mercoledì 7 dicembre 2011

Francesco Petrarca. Interrogo i libri e mi rispondono. E parlano e cantano per me. Alcuni mi portano il riso sulle labbra o la consolazione nel cuore. Altri mi insegnano a conoscere me stesso e mi ricordano che i giorni corrono veloci e che la vita fugge via.

Benedetto sia ’l giorno, e ’l mese, e l’anno,
e la stagione, e ’l tempo, e l’ora, e ’l punto,
e ’l bel paese, e ’l loco ov’io fui giunto
da’ duo begli occhi che legato m’hanno;

e benedetto il primo dolce affanno
ch’i’ebbi ad esser con Amor congiunto,
e l’arco, e le saette ond’i’ fui punto,
e le piaghe che ’nfin al cor mi vanno.

Benedette le voci tante ch’io
chiamando il nome de mia donna ho sparte,
e i sospiri, e le lagrime, e ’l desio;

e benedette sian tutte le carte
ov’io fama l’acquisto, e ’l pensier mio,
ch’è sol di lei, sì ch’altra non v’ha parte.

Francesco Petrarca – Canzoniere (Rerum vulgarium fragmenta) (XIV secolo)
“Benedetto sia ‘l giorno” di Francesco Petrarca


In questo sonetto Petrarca racconta il luogo e il modo in cui vide per la prima volta Laura.
Non è una dichiarazione d’amore: il poeta esprime infatti il suo dissidio interiore.
Racconta il momento in cui fu colpito dalle frecce dell’Amore.
Benedice tutti i sentimenti che lo legano alla donna
concludendo che Laura è l’unica donna che può averne parte.
http://lartediguardarelarte.altervista.org/benedetto-sia-l-giorno-e-l-mese-e-lanno-di-francesco-petrarca1282-2/



Sono posseduto da una passione che finora non ho potuto né voluto frenare... Non riesco a saziarmi di libri. Può darsi che io ne abbia già più del necessario; ma succede con i libri quel che succede con le altre cose: il riuscire a ottenere quel che si cerca stimola ulteriormente l'avidità. E in verità c'è un fascino tutto singolare nei libri: l'oro, l'argento, le pietre preziose, le vesti purpuree, i palazzi di marmo, i campi ben coltivati, i dipinti, un destriero con splendidi finimenti, tutti gli altri beni di tal genere offrono solo un piacere muto e superficiale; i libri ci danno un godimento intimo, parlano con noi e ci danno consigli e si congiungono a noi con una familiarità per così dire viva e loquace... E allora tu, se ti sono caro, affida questo incarico ad alcuni uomini fidati e di buona educazione letteraria: che esplorino la Toscana, che esaminino le librerie dei religiosi e degli altri uomini di studio, per vedere se ne emerge qualcosa che sia adatto ad alleviare, o piuttosto a stimolare ulteriormente, la mia passione. E sebbene tu sappia bene dove cadono le mie preferenze, senza possibilità che ti sbagli, includo una lista di ciò che desidero maggiormente. E per stimolare il tuo interessamento, sappi che ho spedito richieste uguali a questa ad altri amici in Inghilterra, Francia e Spagna...
Lettera di Francesco Petrarca a Giovanni dell'Incisa


Interrogo i libri e mi rispondono. E parlano e cantano per me.
Alcuni mi portano il riso sulle labbra o la consolazione nel
cuore. Altri mi insegnano a conoscere me stesso e mi
ricordano che i giorni corrono veloci e che la vita fugge via.
Francesco Petrarca

Ora questi, ora quelli io interrogo, ed essi mi rispondono, e per me cantano e parlano; e chi mi svela i segreti della natura, chi mi dà ottimi consigli per la vita e per la morte, chi narra le sue e le altrui chiare imprese, richiamandomi alla mente le antiche età. E v'è chi con festose parole allontana da me la tristezza e scherzando riconduce il riso sulle mie labbra; altri m'insegnano a sopportar tutto, a non desiderar nulla, a conoscer me stesso, maestri di pace, di guerra, d'agricoltura, d'eloquenza, di navigazione; essi mi sollevano quando sono abbattuto dalla sventura, mi frenano quando insuperbisco nella felicità, e mi ricordano che tutto ha un fine, che i giorni corron veloci e che la vita fugge. E di tanti doni, piccolo è il premio che mi chiedono: di aver libero accesso alla mia casa e di viver con me, dacché la nemica fortuna ha lasciato loro nel mondo rari rifugi e pochi e pavidi amici. 
Francesco Petrarca


Roma, Atene, sono per me, nella mia mente, la mia patria. Qui tutti gli amici che ho o che ho avuto, e non solo quelli con cui ho vissuto e con cui ho avuto familiarità, ma anche quelli che sono morti molti secoli prima di me e ho conosciuto solo grazie alla lettura, dei quali ammiro o le imprese e l’animo o i costumi e la vita o la lingua e l’ingegno. Io spesso, li riunisco insieme da tutti i luoghi e da tutti i tempi, per concentrarli in questa piccola valle e sto più volentieri con loro che con questi che pensano di essere vivi, solo perché, espirando qualcosa di puzzolento nell’aria gelata, vedono la traccia del loro alito.
Così libero e sicuro vado vagando e sono solo con tali compagni: 
sono dove voglio essere, ogni volta che mi è possibile, e sono con me stesso.
Francesco Petrarca ne Le familiari


Quello che amavo oramai più non amo; mentisco:
amo ancora, ma con più temperanza; ecco, ho mentito di nuovo:
amo ancora, ma con più vergogna, con più tristezza; finalmente, questo è il vero.
È proprio così, amo, ma quello che vorrei non amare, quello che vorrei odiare;
amo tuttavia, ma nolente, a forza, con mestizia e con pianto.
Francesco Petrarca

Ciò che ero solito amare, non amo più; mento: lo amo, ma meno; ecco, ho mentito di nuovo: 
lo amo, ma con più vergogna, con più tristezza; finalmente ho detto la verità. È proprio così: amo, ma ciò che amerei non amare, ciò che vorrei odiare; amo tuttavia, ma contro voglia, nella costrizione, nel pianto, nella sofferenza. In me faccio triste esperienza di quel verso di un famosissimo poeta: "Ti odierò, se posso; se no, t'amerò contro voglia" 
Francesco Petrarca da Ascesa al Monte Ventoso

Ma perché tu non mi creda libero da ogni umano difetto, sappi che io sono dominato da una passione insaziabile, che fino ad oggi non ho potuto né voluto frenare, convinto come sono che il desiderio di cose oneste non può esser disonesto. Vuoi tu sapere di che malattia si tratti? Non mi sazio mai di libri.
Francesco Petrarca. Lettere familiari

Vana è la gloria di chi cerca la fama solo nel luccicare delle parole.
Francesco Petrarca

Cinque grandi nemici della pace abitano in noi:
l’avarizia, l’ambizione, l’invidia, la rabbia e l’orgoglio.
Se questi nemici dovessero d’incanto sparire,
tutti godremmo infallibilmente di una pace senza fine.
Francesco Petrarca


Viaggiando, cambiano gli orizzonti, cambiano i paesaggi,
ma le vere meraviglie come i veri problemi rimangono dentro di noi.
Francesco Petrarca


Canzoniere (Rerum vulgarium fragmenta)
Pace non trovo, et non ò da far guerra;
e temo, et spero; e ardo, e sono un ghiaccio; 
et volo sopra ‘l cielo, et giaccio in terra; 
e nulla stringo, et tutto ‘l mondo abbraccio.

Tal m’à in pregion, che non m’apre né serra,
né per suo mi riten né scioglie il laccio;
et non m’ancide Amore, et non mi sferra,
né mi vuol vivo, né mi trae d’impaccio.

Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido;
et bramo di perir, et cheggio aita;
et ò in odio me stesso, et amo altrui.

Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte et vita:
in questo stato son, donna, per voi.
Francesco Petrarca



L'incoronazione di Petrarca a poeta.
Figura importantissima per la letteratura italiana, Petrarca era anche molto famoso all'estero. 
Per la sua incoronazione a poeta si proposero l'università di Parigi e quella di Roma. 
Dopo un momento d'indecisione, Petrarca scelse la seconda e l'8 aprile 1341 venne incoronato poeta in Campidoglio.



Era un individuo estremamente tormentato, preda di un conflitto interiore tra un'anima devota e conforme ai valori dell'epoca, e uno spirito piú libero, sbarazzino e avventuriero. Il risultato é stato un tragico e sofferto immobilismo, che tuttavia lo ha portato a produrre versi immortali. 













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