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lunedì 9 gennaio 2012

Molière, L'avaro. Il verbo «dare» gli è tanto in odio che non dice mai «Ti dò il buon giorno», ma «… te lo impresto».

Il verbo «dare» gli è tanto in odio che non dice mai 
«Ti dò il buon giorno», ma «… te lo impresto»
"L'avaro" "Molière" Jean-Baptiste Poquelin 
(Parigi, 15 gennaio 1622 – Parigi, 17 febbraio 1673), 
è stato un commediografo e attore teatrale francese.



Ogni cosa ha il valore che le viene dato.
Jean-Baptiste Molière Poquelin

L'intreccio si svolge intorno alla figura di Arpagone, l'avaro, padre di due figli, Cleante ed Elisa, e noto uomo "d'affari". Ha un carattere schivo ed introverso. Le sue uniche amicizie sono i soldi, dei quali è gelosissimo e grazie ai quali è conosciuto come ottimo speculatore.

Il figlio Cleante è invece un abile spendaccione, che si attornia di tutti gli sfarzi e i pizzi che vanno tanto di moda nel Seicento.

Sia Cleante sia Arpagone sono innamorati di una giovane dama, Mariana, che diverrà in seguito anche motivo di ricatto tra i due. Arpagone vede in lei quella bellezza e quella semplicità che non richiedono eccessive spese di mantenimento; inoltre, mira ad una cospicua dote, che gli sarà data negli anni dopo il matrimonio attraverso servigi e parsimonia nell'uso del denaro. Cleante, invece, è perdutamente innamorato di Mariana, del suo sguardo e dei suoi sorrisi e mira ad un matrimonio vero e ricco di sentimenti.

All'inizio, si crea un vero e proprio intrigo, visto e considerato che i due contendenti non sanno l'uno delle intenzioni dell'altro; ma il nodo si scioglie con l'invito a cena di Arpagone, in cui presenta Mariana alla sua famiglia e Cleante viene a conoscenza dell'enorme intoppo che si è venuto a creare col passare del tempo. Ma decide di non riferire nulla al padre, troppo determinato nelle sue scelte, e di agire su strade secondarie, magari con una fuga d'amore.

A questo punto comincia ad avere più spessore anche la figura di Elisa, che interferisce magistralmente cercando di avvicinare Mariana a Cleante, fingendo di essere interessata ad una profonda conoscenza della sua futura matrigna.

Finora, dunque, Arpagone non sospetta nulla delle pianificazioni amorose dei figli, anche perché nel frattempo era insorto un altro problema molto più importante: gli era stata rubata una cassetta contenente un'ingente somma in denaro, che lui aveva precedentemente nascosto con cura in giardino. Il suo morboso attaccamento ai soldi lo distoglie momentaneamente dai loschi piani tramati contro di lui da Cleante ed Elisa.

Anche quest'ultima, infatti, promessa in sposa dal padre ad un vecchio amico parsimonioso, Anselmo, si ribella agli obblighi di famiglia e si innamora perdutamente di un baldo giovane, Valerio, il quale si rivela furbo ed astuto, soprattutto nel tentare un approccio con Arpagone e nell'abbindolarlo pure, con l'unico scopo di ottenere le sue simpatie e poter sposare Elisa.

Arpagone non rifiuta l'attaccamento di Valerio, perché riesce a sentire nelle sue parole quell'avarizia che andava cercando ovunque e che riusciva a trovare solo in se stesso; lo vede quindi quasi come quel figlio che non ha mai avuto.

Tra la marea di impegni per la futura sposa e per la ricerca del ladro della sua amata cassetta, Arpagone riesce a trovare il tempo per allacciare un rapporto d'affari al buio, dove gli viene proposta una forma particolare di contratto: lui finanzia un uomo che necessita immediatamente di soldi e questi ultimi gli saranno risarciti con gli interessi.

Di questo trattato al buio ben presto disvela ogni risvolto e Arpagone si trova di fronte al suo futuro debitore, che risulta essere proprio suo figlio Cleante, il quale avrebbe usato il denaro per sposarsi e fuggire con Mariana.

Sconvolto dalla notizia, Arpagone deve far fronte anche ad un altro dramma: la cassetta di cui non si hanno più notizie. Lo sconforto generale porta l'avaro a nutrire sospetti nei confronti di tutti, anche del fidato Valerio, che, messo alle strette, ammette un reato ancora sconosciuto, ovvero il suo amore per Elisa.

A questo punto, Arpagone è al massimo della collera e non guarda in faccia a nessuno, mostrando il suo attaccamento al denaro in ogni minimo particolare.

Le acque si calmano nel giro di poco tempo, perché Cleante lo rincuora, dicendogli di aver trovato la sua cassetta; ma qui scatta anche il ricatto. Conoscendo l'avarizia del padre, Cleante, infatti, approfitta del suo punto debole e propone la restituzione dei soldi solo in cambio dell'approvazione del suo matrimonio con Mariana.

Arpagone non appare eccessivamente turbato, anche perché la sua attenzione è rivolta soprattutto verso il denaro e della donna alla fine non gliene importa molto; l'unica cosa che lo intimorisce è la spesa cui dovrà far fronte per le nozze del figlio. Ma anche questo nodo viene sbrogliato, grazie ad Anselmo, che nella baraonda precedente aveva avuto modo di rivedere i suoi figli persi tanti anni prima in un naufragio; questi figli sono proprio Mariana e Valerio, quindi le questioni finanziarie per i matrimoni risultano risolte.

Il finale si rivela perciò del tutto inaspettato, un finale quasi commovente, dove due famiglie ritornano ad essere finalmente unite e felici.

Credo che sia proprio quest'ultima parte de L'avaro a non averne permesso un grande successo ai suoi tempi: tempi in cui la psicologia seicentesca imponeva maschere fisse, come Arpagone il burbero avaro, e soprattutto commedie di scarso spessore e scontate, in modo da garantire l'apprezzamento del pubblico e il relativo successo.

Molière in questo delude le aspettative del suo pubblico barocco, che in una commedia apprezza gli standard e che quando si reca a teatro o nelle regge vuole vedere ciò che già sa e che gli piace.

Paragonata a quella del mondo moderno, la mentalità barocca può risultare assurda, se non addirittura l'esatto opposto.

Leggendo L'avaro ci si può accorgere infatti di come l'intreccio sia scontato, in quanto segue perfettamente il carattere dei personaggi (l'avaro, lo spendaccione, l'astuto, .); risulta talmente evidente da diventare quasi noioso. Le battute stesse girano sempre intorno al proprio personaggio e rendono la commedia molto simile ad un telefilm dei nostri giorni, dove i buoni sono sempre buoni, i cattivi sempre cattivi, ..

Molière sconvolge invece con il finale, dove stravolge la tensione e gli intrighi creati in precedenza e li porta in un clima di amore, affetto e felicità. Arrivati a questo punto, si può notare come anche Arpagone l'avaro non risulti più essere la solita maschera fissa, ma sveli qualche lato umano, lasciando per un attimo da parte l'ostinazione e la cocciutaggine e accettando le decisioni dei figli.

E credo che la vera bellezza dell'opera stia proprio in questo punto saliente, dove le storie subdole portate avanti finora lasciano spazio ad una storia reale e ricca di pathos.

La commedia risulta leggera e scorrevole e lascia al finale il compito di arricchire il copione vuoto che si trova alle spalle.

Ne L'avaro Molière riesce a fare quello in cui i suoi contemporanei falliscono: aprire il proprio cuore e avere fiducia nei sentimenti; non cerca il particolare nelle cose, ma lo cerca nelle persone. Per questo motivo l'avaro non è una maschera fissa dove si debba cercare solo il carattere burbero e tirchio, ma è anche un padre che nutre sentimenti sì di amore solo per i soldi, ma anche di rispetto nei confronti delle scelte altrui (il matrimonio dei figli).

La sua rassegnazione rappresenta la caduta dello standard e la riscoperta di un lato di se stessi che nel seicento si tende a coprire per non apparire soli ed indifesi. 

http://www.inftub.com/letteratura/LAVARO-Di-JeanBaptiste-Poqueli35146.php

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