mia madre travestita. Come suonava la campanella dell’ultima ora, mi precipitavo fuori di corsa chiedendomi se ce l’avrei fatta ad arrivare a casa prima che riuscisse a trasformarsi di nuovo. Al mio arrivo lei era già regolarmente in cucina, intenta a prepararmi latte e biscotti. Invece di spingermi a lasciar perdere le mie fantasie, il fenomeno non faceva che aumentare il mio rispetto per i suoi poteri. Ed era sempre un sollievo non averla sorpresa nell’atto dell’incarnazione, anche se non smettevo mai di provarci; sapevo che mio padre e mia sorella ignoravano la vera natura di mia madre, e il peso del tradimento, che immaginavo avrei dovuto affrontare se l’avessi colta sul fatto, era più di quanto intendessi sopportare all’età di cinque anni. Credo addirittura di aver temuto che, qualora l’avessi vista rientrare in volo da scuola attraverso la finestra della camera o materializzarsi nel grembiule, membro dopo membro, da uno stato d’invisibilità, avrei dovuto per questo morire.”
Philip Roth, Lamento di Portnoy


“... per essere solidali e comprensivi e piantarla di trattare la donna delle pulizie come se fosse una bestia da soma, come se non provasse la stessa aspirazione alla dignità del resto della gente! E ciò vale anche per i goyim! Non tutti abbiamo avuto la fortuna di nascere ebrei, capisci. E allora un pizzico di comprensione per i meno fortunati, ok? Perchè ne ho piene le tasche di goyische qui e goyische là! Se è cattivo è goyim, se è buono è ebreo! Non vi accorgete, cari genitori da cui lombi sono stato generato, che un tale modo di pensare è una barbara idiozia? Che state solo tradendo le vostre paure? La primissima distinzione che ho appreso da voi, ne sono certo, non è stata giorno o notte o caldo e freddo, ma goyische e ebreo!...” .
Philip Roth, Lamento di Portnoy



Oggi, ogni tanto, voltandomi indietro, ripenso alla mia vita come un lungo discorso che ho ascoltato. La retorica a volte è originale, a volte piacevole, a volte inconsistente (il discorso dell'incognito) a volte maniacale, a volte pratica, a volte come l'improvvisa puntura di un ago, e io l'ascolto da tempo immemorabile: come pensare, come non pensare; come comportarsi, come non comportarsi; chi detestare e chi ammirare; cosa abbracciare e quando scappare; cos'è entusiasmante, cos'è massacrante, cos'è lodevole, cos'è superficiale, cos'è sinistro, cos'è schifoso, e come restare un'anima pura. Si direbbe che parlare con me non sia un ostacolo per nessuno. Questa forse è una conseguenza del mio essere andato in giro per anni con l'aria di chi aveva un gran bisogno che qualcuno gli rivolgesse la parola. Ma qualunque ne sia la ragione, il libro della mia vita è un libro di voci. Quando mi chiedo come sono arrivato dove sono, la risposta mi sorprende: "Ascoltando".
Philip Roth, ho sposato un comunista







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