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domenica 20 aprile 2014

Storia del living theatre. Gli edifici chiamati teatri sono trappole architettoniche. L'uomo della strada non entrerà mai in edifici del genere. [...] per questo il Living Theatre non vuole più recitare nei teatri. [...] Come uscire dalla trappola? E indicavate tre strade. La prima: "Liberatevi per quanto possibile dalla dipendenza dal sistema economico"; la seconda: "Abbandonate i teatri"; e la terza: "Trovate nuove forme. Sfondate le barriere dell'arte. L'arte è confinata nella prigione della mentalità dell'establishment". Da parte vostra, vi dividevate in quattro cellule, perché "per trasformare la struttura è necessario attaccarla da più lati". Ma la "decentralizzazione" corrispondeva di fatto a una diaspora che disperdeva in diverse parti del mondo la vostra comunità teatrale. Cosa era successo realmente al vostro interno? E come affrontaste una cesura tanto profonda? Nel '68 eravamo un gruppo omogeneo di 30-35 persone ( era difficile dire chi facesse parte del gruppo a tutti gli effetti e chi no ). E, proprio quando la nostra sperimentazione sulle forme comunitarie era giunta al punto più incandescente, è arrivata la disgregazione. E' stato proprio dopo il periodo rivoluzionario, quando avevamo abbattuto le vecchie strutture per crearne di nuove: e la stessa cosa è successa anche al nostro interno. I fattori di crisi sono stati sottoposti a una nuova analisi ed è emerso che la compagnia conteneva in realtà quattro gruppi differenti che volevano fare differenti tipi di lavoro.

Storia del living theatre.
Gli edifici chiamati teatri sono trappole architettoniche. L'uomo della strada non entrerà mai in edifici del genere. [...] per questo il Living Theatre non vuole più recitare nei teatri. [...] Come uscire dalla trappola? E indicavate tre strade. La prima: "Liberatevi per quanto possibile dalla dipendenza dal sistema economico"; la seconda: "Abbandonate i teatri"; e la terza: "Trovate nuove forme. Sfondate le barriere dell'arte. L'arte è confinata nella prigione della mentalità dell'establishment". Da parte vostra, vi dividevate in quattro cellule, perché "per trasformare la struttura è necessario attaccarla da più lati". Ma la "decentralizzazione" corrispondeva di fatto a una diaspora che disperdeva in diverse parti del mondo la vostra comunità teatrale. Cosa era successo realmente al vostro interno? E come affrontaste una cesura tanto profonda?
Nel '68 eravamo un gruppo omogeneo di 30-35 persone ( era difficile dire chi facesse parte del gruppo a tutti gli effetti e chi no ). E, proprio quando la nostra sperimentazione sulle forme comunitarie era giunta al punto più incandescente, è arrivata la disgregazione. E' stato proprio dopo il periodo rivoluzionario, quando avevamo abbattuto le vecchie strutture per crearne di nuove: e la stessa cosa è successa anche al nostro interno. I fattori di crisi sono stati sottoposti a una nuova analisi ed è emerso che la compagnia conteneva in realtà quattro gruppi differenti che volevano fare differenti tipi di lavoro.
Cristina Valenti. Storia del living theatre


Allargare la sfera della sensibilità umana è il solo infallibile segno del genio nelle belle arti. Wordsworth vitato da Hebert Read.
Il nuovo mondo non sarà scoperto senza nuovi vascelli su cui navigare.
Il teatro è un vascello per esplorare.
Nessuno può essere persuaso contro la sua volontà.
Ci aspettiamo una naturale simpatia tra l'artista e la libertà umana e siamo sempre delusi quando non riesce a manifestarsi. Per questa ragione l'innovazione è un imperativo.
Vivere la vita più pienamente è la forza motrice. Quando questa cessa, come avviene nell'Iowa e anche a Parigi, allora il miglior rigor mortis a manifestarsi.
Parigi 1 luglio 1982
THEANDRIC
JULIAN BECK
IL TESTAMENTO ARTISTICO DEL FONDATORE DEL LIVING THEATRE
EDIZIONI SOCRATES 1994


"Il teatro povero non fu soltanto un tentativo di collocare la creatura umana in una situazione di assenza di cose allo scopo di esaminarla/o, fu anche un modo di dire No alla società che è capace di "vedere" soltanto se ci sono cose tutto intorno che impediscono alla verità di librarsi in volo costringendola nella realtà dei prodotti industriali e del dispendio di denaro.
Infatti siamo tutti così degradati che il costo misura il valore reale.
Se qualcosa non ha prezzo non è presente nella nostra realtà.
Questi sono problemi generici".
Tharon Plage (Francia) 3 aprile 1983


Non ho scelto di lavorare nel teatro, ma nel mondo.
II Living Theatre è diventato la mia vita, il teatro vivente.
Ci divoriamo a vicenda. Non posso distinguere l'uno dall'altro. In esso Judith e io ci uniamo.
Altri con noi. Degli attori vi sono aggrappati come i pidocchi all'aquila di Jeffers.
Ci sono attori che sono i miei occhi e dei tecnici che sono le nostre ali.
Il nido che costruiamo forse brulicherà di vermi. Le uova generano carnivori.
II mio teatro. Tengo Io specchio finché le braccia mi fan male.
Cade sulle teste degli spettatori lasciandoli feriti e sanguinanti.
Oppure non succede nulla.
Tengo uno specchio che è soltanto una crollante icona di merda, e io vi sono sepolto sotto.
Un cumulo di letame sulla scena dove nessuno può guardare. Una vita unica dì niente.
Julian Beck



julian beck
Artaud vide nella famosa bellezza del teatro orientale un movimento che riempi d'invidia la sua immaginazione. Ma Artaud era intrappolato dalle immagini, il grande tabù degli ebrei che nella comprensione trascendentale sanno la seduzione dell'occhio così forte e penetrante da minacciare l'uomo di distruzione; struggendosi lui stesso per la Grande Liberazione, Artaud non sapeva ancora come noi, circa trent'anni più tardi, che l'occhio non è il maggiore organo percettivo del corpo.
Il Teatro Oltre l'Occhio. Il Teatro del Corpo Che Non Soltanto Vede Ma...
Il Teatro Che Si Muove. Fa' attenzione. Muoviti.




Roberto Maestri
Il teatro nella sua complessità e interezza dell'espressione corporea
dove gesto, parola, emozione fanno parte di un tutto che è la sintesi dell'arte dell'attore.


Bianca Bertolucci
Sono d'accordo con julian beck, "Il Teatro Oltre l'Occhio",
in questo momento l'ipnosi passa attraverso l'occhio.
Abbiamo bisogno di altre porte per avvicinarci alla vita,
al vero, per non morire accartocciati su noi stessi.
Noi pensiamo di guardare il reale
ed intanto ci stanno prosciugando la linfa vitale.




Io credo che quello che mi ha fatto trovare antipatico il teatro italiano erano i "teatranti" o attori che amavano fare i divi del teatro...Shakespeare aveva scritto che i peggiori attori in Italia erano quelli sul palcoscenico e Peter O'Toole diceva che fare l'attore di teatro doveva essere come pisciare contro un muro e non recitare i testi come fossero testi sacri....Julian Beck ha fatto questo inventando il teatro povero.





Il teatro è in strada...se l'emozione è vera arriva anche se sussurrata..



Julian, negli anni 70, per lungo tempo, fu ospitato, gratuitamente, nel mio atelieur "IL CIELO" per continuare la sua attività laboratoriale. Era un grande senza soldi, e, dalle nostre parti, puoi essere grande quanto ti pare, ma, se non hai denaro, ti scanzano tutti.



Non esiste più un teatro rivoluzionario e lo stesso Living, ma soprattutto la sua dependance in Italia si è infine imborghesito e non scende più in strada.



quello che è esistito, può anche riesistere, con motivazioni simili ma differenti. Sono degli URLI nel mondo piatto della parola. O quando la parola si appiattisce, viene ascoltata, ma non ha più senso. [...] E' il momento di lanciarlo un altro URLO, silenzioso, forse, senza parole, un canto alla BELLEZZA che ci stanno togliendo, un URLO corale espansivo, efficace, DIROMPENTE!! Il momento è giusto, se non vogliamo soccombere.



certo che c'è ancora bisogno dell'URLO, ma oggi il teatro è passato da arte a mestiere
Oggi il teatro di Julian e Judit è semplicemente un ricordo di alcuni nostalgici (anche per età) i giovani "fanno" teatro sperando che qualcuno li noti e li scritturi per qualche intervento in televisione - credo che non debba sottolineare la qualità di molta recitazione. C'è ancora chi fa dell'ottimo teatro, ma è sempre più relegato in ambiti ristretti e, sicuramente, poco frequentati. Oggi è più importante il numero di biglietti staccati che non il lavoro di gente che ha qualcosa da dire.



i mestieranti del teatro ci sono sempre stati, così pure gli artisti. Il Teatro è il contenitore di tutte le arti. E' già cambiato, e cambierà ancora è un continuo mutamento...come la vita.



io penso che dio denaro ci fa diventare avari, ci divide e ci tiene sgretolati da noi stessi ma se vogliamo veramente il cambiamento di noi stessi ci dobbiamo attivare e trovare noi stessi io sono sveglio e pronto per un living povero ma chissà quanta poesia si potrà esternare nella povertà



il Teatro è ARTE espressione della vita umana, è sentimento, passione, socialità ed è in esso che il corpo umano diventa espressione della verità..



Infatti il Teatro gabbia allontana la persona dalla consapevolezza che è lui stesso un'artista, ma purtroppo rimarrà inconsapevole ...



Molto interessante e condivisibile.
Inviterei, però, oltre a quella sociale, a valutare un'altra caratteristica dei teatri: quella "fisica". Cioè, un teatro deve avere delle peculiarità per cui la voce e il suono possano propagarsi al meglio, raggiungendo tutti gli spettatori il più possibile allo stesso modo.



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