mercoledì 11 gennaio 2012

Daniel Pennac. Il verbo leggere non sopporta l'imperativo avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo "amare"... il verbo "sognare"... Naturalmente si può sempre provare. Dai, forza: "Amami!" "Sogna!" "Leggi!" "Leggi! Ma insomma, leggi diamine, ti ordino di leggere!" "Sali in camera tua e leggi!" Risultato? Niente.

«Ma così è la vita: se incontri un essere umano nella folla, seguilo... seguilo».
Daniel Pennac, “La fata Carabina”

Ci sono quelli che vengono schiantati dal dolore, quelli che diventano pensosi. Ci sono quelli che parlano del più e del meno sull'orlo della tomba, e continuano in macchina, del più e del meno, neanche del morto, di piccole cose domestiche; ci sono quelli che dopo si suicideranno e non glielo si vede in faccia, ci sono quelli che piangono molto e cicatrizzano in fretta, quelli che annegano nelle lacrime che versano, quelli che sono contenti, sbarazzati da qualcuno; ci sono quelli che non riescono più a vedere il morto, tentano, ma non ce la fanno, il morto ha portato con sé la propria immagine, ci sono quelli che vedono il morto ovunque, vorrebbero cancellarlo, vendono i suoi tre stracci, bruciano le sue foto, traslocano, cambiano continente, ci riprovano con un vivo, ma niente da fare, il morto è sempre lì, nel retrovisore; ci sono quelli che fanno il pic-nic al cimitero e quelli che lo evitano perché hanno una tomba scavata nella testa, ci sono quelli che non mangiano più, ci sono quelli che bevono, quelli che si domandano se il loro dolore è autentico o costruito; ci sono quelli che si ammazzano di lavoro e quelli che finalmente si prendono una vacanza, ci sono quelli che trovano la morte scandalosa e quelli che la trovano naturale con-l'età-per-cui, circostanze-che-fanno-sì-che; è la guerra, è la malattia, è la moto, la macchina, l'epoca, la vita; ci sono quelli che trovano che la morte sia la vita.
Daniel Pennac, “La fata Carabina”


Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere
Daniel Pennac


Il verbo leggere non sopporta l'imperativo avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo "amare"... il verbo "sognare"... Naturalmente si può sempre provare. Dai, forza: "Amami!" "Sogna!" "Leggi!" "Leggi! Ma insomma, leggi diamine, ti ordino di leggere!" "Sali in camera tua e leggi!" Risultato? Niente.
Daniel Pennac


Alla fine, è Jeremy a restaurare l'ordine naturale delle cose domandando: "Di' un po', Ben, mi sapresti dire perché quello schifo di un participio passato si accorda con quel fottutissimo complemento oggetto diretto quando è messo prima di quel merdosissimo ausiliare essere?".
"Avere, Jeremy, davanti all'ausiliare avere."
"Come preferisci. Theo non è capace di spiegarmelo."
"Io per la meccanica ..." fa Theo con un gesto vago.
E spiego, spiego la buona vecchia regola stampando un bacio paterno su ogni fronte. E' che, vedete, un tempo, il participio s'accordava con il complemento oggetto diretto, sia che questo fosse prima, sia dopo l'ausiliare avere. Ma la gente dimenticava così spesso l'accordo quando il complemento era piazzato dopo, che il legislatore grammaticale trasformò l'errore in regola. Ecco. Le cose stanno così. Le lingue evolvono nel senso della pigrizia. Si, si, "deplorevole".
Daniel Pennac, "Il paradiso degli orchi"


La vita non è un romanzo, lo so... lo so.
Ma solo lo spirito del romanzo può renderla vivibile
Daniel Pennac- "La prosivendola"



Invecchiare, che orrore "diceva mio padre" ma è l'unico modo che ho trovato per non morire giovane
Daniel Pennac

A nascere son buoni tutti! Persino io sono nato! Ma poi bisogna divenire! divenire! crescere, aumentare, svilupparsi, ingrossare (senza gonfiare), accettare i mutamenti (ma non le mutazioni), maturare (senza avvizzire), evolvere (e valutare), progredire (senza rimbambire), durare (senza vegetare), invecchiare (senza troppo ringiovanire), e morire senza protestare, per finire... un programma enorme, una vigilanza continua... perché a ogni età l'età si ribella contro l'età, sai! E se fosse solo questione di età... ma c'è anche il contesto!
Daniel Pennac. Il Signor Malaussène


Sì, è la prerogativa dei somari, raccontarsi ininterrottamente la storia della loro somaraggine: faccio schifo, non ce la farò mai, non vale neanche la pena provarci, tanto lo so che vado male, ve l'avevo detto, la scuola non fa per me... La scuola appare loro un club molto esclusivo di cui si vietano da soli l'accesso. Con l'aiuto di alcuni professori, a volte.
Daniel Pennac



Grande Daniel Pennac. Se non erro, la frase è estrapolata dal suo libro "Diario di scuola". Libro meraviglioso che consiglio a tutti




Purtroppo molte autolimotazioni le creaimo noi stessi altre arrivano gratuite da una società che tende a conformarci uno all'altro. Dovremmo comprendere che in ognuno di noi esite il D'Io e un talento...che ognuno di noi è unico. Se riconoscessimo ciò anche nell'altro comprenderemmo che noi potremmo essere forza per l'altro e gli altri per noi. Entheos fa proprio questo...sono Entheos




Questo non vale solo per la scuola ma anche per molte situazioni della vita.
E se a scuola qualche buon insegnante lo si incontra ancora, nella vita oggi più che mai è difficile incontrarne



Il danno che alcuni di noi docenti, facciamo ai ragazzi non riguarda solo i somari c.d., ma anche le eccellenze i cui talenti andiamo a misurare con il bilancino da farmacista, negando il mezzo voto così da non prendere 100 o la lode.




Sono daccordo con Pennac molte volte la scuola assomiglia ad un club esclusivo.
È pazzesco ..bisogna chiedere la raccomandazione per entrare e per ottenere la sezione: " migliore “.....



Bellissima frase.... il compito più difficile, ma più gratificante, per gli insegnanti è far crescere gli allievi con la fiducia in se stessi e nelle proprie capacità: nessuno è "somaro", ognuno ha dei talenti, bisogna saperli mettere in luce....


L’uomo costruisce case perché è vivo ma scrive libri perché si sa mortale.
Vive in gruppo perché è gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma che nessun’altra potrebbe sostituire. Non gli offre nessuna spiegazione definitiva sul suo destino ma intreccia una fitta rete di connivenze tra la vita e lui. Piccolissime, segrete connivenze che dicono la paradossale felicità di vivere, nel momento stesso in cui illuminano la tragica assurdità della vita.
Daniel Pennac, “Come un romanzo”


Se è così allora stasera niente tivù!'
Eh! Sì...
Sì... La televisione elevata alla dignità di ricompensa...
E, come corollario, la lettura relegata al rango di corvè.
E' nostra questa gran trovata...
Daniel Pennac, "Come un romanzo"


Che l'allievo di tanto in tanto incontri un professore pieno di entusiasmo
che sembra considerare la matematica per se stessa.
E la insegna come una delle Belle Arti.
E la fa amare in virtù della sua personale vitalità.
E grazie al quale lo sforzo diventa un piacere …
Questo dipende dalla casualità dell'incontro, non dalla genialità dell'Istituzione.
E' proprio degli esseri viventi di fare amare la vita,
anche sotto forma di un'equazione di secondo grado.
Ma la vitalità non è mai stata inserita nei programmi scolastici…
Qui c'è l'utilità.
La vita è altrove.
Leggere, si impara a scuola. Quanto ad amare leggere...
Daniel Pennac, "Come un romanzo"

I diritti imprescrittibili del lettore
1) Il diritto di non leggere.
2) Il diritto di saltare le pagine.
3) Il diritto di non finire un libro.
4) Il diritto di rileggere.
5) Il diritto di leggere qualsiasi cosa.
6) Il diritto al bovarismo.
7) Il diritto di leggere ovunque.
8) Il diritto di spizzicare.
9) Il diritto di leggere a voce alta
10) Il diritto di tacere.
Daniel Pennac


Il sapere è anzitutto carnale. Le nostre orecchie e i nostri occhi lo captano, la nostra bocca lo trasmette. Certo, ci viene dai libri, ma i libri escono da noi. Fa rumore, un pensiero, e il piacere di leggere è un retaggio del bisogno di dire
Daniel Pennac, “Diario di scuola”


Ogni studente suona il suo strumento, non c'è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l'armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un'orchestra che prova la stessa sinfonia. E se hai ereditato il piccolo triangolo che sa fare solo tin tin, o lo scacciapensieri che fa soltanto bloing bloing, la cosa importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio possibile, che diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scacciapensieri, e che siano fieri della qualità che il loro contributo conferisce all'insieme. Siccome il piacere dell'armonia li fa progredire tutti, alla fine anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa musica. Il problema è che vogliono farci credere che nel mondo contino solo i primi violini.
Daniel Pennac, "Diario di scuola", Feltrinelli, 2008, pp. 107-108



Da insegnante rispondo: i figli nel gruppo classe sono diversi, nel confronto con profili differenti agiscono aspetti anche meno collaborativi e pacifici . Ci sn anche ragazzi meno motivati all' apprendimento , con prospettive meno verticali e poco tolleranti alla fatica dell' impegno. Primo compito dell' insegnante e' creare un clima relazionale positivo nel quale ognuno possa esprimere se stesso e al meglio. Gia' fare questo e' difficile perche' tocca la sfera emotiva di ciascun alunno, pertanto i genitori debono piu' stare dalla parte dei docenti e meno dalla parte dei figli perche' come i genitori operiamo su un terreno delicatissimo.





Se si studiasse più musica gli stessi studenti cercherebbero la armonia dell'orchestra piuttosto che il primo violino.



io non ho letto il libro ma mi piacerebbe molto! penso che Pennac stia parafrasando e ampliando la stracitata frase di Einstein del pesce che si arrampica sugli alberi applicandola al contesto scolastico! Un invito quindi a non demoralizzarsi mai, a lasciar perdere la convinzione instillata in alcuni di noi dall'esterno di essere solo piccoli stupidi e incapaci "triangoli" (nessuno lo è d'altra parte). Il compito dell'insegnante, che deve avere vocazione e passione per comunicare la bellezza di ciò che insegna, è di guidare gli studenti, apprezzare gli sforzi di chi non eccelle, incoraggiare questi a dare di più e a non nascondersi dietro la scusa del "non essere portato", il tutto con q.b. di amore e serietà... senza imbottire di erudizione e soprattutto senza autoritarismo che porta sì a disciplina ma anche a apatia,senso di inadeguatezza, crisi d'ansia, studio sterile e mnemonico, odio per le proprie materie etc etc Ovviamente l'insegnante non è un santo che può fare miracoli e quindi testo a parte fanno gli irriducibilmente svogliati,presuntuosi e maleducati che hanno la sola colpa di avere genitori pessimi












INSEGNARE È… PASSIONE PER L'IGNORANZA. COLLOQUIO CON DANIEL PENNAC



Daniel Pennac dialoga con Ilaria Tagliaferri. Dal numero 1 di “La Vita Scolastica” 2014/2015.
Pennac
Pseudonimo di Daniel Pennacchioni, Daniel Pennac da bambino è un pessimo allievo. Classe 1944, grazie al suo amore per la lettura e la scrittura si laurea in lettere all’Università di Nizza, e a partire dal 1970 inizia la sua attività di insegnante che lo appassiona. Contemporaneamente pubblica racconti, molti dei quali ispirati alla figura di Benjamin Malaussene, di professione… capro espiatorio.
Nel 1992 esce il famosissimo saggio Come un romanzo, nel quale Pennac stila i celebri “diritti del lettore”. Ed è proprio di libri, lettura e scuola che abbiamo parlato nel corso del nostro incontro. Affabulatore ironico, critico pungente, attento ascoltatore, Pennac ci ha raccontato le sue esperienze in classe con bambini e ragazzi.
La conversazione inizia dalla lettura della lectio magistralis tenuta da Pennac all’Università di Bologna in occasione del conferimento della laurea ad honorem in pedagogia, nel marzo 2013. Il titolo del testo è assai stimolante: Una lezione di ignoranza. “Sono convinto”, dice Pennac, “che il disastro scolastico dipenda dalla paura dell’insuccesso, dalla vergogna del fallimento, dal timore per il futuro e dalla solitudine mentale. La scuola è un baluardo fragile di fronte alla demagogia e alla pubblicità”.
Ne approfittiamo per chiedere quale sia il ruolo della lettura in questo contesto, e quale il motivo per cui i ragazzi non amano leggere. “Non riesco a togliermi dalla testa l’idea che la compagnia dei nostri autori favoriti ci renda più frequentabili a noi stessi, più capaci di preservare la nostra libertà di essere, di tenere sotto controllo il desiderio di possedere e consolarci della nostra solitudine.”
Molti sostengono che i ragazzi di oggi non leggono…
I motivi per i quali i ragazzi non amano leggere sono numerosi e ce li ripetiamo tutti i giorni: colpa dell’evoluzione del mondo che ci circonda, delle famiglie monoparentali, della mancanza di tempo e dei troppi impegni, dei ritmi frenetici... ma non è mai colpa degli insegnanti?
Vi propongo un esperimento: se all’inizio dell’anno scolastico vi mettete di fronte a una libreria (o in una biblioteca!) vedrete ragazzi che vi si presentano con la lista, come in farmacia, dei libri prescritti (da noi in Francia: una spruzzata di Baudelaire e dieci gocce di Balzac al giorno!), dietro alla quale riemergeranno con aria spaesata e stanca. Spesso l’indifferenza da parte loro alla lettura è causata dall’insegnamento “medico-legale” della letteratura, mentre è importante formare il lettore. Dobbiamo stare attenti a non diventare guardiani del tempio, e impegnarci invece a esserepasseur.
Può spiegarci la differenza?
I guardiani del tempio sono ovunque: ce ne sono tra i medici, i giuristi, e anche tra gli insegnantiSi riconoscono da ciò che decretano e da ciò che deplorano. Decretano eccellenza e deplorano mediocrità, ma non sono capaci di trasmettere niente, si sottraggono a ogni responsabilità personale. Guardiano del tempio non è una funzione, è uno stato d’animo, un ruolo. È la lettura limitata alla conoscenza, che viene considerata proprietà privata.
passeur invece sono coloro che trasmettono la cultura agli altri. Sono i curiosi di tutto, quelli che leggono tutto, che non confiscano... Passeur sono i genitori che si augurano di trasformare i figli in lettori, gli insegnanti le cui lezioni ci spingono a correre in libreria, i traduttori che aprono le frontiere dei paesi alle letterature, i librai che insegnano ai clienti i criteri della classificazione dei libri per far sì che la loro libreria diventi l’universo prediletto dal cliente, i bibliotecari capaci di raccontare i romanzi sui loro scaffali, gli editori che non rispondono alle logiche del mercato, i lettori che si ritrovano con una libreria piena di testi brutti perché quelli belli li hanno prestati senza la pretesa di riaverli indietro.

Come insegnante quali sono stati i suoi primi gesti per essere “passeur”?
La lettura è in grado di rendere luminosa la nostra solitudine, e per conciliarsi con essa è molto importante la noia: quando insegnavo, prescrivevo ai miei alunni venti minuti di solitudine e di noia al giorno. Dicevo loro di tornarsene a casa, di non parlare con nessuno lungo la strada e di non fermarsi al bar con gli amici. "Entrate in camera", dicevo "sedetevi sulla sponda sinistra del letto e prendete un orologio. Resistete così per 20 minuti, senza parlare, senza telefonare, senza studiare, senza fare niente. Domani me lo racconterete".
I cambiamenti sociali quanto hanno influito sull’essere bambini oggi?
I nostri alunni non sono certamente più quelli di cinquant’anni fa. Da allora infanzia e adolescenza hanno cambiato statuto, sono diventate clienti della società dei consumi.
Ai tempi in cui ero ragazzo si mangiava ciò che c’era in tavola e si leggevano i libri che trovavi nella libreria di casa tua, non c’era una letteratura specifica per i ragazzi, mentre oggi tutto è mutato, nel consumo di cibo, di giochi, nei mezzi di trasporto e comunicazione, nella scelta dei libri.
C’è un sentimento di maturità sociale che accomuna bambini e genitori, ed essi rivendicano gli stessi diritti, gli stessi telefonini, videogiochi. In questo modo adulti e ragazzi si collocano nell’ambito dell’“avere” ma sono convinti di stare in quello dell’“essere”. La nostra missione è quella di rimettere a posto i due campi.
Quali consigli dà agli insegnanti per avvicinare i ragazzi alla lettura?
Negli anni Ottanta leggevo ai ragazzi delle mie classi i libri ad alta voce e facevo loro imparare dei passaggi a memoria, spesso si trattava degli incipit. Numeravo ogni libro, uno per ogni settimana, poi giocavamo a interrogarci a vicenda chiamando il numero “dimmi il 3, dimmi il 7!” e anche io entravo nel gioco insieme a loro.
In questo modo mostravo loro come la mia memoria, a quarant’anni, fosse molto più labile della loro. Il discorso della memoria è fondamentale quando si parla di lettura, perché il mio scopo era che si costruissero una biblioteca mentale da portarsi dietro nel tempo, nel futuro.

Pensavo sempre al futuro quando leggevo per loro. Tant’è che mi è capitato una volta di incontrare un mio ex allievo che mi ha guardato fisso e si è messo a recitare l’inizio di Cent’anni di solitudine, che avevamo letto insieme quando lui frequentava la seconda media. Mi disse che ero stato io a infondergli la passione per la lettura: e adesso di professione fa il pilota di aerei, e mi ha confessato di avere l’abitudine di inserire il pilota automatico durante il viaggio, per poter leggere in pace qualche pagina. Al che non ho potuto fare a meno di chiedergli su quale tratta voli!
Oggi abbiamo classi con bambini di origine straniera: non è più difficile appassionarli alla lettura?
Quando c’erano molti bambini stranieri con una minima alfabetizzazione in francese chiedevo loro di tenere un quaderno vicino al letto, a casa, e di scrivere i loro sogni al mattino, di getto, anche con poche frasi. In classe dovevano raccontarmeli, leggermi ciò che avevano scritto e poi li riscrivevamo insieme, correttamente, rispettando le regole grammaticali. Niente interpretazioni: l’esercizio era utile per la scrittura e per fare un confronto tra le due dimensioni, quella del sogno e quella del racconto.
Come cambia l’atteggiamento dei ragazzi che diventano lettori nei confronti di coloro che ancora non si sono riconciliati con la lettura?
In Come un romanzo ho scritto il primo dei diritti, quello di NON leggere: notavo che i bambini che si erano riconciliati con la lettura tendevano a disprezzare quelli che non lo avevano fatto, scordandosi che poco prima a non leggere erano proprio loro stessi. La lettura è un atto in cui si tende a ieratizzare inconsciamente il lettore. Ho lottato a lungo contro la propensione dei ragazzi riconciliati con la lettura a diventare loro stessi guardiani del tempio, mentre dovevano comunque e sempre essere passeur.
Qual è il compito principale degli insegnanti?
Ho sempre avuto passione per l’ignoranza, e ho sempre pensato che fosse un problema intellettualmente stimolante... ma i miei professori non si sono mai appassionati alla mia! Secondo me diventare insegnante vuol dire proprio questo:appassionarsi all’ignoranza, trovare in essa la radice della creatività, della conoscenza, a qualsiasi età. Mia figlia, quando mi vede maldestro al pc, sa che per insegnarmi a usarlo deve avere molta, moltissima passione pedagogica nei mie confronti.

I libri di Pennac

Daniel Pennac è autore di numerosi libri, tutti di grande successo; tra i suoi libri per bambini, ricordiamo: il ciclo di Malaussène, pubblicato da Feltrinelli, Il paradiso degli orchi (1985); La fata Carabina (1987); La prosivendola (1989);Signor Malaussène (1995); La passione secondo Thérèse (1998); Ultime notizie dalla famiglia (1995-96); Signori bambini(1997); La lunga notte del dottor Galvan (2005), il ciclo di Kamo, 1994-1996 pubblicato da Einaudi Ragazzi; Il giro del cielo(1997, Salani). Tra i saggi: Come un romanzo (1992); Diario di scuola (2008), Storia di un corpo (2012), tutti editi da Feltrinelli.
http://www.giuntiscuola.it/lavitascolastica/magazine/articoli/una-lezione-di-ignoranza-intervista-a-daniel-pennac/


Pennac non dà colpe, ma insiste molto sull'importanza del formare il lettore: é questo il compito principale degli insegnanti, che si deve applicare anche alle cosiddette letture "obbligate"; no alle liste di libri come se fossero della spesa, sì a introdurre, commentare, " giocare" con le letture, con i loro personaggi, gli incipit, i significati, stimolando la curiosità nei bambini.


beh, allora si potrebbe giocare anche con l'obbligo di leggere, anche da soli, in autonomia, che alle volte è molto bello dunque… dovete leggere almeno 4 dei libri che trovate in questa "lista della spesa": ma a. almeno uno lo dovete prendere in biblioteca b. almeno uno dovete reinventare il finale c. uno potete lasciarlo a metà quando vi stanca d. uno vi imparate a memoria una pagina che vi piace. che ne dici? io non insegno ancora, e alle volte provo a immaginare come fare queste cose, tu sei un'esperta, sei l'autrice dell'intervista, lui anche lo è… che dici? sbaglio tutto?

Non sbagli assolutamente Davide, anzi: queste tue idee secondo me sono ottime per lavorare sui libri con i bambini senza imposizioni né forzature. E ricorda, come dice Pennac, l'importanza della noia, che avvicina quasi fisiologiacamente ai libri: anche a scuola la si può "promuovere", magari esercitandosi a non fare niente per 10 min al giorno, per poi spostare i 10 min a casa e farli diventare 20..e il giorno dopo in classe ci raccontiamo cosa abbiamo provato, pensato


"Comme un roman " (come un romanzo) di Daniel Pennac. Li rivela il decalogo dei diritti imprescindibili del lettore. Almeno questi noi insegnanti li dovremmo conoscere. 
1. Il diritto di non leggere
2. Il diritto di saltare delle pagine
3. Il diritto di non finire un libro
4. Il diritto di leggere ... non importa cosa
5. Il diritto .............. 
Ne aggiungo uno io ... Che non gli venga rivelato tutto il contenuto.
Quindi non vi resta che leggerlo e consigliarlo ad insegnanti e genitori.


Interessante quello che dice il signor Daniel Pennac, ma chi come me esercita questa professione sa benissimo quanto sia difficile interessare i bambini alla lettura di un libro. Ci troviamo a combattere con una forte concorrenza. Quella dei giochi tecnologici come la playstation e tant'altro ... Compito arduo per gli insegnanti



Daniel Pennacpseudonimo di Daniel Pennacchioni (Casablanca1º dicembre 1944), è uno scrittore francese.
Già autore di libri per ragazzi, nel 1985, comincia – in séguito ad una scommessa fatta durante un soggiorno in Brasile – una serie di romanzi che girano attorno a Benjamin Malaussènecapro espiatorio di "professione", alla sua inverosimile e multietnica famiglia, composta di fratellastri e sorellastre molto particolari e di una madre sempre innamorata e incinta, e a un quartiere di ParigiBelleville.
Nel 1992, Pennac ottiene un grande successo con Come un romanzo, un saggio a favore della lettura.

« L'uomo costruisce case perché è vivo ma scrive libri perché si sa mortale. Vive in gruppo perché è gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun'altra, ma che nessun'altra potrebbe sostituire. »

Biografia
Nato nel 1944 in una famiglia di militari, passa la sua infanzia in Africa, nel sud-est asiatico, in Europa e nella Francia meridionale. Pessimo allievo, solo verso la fine del liceo ottiene buoni voti, quando un suo insegnante comprende la sua passione per la scrittura e, al posto dei temi tradizionali, gli chiede di scrivere un romanzo a puntate, con cadenza settimanale.
Ottiene la laurea in lettere, all'Università di Nizza, diventando contemporaneamente insegnante e scrittore.
La scelta di insegnare, professione svolta per ventotto anni, a partire dal 1970, gli serviva inizialmente per avere più tempo per scrivere, durante le lunghe vacanze estive. Pennac, però, si appassiona subito alla professione di insegnante.
Inizia l'attività di scrittore con un pamphlet e con una grande passione contro l'esercito (Le service militaire au service de qui?1973), in cui descrive la caserma come un luogo tribale, che poggia su tre grandi falsi miti: la maturità, l'uguaglianza e la virilità. In tale occasione, per non nuocere a suo padre, militare di carriera, assume lo pseudonimo Pennac, contrazione del suo cognome anagrafico Pennacchioni.
Abbandona la saggistica, in séguito all'incontro con Tudor Eliad, con il quale scrive due libri di fantascienza: (Les enfants de Yalta1977, e Père Noël1979) ma che ebbero scarso successo commerciale. Successivamente, decide di scrivere racconti per bambini.
Nel 1997 scrive Messieurs les enfants. Ma, soprattutto, scopre il romanzo giallo. In séguito, scommettendo contro amici che lo ritenevano incapace di scrivere un romanzo giallo, scrive Au bonheur des ogres.




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