Nevrastenico: colui che costruisce castelli in aria. Psicopatico: colui che vi abita.
Psichiatra: colui che riscuote l'affitto.
Jerome Lawrence
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venerdì 29 aprile 2016
giovedì 28 aprile 2016
Eraldo Affinati. L'uomo del futuro. Certi libri ti crescono dentro prima che tu li riconosca. All'inizio si presentano camuffati da emozioni destinate a perdersi, poi lentamente conquistano uno spazio stabile e aderiscono alla tua vita, finché non puoi fare a meno di prenderne atto.
Certi libri ti crescono dentro prima che tu li riconosca. All'inizio si presentano camuffati da emozioni destinate a perdersi, poi lentamente conquistano uno spazio stabile e aderiscono alla tua vita, finché non puoi fare a meno di prenderne atto. Allora è come se riempissi un foglio già pronto scrivendo sotto dettatura. Credo sia andata così anche con queste pagine su don Lorenzo Milani: dieci capitoli, composti in seconda persona, a partire dai luoghi più rappresentativi della sua esistenza, intervallati da altrettante risonanze recuperate dai miei diari di viaggio intorno al mondo. Eppure c'è stato un momento che, a posteriori, considero decisivo: il giorno in cui la presenza di don Milani mi sembrò talmente forte da risultare ineludibile.
Quell'anno, non essendo commissario agli esami di Stato, avevamo anticipato le vacanze estive. Eravamo partiti in macchina da Roma. Superata Firenze, uscimmo a Barberino del Mugello deviando verso Barbiana. Fu una scelta improvvisa ma, come spesso mi capita, allo stesso tempo lungamente premeditata.
Eraldo Affinati, L'uomo del futuro
lunedì 25 aprile 2016
Robert Bresson. I film nascono prima nella mia testa, muoiono sulla carta, vengono risuscitati dai soggetti viventi e dagli oggetti reali che uso, che vengono uccisi sulla pellicola ma, posti in un certo ordine e proiettati su uno schermo, prendono vita ancora una volta come fiori nell’acqua
I film nascono prima nella mia testa, muoiono sulla carta, vengono risuscitati dai soggetti viventi e dagli oggetti reali che uso, che vengono uccisi sulla pellicola ma, posti in un certo ordine e proiettati su uno schermo, prendono vita ancora una volta come fiori nell’acqua.
Robert Bresson
Divo Barsotti. la rinunzia che si deve fare è all’idolatria, cioè a tutto quello che ferma l’anima, a tutto quello che impedisce che l’anima vada oltre. L’idolo è qualunque cosa: è anche il tuo cappotto, sono anche i tuoi capelli pettinati in un certo modo piuttosto che in un altro; diventa idolo qualunque cosa nella misura che ti ferma, perché nell’istante che ti ferma, questa cosa diviene il tuo dio
«.. la rinunzia che si deve fare è all’idolatria, cioè a tutto quello che ferma l’anima, a tutto quello che impedisce che l’anima vada oltre.
L’idolo è qualunque cosa: è anche il tuo cappotto, sono anche i tuoi capelli pettinati in un certo modo piuttosto che in un altro; diventa idolo qualunque cosa nella misura che ti ferma, perché nell’istante che ti ferma, questa cosa diviene il tuo dio».
Divo Barsotti (25 aprile 1914 – 15 febbraio 2006)
L’idolo è qualunque cosa: è anche il tuo cappotto, sono anche i tuoi capelli pettinati in un certo modo piuttosto che in un altro; diventa idolo qualunque cosa nella misura che ti ferma, perché nell’istante che ti ferma, questa cosa diviene il tuo dio».
Divo Barsotti (25 aprile 1914 – 15 febbraio 2006)
domenica 24 aprile 2016
Papa Giovanni XXIII. Mi accade spesso di svegliami di notte e cominciare a pensare a una serie di gravi problemi e decidere di parlarne al Papa. Poi mi sveglio completamente e mi ricordo che io sono il Papa
“Mi accade spesso di svegliami di notte e cominciare a pensare a una serie di gravi problemi e decidere di parlarne al Papa. Poi mi sveglio completamente e mi ricordo che io sono il Papa.”
Papa Giovanni XXIII
mercoledì 20 aprile 2016
Luigi Einaudi. Gli insegnanti, il cui orario settimanale è andato via via aumentando, sono diventati delle “macchine per vendere fiato”.
Gli insegnanti, il cui orario settimanale è andato via via aumentando, sono diventati delle “macchine per vendere fiato”. Ma “la merce fiato” perde in qualità tutto ciò che guadagna in quantità. Chi ha vissuto nella scuola sa che non si può vendere impunemente fiato per 20 ore alla…settimana. La scuola a volerla fare sul serio logora. E se si supera una certa soglia nasce una “complicità dolorosa ma fatale tra insegnanti e studenti a far passare il tempo”. La scuola si trasforma in un ufficio, o in una caserma, col fine di tenere a bada per un certo numero di ore i giovani; perde ogni fine formativo.
Luigi Einaudi, Presidente della Repubblica
lunedì 18 aprile 2016
La fame e la guerra spingono dunque le donne fuori di casa, le obbligano a cercare un lavoro, a prendere decisioni, ad aiutare coloro che sparano o a sparare loro stesse; le obbligano a uscire dal ruolo che era stato loro affidato dal fascismo e dalla Chiesa, di “moglie e madre esemplare”. Questa uscita dal ruolo non avviene sempre coscientemente. In molti casi, al contrario, si giustifica proprio col desiderio di mantenere fede fino in fondo a una tradizionale immagine di sé. Ma, una volta vissuta, la trasgressione incide nella coscienza di tutte, rivelando l'esistenza e la possibilità di percorsi individuali sconosciuti, certo più accidentali ma anche più gratificanti di quelli che alle donne erano riservati in passato.
Pane Nero, Miriam Mafai
venerdì 15 aprile 2016
Le liste del naturalista: albi illustrati come taccuini per conoscere e riconoscere
Le liste del naturalista: albi illustrati come taccuini per conoscere e riconoscere
da Valeria Bodo
Durante la mia ultima passeggiata mi soffermavo ad ogni passo per ammirare quelle bellezze e mi sforzavo di fissare nella mente per sempre un’impressione che sapevo che col tempo, prima o poi, sarebbe svanita. Le forme dell’arancio, del cocco, della palma, del mango, della felce arborea e del banano resteranno nitide e distinte; le mille bellezze che le fondono in uno scenario perfetto svaniranno, ma lasceranno, come un racconto udito nella fanciullezza, un quadro pieno di figure indistinte, ma bellissime. (Charles Darwin, Viaggio di un naturalista intorno al mondo, Einaudi)
Come fissare nella mente, per sempre, l’impressione di una natura folgorante e così diversa da quella che Charles Darwin aveva vissuto e studiato nelle campagne inglesi? Come non tralasciare nemmeno un petalo, una piuma, una sfumatura di quella ricchezza osservata in una delle più importanti spedizioni naturalistiche della storia?
“Ho assicurato che tu sei la persona più adatta che io conosca, e questo non perché ti creda un naturalista rifinito, bensì perché ti ritengo altamente qualificato per raccogliere, osservare, descrivere tutto ciò che andrà descritto in materia di storia naturale”, si legge nella lettera di invito e incarico inviata al giovane Charles prima della sua partenza.
Raccogliere, osservare, descrivere.
Il timido ventiduenne inglese, gentile e dai modi educati e raffinati ma dalla curiosità famelica, si imbarcò non senza qualche dubbio iniziale e viaggiò a bordo del Beagle dal 1831 al 1836. Osservò, descrisse e raccolse un gran numero di campioni naturalistici allora sconosciuti, donati poi al British Museum, una collezione inestimabile frutto di cinque anni di ritrovamenti fortuiti o ricercati.
The Voyage of the Beagle è il taccuino di viaggio di Darwin, che lo accompagnò giorno dopo giorno durante la spedizione e che fu riferimento per i suoi studi successivi e patrimonio futuro per noi.
Un naturalista appunta, disegna, fotografa, redige diari e liste infinite delle sue osservazioni e intuizioni. Sia che abbozzi, schizzi o produca opere d’arte, prova a fermare sul suo taccuino ciò che vede, riportando dati oggettivi e deduzioni, scoperte e considerazioni.
L’illustrazione naturalistica è una forma di arte rigorosa nella veridicità, ma allo stesso tempo affascinante e poetica. Da sempre, accompagnando i loro lavori a descrizioni oggettive e particolareggiate, gli illustratori naturalistici hanno dato un apporto non sostituibile allo studio degli esseri viventi, non solo ai contemporanei, ma anche ai posteri, permettendo ancora oggi comparazioni altrimenti impossibili.
Dai volumi commissionati dal naturalista Ulisse Aldrovandi, che fondò uno dei primi musei di storia naturale e che aveva compreso il valore dell’immagine naturalistica, a Dyonisus Ehret, illustratore di Linneo, le tavole di vegetali e animali studiati nel sedicesimo o diciottesimo secolo sono ancora chiare, nitide e vive davanti a noi. L’arte e la scienza trovano da sempre in questa disciplina una congiunzione perfetta tra funzionalità ed estetica, tra ricerca e bellezza.
Nella storia dell’illustrazione naturalistica, la nascita di quella moderna si fa risalire agli inizi dell’ottocento. Lì dove prima si collocava l’esemplare illustrato su carta bianca, chiaro nei tratti ma decontestualizzato, si comincia ora a tracciare il fondo paesaggistico dell’animale o della pianta, aggiungendo particolari ecologici ed etologici di rapporto tra l’organismo vivente e il suo ambiente.
John James Audubon, John Gould e sua moglie Elizabeth Gould sono tra i padri di questo approccio, le loro tavole hanno creato una nuova visione delle scienze naturali, alla luce delle scoperte dell’epoca.
Non mancano illustratori naturalistici contemporanei di fama e di bravura eccezionali.
Artisti come Robert Bateman, Bruce Pearson o il nostro Fulco Pratesihanno dato colore a una forma di arte incredibile e viva.
Con taccuino, matita e gomma, acquarelli o chine, all’aria aperta o allo zoo, gli artisti di questo genere devono conoscere profondamente i loro modelli, devono saperne le abitudini e studiarne i comportamenti, le fioriture e i cicli vitali. Molto spesso l’artista si trasforma in studioso o viceversa.
Questa congiunzione perfetta di arte, bellezza e rigore, scoperta e conoscenza ha creato una nicchia di appassionati anche nel mondo dell’albo illustrato. Lì dove si unisce arte e conoscenza, possono nascere prodotti editoriali di grande spessore, dedicati ai ragazzi ma anche ad adulti.
È il caso degli Inventari illustrati, progetto editoriale in Italia edito da Ippocampo, che da circa sei anni raccoglie gruppi e categorie di fiori, frutti, alberi e animali in albi tematici.
Emmanuelle Tchoukriel nasce come illustratrice medico scientifica e la sua tecnica a china e penna Rotring, con punti di acquarello, ci riporta indietro nella storia, ai tempi dei primi bozzetti degli esploratori e dei primi illustratori naturalistici.
Accanto all’introduzione particolareggiata, abbiamo il nome comune, quello scientifico della specie, delle caratteristiche anatomiche o strutturali fondamentali al riconoscimento e notizie sul comportamento o sull’ambiente.
Come in una guida naturalistica, all’interno dell’Inventario ritroviamo divisioni per ordini e famiglie, precisazioni geografiche, sagome a grandezza naturale dove possibile. Le stesse pagine sono numerate per numero di tavola, proprio come in un erbario o in una raccolta.
Giocando allo zoologo o al botanico, si impara a conoscere la diversità biologica e riconoscere le specie grazie alle stesse chiavi che utilizzano gli scienziati.
Si potrebbero usare come delle guide naturalistiche, ma hanno una forza in più: un’energia, un’emozione che in una guida asettica non si avverte. Sarà forse per le piccole notizie legate alla storia o alla mitologia, forse per la ricchezza dell’illustrazione, ma con gli Inventari ci si incammina tra sentieri e fondali marini, tra aiuole o voliere come in una spedizione.
Più che quello di una guida, gli Inventari hanno l’animo di un albo illustrato, e come un albo, pagina dopo pagina, tavola dopo tavola, riescono a raccontare una storia. Definirei gli Inventari “albi natualistici”, a metà tra l’oggettività dello sguardo delle scienze naturali e la soggettività dell’arte, della poesia, della narrazione.
Liste, elenchi, diagrammi, schemi: la complessità della vita è stata messa in fila in ogni modo; i tentativi di renderla leggibile ma sempre corretta sono stati innumerevoli, ma le chiavi di comprensione erano altrettanto intricate.
Carl Linnaeus, medico e naturalista svedese e padre della metodologia di classificazione dello scibile vivente ancora oggi usata, ha per primo codificato la modalità a oggi valida di dare a ogni “gruppo” vivente un doppio nome, uno riferito al genere di appartenenza e uno alla specie: la nomenclatura binomiale.
Dalle forme di vita unicellulari, le più semplici, agli organismi più complessi come uccelli e mammiferi, la classificazione degli esseri viventi si aggiorna grazie alle nuove conclusioni date dalla genetica e dalle nuove tecnologie.
Nelle sale più antiche dei musei di zoologia e storia naturale è questa schematizzazione, forzatamente artificiale perché ideata dall’uomo per l’uomo, che crea il percorso di allestimento. Molti musei attualmente hanno adottato un allestimento di tipo ambientale o tematico, ma rimane spesso una parte del percorso di tipo filogenetico, una scalata ideale verso la complessità degli organismi viventi.
Ed ecco allora cassetti di legno, vetrine di armadi dai profili di ottone e maniglie lavorate, teche a perdita d’occhio. E ancora vasi, vetrine, scatole, ma anche sistemi moderni di conservazione, arieggiati e a umidità costante, perfino cassaforti.
Ho lavorato in tre musei di scienze naturali, ognuno con la sua peculiarità e il suo indirizzo, ma in ognuno di loro risuonava una voce antica, saggia, profonda. Le stanze dei musei sono luoghi fisici dove la scienza fa eco, dove i corpi senza vita di milioni di esseri viventi sono stati pazientemente raccolti e messi in fila da entomologi, erpetologi, malacologi, botanici, paleoantropologi.
Ho ritrovato questo misto di meraviglia, mistero e ammirazione tra le pagine dell’albo formato giganteAnimalium.
La copertina ci invita a prepararci all’evento e come nei migliori spettacoli veniamo forniti di un biglietto d’oro, gratuito per i bambini. La copertina grande e pesante è la porta che ci separa dall’entrata principale, anticamera del percorso.
Con illustrazioni pienamente realistiche e particolareggiate, veniamo scortati nelle sale del museo, nel nostro viaggio tra la complessità della vita. Dai poriferi ai mammiferi, passando per insetti, anfibi e uccelli, la biodiversità ci scorre davanti e noi scorriamo davanti a essa, passo dopo passo tra le vetrine immaginate, talmente vivide da poter quasi scorgere il nostro riflesso sulla superficie della pagina.
Come ogni vetrina, non mancano puntuali ed esatte le indicazioni di ordine, classe, famiglia, e le targhette con genere e specie, con brevi ed esatte descrizioni dell’animale tassidermizzato o illustrato.
I musei di storia naturale provano a fare ordine nel complicato labirinto filogenetico della natura, ponendo in cassetti numerati quello che gli studiosi credono ad oggi la migliore rappresentazione di ciò che fu, ed è, la vita biologica. Un albo di impronta così “museale” permette di ripercorrere perfettamente la proposta di una rappresentazione che l’uomo cerca di formulare da secoli.
Tutti i naturalisti museologi che ho conosciuto, seppur in studi polverosi e poco illuminati, spesso nei sotterranei, amano l’ordine del loro lavoro, l’esattezza del riporre ogni forma vivente nel luogo giusto, i cassetti etichettati e i cartellini spillati. Le liste sono il loro pane quotidiano.
Quello che succede di notte in un museo lo sanno solo i custodi, e i reperti ovviamente. Al buio, quando dalle grandi finestre filtra solo la luce della luna e si possono scorgere appena le ombre degli animali e dei loro scheletri. Può accadere che una farfalla, la Citron du Provance, una Pieride gialla limone, scappi da una vetrina e viaggi tra teca e teca e tutto il museo prenda vita. Dinosauri, minerali e fossili, animali sono toccati dal passaggio della farfalla, si mescolano, danzano, marciano verso la fine della notte.
Il Museo di Storia Naturale Confluences di Lione, in collaborazione con la casa editrice Edition Courtes et Longues e con la matita dell’illustratrice e autrice francese Isabelle Simler, ha creato un libro suggestivo e magico che ci spinge a osservare, riconoscere e raccontare le teche notturne del museo: Cette nuit-là… au musée.
La Simler ama le piccole cose, i reperti e gli oggetti ordinati o casuali: nell’albo Dans les poches aveva svuotato le tasche di Pinocchio o della Bella addormentata, cavandone file di biglie, piume e altri tesori; in Amici di Piuma aveva messo in fila le belle penne di tanti uccelli. Con una passione particolare per l’ora blu, quella in cui le ombre si allungano fino a fondersi con la notte, l’autrice si trasforma in una farfalla, perfetta guida che ci permette di posare lo sguardo da reperto a reperto e di osservare, connettere, raccogliere, ma soprattutto lasciarci incantare dal potere della bellezza.
Un ultimo albo che ho scelto per conoscere e riconoscere tradisce la sua natura di carnet a causa delle dimensioni mastodontiche. Raccontare gli Alberi (Rizzoli, 2012) è un libro intimo e intimista, profuma di pino silvestre e resina odorosa, ha il suono del silenzio di un bosco e il mistero della scoperta dei tesori in un giardino abbandonato.
Connubbio perfetto tra albo naturalistico e illustrato, unisce la bellezza dello sguardo dell’artista alla correttezza della riproduzione naturalistica. Anche se non si scorge nessuno tra le cortecce di Pia Valentinis e Mauro Evangelista, nascosto c’è un bambino che spacca i pinoli con un sasso, un altro che raccoglie i ricci autunnali, un terzo bambino che disegna gli occhi di un tronco su un taccuino.
Poesie e brani scelti si mescolano alle chine e ai colori, ed ecco che la grandezza dell’albo ha un senso: è una scenografia in cui passeggiare, una quinta nella quale calarsi ed entrare, e si sente il suono croccante della foglia secca accartocciata sotto i piedi, e il rosso degli aceri, il polline controluce, il cuculo che batte chissà dove.
Come nel taccuino di un naturalista, con dovizia di particolari sono annotati nomi degli alberi, genere e specie, caratteristiche primarie e fondamentali. I fiori e i frutti sono tracciati a fianco, perché anche un naturalista alle prime armi sa che per riconoscere alcune specie si deve far ricorso a dati non sempre espliciti.
“Nomina si nescis, perit et cognitio rerum“. Se non conosci il nome, muore anche la conoscenza delle cose, ci ricorda Linneo.
Dare un nome all’immensità delle forme viventi è stato da sempre un modo per conoscere e riconoscerle: evitare i frutti velenosi, individuare i maturi, schivare la tana di un animale pericoloso, organizzare la caccia di uno di cui sfamarsi. L’uomo ha, dal momento in cui è riuscito a farlo, dato un nome agli esseri viventi per ragioni legate alla sopravvivenza, alla conoscenza e alla comprensione della complessità.
I bambini e i ragazzi che ho accompagnato per le sale del Museo di Zoologia avevano tutti una curiosità comune, nessuno escluso: il desiderio di assimilare i nomi dei reperti.
“Di chi è questo?”, “E lui come si chiama?”, tutti hanno sempre partecipato, anche i più distratti, per conoscere e riconoscere la specie e attribuirle un nome che potesse essere ricordato.
Guardare la natura con occhi nuovi, ma riuscire a fare deduzioni e collegamenti. E poi raccogliere, osservare, descrivere, compilare infinite liste e schematizzazioni per riconoscere: gli albi naturalisticifunzionano perfettamente allo scopo, nella loro sintesi equilibrata tra bellezza e scienza rivolta a ragazzi che vogliono ricordare, districare e conoscere la complessità.
Bibliografia:
Viaggio di un naturalista attorno al mondo, C. Darwin, Einaudi, 1989
Serie Inventari illustrati, E. Tchoukriel, V. Aladjidi, Ippocampo, 2010-2016
Animalium, K. Scott, J. Broom, Electa kids, 2014 ; Big Picture Press, 2014
Cette nuit-là… au musée, I. Simpler, Edition Courtes et Longues, 2015
Raccontare gli alberi, P. Valentinis, M. Evangelista, Rizzoli, 2012
mercoledì 6 aprile 2016
Michael Moore. 5 motivi per cui Donald Trump vincerà. Il voto depresso. quando il sostenitore medio di Bernie si recherà alle urne quel giorno per votare, seppur con riluttanza, per Hillary, esprimerà il cosiddetto "voto depresso": significa che l'elettore non porta con sé a votare altre 5 persone. Non svolge attività di volontariato nel mese precedente alle elezioni. Non parla in toni entusiastici quando gli/le chiedono perché voterà per Hillary. Un elettore depresso. Perché, quando sei giovane, la tua tollerenza verso gli ipocriti e le stronzate è pari a zero.
Michael Moore. 5 motivi per cui Donald Trump vincerà.
Pubblicato: 24/07/2016
Mi dispiace dover essere ambasciatore di cattive notizie, ma sono stato chiaro l'estate scorsa quando vi ho detto che Donald Trump sarebbe stato il candidato repubblicano alla presidenza.
Ed ora vi porto notizie ancora più terribili e sconfortanti:
Donald J. Trump vincerà a Novembre.
Questo miserabile, ignorante, pericoloso pagliaccio part-time,
e sociopatico a tempo pieno, sarà il nostro prossimo presidente.
In vita mia non ho mai desiderato così tanto essere smentito.
Posso vedervi adesso. State scuotendo la testa convinti:
"No, Mike, non succederà".
Purtroppo, state vivendo in una campana di vetro dotata di camera dell'eco, dove voi ed i vostri amici siete convinti che gli Americani non eleggeranno un idiota come presidente.
Passate dall'essere scioccati al ridere di lui per il suo ultimo commento folle o per la sua presa di posizione narcisistica su qualsivoglia questione, come se tutto girasse intorno a lui.
Poi ascoltate Hillary e osservate il nostro primo presidente donna, qualcuno che il mondo rispetta, una persona estremamente intelligente che si preoccupa dei nostri ragazzi, che porterà avanti il lascito di Obama perché è questo che vogliono gli Americani!
Per altri quattro anni!
Dovete uscire da quella campana, adesso.
Dovete smetterla di vivere nella negazione e guardare in faccia una verità che sapete essere profondamente attuale.
Cercate di consolarvi con i numeri
"il 77% dell'elettorato è composto da donne,
persone di colore, giovani adulti sotto i 35 e Trump non otterrà la loro maggioranza",
o con la logica
"le persone non voteranno per un buffone o contro i loro interessi":
è il modo in cui il cervello cerca di proteggervi dal trauma.
Come quando sentite un rumore molto forte in strada e pensate "Oh, è appena scoppiata una ruota" oppure
"Chi sta giocando con i petardi?"
perché non volete pensare che c'è appena stata una sparatoria.
È lo stesso motivo per cui tutte le notizie iniziali e i testimoni oculari dell'undici settembre dicevano "un piccolo areo si è accidentalmente schiantato contro le Torri Gemelle".
Vogliamo (ne abbiamo bisogno) sperare per il meglio perché, sinceramente, la vita è già uno schifo ed è piuttosto dura tirare avanti stipendio dopo stipendio.
Non possiamo sopportare altre cattive notizie.
Quindi la nostra mente attiva "un'impostazione predefinita" quando qualcosa di spaventoso accade davvero.
Le prime persone falciate da quel camion, a Nizza, hanno passato i loro ultimi momenti sulla terra a fare cenni al conducente, perché pensavano avesse semplicemente perso il controllo del veicolo.
Cercavano di dirgli che aveva oltrepassato le recinzione:
"Attento", gridavano. "C'è gente sul marciapiede".
Beh, amici, questo non è un incidente.
Sta succedendo. E se pensate che Hillary Clinton batterà Trump con i fatti, l'intelligenza e la logica, be' vi siete persi l'ultimo anno: con 56 primarie e caucus, 16 candidati Repubblicani le hanno provate tutte per fermare Trump ma niente è servito ad arrestare la sua furia devastante.
Ad oggi, allo stato attuale, credo che succederà davvero e, per poter affrontare la cosa, ho bisogno che prima ne prendiate coscienza e poi, forse, potremo trovare un modo per uscire dal caos in cui siamo finiti.
Non fraintendetemi. Nutro grandi speranze per il mio paese.
Le cose sono migliorate. La sinistra ha vinto la guerra culturale.
- I gay e le lesbiche possono sposarsi.
- La maggioranza degli americani ora adotta posizioni liberali in quasi tutti i quesiti elettorali.
- Paga uguale per le donne.
- Legalizzazione dell'aborto.
- Leggi più severe in materia ambientale.
- Più controllo sulle armi.
- Legalizzazione della marijuana.
Un enorme cambiamento ha avuto luogo:
chiedete ai socialisti, che hanno conquistato 22 paesi quest'anno.
E per me non c'è alcun dubbio:
se le persone potessero votare dal loro divano,
con le loro X-box o Playstation, la vittoria di Hillary sarebbe schiacciante.
Ma non funziona così in America.
Le persone devono uscire di casa e fare la fila per votare.
E se vivono nei quartieri poveri, neri o ispanici,
troveranno una fila più lunga e, per di più, si sta facendo di tutto per impedire loro di votare.
Nella maggior parte delle elezioni
è difficile raggiungere il 50% dell'affluenza ai seggi.
E qui sta il problema in vista del prossimo novembre:
chi avrà gli elettori più motivati, più convinti, alle urne?
Conoscete già la risposta a questa domanda.
Chi è il candidato con i sostenitori più rabbiosi?
Quali fan impazziti si sveglieranno alle cinque del mattino il giorno delle elezioni, incitando le persone per tutto il giorno finché l'ultimo seggio elettorale non sarà chiuso ed assicurandosi che tutti i Tom,
i Dick e gli Harry avranno espresso il loro voto?
Già, proprio così.
È questo l'estremo pericolo che stiamo correndo.
E non ingannatevi: non serviranno i convincenti spot di Hillary, o le sconfitte subite
da Trump nei dibattiti, né gli ultraliberali che sottragono voti a Trump a fermare la sua corsa.
Ecco i cinque motivi per cui Trump vincerà:
1. La "matematica" del Midwest.
Ovvero, benvenuti nella Brexit della Rust Belt.
Credo che Trump concentrerà buona parte della sua attenzione
sui quattro stati blu della cosiddetta "Rust Belt"
a nord dei Grandi Laghi:
Michigan, Ohio, Pennsylvania e Wisconsin.
Quattro stati tradizionalmente democratici
che hanno eletto governatori repubblicani dal 2010
(solo la Pessylvania, adesso, ha finalmente eletto un democratico).
In Michigan, alle primarie di Marzo, sono stati di più i voti per i Repubblicani (1,32 milioni), rispetto a quelli riservati ai Democratici (1,19 milioni). Trump è avanti ad Hillary negli ultimi sondaggi in Pennsylvania mentre ha pareggiato in Ohio.
Pareggiato? Come può la corsa essere così ravvicinata dopo tutto quello che Trump ha detto e fatto?
Be' forse perché ha detto (correttamente)
che il sostegno dei Clinton al NAFTA
ha contribuito a distruggere gli stati industriali dell'Upper Midwest.
Trump colpirà Clinton su questo punto e sul supporto che Hillary ha accordato al TPP e ad altre politiche commerciali che hanno sontuosamente fottuto gli abitanti di questi 4 stati.
Durante le primarie in Michigan Trump, all'ombra di una fabbrica Ford, ha minacciato l'azienda che se, avesse portato avanti il piano di chiudere la fabbrica e trasferirla in Messico, lui avrebbe applicato una tariffa del 35% su ogni vettura fabbricata in Messico e rispedita agli Stati Uniti.
È stata musica per le orecchie degli operai del Michigan.
Inoltre, quando Trump ha minacciato i vertici della Apple che li avrebbe costretti a fermare la produzione di iPhone in China, per trasferirla esclusivamente in America, be' i cuori sono andati in estasi e Donald ne è uscito trionfante, una vittoria che sarebbe dovuta andare al governatore vicino, John Kasich.
Da Green Bay a Pittsburgh, questa America, amici miei, è come il centro dell'Inghilterra:
al verde, depresso, in difficoltà, le ciminiere che punteggiano la campagna con la carcassa di quella che chiamiamo Middle Class.
Lavoratori arrabbiati, amareggiati, ingannati dall'effetto a cascata di Reagan ed abbandonati dai Democratici che ancora cercano di predicare bene ma, in realtà, non vedono l'ora di flirtare con un lobbista della Goldman Sachs che firmerà un gran bell'assegno prima di uscire dalla STANZA.
Quello che è successo nel Regno Unito con la Brexit succederà anche qui.
Elmer Gantry rivive nelle vesti di Boris Johnson e dice qualunque cazzata riesca ad inventarsi per convincere le masse che questa è loro occasione!
L'occasione per opporsi a tutti loro, quelli che hanno distrutto il loro Sogno Americano!
E ora l'Outsider, Donald Trump, è arrivato a dare una ripulita.
Non dovete essere d'accordo con lui!
Non deve nemmeno piacervi!
È la vostra Molotov personale da lanciare ai bastardi
che vi hanno fatto questo! Mandate un messaggio!
TRUMP è il vostro messaggero!
Ed ecco che arriva la matematica.
Nel 2012, Mitt Romney è stato sconfitto per 64 voti.
Sommate i voti espressi da
Michigan, Ohio, Pennsylvania e Wisconsin. Fa 64.
Tutto quello che Trump deve fare per vincere è conquistare il supporto degli stati tradizionalmente rossi dall'Idaho alla Georgia (che non voteranno mai per la Clinton), poi avrà soltanto bisogno dei quattro stati della Rust Belt.
Non ha bisogno della Florida, non ha bisogno del Colorado o della Virginia.
Solo Michigan, Ohio, Pennsylvania e Wisconsin.
E questo lo farà arrivare in cima.
Ecco cosa succederà a Novembre.
2. L'ultimo baluardo del furioso uomo bianco.
La nostra era patriarcale, durata 240 anni, sta arrivando alla fine.
Una donna sta per prendere il sopravvento!
Com'è successo? Sotto i nostri occhi.
Ci sono stati segnali d'allarme, ma li abbiamo ignorati.
Nixon, il traditore, che ci ha imposto il Titolo IX,
legge che stabilisce pari opportunità nei programmi scolastici sportivi.
Poi hanno lasciato che le donne guidassero jet commerciali.
Prima che ce ne rendissimo conto, Beyoncé prendeva d'assalto il campo del Super Bowl
(il nostro gioco) con un esercito di Donne nere, col pugno alzato,
a dichiarare che la nostra supremazia è finita. Ah, l'umanità.
Questa era una rapida sbirciatina nella mente dell'Uomo Bianco, specie in via di estinzione.
C'è la sensazione che il potere gli sia scivolato dalle mani,
che il suo modus agendi non sia più seguito.
Questo mostro, la "Feminazi", quella che Trump ha definito una
"cosa debordante sangue dagli occhi e non solo" ci ha sconfitti.
Ed ora dopo aver sopportato per otto anni un uomo nero che ci diceva cosa fare,
dovremmo rilassarci e prepararci ad accogliere i prossimi otto anni con una donna a farla da padrone?
Dopodiché, per i successivi otto anni ci sarà un gay alla Casa Bianca!
Poi toccherà ai transgender!
Vedete che piega abbiamo preso.
Finiremo col riconoscere i diritti umani anche agli animali
ed un fottuto criceto guiderà il paese. Tutto questo deve finire.
3. Il problema Hillary.
Possiamo parlare onestamente, almeno tra noi?
E prima di farlo, lasciate che lo dica, mi piace davvero Hillary
e credo che le sia stata attribuita una cattiva reputazione che non merita.
Ma dopo il voto per la guerra in Iraq,
ho promesso che non avrei mai votato per lei un'alra volta.
Fino ad oggi, non sono venuto meno alla promessa.
Ma, per impedire ad un protofascista
di diventare il nostro "comandante supremo" infrangerò la promessa.
Putroppo, credo che la Clinton troverà il modo di coinvolgerci in una qualche azione militare.
È un falco, alla destra di Obama.
Ma il dito da psicopatico di Trump è pronto a premere Il Bottone. Questo è quanto.
Accettiamo la realtà dei fatti:
il nostro problema principale non è Trump, è Hillary.
È incredibilmente impopolare:
quasi il 70% degli elettori pensa che sia disonesta e inaffidabile.
Rappresentante della vecchia politica,
che non crede a niente se non alle cose utili a farsi eleggere.
Ecco perché il momento prima si oppone al matrimonio gay e quello dopo ne celebra uno.
Tra i suoi principali detrattori ci sono le giovani donne:
questo deve far male considerando i sacrifici e le battaglie che Hillary, e altre donne della sua generazione, hanno sopportato per far sì che le esponenti di questa nuova generazione non fossero più costrette a sentire le Barbara Bush del mondo dire loro di chiudere il becco e andare a sfornare biscotti.
Ma i ragazzi non la amano, e non passa giorno senza che un millennial non mi dica che non voterà per lei.
Nessun democratico, e di certo nessun indipendente, si sveglierà l'8 Novembre e vorrà precipitarsi a votare per Hillary, come invece hanno fatto il giorno dell'elelezione di Obama o quando Bernie ha corso per le primarie.
Non c'è entusiasmo. Dal momento che questa elezione si riduce ad una cosa sola
(chi tira più persone fuori di casa e le conduce ai seggi), Trump adesso è in testa.
4. "Il voto depresso" degli elettori di Sanders.
Smettetela di preoccuparvi che i sostenitori di Bernie non voteranno per la Clinton. Voteremo per lei.
I sondaggi già mostrano che ci saranno più elettori di Sanders pronti a votare Clinton quest'anno, rispetto al numero degli elettori di Hillary alle primarie del 2008, che allora votarono per Obama.
Non è questo il problema.
L'allarme dovrebbe scattare perché quando il sostenitore medio di Bernie si recherà alle urne quel giorno per votare, seppur con riluttanza, per Hillary, esprimerà il cosiddetto "voto depresso": significa che l'elettore non porta con sé a votare altre 5 persone.
Non svolge attività di volontariato nel mese precedente alle elezioni.
Non parla in toni entusiastici quando gli/le chiedono perché voterà per Hillary.
Un elettore depresso.
Perché, quando sei giovane, la tua tollerenza
verso gli ipocriti e le stronzate è pari a zero.
Ritornando all'era Clinton/Bush,
per loro è come dover improvvisamente pagare per la musica,
o usare MySpace o portarsi in giro uno di quei cellulari giganteschi.
Non voteranno per Trump,
qualcuno voterà il terzo partito, molti se ne staranno a casa.
Hillary Clinton dovrà fare qualcosa per fornire loro una valida ragione per sostenerela: e scegliere un ragazzo bianco, moderato, insipido e centrista come candidato alla vicepresidenza non è proprio la mossa vincente per dire ai millennial che il loro voto è importante.
Avere due donne come candidate, quella sarebbe stata un'idea entusiasmante.
Ma Hillary ha avuto paura e ha deciso di andare sul sicuro.
E questo è solo uno degli esempi del modo in cui si sta alienando il favore dei più giovani.
5. L'effetto Jesse Ventura.
Per non ignorare la capacità dell'elettorato di essere malizioso e non sottovalutare il fatto che milioni di elettori si considerano "ribelli segreti" una volta chiusa la tenda e rimasti soli nella cabina elettorale.
È uno dei pochi luoghi della società dove non ci sono telecamere di sicurezza, nessun registratore, non ci sono coniugi, bambini, capi, poliziotti, non c'è neanche un limite di tempo.
Puoi prenderti tutto il tempo che vuoi lì dentro e nessuno può farti nulla. Puoi premere il bottone e votare una linea di partito, oppure scrivere Mickey Mouse e Donald Duck.
Non ci sono regole. E per questo, e per la rabbia che molti sentono verso un sistema politico corrotto, milioni di persone voteranno per Trump: non perché siano d'accordo con lui, non perché ne adorino il fanatismo e l'ego, ma solo perché possono farlo.
Solo perché manderebbe tutto all'aria e farebbe arrabbiare mamma e papà. Un po' come quando osservi le cascate del Niagara e ti chiedi, per un attimo, come sarebbe oltrepassare quel limite.
A tantissime persone piacerebbe interpretare il ruolo del burattinaio e "gettarsi nel vuoto" per Trump, solo per vedere cosa potrebbe succedere.
Ricordate quando, negli anni '90, gli abitanti del Minnesota hanno eletto come governatore un wrestler professionista?
Non l'hanno fatto perché sono stupidi, né perché pensavano che Jesse Ventura fosse un grande statista o un fine intellettuale politico. Lo hanno fatto solo perché potevano.
Il Minnesota è uno degli stati più intelligenti del paese.
È anche pieno di persone con un senso dell'umorismo un po' tetro:
votare per Ventura era il loro scherzo ad un sistema politico malato.
La stessa cosa succederà con Trump.
Mentre tornavo in ALBERGO, dopo aver partecipato allo speciale di Bill Maher sulla Convention repubblicana andata in onda sulla HBO, sono stato fermato da un uomo.
"Mike", ha detto. "Dobbiamo votare per Trump.
Dobbiamo stravolgere un po' le cose".
Ed è finita lì. Per lui quella motivazione era sufficiente.
"Stravolgere le cose". Il Presidente Trump lo farebbe sul serio.
E ad una buona fetta dell'elettorato piacerebbe tanto sedere in tribuna e godersi il reality show.
(La settimana prossima posterò i miei pensieri sul "Tallone d'Achille" di Trump e su come ritengo possa essere sconfitto).
Il vostro
Michael Moore.
Questo post è apparso per la prima volta su Huffington Post Usa ed è stato tradotto dall'inglese da Milena Sanfilippo
Forster. Camera con vista. La quantità di gentilezza disponibile è limitata, proprio come è limitata la quantità di luce», continuò George in tono misurato. «Ovunque ci troviamo, noi proiettiamo un'ombra su qualcosa, ed è inutile spostarsi continuamente da un posto all'altro per migliorare le cose, perché l'ombra ci viene dietro. Bisogna scegliere un posto dove non si fa danno, e rimanerci ben saldi, affrontando la luce del sole.
«La quantità di gentilezza disponibile è limitata, proprio come è limitata la quantità di luce», continuò George in tono misurato. «Ovunque ci troviamo, noi proiettiamo un'ombra su qualcosa, ed è inutile spostarsi continuamente da un posto all'altro per migliorare le cose, perché l'ombra ci viene dietro. Bisogna scegliere un posto dove non si fa danno, e rimanerci ben saldi, affrontando la luce del sole.»
Edward Morgan Forster, "Camera con vista"
San Gerolamo. Facis de necessitate virtutem - Fai di necessità virtù
“Fai di necessità virtù”
La frase (quella originale latina è “facis de necessitate virtutem”) è di San Gerolamo, dottore della Chiesa del IV secolo noto per avere tradotto la Bibbia dal greco e dall’ebraico in latino.
L’espressione compare nelle epistole e negli scritti Contra
Rufinum (dove il santo denigra l’amico Rufino).
Il senso. Con questa frase, ancora oggi molto usata, si invita un altro a fare con buona disposizione d’animo, e non controvoglia, ciò che deve fare obbligatoriamente.
domenica 3 aprile 2016
Franco Nanetti, Counseling ad orientamento umanistico-esistenziale.
"Il cambiamento esige una pratica del riconoscimento progressivo della pluridimensionalità della nostra identità e la scoperta di nuove immagini di noi stessi, pratica e scoperta che ci aiutano ad affrancarci dalle nostre 'finzioni', le quali sovente ci offrono soltanto una pseudo-sicurezza o, ancor peggio, una presunta superiorità che ci blocca dentro rigidi schemi cognitivi e comportamentali che non danno scampo. Solo chi ha complessi di inferiorità o di superiorità non riesce a giocare la molteplicità delle proprie maschere e, rifiutandosi di cambiare, continua ad additare se stesso o il mondo come qualcosa di negativo e di esecrabile.
«Per tutta la vita» scriveva W. W. Dyer «ho desiderato essere qualcuno. Ma ora che sono finalmente qualcuno non sono più io».
L'Io è spesso un'idea falsa di noi stessi, un'idea di come vorremmo essere, un un tentativo maldestro d'identificarci in aspetti parziali di noi perdendo di vista chi siamo realmente.
Un soggetto 'sente la sofferenza' e dice 'Io soffro', fa qualcosa d'importante e dice: 'Io sono importante', cade nell'errore e dice: 'Io sono sbagliato', dimenticando che, in questo suo parcellizzarsi nell'attimo della percezione, egli non è né il suo soffrire, né il suo sentirsi importante, né i suoi errori, e che la sua vera immagine oltrepassa ognuna di queste dimensioni.
L'Io 'frammentato', come 'specchio parziale' di ciò che vorremmo essere per sentirci sicuri, amati, stimati, accettati, è una dimensione del 'falso sé'.
Soggiogati dall'Io, spesso, come si accennava, trasformiamo l'identità del ruolo, ci identifichiamo solo nella 'maschera' che recitiamo, ci collochiamo in quella falsa identità che si costituisce solo attraverso lo sguardo dell'altro su di noi. In questi casi l'Io si trasforma in una 'gabbia', in quella falsa identità che impedisce ad ognuno di accedere alla propria vera essenza. [...]
L'Io costruito attraverso il bisogno di riconoscimento dell'altro è un muro che m'impedisce di vedere chi sono, che mi indica un posto che debbo occupare, ma che mi priva di ogni libertà.
Così succube della mia falsa identità mi affanno ad avere sempre più successo, più potere, più stima, più amore, diventando sempre più lo specchio delle attese degli altri e sempre meno me stesso.
La mia falsa identità mi pone sempre in balia del giudizio altrui.
Nella falsa identità non percepisco più il mio valore in funzione della mia unicità, ma in funzione di ciò che gli altri pensano di me, e così mi adopero ogni giorno per accaparrarmi la loro stima e più mi affanno in questa direzione più perdo irrimediabilmente me stesso.
Diventare migliori, cercando di trovarci superiori, è un modo per alimentare il nostro senso d'inferiorità.
La falsa identità, infatti, ci pone nella condizione di sentirci sempre in ansia, sempre inadeguati, e per questo di dovere avere sempre bisogno di qualcosa che ci manca, di dovere possedere sempre tutto e di più, di dovere controllare ogni cosa diventando refrattari al rischio di incontrare il senso delle cose che ci accadono."
Franco Nanetti, Counseling ad orientamento umanistico-esistenziale, Ed. Pendragon, Bologna, 2009, pp. 24-25
sabato 2 aprile 2016
Eracle. Per ricompensa dei servigi resi, il re di Tebe Creonte concesse a Eracle la mano della figlia Mègara. Dal matrimonio nacquero diversi figli (tre o più secondo le fonti) Era, accecata dai successi di Eracle, lo fece impazzire. Dapprima egli assalì il suo carissimo nipote Iolao, il figlio maggiore di Ificle, che riuscì a sfuggire ai suoi attacchi; poi, scambiando sei dei propri figli per dei nemici, li passò a fil di spada e ne gettò i corpi su un rogo, con i cadaveri di altri due figli di Ificle.
Eracle
Era, accecata dai successi di Eracle, lo fece impazzire.
Dapprima egli assalì il suo carissimo nipote Iolao, il figlio maggiore di Ificle, che riuscì a sfuggire ai suoi attacchi; poi, scambiando sei dei propri figli per dei nemici, li passò a fil di spada e ne gettò i corpi su un rogo, con i cadaveri di altri due figli di Ificle.
Stava accingendosi a uccidere anche Anfitrione, allorché Atena lo colpì al petto con un sasso e gli fece perdere i sensi. Quando recuperò la ragione, si chiuse in una camera buia per alcuni giorni; poi si recò a Delfi per chiedere che cosa dovesse fare.
La Pizia gli consigliò di servire il re di Micene Euristeo per dodici anni e di compiere tutte le fatiche che Euristeo stesso ritenesse opportuno imporgli. Come compenso gli sarebbe stata concessa l'immortalità.