Pagine

sabato 14 gennaio 2012

Gregory Bateson. Rane bollite e inconsapevoli. Si racconta un fatto curioso a proposito delle rane (non so chi l’abbia provato, io certo non ripeterò l’esperimento): se una rana viene buttata in una pentola di acqua bollente ne salta fuori subito e così si salva la vita; se invece viene messa in una pentola di acqua fredda, che poi viene portata gradualmente all’ebollizione, non si accorge di nulla e si lascia lessare viva senza neanche protestare. Dall’alto della nostra specie “sapiens” potremmo sorridere a questa ingenuità “ranesca”, ma ci comportiamo forse diversamente noi umani? Noi che siamo sempre spaventati e attratti dalle catastrofi e dagli eventi estremi e non prestiamo nessuna attenzione a ciò che cambia lentamente. Ci preoccupa l’alluvione che porta tre metri d’acqua in poche ore e non Venezia che invece affonda di due virgola tre millimetri all’anno, il che per noi è come dire nulla. Due virgola tre millimetri all’anno sono però ventitré centimetri in un secolo, fatto non proprio trascurabile (soprattutto per chi ha l’uscio di casa vicino all’acqua). Anche i rampicanti crescono lentamente, ma possono ingoiare una casa intera, se gli si dà abbastanza tempo.

"Noi creiamo il mondo che percepiamo, non perché non esiste realtà fuori dalla nostra mente, ma perché scegliamo e modifichiamo la realtà che vediamo in modo che si adegui alle nostre convinzioni sul mondo in cui viviamo. Si tratta di una funzione necessaria al nostro adattamento e alla nostra sopravvivenza"
Gregory Bateson (1904-1980)





L’apprendimento dei contesti della vita è cosa che deve essere discussa non come fatto interno, ma come una questione di relazione esterna tra due creature. E la relazione è sempre un prodotto della descrizione doppia. È corretto (ed è un grande progresso) cominciare a pensare le due parti dell’interazione come due occhi, che separatamente forniscono una visione monoculare di ciò che accade e, insieme, una visione binoculare in profondità. Questa visione doppia è la relazione. La relazione non è interna alla singola persona: non ha senso parlare di“dipendenza”, di “aggressività”, di “orgoglio” e così via. Tutte queste parole affondano le loro radici in ciò che accade tra una persona e l’altra, non in qualcosa che sta dentro una sola persona...”
Gregory Bateson, Verso un'ecologia della mente


"il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”…
Questi algoritmi del cuore, o, come si dice,
dell’inconscio, sono, tuttavia, codificati e organizzati in
modo affatto diverso dagli algoritmi del linguaggio. E
poiché una gran parte del pensiero conscio è strutturata
nei termini della logica del linguaggio, gli algoritmi
dell’inconscio sono doppiamente inaccessibili. Non si
tratta solo del fatto che la mente cosciente ha difficile
accesso a questa materia, ma anche che quando tale accesso
è ottenuto, ad esempio nei sogni, nell’arte, nella
poesia, nella religione, nell’ebbrezza e simili, resta ancora
un formidabile problema di traduzione”
Gregory Bateson,Verso un'ecologia della mente

“Quando abbiano modo di descrivere i singoli essere umani, sia lo scienziato sia il profano fanno comunemente ricorso ad aggettivi che riguardano il «carattere».
Si dice che il Sig. Rossi è dipendente, ostile, pazzo, pignolo, esibizionista, narcisista, passivo, emulatore, energico, audace, codardo, fatalista, arguto, giocondo, astuto, ottimista, perfezionista, negligente, diligente, e così via.[...] i precedenti aggettivi, che vorrebbero descrivere caratteri individuali, in realtà non sono strettamente applicabili all’individuo, ma descrivono, piuttosto, scambi tra l’individuo e l’ambiente materiale e umano che lo circonda.
Nessun uomo è «ingegnoso» o «dipendente» o «fatalista» nel vuoto. Una sua caratteristica, qualunque essa sia, non è propriamente sua, ma piuttosto di ciò che avviene tra lui e qualcos’altro (o qualcun altro)
Gregory Bateson, verso un'ecologia della mente


"Si consideri un individuo che stia abbattendo un albero con un’ascia; ogni colpo d’ascia è modificato o corretto secondo la forma dell’intaccatura lasciata nell’albero dal colpo precedente.
Questo procedimento autocorrettivo è attuato da un sistema totale, albero-occhi-cervello-muscoli-ascia-corpo-albero; ed è questo sistema totale che ha caratteristiche di mente.
Constatiamo che l’ascia fende dapprima l’aria e produce certi tipi di tacche in un preesistente taglio nel fianco dell’albero. Se ora vogliamo spiegare quest’insieme di fenomeni, ci dobbiamo occupare di differenze nel fianco intaccato dell’albero, differenze nella retina dell’uomo, differenze nel suo sistema nervoso centrale, differenze nei suoi messaggi neurotici efferenti, differenze nel comportamento dei suoi muscoli, differenze nel modo di avventarsi dell’ascia, fino a differenze che l’ascia poi produce sulla superficie del tronco".
Gregory Bateson, Verso un'ecologia della mente


«La mente individuale è immanente, ma non solo nel corpo; essa è immanente anche in canali e messaggi esterni al corpo, e vi è una più vasta mente di cui la mente individuale è solo un sottosistema. Questa più vasta mente è paragonabile a Dio, ed è forse ciò che alcuni intendono per ‘Dio’, ma essa è ancora immanente nel sistema sociale totale interconnesso e nell’ecologia planetaria»
Gregory Bateson, Verso un'ecologia della mente


L‘epistemologia convenzionale che chiamiamo “normalità”, esita a rendersi conto che le proprietà sono solo differenze e che esistono solo nel contesto, solo nella relazione. Noi astraiamo dalla relazione e dalle esperienze di interazione per creare oggetti e dotarli di caratteristiche. Allo stesso modo esistiamo ad ammettere che il nostro stesso carattere è reale solo nella relazione. Noi astraiamo dalle esperienze di interazione e di differenza per dar vita a un sé che dovrà continuare (dovrà essere reale o cosale) anche al di fuori della relazione.
Gregory Bateson,Verso un'ecologia della mente



“Nessun uomo è ingegnoso o dipendente o fatalista nel vuoto. Una sua caratteristica, qualunque essa sia, non è propriamente sua, ma piuttosto di ciò che avviene tra lui e qualcos'altro (o qualcun altro). Allo stesso modo esitiamo ad ammettere che il nostro carattere è reale nella relazione. Noi astraiamo dalle esperienze di interazione e di differenza per dar vita a un sè che dovrà continuare (dovrà essere reale o cosale ) anche al di fuori della relazione"
Gregory Bateson,Verso un'ecologia della mente



"Quando un giovane dice a una ragazza «Ti amo», egli impiega delle parole per esprimere ciò che, in modo più convincente, è espresso dal tono della sua voce e dai suoi movimenti; e la ragazza, se ha un briciolo di buon senso, presterà più attenzione a quei segni accompagnatori che alle sue parole."
Gregory Bateson,Verso un'ecologia della mente



"Uno dei modi in cui la ‘patologia’ viene generata dalla nostra ossessione delle quantità, è nel cercare di massimizzare i nostri possessi quantitativi. La convinzione che "più è meglio è". L'intera società è basata sull'accumulazione di quantità di denaro. L'ingiunzione ossessiva di moltiplicare i nostri soldi è erroneamente trasferita a molte altre caratteristiche del vivere umano, come, ad esempio, le nostre esperienze relazionali. Per esempio tendiamo a voler accrescere la nostra "provvista" di amore o di amicizia o di ‘successo’ ecc. Tuttavia questo trasferimento del "di più" nel campo della vita, che è una organizzazione strutturata, è un serio errore. Bateson commenta:
"Il denaro è, si sa, una meta pseudo-biologicaLe mete veramente biologiche hanno sempre un limite. Si cerca sempre di avere le quantità ottimali - di ossigeno, calcio, proteine, psicoterapia, amore, qualsiasi cosa sia. Pensiamo al denaro come se fosse bello massimizzarne la disponibilità, e quindi di massimizzare pure la disponibilità di ossigeno, calcio, proteine, psicoterapia, e quant’altro. Massimizzare certe cose, le rende sempre tossicheNel mondo biologico autentico, ogni oggetto desiderabile diviene tossico oltre un certo limite, a parte il denaro. In questo senso il denaro è un falso. E’una struttura di valore imposta, una metafora prestabilita che non c’entra con quello di cui stiamo parlando. E’una metafora quantitativa che non c’entra con il mondo dell’organizzazione. E’uno sproposito epistemologico."
(Brano tratto da Vincent Kenny, L’epistemologia alla rovescia degli psicoterapisti illusi.
Quando mai impareranno a vedere i modelli di relazione e quindi a smettere di dire sciocchezze?)


"L'uomo vive all'interno di relazioni e di contesti tali che egli non é altro che parte inestricabile di un ecosistema interconnesso ..."Siamo parte danzante di una danza di parti interagenti ......
Quale struttura connette il granchio con l’aragosta, l’orchidea con la primula e tutti e quattro con me? E me con voi? E tutti e sei noi con l’ameba da una parte e con lo schizofrenico dall’altra?"
Gregory Bateson, Mente e natura




ricordo un aforisma di Adorno che affermava, più o meno vado a memoria, essere il centro di gravità dell'uomo fuori dall'uomo. Non è detto che la struttura che sottende le relazioni sia all'interno delle relazioni, una metarelazione.




Infatti é una metarelazione .


«Avrebbero potuto dirci qualcosa sulla struttura che connette:
che ogni comunicazione ha bisogno di un contesto, che senza contesto non c'è significato».
«Qual è la struttura che connette tutte le creature viventi? ...il modo giusto per cominciare a pensare alla struttura che connette è di pensarla in primo luogo (qualunque cosa ciò voglia dire) come una danza di parti interagenti...».
Gregory Bateson



Siamo parte danzante di una danza di parti interagenti 
Gregory Bateson 


Stiamo imparando sulla nostra pelle che l'organismo che distrugge il proprio ambiente distrugge se stesso.
Gregory Bateson


L'evoluzione deve sempre guardare in due direzioni: all'interno, verso la regolarità dello sviluppo e all'esterno, verso i capricci e le esigenze dell'ambiente.
Gregory Bateson


Il fiume modella le sponde e le sponde guidano il fiume.
Gregory Bateson


"Il sintomo è una risposta sana ad un contesto di comunicazione insano".
Gregory Bateson


un allarme per un qualcosa di non perfettamente funzionante...




"le idee che le persone condividono sulla natura per quanto fantastiche, sono sostenute dal sistema sociale e, per converso, il sistema sociale è sostenuto dalle loro idee sulla natura. Quindi una popolazione orientata in questo duplice modo riesce molto difficile cambiare concezione, tanto sulla natura quanto sul sistema sociale. I benefici della stabilità vengono pagati al prezzo della rigidità, poiché essa vive, com'è inevitabile per tutti gli esseri umani, in una rete enormemente complessa di presupposti che si sostengono a vicenda"
Gregory Bateson, Verso un'ecologia della mente


Se arroghiamo a noi stessi tutta la mente, vediamo il mondo come privo di mente e quindi senza alcuna considerazione etica o morale, se questa è la stima che fate del vostro rapporto con la natura e avete una tecnologia avanzata, le vostre possibilità di sopravvivenza saranno quelle di una palla di neve all'inferno. 
Gregory Bateson


"Nella storia naturale dell’essere umano, ontologia ed epistemologia non possono essere separate. Le sue convinzioni (di solito inconsce) sul mondo che lo circonda (cioè, le sue premesse ontologiche) determineranno il suo modo di vederlo (cioè, le sue premesse epistemologiche) e di agirvi, e questo suo modo di percepire e di agire (cioè le sue premesse epistemologiche) determinerà le sue convinzioni sulla natura del mondo (cioè, le sue premesse ontologiche). L’uomo vivente è quindi imprigionato in una trama di premesse epistemologiche e ontologiche. E’ scomodo far sempre riferimento all’epistemologia e all’ontologia insieme, e d’altronde è errato pensare che esse si possano separare nell’ambito della storia naturale... Pertanto in questo saggio impiegherò il termine unico «epistemologia» per designare entrambi gli aspetti della trama di premesse che reggono l’adattamento (e il disadattamento) all’ambiente umano e fisico". 
Brano tratto da Gregory Bateson, Verso un ecologia della mente, La cibernetica dell’«io»: una teoria dell’alcoolismo


"Voglio sottolineare che ogni volta che ci inorgogliamo per aver trovato un modo nuovo e più rigoroso di pensare e di esporre, ogni volta che cominciamo a insistere troppo sull’operazionalismo o sulla logica simbolica o su uno qualunque di questi essenzialissimi sistemi di rotaie, perdiamo in parte la nostra capacità di pensare in modo nuovo. Naturalmente la perdiamo anche ogni volta che ci ribelliamo contro la sterile rigidità del pensiero dell’esposizione formali e lasciamo che le nostre idee corrano a briglia sciolta. Secondo me i progressi del pensiero scientifico derivano da una combinazione di pensiero vago e di pensiero rigoroso, e questa combinazione è lo strumento più prezioso della scienza".
Gregory Bateson, Verso un'ecologia della mente


Come diceva G. Bateson, ontologia ed epistemologia non possono essere separate, in quanto le convinzioni sul mondo dell'essere vivente, determineranno il suo modo di vederlo e di viverlo, e questo suo modo di sentire e di agire, a sua volta determinerà le sue convinzioni sulla natura del mondo.
I dati sono capti (presi, afferrati) nel senso che sono rielaborati secondo la mappa conoscitiva dell'osservatore.
L'essere vivente è quindi imprigionato, in una trama di premesse epistemologiche e ontologiche che a prescindere dalla loro verità e falsità ultima, assumono per lui carattere di parziale autoconvalida
Afferma Bateson- le idee che le persone condividono sulla natura per quanto fantastiche , sono sostenute dal sistema sociale e, per converso, il sistema sociale è sostenuto dalle loro idee sulla natura. Quindi una popolazione orientata in questo duplice modo riesce molto difficile cambiare concezione, tanto sulla natura quanto sul sistema sociale.
I benefici della stabilità vengono pagati al prezzo della rigidità, che si struttura, com'è inevitabile per tutti gli esseri umani, in una rete enormemente complessa di presupposti che si sostengono a vicenda.
Brano liberamente tratto da G.Bateson, "Verso un'ecologia della mente"

"Al momento attuale sembra che l’unico punto d’accesso possibile per l’inversione del processo stia negli atteggiamenti tradizionali verso l’ambiente. [...] Non abbiamo alcuna soluzione da proporre qui per l’esplosione demografica, ma osserviamo che ogni soluzione immaginabile è resa difficile o impossibile dal pensiero e dagli atteggiamenti della cultura occidentale. [...] atteggiamenti e premesse diversi – altri sistemi di “valori” umani – hanno retto i rapporti tra l’uomo e il suo ambiente o il suo prossimo in altre città e in altri tempi. In particolare, l’antica civiltà hawaiana e gli hawaiani di oggi non danno alcun valore alla hybris occidentale. In altre parole, la nostra non è l’unica maniera di essere uomini: è concepibile che la si possa cambiare."
Gregory Bateson, Verso un'ecologia della mente


"Ora cominciamo a scorgere alcuni degli errori epistemologici della civiltà occidentale. In armonia col clima di pensiero che predominava verso la metà dell’Ottocento in Inghilterra, Darwin formulò una teoria della selezione naturale e dell’evoluzione in cui l’unità di sopravvivenza era o la famiglia o la specie o la sottospecie o qualcosa del genere. Ma oggi è pacifico che non è questa l’unità di sopravvivenza nel mondo biologico reale: l’unità di sopravvivenza è l’organismo più l’ambiente. Stiamo imparando sulla nostra pelle che l’organismo che distrugge il suo ambiente distrugge se stesso."
Gregory Bateson, Verso un 'ecologia della mente


"Se ora noi modifichiamo l'unità di sopravvivenza darwiniana fino a includervi l'ambiente e l'interazione fra organismo e ambiente, appare una stranissima e sorprendente identità: l'unità di sopravvivenza evolutiva risulta coincidente con l'unità mentale….....
Possiamo vedere cosa succede quando si commette l'errore epistemologico di scegliere l'unità sbagliata: si finisce col contrapporre una specie ad un'altra che la circonda o all'ambiente in cui vive. Uomo contro natura. In effetti si finisce con l'inquinare la Kaneohe Bay, col ridurre il lago Erie a una poltiglia verde e col dire: "Costruiamo bombe atomiche più potenti per annientare i nostri vicini d casa". Vi è un'ecologia delle idee cattive, proprio come vi è un'ecologia delle erbacce, ed è una caratteristica del sistema che l'errore di base si propaghi. Come un parassita tenace esso si ramifica nei tessuti vitali, e tutto finisce in un caos molto singolare. Quando si restringe la propria epistemologia e si agisce sulla base della premessa: "Ciò che mi interessa sono io, o la mia organizzazione, o la mia specie", si escludono dalla considerazione altri anelli della struttura: si decide di volersi sbarazzare dei sottoprodotti della vita umana e si decide che il lago Erie sarà un buon posto per scaricarveli; si dimentica però che il sistema eco-mentale chiamato lago Erie è una parte del nostro più ampio sistema eco-mentale e che se il lago Erie viene spinto alla follia, la follia viene incorporata nel più vasto sistema del nostro pensiero e della nostra esperienza."
Gregory Bateson, Verso un 'ecologia della mente


"Aldous Huxley era solito dire che il problema fondamentale dell'umanità è la ricerca della "grazia". Egli usava questa parola nel senso in cui pensava fosse usata nel Nuovo Testamento; tuttavia la spiegava in termini suoi. Egli sosteneva (,come Walt Whitman,) che gli animali si comportano e comunicano con una naturalezza, una semplicità che l'uomo ha perduto. Il comportamento dell'uomo è corrotto dall'inganno - perfino contro se stesso - dalla finalità e dall'autocoscienza. Secondo l'opinione di Aldous, l'uomo ha perso la 'grazia' che gli animali ancora possiedono.
Nei termini di questo contrasto, Aldous sosteneva che Dio somiglia agli animali più che all'uomo: Egli è idealmente incapace di inganni e incapace di confusioni interne.
Nella scala complessiva degli esseri, quindi, l'uomo è come situato da parte, ed è privo di quella grazia che gli animali possiedono e che Dio possiede.
Io sostengo che l'arte è un aspetto della ricerca della grazia da parte dell'uomo: la sua estasi a volte, quando in parte riesce; la sua rabbia e agonia, quando a volte fallisce.
Sostengo anche che vi sono molte specie di grazia; e anche che vi sono molti tipi di errore e di frustrazione e di allontanamento dalla grazia. Senza dubbio ogni cultura ha la sua specie caratteristica di grazia, cui gli artisti tendono, e la sua particolare specie di insuccesso.
Alcune culture forse incoraggiano un'impostazione negativa di questo difficile problema d'integrazione, eludendone la complessità mediante una grossolana preferenza o per una totale presa di coscienza o per una totale incoscienza. E' improbabile che la loro arte sia 'grande'.
Sosterrò la tesi che il problema della grazia è fondamentalmente un problema d'integrazione, e che ciò che si deve integrare sono le diverse parti della mente - specialmente quei molteplici livelli di cui un estremo è detto “coscienza” e l'altro “inconscio”. Perché‚ si possa conseguire la grazia, le ragioni del cuore debbono essere integrate con le ragioni della ragione.
Edmund Leach, in questo convegno, ci ha posto di fronte al seguente problema: come accade che l'arte di una cultura può aver significato o validità per critici educati in un'altra cultura? Risponderei che, se l'arte è in qualche modo espressione di qualcosa come la grazia o l'integrazione psichica, allora quando tale espressione "riesce", ciò si può ben riconoscere anche attraverso le barriere culturali. La grazia fisica di un gatto è profondamente diversa dalla grazia fisica di un cavallo, eppure un uomo, che non ha la grazia fisica ne dell'uno ne dell'altro, può apprezzare quella di tutti e due."
Gregory Bateson, STILE, GRAZIA E INFORMAZIONE NELL'ARTE PRIMITIVA,Verso un'ecologia della mente



FIGLIO : Papà, perchè le cose hanno contorni?
PADRE : Davvero? Non so. Di quali cose parli?
F. : Sì. quando disegno delle cose, perchè hanno i loro contorni?
P. : Beh, e le cose di altro tipo...un gregge di pecore? O una conversazione? Queste cose hanno contorni?
F. : Non dire sciocchezze. Non si può disegnare una conversazione. Dico le cose.
P. : Sì...sto solo cercando di capire cosa volevi dire. Vuoi dire : " Perchè quando disegniamo le cose diamo loro dei contorni?", oppure vuoi dire che le cose hanno dei contorni che noi le disegniamo oppure no".
Gregory Bateson, Verso un'ecologia della mente, pag. 62


«Se il terapeuta cerca di prendere un paziente, di assegnargli degli esercizi, di sottoporlo a propaganda, di farlo ritornare nel nostro mondo per i motivi sbagliati, insomma se cerca di manipolarlo, allora sorge un problema: la tentazione di confondere l'idea di manipolazione con l'idea di cura»
Gregory Bateson


Attenti alle manipolazioni istruttive in psicoterapia!.
Già la figlia Mary Catherine, chiarendo il significato delle parole del padre aveva detto, in proposito: "Gli sforzi deliberati di certe persone di creare doppi vincoli in terapia, di apportare una soluzione ai problemi del doppio vincolo o di cambiare le persone, nella situazione terapeutica, agendo su di esse, gli sembravano inquietanti perché egli riteneva che, quali che fossero le intenzioni su cui si fondano questi tentativi, questo genere di interventi e di manipolazioni sfociassero alla fin fine nell'aggravare la situazione di partenza".



."..c’è poi un altro problema ancora, quello dell’uso scorretto delle idee. Se ne impadroniscono gli ingegneri. Pensa a quell’orribile faccenda che è la terapia familiare, con i terapeuti che fanno interventi paradossali per modificare le persone o le famiglie, o che contano i doppi vincoli”. 
Gregory e Mary Catherine Bateson


'Di solito gli psicologi si esprimono come se le astrazioni di certe relazioni ("dipendenza", "ostilità", "amore" ecc.) fossero oggetti reali che devono essere descritti o "espressi" dai messaggi. Ma questa è una epistemologia che procede alla rovescia. In realtà sono i messaggi che costituiscono la relazione, e le parole come "dipendenza" sono solo descrizioni verbalmente codificate di modelli immanenti nella combinazione dei messaggi scambiati."
Gregory Bateson, Verso un'ecologia della mente


Un'esemplificazione dei pattern comunicativi, cosiddetti di doppio vincolo, che possono costituire un cofattore nello sviluppo della schizofrenia "Se la madre comincia a provare ostilità (o affetto) per il figlio e contemporaneamente si sente spinta a ritrarsi da lui, potrebbe dirgli: “Va’ a dormire, sei stanco e voglio che ti riposi”. Questa frase apparentemente affettuosa tende a negare un sentimento che potrebbe essere espresso con queste parole: “Và fuori dai piedi, perché sono stufa di te”. Se il bambino interpretasse correttamente i segnali metacomunicativi, dovrebbe fare i conti col fatto che la madre non desidera averlo vicino e per di più lo sta ingannando dimostrandosi affettuosa. Egli sarebbe ‘punito’ per aver appreso a distinguere con cura gli ordini dei messaggi, e quindi, piuttosto che riconoscere l’inganno materno, tende ad accettare l’idea di essere stanco. Questo significa che, allo scopo di sostenere l’inganno della madre, il bambino deve ingannare se sesso circa il suo stato interno: per continuare a vivere con lei, egli deve discriminare in modo errato i suoi messaggi interni, oltre che discriminare in modo errato i messaggi altrui "
Gregory Bateson, Verso un'ecologia della mente


"Si dice che il potere corrompe; ma questo, credo, è assurdo: è l’idea del potere che corrompe. Il potere corrompe più rapidamente quelli che credono in esso, e sono proprio costoro quelli che più ardentemente lo desiderano. Ovviamente il nostro sistema democratico tende a elargire il potere a coloro che lo bramano, e fornisce ogni occasione di evitarlo a coloro che non lo vogliono. Non è una soluzione molto soddisfacente, se il potere corrompe proprio quelli che ci credono e lo vogliono.
Forse il potere unilaterale non esiste: dopo tutto, l’uomo ’al potere’ dipende dall’informazione che continuamente deve ricevere dall’esterno. Egli reagisce a quell’informazione nella stessa misura in cui ’fa’ accadere le cose. Per Goebbels non è possibile controllare l’opinione pubblica tedesca, poiché per farlo egli deve avere spie o confidenti o sondaggi d’opinione che gli dicano che cosa pensano i tedeschi; egli deve poi decidere che cosa rispondere a quest’informazione, e poi di nuovo scoprire come essi reagiscono. È un’interazione e non una situazione unidirezionale.
Ma il mito del potere è, naturalmente, un mito potentissimo, e probabilmente la maggior parte delle persone a questo mondo più o meno ci credono. È un mito che, se tutti ci credono, nella stessa misura si auto-convalida. Ma è tuttavia una follia epistemologica e conduce senza scampo a disastri di vario genere.Infine c’è il problema dell’urgenza: è ora chiaro a moltiche immensi pericoli di catastrofe sono germogliati sugli errori epistemologici occidentali. Essi vanno dagli insetticidi all’inquinamento, dalla ricaduta delle scorie radioattive alla possibilità di fusione della calotta antartica. Soprattutto, la nostra incredibile volonfà di salvare la vita dei singoli individui ha creato la possibilità di una carestia mondiale nell’immediato futuro.
Forse abbiamo una possibilità alla pari di superare i prossimi vent’anni senza disastri più gravi della semplice distruzione di una o più nazioni.
Io credo che questa massiccia congerie di minacce all’uomo e ai suoi sistemi ecologici sorga da errori nelle nostre abitudini di pensiero a livelli profondi e in parte inconsci.Come terapeuti, chiaramente abbiamo un dovere.Primo, di far luce in noi stessi; e poi di cercare ogni segno di luce negli altri, e di aiutarli e rinforzarli in tutto ciò che di saggio vi sia in loro"...
...Un monito bellissimo che ci dice di fare luce prima di tutto in noi stessi, allorquando agiamo nei contesti "del prender-ci cura dell'altro" ,cercando sempre quello che lui chiamava «lo scheletro della verità» e quindi accostandoci con circospezione su quel territorio "dove gli angeli esitano a metter piede".
Gregory Bateson, "Verso un'ecologia della mente"


"Per la vittima del doppio vincolo, non solo è più salutare ricorrere a un ordine metaforico di messaggio, ma in una situazione insostenibile è meglio cambiare e diventare un altro, oppure spostarsi e sostenere di essere altrove [...]. La cosa diventa patologica quando la vittima stessa o non si rende conto che le sue risposte sono metaforiche o non è in grado di dirlo: per riconoscere di aver parlato in senso metaforico, egli dovrebbe esser conscio di essersi difeso, e quindi di aver temuto l’interlocutore".
Gregory Bateson, Verso un'ecologia della mente


Un meccanismo operante di doppio vincolo, comunicazione patologica in cui contestualmente quello che si afferma su un livello quello verbale in genere si nega sul livello analogico.." Se la madre comincia a provare ostilità (o affetto) per il figlio e contemporaneamente si sente spinta a ritrarsi da lui, potrebbe dirgli: “Va a dormire, sei stanco e voglio che ti riposi”. Questa frase apparentemente affettuosa tende a negare un sentimento che potrebbe essere espresso con queste parole: “Va fuori dai piedi, perché sono stufa di te”. Se il bambino interpretasse correttamente i segnali metacomunicativi, dovrebbe fare i conti col fatto che la madre non desidera averlo vicino e per di più lo sta ingannando dimostrandosi affettuosa. Egli sarebbe ‘punito’ per aver appreso a distinguere con cura gli ordini dei messaggi, e quindi, piuttosto che riconoscere l’inganno materno, tende ad accettare l’idea di essere stanco. Questo significa che, allo scopo di sostenere l’inganno della madre, il bambino deve ingannare se stesso circa il suo stato interno: per continuare a vivere con lei, egli deve discriminare in modo errato i suoi messaggi interni, oltre che discriminare in modo errato i messaggi altrui"
G.Bateson, D.D.Jakson, J.Haley, J.Weakland, Verso una teoria della schizofrenia


"Per la vittima del doppio vincolo, non solo è più salutare ricorrere a un ordine metaforico di messaggio, ma in una situazione insostenibile è meglio cambiare e diventare un altro, oppure spostarsi e sostenere di essere altrove [...]. La cosa diventa patologica quando la vittima stessa o non si rende conto che le sue risposte sono metaforiche o non è in grado di dirlo: per riconoscere di aver parlato in senso metaforico, egli dovrebbe esser conscio di essersi difeso, e quindi di aver temuto l’interlocutore".
Gregory Bateson, Verso un'ecologia della mente


"EFFETTI DEL DOPPIO VINCOLO
Nel buddismo Zen si persegue lo scopo di raggiungere l’illuminazione, che il maestro Zen tenta in vari modi di indurre nel suo discepolo. Ad esempio, il maestro alza un bastone sulla testa del discepolo, e gli dice con tono minaccioso: Se tu dici che questo bastone è reale, ti colpisco. Se tu dici che questo bastone non è reale, ti colpisco. Se non dici nulla, ti colpisco ». A noi sembra che lo schizofrenico si trovi continuamente nella stessa situazione del discepolo, ma invece di raggiungere l’illuminazione, egli raggiunge piuttosto qualcosa di simile al disorientamento. Il discepolo Zen potrebbe anche stendere il braccio e strappare il bastone al maestro (il quale potrebbe accettare questa risposta), ma allo schizofrenico questa scelta è preclusa, poiché per lui il rapporto con la madre è importante, e inoltre gli scopi e la consapevolezza della madre non assomigliano a quelli del maestro.
Noi avanziamo l’ipotesi che, ogni volta che un individuo si trova in una situazione di doppio vincolo, la sua capacità di discriminazione fra tipi logici subisca un collasso. Le caratteristiche generali di questa situazione sono le seguenti:
1. L’individuo è coinvolto in un rapporto intenso, cioè un rapporto in cui egli sente che è d’importanza vitale saper distinguere con precisione il genere del messaggio che gli viene comunicato, in modo da poter rispondere in modo appropriato.
2. E, inoltre, l’individuo si trova prigioniero di una situazione in cui l’altra persona che partecipa al rapporto emette allo stesso tempo messaggi di due ordini, uno dei quali nega l’altro.
3. E, infine, l’individuo è incapace di analizzare i messaggi che vengono emessi, al fine di migliorare la sua capacità di discriminare a quale ordine di messaggio debba rispondere; cioè egli non è in grado di produrre un enunciato metacomunicativo.
Abbiamo avanzato l’ipotesi che questo sia il genere di situazione esistente tra il pre-schizofrenico e sua madre; tuttavia è una situazione che si presenta anche nei rapporti normali. Quando una persona resta intrappolata in una situazione di doppio vincolo, avrà reazioni di tipo difensivo, simili a quelle dello schizofrenico. Un individuo prenderà per letterale un’asserzione metaforica, qualora si trovi in una situazione che lo costringe a rispondere, quando si trovi di fronte a messaggi contraddittori e quando non sia in grado di analizzare le contraddizioni. Ad esempio, un giorno un impiegato se ne andò a casa durante l’orario d’ufficio, e a un amico che gli aveva telefonato, chiedendogli in tono scherzoso: “Be’, che stai facendo li?” rispose: “Sto parlando con te”. La risposta fu letterale, perché l’impiegato si trovava di fronte a un messaggio con cui gli si chiedeva che cosa facesse a casa quando si sarebbe dovuto trovare in ufficio, ma che allo stesso tempo negava questa domanda per il modo in cui era formulato (poiché il collega capiva che in fondo non erano affari suoi, aveva parlato metaforicamente). Il rapporto era abbastanza intenso da rendere la vittima incerta sul modo in cui l’informazione sarebbe stata usata, e perciò la risposta fu letterale. Ciò rappresenta una caratteristica di chiunque si senta al centro dell’attenzione, come dimostrano le risposte accuratamente letterali dei testimoni interrogati in tribunale; lo schizofrenico si sente sempre così acutamente esposto all’attenzione altrui, da dare abitualmente risposte letterali, con insistenza difensiva, quando ciò è affatto fuori posto, per esempio quando qualcuno sta scherzando.
Inoltre gli schizofrenici confondono il letterale e il metaforico nei loro stessi messaggi, qualora si sentano presi in un doppio vincolo. Ad esempio, un paziente può desiderare di criticare il medico, che è giunto tardi a un appuntamento, ma allo stesso tempo può avere dei dubbi sul significato di questo ritardo, specialmente se il medico ha prevenuto la reazione del paziente e si è scusato per l’accaduto. Il paziente non può dire: “Perché questo ritardo? Forse perché oggi non voleva vedermi?”, poiché questa sarebbe un’accusa; e quindi ricorre a un enunciato metaforico. Allora, magari, dice: “Conoscevo un tizio che un giorno perse il battello; si chiamava Sam, e il battello quasi affondò..., ecc. “. Così egli elabora un racconto metaforico, in cui il medico può cogliere oppure no un commento sul suo ritardo. La comodità di usare una metafora è che si lascia al medico (o alla madre) la decisione di vedere nell’enunciato un’accusa, oppure di ignorarla."
Gregory Bateson,“Verso un'ecologia della mente”, ed Adelphi



Per spiegare il concetto di doppio legame (double bind), Bateson riporta l'episodio della madre che, dopo un lungo periodo, rivede il figlio, ricoverato per disturbi mentali. Il figlio, in un gesto d'affetto, tenta di abbracciare la madre, la quale si irrigidisce; il figlio a questo punto si ritrae e la madre gli dice: "Non devi aver paura ad esprimere i tuoi sentimenti"
Nonostante a livello di comunicazione implicita (il gesto di irrigidimento) la madre esprima rifiuto per il gesto d'affetto del figlio, a livello di comunicazione esplicita (la frase detta in seguito), la madre nega di essere la responsabile dell'allontanamento, alludendo al fatto che il figlio si sia ritratto non perché intimorito dall'irrigidimento della madre, ma dai suoi stessi sentimenti; il figlio, colpevolizzato, si trova impossibilitato a rispondere.
Il messaggio è composto da due canali, quello esplicito (verbale ) e quello metacomunicativo (paraverbale e non vebale, tono della voce e postura per esempio) che nel caso del 'doppio legame' sono in contrasto, le parole tendono verso una direzione mentre il linguaggio del corpo tende dalla parte opposta. Questo tipo di comunicazione induce confusione e difficoltà nel ricevente che non riesce a gestire. Opportuno è chiarire che il linguaggio non verbale (il corpo) risulta più incisivo di quello verbale in quanto arriva direttamente 'all'inconscio' senza mediazioni e strutture che le parole potrebbero avere...quindi se 'sentiamo' poca genuinità ascoltando alcuni messaggi ..seguiamo la nostra 'pancia' che non sbaglia mai ( per esempio un 'ti voglio bene' affermato con tono di voce non adeguato e con una postura di chiusura stanno a significare altro dal 'ti voglio bene' )



I più grandi problemi del mondo sono il risultato della differenza tra come agisce la natura ed il modo in cui pensano gli uomini
Gregory Bateson

Noi creiamo il mondo che percepiamo, non perché non esiste realtà fuori dalla nostra mente, ma perché scegliamo e modifichiamo la realtà che vediamo in modo che si adegui alle nostre convinzioni sul mondo in cui viviamo. Si tratta di una funzione necessaria al nostro adattamento e alla nostra sopravvivenza
Gregory Bateson (1904-1980)


Nella capacità di connettere, mettere in relazione, legare consiste quella che ho definito la potenza femminile: una potenza erotica la quale non è altro che l'effetto simbolico della potenza generativa.
Elena Pulcini. Il potere di unire. Femminile, desiderio, cura, Bollati Boringhieri p.70


Uno psicoterapeuta che non riconosca il carattere integrato del processo che comprende lui stesso e il suo paziente potrebbe cercare intenzionalmente di modificarlo, e scivolare in una posizione finalistica cercando di applicare la sua “scienza”, le sue tecniche, a qualcuno, che verrebbe reificato, considerato oggetto del suo intervento. In altri termini, potrebbe diventare un mago che cerca di applicare i suoi
trucchi. Uno psicoterapeuta che invece riconosca il carattere integrato del sistema che comprende lui insieme al suo paziente, che consideri il verbo cambiare anche nella sua accezione intransitiva e per il quale il cambiamento è co-evoluzione, ... non cercherà di applicare le sue tecniche all’altro, ma curerà attraverso l’incontro, non sarà incline a ricercare l’applauso del pubblico con i suoi trucchi, non rivendicherà il merito del cambiamento:
La psicoterapia attraverso Bateson. Verso un'estetica della cura


«Che cos’è un uomo, che può conoscere i sistemi viventi e agire su di essi, e che cosa sono questi sistemi, che possono essere conosciuti? Le risposte a questo duplice enigma devono essere costruite intrecciando insieme la matematica, la storia naturale, l’estetica e anche la gioia di vivere e di amare»
Gregory Bateson, Mary Catherine Bateson. Dove gli angeli esitano.Verso un’epistemologia del sacro. Ed. Adelphi


«Dice una parabola che quando il dio ecologico
abbassa lo sguardo e vede la specie umana peccare
contro la sua ecologia (per avidità o perché
prende delle scorciatoie, o compie certi passi
nell’ordine sbagliato), sospira e involontariamente
manda sulla terra l’inquinamento e la pioggia
radioattiva. Non serve dirgli che la trasgressione
era di poco conto, che ci dispiace, che non lo
faremo più. Non serve fare sacrifici, tentare di
placarlo con offerte: il dio ecologico è
incorruttibile e quindi non lo si può beffare».
Gregory Bateson , Dove gli angeli esitano


Il bello e il brutto, il letterale e il metaforico, il sano e il folle, il comico e il serio... perfino l’amore e l’odio, sono tutti temi che oggi la scienza evita. Ma tra pochi anni, quando la spaccatura fra i problemi della mente e i problemi della natura cesserà di essere un fattore determinante di ciò su cui è impossibile riflettere, essi diventeranno accessibili...
Gregory Bateson e Mary Catherine Bateson, Dove gli angeli esitano


Di tutte le metafore esistenti, quella più centrale e cospicua, a disposizione di tutti gli esseri umani è il sé. Quì non intendo solo il costrutto psicologico del sé, mal’intero essere, psiche e soma, il luogo dove per ciascuno di noi si incontrano Creatura e Pleroma.Il ricorso all’autoconoscenza, come modello per capire gli altri, sulla base di somiglianze ocongruenze, lo si potrebbe chiamare comprensione , ma il termine migliore nell’uso corrente mi sembra empatia..Non si deve pensare solo all’empatia tra terapeuta e paziente, ma anche il contadino cui si sia inaridito il raccolto, sente la morte dei suoi campi nel proprio corpo."
Gregory Bateson, Mary Catherine Bateson. Dove gli angeli esitano.Verso un’epistemologia del sacro. Ed. Adelphi


Secondo Bateson esiste una connessione molto stretta tra scienza , bellezza e morale: il non avere coscienza di questo legame induce gli esseri umani spesso ad azioni brutte e immorali. A giudicare da come vanno le cose del mondo, ritengo che tale coscienza, in verità molto rara, invocata da Bateson sia oggi più che mai espressione solo, purtroppo ...di un pio desiderio.

La psicoterapia per essere efficace non deve essere diretta a cambiare le persone, in altri termini non deve essere manipolativa. C'é un brano bellissimo di un metalogo tratto dal saggio scritto a quattro mani da Gregory Bateson insieme alla figlia Mary Catherine, "Dove gli angeli esitano" proprio su questo tema e che riporto testualmente, perché invita a tante riflessioni "Padre: C’è ancora il problema di ‘Angeli Esitano’, il problema del cattivo uso delle idee. Gli ingegneri si impossessano di queste idee. Vedi il dannato affare della terapia familiare, dei terapisti che cercano di fare ‘interventi paradossali’ per cambiare le persone o le famiglie, o che contano i ‘doppi legami’. Non si possono contare i doppi legami.
Figlia: No, io lo so, perché i doppi legami hanno a che vedere con l’intera struttura contestuale, così che, per esempio di doppio legame che puoi notare in una seduta con la famiglia, non è che la punta di un iceberg la cui struttura di base è l’intera vita della famiglia. Ma non si può evitare che le persone cerchino di trovare doppi legami. Questa cosa di cercare di spezzare un processo in entità è piuttosto radicato nella percezione umana. Forse correggendola si rivelerà una parte di ciò su cui si basa la religione. Ma tu diventi così irritabile a riguardo, e piuttosto sgradevole con persone che ti ammirano immensamente."
Gregory Bateson, M.Catherine Bateson, Dove gli angeli esitano -Verso un’epistemologia del sacro


"Il titolo di questo libro vuole esprimere un ammonimento. Si direbbe che ogni progresso scientifico importante fornisca strumenti che in apparenza sembrano rispondere perfettamente ai bisogni dei tecnici e degli ingegneri, i quali di solito partono in quarta senza stare troppo a riflettere. I loro sforzi benintenzionati (ma un tantino ingordi e un tantino troppo zelanti), se portano vantaggi, provocano anche parecchi danni, e al massimo servono a portare in primo piano lo strato successivo di problemi, che devono essere compresi prima di lasciare mano libera ai tecnici, pena il rischio di grossi guai. Dietro tutti i progressi scientifici vi è sempre una matrice, un filone principale di incognite al quale sono state strappate le nuove risposte parziali. Ma il mondo, ci dicono, il mondo affamato,sovrappopolato, malato, ambizioso e competitivo non vuole aspettare che se ne sappia di più; deve precipitarsi là dove gli angeli esitano a metter piede"
Gregory Bateson, M. Catherine Bateson. Dove gli angeli esitano. Verso un'epistemologia del sacro


«A me sembra che, pur senz'alcuna analisi esauriente dei relativi fattori cibernetici, certe persone si astengano dalle azioni che produrrebbero bruttezza, e che esistano persone col "pollice verde" nelle loro relazioni con gli altri sistemi viventi. Sono incline ad associare questo fenomeno a una sorta di giudizio estetico, a una consapevolezza dei criteri dell'eleganza e di certe combinazioni dei processi che portano all'eleganza anziché alla bruttezza»
Gregory Bateson,  Una sacra unità


Dice il proverbio che quelli che abitano in una casa di vetro, soprattutto se vi abitano con altri, dovrebbero pensarci bene prima di tirarsi dei sassi; e penso che sia opportuno ricordare a tutti gli occidentali che leggeranno questo saggio che essi vivono in una casa di vetro insieme con la professione medica, con la religione cristiana, con la rivoluzione industriale e con il sistema educativo di cui gli altri sono un prodotto. In altre parole, noi tutti abbiamo in comune un groviglio di presupposizioni, molte delle quali hanno origini antiche. A mio parere, i nostri guai affondano le radici in questo groviglio di presupposizioni, molte delle quali sono insensate. Invece di puntare il dito accusatore contro questa o quella parte del nostro sistema globale (i dottori malvagi, gli industriali malvagi, i professori malvagi), dovremmo esaminare le basi e la natura del sistema".
Gregory Bateson, Sintomi, sindromi e sistemi, Una sacra unità


Gregory Bateson-Da una conversazione del 1979:
«Noi viviamo in un universo
protestante piuttosto bizzarro.
Io sono un ateo non battezzato della
quinta generazione.
Siamo per così dire ultraprotestanti.
Abbiamo protestato perfino contro
la protesta».
Gregory Bateson, Una sacra unità, p. 447


Una certa mamma, quando il suo bambino ha mangiato gli spinaci, lo premia di solito con un gelato.
Di quali ulteriori informazioni avreste bisogno per essere in grado di predire se il bambino:
a) giungerà ad amare o a odiare gli spinaci;
b) ad amare o a odiare il gelato;
c) ad amare o a odiare la mamma?
Gregory Bateson, Verso un'ecologia della mente, 1972




Le cose sono relazioni.
Il linguaggio sottolinea di solito solo un aspetto di qualunque interazione. Di solito ci esprimiamo come se una singola "cosa" potesse "avere" una qualche caratteristica. Diciamo che una pietra è "dura", "piccola", "pesante", "gialla", "densa", "fragile", "calda", "in moto", "ferma", "visibile", "commestibile"... Il linguaggio asserisce continuamente che le "cose" sono in un certo modo ed hanno qualità e attributi. Un modo di parlare più preciso sottolineerebbe che le "cose" sono prodotte, sono viste separate dalle altre "cose", e sono rese "reali" dalle loro relazioni interne e dal loro comportamento rispetto ad altre cose e a chi parla.
È necessario chiarire bene questa verità universale: le "cose", quali che siano nel loro mondo "cosale", possono entrare nel mondo della comunicazione e del significato solo mediante i loro nomi, le loro qualità e i loro attributi, cioè mediante resoconti delle loro relazioni e interazioni interne ed esterne.
Gregory Bateson,  Mente e natura. Un'unità necessaria, Adelphi. Milano. 1984.



"Prive di contesto, le parole e le azioni non hanno alcun significato. Ciò vale non solo per la comunicazione verbale umana ma per qualunque comunicazione, per tutti i processi mentali, per tutta la mente, compreso ciò che dice all‟anemone di mare come deve crescere e all‟ameba cosa fare il momento successivo."
Gregory Bateson, Mente e Natura


I due grandi poli opposti del processo mentale sono distruttivi se operano da soli, infatti "il rigore da solo é la morte per paralisi, ma l'immaginazione da sola é la pazzia".
Gregory Bateson, Mente e natura


"La mappa, non é il territorio, e il nome non é la cosa designata"
"Questo principio, reso famoso da Alfred Korzybski, opera a molti livelli. Esso ci ricorda in termini generici che quando pensiamo alle noci di cocco o ai porci, nel cervello non vi sono né noci di cocco né porci. Ma in termini più astratti la proposizione di Korzybski asserisce che sempre quando c’è pensiero o percezione oppure comunicazione sulla percezione vi è una trasformazione, una codificazione, tra la cosa comunicata, la Ding an sich, e la sua comunicazione. Soprattutto, la relazione tra la comunicazione e la misteriosa cosa comunicata tende ad avere la natura di una classificazione, di un’assegnazione della cosa a una classe. Dare un nome è sempre un classificare e tracciare una mappa è essenzialmente lo stesso che dare un nome.
Tutto sommato, Korzybski parlava da filosofo e cercava di convincere gli altri a disciplinare il loro modo di pensare. Ma era una battaglia perduta in partenza. Quando passiamo ad applicare la sua massima alla storia naturale dei processi mentali umani, la cosa non è più così semplice. Forse la distinzione tra il nome e la cosa designata, o tra la mappa e il territorio, è tracciata in realtà solo dall’emisfero dominante del cervello. L’emisfero simbolico o affettivo, di solito quello destro, è probabilmente incapace di distinguere il nome dalla cosa designata: certo esso non si occupa di questo genere di distinzioni. Accade quindi che certi tipi di comportamento non razionale siano necessariamente presenti nella vita dell’uomo. È un fatto che noi abbiamo due emisferi, e da questo fatto non possiamo prescindere. E' un fatto che questi due emisferi operino in modo un po’ diverso l’uno dall’altro, e non possiamo sfuggire alle complicazioni che questa differenza comporta.
Con l’emisfero dominante possiamo considerare, ad esempio, una bandiera come una sorta di nome del paese o dell’organizzazione che essa rappresenta. Ma l’emisfero destro non fa questa distinzione e considera la bandiera sacramentalmente identica a ciò che essa rappresenta."
Gregory Bateson, Mente e Natura


Io creo un contesto. Che accade quando, ad esempio, vado da uno psicoanalista freudiano? Entro in qualcosa che anche creo e che chiameremo contesto, delimitato e isolato almeno simbolicamente ‘(come un frammento del mondo delle idee) dalla chiusura della porta. La geografia della stanza e della porta viene usata come rappresentazione di uno strano messaggio non geografico.
Ma io arrivo lì con delle storie: non solo con una riserva di storie da raccontare all’analista, ma con storie che fanno parte del mio stesso essere: le strutture e le sequenze dell’esperienza infantile sono parte integrante di me. Mio padre faceva questo e questo, mia zia faceva così e cosà, e ciò che essi facevano accadeva fuori di me. Ma quali che siano state le cose da me apprese, il mio apprendere si è verificato all’interno della mia sequenza esperienziale di ciò che facevano quelle persone importanti, mia zia e mio padre.
E ora eccomi dall’analista, un’altra persona che diventa ora importante, che deve essere vista come un padre (o forse un anti-padre), poiché nulla ha significato se non è visto in un qualche contesto.
L’analista deve venir stirato o scorciato sul letto di Procruste delle storie d’infanzia del paziente. Ma riferendomi alla psicoanalisi, io ho anche ristretto l’idea di «storia ». Ho avanzato l’ipotesi che essa abbia a che fare con il contesto, concetto cruciale, in parte non definito e quindi da esaminare.
E il «contesto” è legato a un’altra nozione non definita che si chiama «significato ». Prive di contesto, le parole e le azioni non hanno alcun significato.
Gregory Bateson, Mente e natura






Forse uno degli intellettuali più geniali della contemporaneità. Sto leggendo "mente e natura" e comincio a reputarlo addirittura superiore a "l'io della mente" di Douglas R. Hofstadter.



Una condotta affettuosa non implica necessariamente l’affetto; essa per esempio, può esplicarsi nelle forme di fare la cosa giusta, instillare la bontà e così via. Che cos'è una persona? Che cosa intendo quando dico io? Forse ciò che ciascuno di noi intende per “io” è un aggregato di abitudini.....se Tizio aggredisce le abitudini ...che sono state poste in essere come componenti del mio rapporto con lui, allora tizio nega il mio io, e se questa persona per me è importante, questa negazione sarà ancor più dolorosa
Gregory Bateson, cap.Verso una teoria della schizofrenia, tratto da "Verso un'ecologia della mente"


G.Bateson, aveva detto che ontologia ed epistemologia non possono essere separate, in quanto le convinzioni sul mondo dell'essere vivente, determineranno il suo modo di vederlo e di viverlo, e questo suo modo di sentire e di agire, a sua volta determinerà le sue convinzioni sulla natura del mondo. I dati sono capti (presi, afferrati) nel senso che sono rielaborati secondo la mappa conoscitiva dell'osservatore.
L'essere vivente è quindi imprigionato, in una trama di premesse epistemologiche e ontologiche che a prescindere dalla loro verità e falsità ultima, assumono per lui carattere di parziale autoconvalida
Afferma Bateson- le idee che le persone condividono sulla natura per quanto fantastiche, sono sostenute dal sistema sociale e, per converso, il sistema sociale è sostenuto dalle loro idee sulla natura. Quindi una popolazione orientata in questo duplice modo riesce molto difficile cambiare concezione, tanto sulla natura quanto sul sistema sociale.
I benefici della stabilità vengono pagati al prezzo della rigidità, che si struttura, com'è inevitabile per tutti gli esseri umani, in una rete enormemente complessa di presupposti che si sostengono a vicenda.
Com'è facile vedere, la conoscenza si organizza attraverso tre matrici fondamentali, che sono la costruzione soggettiva della realtà da parte dell'essere umano, la natura idiosincratica e autoreferenziale del conoscere ed infine la condivisione sociale delle premesse epistemologiche che presiedono alla costruzione della realtà, di fatto una co-costruzione.
In questa epistemologia del conoscerela relazione è fondativa, perchè l'uomo nasce nella relazione, tant'è che il cosiddetto apprendimento due o deuteroapprendimento, di batesoniana memoria, è una maniera di segmentare l'esperienza attraverso sequenze di relazioni apprese (che non può essere verificata attraverso la realtà, non è né giusta, né sbagliata: è solo un modo di conoscere e strutturare delle abitudini di pensiero) durante l'infanzia, è inconscio e come tale inestirpabile.
Così, nasciamo e viviamo nella relazione, spesso il malessere di vivere è connesso alla qualità della nostra relazione emozionale con gli altri: del bambino e dell'adolescente con gli adulti significativi, dei coniugi tra di loro dei genitori con figli e viceversa. Anche i distacchi, le separazioni per abbandono o per lutto, fino alla relazione tra colleghi in contesti istituzionali, assumono senso in positivo o in negativo attraverso Lei, la Relazione, inferno e paradiso dell'esistenza, categorie dialettiche mai contrapposte , ma soggette potenzialmente sempre ad una trasmutazione alchemica...



"Siamo parte danzante di una danza di parti interagenti"
G.Bateson


“Non ha senso parlare di dipendenza, di aggressività o di orgoglio, e così via. Tutte queste parole affondano le loro radici in ciò che accade tra 'una persona e l'altra, non in qualcosa che sta dentro una sola persona, la relazione viene per prima precede.”
G.Bateson, Verso un ecologia della mente


Appare chiaro, come questa epistemologia, si riferisca ad un nuovo modo di vedere per relazioni l'uomo e la sua maniera di abitare il mondo, non più intrappolato entro processi intrapsichici, come voleva il modello psicodinamico, ma soggetto relazionale, il cui cosiddetto io è struttura e riflesso, appunto, delle sue relazioni interpersonali: esse, a loro volta assumono significato solo all'interno di un contesto, anch'esso fondativo della relazione, definito, non a caso, da Bateson, matrice di significato.

Ma lasciamo la parola a G.Bateson che così descrive e significa la parola relazione:
“Tutti i termini come dipendenza, orgoglio, fatalismo, si riferiscono a caratteristiche dell'io che sono apprese in sequenze di relazioni. Questi termini sono, in realtà, termini che indicano ruoli nell'ambito delle relazioni e si riferiscono a qualcosa che è stato artificialmente enucleato dalle sequenze interattive"...... "nessun uomo è ingegnoso o dipendente o fatalista nel vuoto. Una sua caratteristica , qualunque essa sia, non è propriamente sua, ma piuttosto di ciò che avviene tra lui e qualcos'altro (o qualcun'altro)."

Allo stesso modo esitiamo ad ammettere che il nostro carattere è reale nella relazione.
Noi astraiamo dalle esperienze di interazione e di differenza per dar vita a un sè che dovrà continuare (dovrà essere reale o cosale ) anche al di fuori della relazione
G.Bateson. Verso un ecologia della Mente

Doppio Legame:
"Padre: C’è ancora il problema di ‘Angeli Esitano’, il problema del cattivo uso delle idee. 
Gli ingegneri si impossessano di queste idee. Vedi il dannato affare della terapia familiare, dei terapisti che cercano di fare ‘interventi paradossali’ per cambiare le persone o le famiglie, o che contano i ‘doppi legami’. Non si possono contare i doppi legami.
Figlia: No, io lo so, perché i doppi legami hanno a che vedere con l’intera struttura contestuale, così che, per esempio di doppio legame che puoi notare in una seduta con la famiglia, non è che la punta di un iceberg la cui struttura di base è l’intera vita della famiglia. Ma non si può evitare che le persone cerchino di trovare doppi legami. Questa cosa di cercare di spezzare un processo in entità è piuttosto radicato nella percezione umana. Forse correggendola si rivelerà una parte di ciò su cui si basa la religione. Ma tu diventi così irritabile a riguardo, e piuttosto sgradevole con persone che ti ammirano immensamente.
Gregory Bateson Mary Catherine Bateson, Dove gli angeli esitano, Metalogo, UN'OMBRA OSTINATA


Di relazione si vive, basti pensare, che la sopravvivenza del cucciolo dell'uomo, dipende dalla madre o dall'adulto che se ne prende cura, ed è quindi costitutivamente relazionale, di relazione ci si ammala: alcune ricerche dello psicologo John Cacioppo hanno rivelato la connessione tra una relazione conflittuale e picchi improvvisi di ormoni dello stress a livelli talmente alti da danneggiare alcuni geni competenti a combattere l'ingresso dei virus nel nostro organismo.
Le reti neurali diventano il tramite attraverso cui i nostri problemi relazionali diventano input per veri e propri danni biologici fino alla malattia e alla morte. Pare che alcune malattie autoimmuni, e varie tipologie di tumore, abbiano anche una matrice conflittuale, legata alla sofferenza e allo stress, e potenzialmente , anche, al fatto che i siamo i depositari di drammatiche e irrisolte storie familiari.
Su quest'ultimo punto vorrei dedicare una particolare attenzione, risalendo agli anni sessanta-settanta, quando Francoise Dolto, Nlcholas Abraham e Ivan Boszormenyi-Nay, all'interno degli studi in campo transgenerazionale, cominciarono a porre complessi interrogativi sulla trasmissione transgenerazionale dei conflitti non risolti, dei segreti ,dei non detti, delle morti improvvise. Con questa enunciazione mi riferisco al fatto, che oltre alla connessione biologica, che lega i membri di una famiglia e che si manifesta fenomenologicamente, in maniera immediatamente riconoscibile, attraverso le somiglianze somatiche, c'è n'é un' altra, di tipo emozionale ed affettivo, meno identificabile nell'immediatezza, ma altrettanto forte ed ineliminabile: quella epigenetica, alla cui luce le relazioni e gli interscambi attuali di una famiglia sono espressione e risultato di quelli precedenti.
Il genosociogramma (lavora sulle connessioni tra diverse generazioni della stessa famiglia: Anne Ancelin Schutzenberger ne ha contate ben nove), o il genogramma, (lavora sulla famiglia trigenerazionale), entrambi sono strumenti di conoscenza delle relazioni familiari intergenerazionali, costituiscono una significativa rappresentazione sociometrica (affettiva) operata, utilizzando le sembianze di un albero genealogico familiare ,in cui si declinano interi cicli vitali di famiglie, per più generazioni. Attraverso essi, genosociogramma o genogramma, secondo l'approccio scelto, si effettua la lettura dei diversi tipi di relazione del soggetto, in rapporto al suo ambiente e ai legami tra i vari personaggi: "chi rimpiazza chi nella famiglia, come si fanno le spartizioni , chi sono i favoriti, le ingiustizie, le ripetizioni ..ecc..
Riferiscono alcuni studiosi di aver riscontrato nella loro pratica professionale correlazioni significative tra determinati organi colpiti da malattie o incidenti e relazioni difficili con gli ascendenti.
Sono stati in tal senso rilevati connessioni tra patologie di fegato e rabbie relazionali tra familiari, tumori agli intestini e problemi o ingiustizie inerenti l'eredità, tumori allo stomaco come simbolo di battaglie economiche tra parenti..
Che dire della nostra struttura ossea che è una delle dimostrazioni più tangibile di alcuni tipi di relazione. E' stato messo in rilievo, da alcuni autori, tra cui D. Epstein, nella sua chiropratica, la particolarità della spina dorsale curva, rinviandone la correlazione al rapporto con la figura paterna, la cui presenza emotiva inadeguata ,sembra, possa condizionare detta postura, a cui è mancato, appunto,sostegno, il supporto forte, per essere e mantenersi dritta. E allora? Come si ridefiniscono queste storie dolorose? Secondo Anne Ancelin Scutzenberger prof. di psicologia all'Università di Nizza e co-fondatrice dell'Associazione Internazionale di psicoterapia di gruppo, nota anche come esperta di psicodramma anche sul versante transgenerazionale, ritiene che un approccio al problema sarebbe quello di aiutare il soggetto in difficoltà a scoprire da dove viene per ritrovare la propria identità e la propria eredità, con il sostegno e l'aiuto competente del terapeuta e del gruppo. In effetti nel suo bellissimo saggio “La sindrome degli antenati”, la Scutzenberger riporta un ampia e circostanziata casistica in tal senso che fa riflettere e non poco. Ritengo comunque, alla fine, per quanto interessante e veramente affascinante, almeno per me, forse perché ha stato un testo utilizzato durante il mio percorso formativo, l'approccio terapeutico dianzi descritto , che la risposta efficace al disagio interiore non sarà data certo dalla scelta della tecnica utilizzata dal terapeuta, bensì dal dover sempre rammentare, quanto ha, con grande profondità, osservato Jung e cioè, che “Il terapeuta è "in analisi" quanto il paziente e, essendo come lui un elemento del processo psichico della cura, è esposto alle stesse influenze trasformatrici “….Di conseguenza, la personalità del terapeuta è spesso molto più importante di ciò che egli dice o pensa, sino al punto, secondo Jung, che egli "non potrà mai portare un paziente più in là di dove è arrivato lui stesso"......




"Perceval guarisce dalla psicosi...alcune riflessioni.
Il saggio "Perceval" di G. Bateson, ed italiana a cura di Paolo Bertrando, forse poco conosciuto racconta la storia di John Perceval con un sottotitolo che ne introduce il contesto “Un paziente narra la sua psicosi, 1830-1832”. Un racconto in due volumi giunto per caso a Bateson durante il suo ritorno dalla Nuova Guinea, nel 1935 allorquando lo trovò su una bancarella e lo comprò.
Ma chi era John Perceval? John Perceval era figlio di Spencer Perceval, primo ministro di Giorgio III d'Inghilterra il "re pazzo", che nel 1812 fu assassinato da un folle mentre si trovava nella Camera dei Cammei. Per un curioso gioco del destino, anche il figlio John, giovane ufficiale, avendo dato segni di squilibrio mentale venne ricoverato in case di cura dell'epoca. Una volta guarito dal buio della psicosi raccontò la sua esperienza nel memoriale che attrasse l'attenzione di Bateson.
Ma perché Bateson restò affascinato dalla questa storia?
E' il periodo in cui Bateson insieme al suo famoso gruppo di ricerca composto da Jay Haley, Don Jackson, William Fry e John Weakland s'interessano a uno studio sulla schizofrenia.
Bateson é affascinato da Perceval perché a differenza, come lui stesso dice nell'Introduzione, dei due grandi folli del ventesimo secolo che ci hanno lasciato importanti documenti autobiografici: il Presidente Daniel Paul Schreber e Clifford Whittingham Beers, che si limitano l'uno a descrivere il mondo interno della sua paranoia, senza nulla dire sugli accadimenti della sua vita in Clinica e sul vissuto delle sue relazioni con altri esseri umani; l'altro a indulgere su molti particolari ospedalieri, senza nulla dire sulla sua follia, egli rivolge la sua attenzione non solo all' esperienza interiore dei suoi deliri, ma anche, come dice Bertando “si sdoppia in quello del Perceval maturo, compassionevole osservatore degli alleged lunatics come erano a quel tempo denominati i malati mentali(presunti lunatici) di Bedlam”.
Perceval a metà strada tra Schreber e Beeers, coniuga la lucida introspezione sul proprio delirio come il primo e si autoinveste di una missione come il secondo, con la differenza che egli vuole diventare un teorico della follia, come lui stesso dirà in alcuni capitoli del suo Racconto (XXXIII,XXXV, e XXXVI). ”Leggiamo nell'Introduzione “Più e più volte Perceval asserisce che un paziente ne sa di più sulla natura della follia , sia del pubblico in generale, sia dei “medici dei folli”, e si assume seriamente il compito di comunicare al mondo com'é fatta la follia e come i folli dovrebbero essere trattati......il compito o dovere del medico, o di quanti amano il paziente, é capire” (scriverà nel 1859 durante la sua battaglia contro le case di cura private per cambiare il regolamento manicomiale “Mi considero il procuratore generale di tutti i pazzi di Sua Maestà”). E Perceval aveva capito, riuscendo a metacomunicare sui doppi vincoli di cui era vittima, testualmente “Le voci lo pongono in quello che é stato chiamato “doppio legame”, così che, anche se fa la cosa giusta, lo biasimano perché l'ha fatta per motivi sbagliati”. Questa lucida capacità introspettiva di riuscire a smascherare le trappole del paradosso comunicativo di cui era vittima affascinerà Bateson per il fatto che perceval anticipa nel suo racconto temi che egli svilupperà sui processi comunicativi in particolare, appunto, sulla comunicazione patologica, quella perturbante forma comunicativa, cosiddetta di doppio vincolo, che trova il suo fondamento nell’emissione allo stesso tempo di messaggi di due ordini, uno dei quali nega l’altro: un ingiunzione paradossale quindi, che mette chi la riceve, in genere coinvolto in un rapporto ad alto coinvolgimento emotivo (il bambino rispetto alla madre, per esempio) nella condizione di non poter rispondere in maniera appropriata, e di non poter metacomunicare, per il divieto implicito a farlo, e quindi esplicitare i sentimenti reali che si celano dietro le parole. Ma proprio da quella forma paradossale, da cui potrebbe originarsi la patologia psicotica, emergono l’invenzione, la poesia, il rito, il sacramento, il sogno, il gioco, temi che lo stesso Perceval introduce nel suo accorato racconto.
Ciò significa, che al di là di ogni dualismo norma-patologia, il double bind, è una categoria strutturalmente e ineludibilmente presente nella comunicazione sociale, che può anche evolvere in una forma non univocamente patogena, anzi da cui può emergere “un altro stadio di saggezza”.
E' proprio quello che accade a Perceval, che nei suoi deliri identifica e mima i doppi vincoli cui è sottoposto sia nel suo contesto familiare, (sono molte le pagine dedicate ad accanite proteste contro la famiglia e contro le istituzioni in cui era stato confinato) sia nel contesto dell'istituzione psichiatrica, riuscendo ad attraversare quel caos dove il pensiero diventa impossibile” e attraverso una vasta e sofferta cerimonia di iniziazione dell'io “ approdare a “un altro stadio di saggezza”....In altri termini curandosi da sé, come egli stesso riferisce, nelle sue accorate memorie e quindi non attraverso il trattamento sanitario molto duro cui era stato sottoposto durante la sua degenza e diretto con coercizioni fisiche ad annullare ogni sua volontà ma nonostante e a dispetto “di esso”.
Foucault, in un suo testo”Il potere psichiatrico,” riportato nella citata nota, parla di un cerimoniale, agito attraverso un'iniziale dimostrazione di forza attraverso cui “Qualsiasi forma di reciprocità e di trasparenza tra i diversi personaggi che abitano il manicomio, deve essere bandita” durante la degenza.
Paolo Bertrando osserva acutamente nella sua Nota Finale al saggio, precisando che la sua é “pura speculazione” e che la fascinazione del caso Perceval su Bateson, a suo avviso é stata legata ad “una certa affinità”. Perceval “era stato un folle colto, non privo di eleganza nella propria follia; un folle che aveva letto e meditato Berkeley, Byron e la giusta dose di classici greci e latini.......Com'era avvenuto a Bateson; che oltretutto, forse sente nel contraddittorio rapporto tra Perceval la sua potente famiglia echi delle proprie difficili relazioni con la famiglia d'origine, oltre che di quel duro perbenismo vittoriano che aveva imparato a detestare leggendo l'amato Samuel Butler”. Ma Perceval é anche un caso esemplare, come dice Paolo Bertrando, che aiuterà Bateson a liberarsi dalla Psichiatria nella quale egli vede solo una tecnologia dormitiva (nonostante e suo malgrado, sia stato uno dei padri fondatori della Terapia familiare) diretta alla cura di una pretesa condizione di malattia, dal momento che non crede esista, né tanto meno possa essere enunciata una condizione normale.



Gregory Bateson. 1904 - 1980
Questo è un film sul pensiero di Gregory Bateson.
Gregory Bateson ci ha sfidato, o quantomeno mi ha sfidato,  a CERCARE DI PERCEPIRE IL MONDO IN MODO DIVERSO E VEDERE COME LA REALTA’ OPERA VERAMENTE.  Quando una delle sue idee arrivava, era come un’onda enorme che si riverberava in tutte le scienze. La qualità del suo pensiero era veramente straordinaria e di grande ispirazione.  Lavorare in così tante discipline era una conseguenza del suo modo di pensare.  NON ERA INTERESSATO ALLA SPECIALIZZAZIONE IN CAMPI RISTRETTI, era INTERESSATO A MODELLI PIU’ ESTESI DI PENSIERO, A COME LE COSE SONO INTERCONNESSE,  specialmente a COME GLI ORGANISMI VIVENTI SONO CONNESSI.  E’ ora di moda pensare –e viene anche inculcato nelle università-  che la Psicologia sia differente dalla Sociologia, che l’Antropologia è una cosa diversa, che l’Estetica o la Critica artistica siano ancora cose diverse e che il mondo sia fatto di pezzetti separati di conoscenza su cui, se siete studenti, potete essere esaminati sulla base di una serie di domande sconnesse,  test basati su Vero/Falso, o roba del genere. Il primo punto su cui desidero fare chiarezza è che IL MONDO NON E’ FATTO PER NIENTE COSI’ o per essere più preciso, IL MONDO IN CUI “IO” VIVO NON E’ PROPRIO COSI’, per cui è affare vostro VIVERE NEL MONDO CHE PIÙ VI AGGRADA.


In arrivo anche in Italia nel 2010 il film documentario realizzato da Nora Bateson (figlia di Gregory, http://www.anecologyofmind.com ) sulla vita e il pensiero del maestro dell'Ecologia della Mente.


http://youtu.be/XLuADL0ssnc




Gregory Bateson, biologo-antropologo-filosofo.
Mente e Natura, 1979

 Rane bollite e inconsapevoli

rane.jpg




Si racconta un fatto curioso a proposito delle rane (non so chi l’abbia provato, io certo non ripeterò l’esperimento): se una rana viene buttata in una pentola di acqua bollente ne salta fuori subito e così si salva la vita; se invece viene messa in una pentola di acqua fredda, che poi viene portata gradualmente all’ebollizione, non si accorge di nulla e si lascia lessare viva senza neanche protestare.
Dall’alto della nostra specie “sapiens” potremmo sorridere a questa ingenuità “ranesca”, ma ci comportiamo forse diversamente noi umani? Noi che siamo sempre spaventati e attratti dalle catastrofi e dagli eventi estremi e non prestiamo nessuna attenzione a ciò che cambia lentamente.
Ci preoccupa l’alluvione che porta tre metri d’acqua in poche ore e non Venezia che invece affonda di due virgola tre millimetri all’anno, il che per noi è come dire nulla. Due virgola tre millimetri all’anno sono però ventitré centimetri in un secolo, fatto non proprio trascurabile (soprattutto per chi ha l’uscio di casa vicino all’acqua). Anche i rampicanti crescono lentamente, ma possono ingoiare una casa intera, se gli si dà abbastanza tempo.

[...] Rane bollite e inconsapevoli  [...] riprendendo in mano Mente e Natura di Bateson, mi sono ricordato che proprio il grande biologo-antropologo-filosofo aveva usato questa metafora. E il buon Gregory scriveva queste cose nel 1979...]
«E' un fatto non banale che siamo quasi sempre inconsapevoli delle tendenze nelle variazioni del nostro stato. Esiste una leggenda quasi scientifica secondo la quale, se si riesce a tenere buona e ferma una rana in una pentola di acqua fredda e si aumenta lentissimamente e senza sbalzi la temperatura dell'acqua, in modo che nessun istante possa essere contrassegnato come quello in cui la rana dovrebbe saltar fuori, la rana non salterà mai fuori e finirà lessata.
E' possibile che la specie umana si trovi in una pentola analoga e stia mutando il proprio ambiente con un inquinamento che cresce a poco a poco, e stia corrompendo la propria mente con un'istruzione e una religione che vanno a poco a poco deteriorandosi?»
Gregory Bateson , Mente e Natura, Milano 1984, p. 134
[Da quel grande pensatore che era, Bateson, non parla solo di inquinamento, ma anche di lento deteriorarsi del nostro modo di pensare, e per quanto riguarda scuola e religione, aveva perfettamente ragione]

[...] Pensando all’ambiente, si nota che frane, incendi, disboscamenti, inquinamento fanno abbastanza rumore (comunque mai abbastanza), mentre il riscaldamento del pianeta spassa spesso inosservato: un grado in più di temperatura in un secolo, cosa volete che sia?
Un aumento di 1°C è poco? E’ appena il caso di ricordare che passando da 0 °C a 1 °C il ghiaccio fonde e diventa acqua. Cosa avverrà allora del ghiaccio dei poli?
In realtà un bel po’ di questo ghiaccio si è già sciolto. Negli ultimi 50 anni lo spessore della banchisa artica si è ridotto di circa 1,3 m, perdendo il 40% del suo volume (vedi qui alcune mappe e grafici interessanti). Qualche scettico potrebbe allora dire: e allora? Si è sciolto e non ce ne siamo nemmeno accorti! Perché allarmarsi?
800px-Iceberg_with_hole_edit.jpg
Non ce ne siamo accorti semplicemente perché se il ghiaccio galleggia, quando fonde non innalza il livello del mare (problema: un cubetto di ghiaccio di 1 cm³ galleggia in un bicchiere d’acqua a 0,1 °C che ha una sezione di 5 cm²; se fonde, di quanto aumenta il livello dell’acqua? [La risposta è in fondo al post]).
Tuttavia se il ghiaccio si trova sulla terraferma la sua fusione fa innalzare il livello dei mari. Si stima che la fusione di una piccola parte dei ghiacci polari farebbe alzare il livello dei mari del globo di qualche metro. Avete idea di quante persone al mondo vivono sulle coste? In questo momento non ho sottomano statistiche, ma basta pensare che alcune tra le più popolose città del pianeta (Shangai, Tokyo, New York ecc) si trovano sul mare.
Il ghiaccio di mare inoltre è meno salato dell’acqua, per cui quando fonde fa diminuire la salinità. Può sembrare una questione che interessa soltanto gli oceanografi, ma non è proprio così. Se l’acqua dell’artico è meno salata, in un tempo più o meno lungo potrebbe alterare il percorso delle correnti oceaniche, come la corrente del golfo. E questa non è una catastrofe di portata abbastanza allarmante?
Che altro potrebbe succedere? In realtà nessuno lo sa esattamente. L’atmosfera è un sistema caotico e piccole variazioni nelle cause possono portare a enormi variazioni negli effetti. E’ il famoso “effetto farfalla”. Non dovremmo proprio trascurare i cambiamenti, anche se sono piccoli. A differenza delle rane, teniamo in mano la manopola del gas con cui ci stiamo lessando lentamente. Vogliamo deciderci a fare qualcosa?

[Risposta. No, il livello non si è alzato di 0,2 cm!
Un cm³ di ghiaccio ha una massa di circa 0,92 g e per qu esto non va a fondo. Galleggia in modo tale che 0,92 cm³ si trovano sott’acqua e 0,08 sopra. In questo modo sposta 0,92 cm³ di acqua e riceve da quest’acqua spostata una spinta di Archimede pari al suo peso. Quando il cubetto fonde il suo volume si riduce (come si è detto la densità del ghiaccio è 0,92 e quella dell’acqua 1) e l’acqua di fusione occupa 0,92 cm³, cioè esattamente il volume della parte che prima era immersa. Quindi il livello non varia!]

http://ecoalfabeta.blogosfere.it/2006/06/rane-bollite-e.html



Nessun commento:

Posta un commento