lunedì 9 gennaio 2012

Hume. La bellezza non è una qualità delle cose stesse: essa esiste soltanto nella mente che le contempla......ed ogni mente percepisce una diversa bellezza.



"Il 25 agosto 1776 muore a ‪Edimburgo‬, ‪Scozia‬, il filosofo e storico ‪‎David Hume‬.
Tema centrale della sua ‪filosofia‬ è l'indagine della ‪natura umana‬, percepita come limite invalicabile per ogni forma di ‪sapere‬ e di attività dell'uomo, attorno al quale sviluppa la sua opera più sistematica e più completa: ‪A Treatise of Human Nature"‬.


Lo scetticismo di Hume mette in discussione non soltanto gli oggetti della conoscenza, ma lo stesso soggetto che conosce. Infatti l’identità personale, cioè l’io, non ha alcun fondamento, non è un oggetto dell’esperienza. Ciò che percepiamo, in ogni momento, e che chiamiamo «io», è soltanto un insieme di percezioni e di idee, ma non una sostanza.
David Hume, Trattato sulla natura umana, 1739


Noi non siamo altro che fasci o collezioni di differenti percezioni che si susseguono con una inconcepibile rapidità, in un perpetuo flusso e movimento.... La mente è una specie di teatro, dove le diverse percezioni fanno la loro apparizione, passano e ripassano, scivolano e si mescolano con un’infinita varietà di atteggiamenti e di situazioni. Né c’è, propriamente, in essa nessuna semplicità in un dato tempo, né identità in tempi differenti, qualunque sia l’inclinazione naturale che abbiamo ad immaginare quella semplicità e identità. E non si fraintenda il paragone del teatro: a costituire la mente non c’è altro che le percezioni successive: noi non abbiamo la più lontana nozione del posto dove queste scene vengono rappresentate, o del materiale di cui è composta.
David Hume, Trattato sulla natura umana, 1739



Ma, fatta eccezione di qualche metafisico di questa specie, io oso affermare che per il resto dell’umanità noi non siamo altro che fasci o collezioni di differenti percezioni che si susseguono con una inconcepibile rapidità, in un perpetuo flusso e movimento. I nostri occhi non possono girare nelle loro orbite senza variare le nostre percezioni. Il nostro pensiero è ancora più variabile della nostra vista, e tutti gli altri sensi e facoltà contribuiscono a questo cambiamento; né esiste forse un solo potere dell’anima che resti identico, senza alterazione, un momento.
La mente è una specie di teatro, dove le diverse percezioni fanno la loro apparizione, passano e ripassano, scivolano e si mescolano con un’infinita varietà di atteggiamenti e di situazioni. Né c’è, propriamente, in essa nessuna semplicità in un dato tempo, né identità in tempi differenti, qualunque sia l’inclinazione naturale che abbiamo ad immaginare quella semplicità e identità. E non si fraintenda il paragone del teatro: a costituire la mente non c’è altro che le percezioni successive: noi non abbiamo la più lontana nozione del posto dove queste scene vengono rappresentate, o del materiale di cui è composta [...] Non abbiamo nessuna percezione di qualcosa di continuativo che possiamo chiamare io. L’io non è altro, in realtà, che un fascio di percezioni sempre mutevoli. Le nozioni di semplicità e di identità che sono alla base della credenza nell’io, non hanno nessun fondamento nell’esperienza...
L’io non è una sostanza e nemmeno un insieme stabile di fenomeni, dato che le percezioni che lo compongono variano continuamente. Non esiste dunque un io come fondamento dell’identità personale, ma esiste una credenza nell’identità personale stessa, ed è questo fatto che deve essere spiegato
David Hume


Tutti gli uomini generalmente tendono a concepire gli altri esseri come simili a loro stessi, ed a trasferire in ogni oggetto le qualità più familiari, più intimamente presenti alla loro coscienza.
David Hume

Il nostro pensiero è ancora più variabile della nostra vista, e tutti gli altri sensi e facoltà contribuiscono a questo cambiamento; né esiste forse un solo potere dell'anima che resti identico, senza alterazione, un momento.
David Hume

La bellezza delle cose esiste nella mente che le osserva
David Hume

La bellezza non è una qualità delle cose stesse: essa esiste soltanto nella mente che le contempla......
ed ogni mente percepisce una diversa bellezza. 
David Hume

L'abitudine è la grande guida della vita umana
David Hume

Io mi concepisco come un uomo
che ha cozzato in molti scogli,
ha evitato a malapena il naufragio
passando in una secca,
ma conserva ancora
la temerarietà di mettersi in mare
con lo stesso battello sconquassato,
mantenendo intatta l’ambizione
di tentare il giro del mondo
nonostante queste
disastrose circostanze.
David Hume



“Se pure gli uomini possedessero gli occhi di Linceo, così da penetrare gli oggetti antistanti, non apparirebbe forse bruttissimo, investigato fin nelle sue viscere, il corpo di Alcibiade, esteriormente bellissimo?
Non dunque la tua natura, ma l'infermità degli occhi di chi ti guarda che ti fa sembrar bello".
Aristotele
(M. Schoepflin - La felicità secondo i filosofi)


David Hume, Il gusto ci dà il sentimento etico e estetico.
“Poiché la virtù è un fine, ed è desiderabile per se stessa, senza ricompensa e rimunerazione, soltanto per la soddisfazione immediata che reca è necessario che ci sia qualche sentimento che la raggiunga, qualche gusto o sensazione interna, o come altro vi piaccia chiamarlo, che distingua il bene e il male morali e che abbracci l’uno e respinga l’altro. Così risultano facilmente accertati i confini precisi e i compiti della ‹ragione› e del ‹gusto. La prima ci dà la conoscenza del vero e del falso; il secondo ci dà il sentimento del bello e del brutto, del vizio e della virtù. La prima scopre gli oggetti come realmente sono in natura, senza aggiungere o togliere nulla; l’altro ha una capacità produttiva e rendendo belli o brutti tutti gli oggetti della natura coi colori presi a prestito dal sentimento interno, mette capo, in certo modo, ad una nuova creazione. La ragione, essendo fredda e indifferente, non è movente per l’azione e dirige soltanto l’impulso che riceve dall’appetito o inclinazione mostrandoci i mezzi per conseguire la felicità o per evitare l’infelicità. Il gusto, poiché dà piacere o dolore, e fonda così la felicità o l’infelicità, diviene un movente per l’azione ed è la fonte prima o il primo impulso a desiderare e a volere. Muovendo da circostanze e da relazioni, note o supposte, la ragione ci conduce alla scoperta di altre circostanze e relazioni nascoste e sconosciute; una volta che tutte le circostanze e tutte le relazioni sono chiare davanti a noi, il gusto ci fa provare, muovendo da quest’insieme, un nuovo sentimento di biasimo o di approvazione.”
DAVID HUME (1711 – 1776), “Ricerca sui principi della morale” (1751), trad. di Mario Dal Pra (1957), introduzione di Eugenio Lecaldano (1977), Laterza, Roma-Bari 2009, ‹Appendice I›, V., ʻSul sentimento morale’, pp. 203 e 205.





Proseguirei sula strada tracciata da Hume: che bisogno abbiamo di pensare un'etica quando i sensi e la ragione si orientano secondo il nostro gusto? L'etica è una necessità ministeriale per il controllo del desiderio: il pericolo per ogni ordine costituito è il disordine costituito da individui fortemente desideranti. Prendetemi come sono o ammazzatemi perchè io non cambierò mai. Sade prossimo mio.





Hume risvegliò Kant dal sonno metafisico.
Ma era poi così dannoso quel sonno ?


La bellezza non è una qualità delle cose stesse: essa esiste soltanto nella mente che le contempla ed ogni mente percepisce una diversa bellezza.
David Hume, La regola del gusto


Lo scetticismo di Hume mette in discussione non soltanto gli oggetti della conoscenza, ma lo stesso soggetto che conosce. Infatti l’identità personale, cioè l’io, non ha alcun fondamento, non è un oggetto dell’esperienza. Ciò che percepiamo, in ogni momento, e che chiamiamo «io», è soltanto un insieme di percezioni e di idee, ma non una sostanza.

Da parte mia, quando mi addentro più intimamente in ciò che chiamo me stesso, m'imbatto sempre in qualche percezione di caldo o di freddo, di luce o d'ombra, d'amore o d'odio, di dolore o di piacere. Non riesco mai ad afferrare me stesso senza una percezione, né posso mai osservare qualcosa che non sia una percezione. [...] Il resto del genere umano non è altro che un fascio o collezione di percezioni differenti, susseguenti le une alle altre con rapidità inconcepibile, e si trovano in perpetuo flusso e movimento 
David Hume



Ma, fatta eccezione di qualche metafisico di questa specie, io oso affermare che per il resto dell’umanità noi non siamo altro che fasci o collezioni di differenti percezioni che si susseguono con una inconcepibile rapidità, in un perpetuo flusso e movimento... La mente è una specie di teatro, dove le diverse percezioni fanno la loro apparizione, passano e ripassano, scivolano e si mescolano con un’infinita varietà di atteggiamenti e di situazioni... Non abbiamo nessuna percezione di qualcosa di continuativo che possiamo chiamare io. L’io non è altro, in realtà, che un fascio di percezioni sempre mutevoli. Le nozioni di semplicità e di identità che sono alla base della credenza nell’io, non hanno nessun fondamento nell’esperienza... L’io non è una sostanza e nemmeno un insieme stabile di fenomeni, dato che le percezioni che lo compongono variano continuamente. Non esiste dunque un io come fondamento dell’identità personale, ma esiste una credenza nell’identità personale stessa, ed è questo fatto che deve essere spiegato
David Hume


Da parte mia, quando mi addentro più intimamente in ciò che chiamo me stesso, m'imbatto sempre in qualche percezione di caldo o di freddo, di luce o d'ombra, d'amore o d'odio, di dolore o di piacere. Non riesco mai ad afferrare me stesso senza una percezione, né posso mai osservare qualcosa che non sia una percezione. [...] Il resto del genere umano non è altro che un fascio o collezione di percezioni differenti, susseguenti le une alle altre con rapidità inconcepibile, e si trovano in perpetuo flusso e movimento
David Hume


La bellezza non è una qualità delle cose stesse: essa esiste soltanto nella mente che le contempla ed ogni mente percepisce una diversa bellezza.
David Hume, La regola del gusto


Lo scetticismo di Hume mette in discussione non soltanto gli oggetti della conoscenza, ma lo stesso soggetto che conosce. Infatti l’identità personale, cioè l’io, non ha alcun fondamento, non è un oggetto dell’esperienza. Ciò che percepiamo, in ogni momento, e che chiamiamo «io», è soltanto un insieme di percezioni e di idee, ma non una sostanza. Da parte mia, quando mi addentro più intimamente in ciò che chiamo me stesso, m'imbatto sempre in qualche percezione di caldo o di freddo, di luce o d'ombra, d'amore o d'odio, di dolore o di piacere. Non riesco mai ad afferrare me stesso senza una percezione, né posso mai osservare qualcosa che non sia una percezione. [...] Il resto del genere umano non è altro che un fascio o collezione di percezioni differenti, susseguenti le une alle altre con rapidità inconcepibile, e si trovano in perpetuo flusso e movimento 
David Hume



Ma, fatta eccezione di qualche metafisico di questa specie, io oso affermare che per il resto dell’umanità noi non siamo altro che fasci o collezioni di differenti percezioni che si susseguono con una inconcepibile rapidità, in un perpetuo flusso e movimento... La mente è una specie di teatro, dove le diverse percezioni fanno la loro apparizione, passano e ripassano, scivolano e si mescolano con un’infinita varietà di atteggiamenti e di situazioni... Non abbiamo nessuna percezione di qualcosa di continuativo che possiamo chiamare io. L’io non è altro, in realtà, che un fascio di percezioni sempre mutevoli. Le nozioni di semplicità e di identità che sono alla base della credenza nell’io, non hanno nessun fondamento nell’esperienza... L’io non è una sostanza e nemmeno un insieme stabile di fenomeni, dato che le percezioni che lo compongono variano continuamente. Non esiste dunque un io come fondamento dell’identità personale, ma esiste una credenza nell’identità personale stessa, ed è questo fatto che deve essere spiegato
David Hume


Da parte mia, quando mi addentro più intimamente in ciò che chiamo me stesso, m'imbatto sempre in qualche percezione di caldo o di freddo, di luce o d'ombra, d'amore o d'odio, di dolore o di piacere. Non riesco mai ad afferrare me stesso senza una percezione, né posso mai osservare qualcosa che non sia una percezione. [...] Il resto del genere umano non è altro che un fascio o collezione di percezioni differenti, susseguenti le une alle altre con rapidità inconcepibile, e si trovano in perpetuo flusso e movimento
David Hume


David Hume. TUTTO È IGNOTO. RIPARIAMOCI NELLE REGIONI DELLA FILOSOFIA. “La TENDENZA UNIVERSALE A CREDERE IN UN POTERE INVISIBILE E INTELLIGENTE, se non è un istinto originario, è almeno qualcosa di generalmente CONNESSO ALLA NATURA UMANA, e lo si può considerare una sorta di marchio con cui l’artefice ha contrassegnato la propria opera; e non c’è cosa che possa fare più onore all’uomo del fatto di distinguersi così dalle altre parti della creazione e di RECARE IN SÉ L’IMPRONTA DEL CREATORE UNIVERSALE. Ma osservate come tale immagine si presenta nelle religioni popolari di tutto il mondo: COME VIENE SFIGURATA LA DIVINITÀ NELLE NOSTRE RAPPRESENTAZIONI! QUANTI CAPRICCI, QUANTE ASSURDITÀ E IMMORALITÀ LE VENGONO ATTRIBUITE! Come è degradata, anche al di sotto dell’indole degli uomini ai quali di solito, nella vita comune, attribuiamo buon senso e virtù! Quale nobile privilegio della specie umana è quello di poter attingere la conoscenza dell’essere supremo e di inferire dalle opere visibili della natura la sublime idea della creazione! Ma rovesciate la medaglia. PERCORRETE VARIE ETÀ E VARI POPOLI. ESAMINATE I PRINCÌPI RELIGIOSI CHE SONO PREVALSI DI FATTO: non vi potrete persuadere che siano qualcosa di più che morbosi sogni dell’uomo. O forse li crederete IMMAGINAZIONI CAPRICCIOSE DI SCIMMIE TRAVESTITE, non asserzioni serie, positive e dogmatiche di esseri che si fregiano dell’attributo di ragionevoli. Ascoltate le proteste di tutti gli uomini: nulla è più saldo della loro religione. Esaminate la loro vita: non riuscirete a persuadervi che ripongano in essa la minima confidenza. Lo zelo più grande e autentico non ci salva dall’ipocrisia. La più aperta empietà va congiunta al terrore segreto e alla compunzione. NON ESISTONO MADORNALI ASSURDITÀ TEOLOGICHE CHE NON SIANO STATE ACCOLTE, A VOLTE, ANCHE DALLE PERSONE PIÙ INTELLIGENTI E COLTE. Non ci sono precetti rigorosi che non siano stati adottati dagli uomini più voluttuosi e scapestrati. ‘L’IGNORANZA È MADRE DELLA DEVOZIONE’: è una massima proverbiale, che l’esperienza generale conferma. Ma CERCATE UN POPOLO INTERAMENTE PRIVO DI RELIGIONE. SE LO TROVERETE, SIATE CERTI CHE VI APPARIRÀ DI POCO SUPERIORE AI BRUTI.  C’È COSA PIÙ PURA DI CERTE MASSIME MORALI, INCLUSE IN CERTI SISTEMI TEOLOGICI? C’È COSA PIÙ TURPE DELLE PRATICHE CHE CODESTI SISTEMI COMPORTANO? Le confortanti prospettive suggeriteci dalla CERTEZZA DI UNA VITA FUTURA sono seducenti e piacevoli. Ma come si dissolvono rapidamente dinanzi ai connessi terrori, che s’impadroniscono dell’animo umano in modo ben più saldo e durevole! Tutto è ignoto: un enigma, un inesplicabile mistero. Dubbio, incertezza, sospensione del giudizio appaiono l’unico risultato della nostra più accurata indagine in proposito. Ma tale è la fragilità della ragione umana, e tale il contagio irresistibile delle opinioni, che non è facile tener fede neppure a questa posizione scettica, se non guardando più lontano e OPPONENDO SUPERSTIZIONE A SUPERSTIZIONE, in singolar tenzone; intanto, mentre infuria il duello, RIPARIAMOCI FELICEMENTE NELLE REGIONI DELLA FILOSOFIA, OSCURE MA TRANQUILLE.”

DAVID HUME (1711 - 1776), “Storia naturale della religione” (1757), trad. di Umberto Forti (revisione di Paolo Casini), in ID., “Opere”, ed. a cura di Eugenio Lecaldano e Enrico Mistretta, introduzione di Eugenio Lecaldano, Laterza, Bari 1971, 2 voll., vol. I, XV. ‘Corollario generale’, pp. 752 – 753.




David Hume.
TUTTO È IGNOTO. RIPARIAMOCI NELLE REGIONI DELLA FILOSOFIA. “La TENDENZA UNIVERSALE A CREDERE IN UN POTERE INVISIBILE E INTELLIGENTE, se non è un istinto originario, è almeno qualcosa di generalmente CONNESSO ALLA NATURA UMANA, e lo si può considerare una sorta di marchio con cui l’artefice ha contrassegnato la propria opera; e non c’è cosa che possa fare più onore all’uomo del fatto di distinguersi così dalle altre parti della creazione e di RECARE IN SÉ L’IMPRONTA DEL CREATORE UNIVERSALE. Ma osservate come tale immagine si presenta nelle religioni popolari di tutto il mondo: COME VIENE SFIGURATA LA DIVINITÀ NELLE NOSTRE RAPPRESENTAZIONI! QUANTI CAPRICCI, QUANTE ASSURDITÀ E IMMORALITÀ LE VENGONO ATTRIBUITE! Come è degradata, anche al di sotto dell’indole degli uomini ai quali di solito, nella vita comune, attribuiamo buon senso e virtù! Quale nobile privilegio della specie umana è quello di poter attingere la conoscenza dell’essere supremo e di inferire dalle opere visibili della natura la sublime idea della creazione! Ma rovesciate la medaglia. PERCORRETE VARIE ETÀ E VARI POPOLI. ESAMINATE I PRINCÌPI RELIGIOSI CHE SONO PREVALSI DI FATTO: non vi potrete persuadere che siano qualcosa di più che morbosi sogni dell’uomo. O forse li crederete IMMAGINAZIONI CAPRICCIOSE DI SCIMMIE TRAVESTITE, non asserzioni serie, positive e dogmatiche di esseri che si fregiano dell’attributo di ragionevoli. Ascoltate le proteste di tutti gli uomini: nulla è più saldo della loro religione. Esaminate la loro vita: non riuscirete a persuadervi che ripongano in essa la minima confidenza. Lo zelo più grande e autentico non ci salva dall’ipocrisia. La più aperta empietà va congiunta al terrore segreto e alla compunzione. NON ESISTONO MADORNALI ASSURDITÀ TEOLOGICHE CHE NON SIANO STATE ACCOLTE, A VOLTE, ANCHE DALLE PERSONE PIÙ INTELLIGENTI E COLTE. Non ci sono precetti rigorosi che non siano stati adottati dagli uomini più voluttuosi e scapestrati. ‘L’IGNORANZA È MADRE DELLA DEVOZIONE’: è una massima proverbiale, che l’esperienza generale conferma. Ma CERCATE UN POPOLO INTERAMENTE PRIVO DI RELIGIONE. SE LO TROVERETE, SIATE CERTI CHE VI APPARIRÀ DI POCO SUPERIORE AI BRUTI.  C’È COSA PIÙ PURA DI CERTE MASSIME MORALI, INCLUSE IN CERTI SISTEMI TEOLOGICI? C’È COSA PIÙ TURPE DELLE PRATICHE CHE CODESTI SISTEMI COMPORTANO? Le confortanti prospettive suggeriteci dalla CERTEZZA DI UNA VITA FUTURA sono seducenti e piacevoli. Ma come si dissolvono rapidamente dinanzi ai connessi terrori, che s’impadroniscono dell’animo umano in modo ben più saldo e durevole! Tutto è ignoto: un enigma, un inesplicabile mistero. Dubbio, incertezza, sospensione del giudizio appaiono l’unico risultato della nostra più accurata indagine in proposito. Ma tale è la fragilità della ragione umana, e tale il contagio irresistibile delle opinioni, che non è facile tener fede neppure a questa posizione scettica, se non guardando più lontano e OPPONENDO SUPERSTIZIONE A SUPERSTIZIONE, in singolar tenzone; intanto, mentre infuria il duello, RIPARIAMOCI FELICEMENTE NELLE REGIONI DELLA FILOSOFIA, OSCURE MA TRANQUILLE.”

DAVID HUME (1711 - 1776), “Storia naturale della religione” (1757), trad. di Umberto Forti (revisione di Paolo Casini), in ID., “Opere”, ed. a cura di Eugenio Lecaldano e Enrico Mistretta, introduzione di Eugenio Lecaldano, Laterza, Bari 1971, 2 voll., vol. I, XV. ‘Corollario generale’, pp. 752 – 753.





 

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