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domenica 14 ottobre 2012

Ludwig Wittgenstein. Filosofia architettura gesto. Il lavoro filosofico è propriamente – come spesso in architettura – piuttosto un lavoro su se stessi. Sul proprio modo di vedere. Su come si vedono le cose. (E su che cosa si pretende da esse). 1931 L'architettura è un ‘gesto’. Non ogni movimento funzionale del corpo umano è un gesto. Come non è architettura ogni edificio funzionale

Ludwig Wittgenstein nella prefazione al suo Tractatus logico-philosophicus scriveva :
"Questo libro vuol tracciare al pensiero un limite [...].
Ma per tracciare al pensiero un limite,
dovremmo poter pensare ambo i lati di questo limite
(dovremmo poter pensare quel che pensare non si può)".



Su ciò di cui non si è in grado di parlare, si deve tacere.
Ludwig Wittgenstein


Scopo della filosofia è la chiarificazione logica dei pensieri.
La filosofia è non una dottrina, ma un’attività.
Un’opera filosofica consta essenzialmente d’illustrazioni.
Risultato della filosofia non sono «proposizioni filosofiche»,
ma il chiarirsi di proposizioni.
La filosofia deve chiarire e delimitare nettamente i pensieri che altrimenti,
direi, sarebbero torbidi e indistinti.”
Ludwig Wittgenstein, Tractatus logico philosophicus, 4.112


"Il libro tratta i problemi filosofici e mostra – credo – che la formulazione di questi problemi si fonda sul fraintendimento della logica del nostro linguaggio. Tutto il senso del libro si potrebbe riassumere nelle parole: tutto ciò che può essere detto si può dire chiaramente; e su ciò di cui non si può par-lare, si deve tacere".
Ludwig Wittgenstein, Tractatus logico philosophicus Einaudi,Torino.Prefazione



Le proposizioni della logica descrivono l’armatura del mondo, o piuttosto, la rappresentano.
Esse non «trattano» di nulla. Esse presuppongono che i nomi abbiano significato, e che le proposizioni elementari abbiano senso: e questo è il loro nesso con il mondo. Un nesso non solo limitante, ma anche prevedibile. [...]Ecco perché in logica non possono mai esservi sorprese.
L. WITTGENSTEIN, Tractatus logico philosoficus




Rosanna Pizzo a
Tanti problemi filosofici nascono dall'uso inappropriato del linguaggio.



Mara Pederzani

"Tale sentenza ha carattere etico e il suo scopo sarebbe quello di mettere al riparo da tentativi fallimentari di espressione una regione del senso che non può essere espressa sensatamente dal linguaggio, quella regione «fuori dal mondo» «fuori da ogni avvenire ed essere-così», in cui ne sono però racchiusi il senso ed il valore.
Date queste premesse la critica che Adorno muove a Wittgenstein sembra essere del tutto legittima: tutte le proposizioni del Tractatus avrebbero come unica finalità quella di mettere a tacere quanti parlano a vanvera su ciò di cui non si può parlare; il carattere etico di un tale obiettivo starebbe allora ad indicare che la proposizione va letta come una «legge etica generale della forma “Tu devi...” (du sollst...)».
In realtà Wittgenstein ci sta mostrando che non tutto può dirsi, che vi è qualcosa che sfugge al tentativo di essere detto, qualcosa di ineffabile che non si piega allo sforzo del linguaggio di esprimersi sensatamente su di esso. Non solo: Wittgenstein ci sta dicendo anche che tutto quanto rientra nell’ambito dell’inesprimibile è proprio ciò che riguarda i nostri «problemi vitali», il senso ed il valore del mondo e della nostra vita, dunque tutto ciò che più conta ed è massimamente importante per noi. La proposizione non ha dunque lo scopo di vietare l’espressione ....."
(stralcio da una tesi di dottorato di ricerca in Filosofia "Il bisogno di dire
La questione dell’indicibile nella filosofia di Adorno e Wittgenstein")





Rosanna Pizzo a

Wittgenstein diceva "Il mondo è tutto ciò che accade.
Il mondo è la totalità dei fatti, non delle cose».Ai grandi problemi posti dall'etica e dall'estetica, della filosofia, quindi non possiamo dare risposte. Possiamo dare risposta alla domanda "Qual'é il senso della vita?" No , troppo astratto, non é un fatto empirico, non ci consente risposte sensate, però Wittgenstein dirà in una lettera a Ludwig von Ficker a proposito delle poesie di Georg Trakl «Non le capisco, ma il loro tono mi rende felice".




L'intuizione fondamentale di Wittgenstein fu aver capito che la maggior parte dei problemi filosofici sono in realtà problemi del linguaggio. Sostenne che il linguaggio non è un contenitore di oggetti, ma lo strumento di una forma di vita. Il senso di una proposizione non dipende né dall'avere senso di un'altra proposizione (fine delle aporie della logica dimostrativa) né dall'esistenza di un qualche oggetto fuori dal proposizione che ne rappresenti la validazione (fine delle illusioni metafisiche). Così l'ho interpretato io, si intende.




Si sente continuamente l'osservazione che la filosofia propriamente non fa alcun progresso, e che noi ci occupiamo ancora degli stessi problemi di cui già si occupavano i Greci. Ma chi dice questo non capisce la ragione per cui è //deve essere// così. La ragione è che il nostro linguaggio e rimasto lo stesso e che ci induce a porre sempre ancora le stesse domande. Finchè ci sarà un verbo 'essere' che sembra funzionare come 'mangiare' e 'bere', finché ci saranno aggettivi come 'identico', 'vero', 'falso', 'possibile', finché si parlerà dello scorrere del tempo e dell'estensione dello spazio, e così via, fino ad allora gli uomini incapperanno sempre nelle stesse misteriose, difficoltà, e si fisseranno su ciò che nessuna spiegazione sembra poter rimuovere.
E ciò soddisfa, tra l'altro, un'aspirazione verso il soprannaturale //trascendente//; infatti, mentre credono di vedere i "limiti dell'intelletto limino", naturalmente credono di poter vedere al di là di ciò.
Ludwig Wittgenstein, "FILOSOFIA" (dal 'Big Typescript', 1932)




"Chi ha il linguaggio ha il.mondo".



Ludwig Wittgenstein.
- Chi insegna filosofia -
“ Chi oggi insegna filosofia dà all’altro dei cibi non perché essi gli piacciano, ma per far sì che il suo gusto si modifichi.
1931”
LUDWIG WITTGENSTEIN (1889 – 1951), “Pensieri diversi”, a cura di Georg Henrik von Wright (Prefazione) con la collaborazione di Heikki Nyman, edizione italiana, trad. e nota a cura di Michele Ranchetti, Adelphi, Milano 1988 (nuova ed., I ed. 1980), p. 45.
“ Wer heute Philosophie lehrt, gibt dem Andern Speisen, nicht, weil sie ihm schmecken, sondern um seinen Geschmack zu ändern.
1931”
LUDWIG WITTGENSTEIN, “Vermischte Bemerkungen” (1914 – 1951), herausgegeben von Georg Henrik von Wright (Vorwort) und Heikki Nyman, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1977 (1 Auflage) , S. 41.



Umberto Pasi 
A secoli e secoli di distanza da alfa elaton il metodo tipico della disciplina filosofica rimane lo stesso: mai essere soddisfatti e mettere in discussione tutto!





Al filosofo il dovere di aprire le menti e al poeta quello di aprire i cuori.
L'unica e vera rivoluzione. La sola speranza.


Il pensiero contiene la possibilità della situazione che esso pensa. Ciò che è pensabile è anche possibile.
Ludwig Wittgenstein


Si potrebbe fissare un prezzo per i pensieri.
Alcuni costano molto, altri meno.
E con che cosa si pagano i persieri?
Con il coraggio credo.
Ludwig Wittgenstein


Poiché le nostre mire non sono alte, ma illusorie, i nostri problemi non sono difficili bensì privi di senso.
Ludwig Wittgenstein


A fondamento della credenza fondata sta la credenza infondata
Ludwig Wittgenstein, Della certezza


Il bambino impara a credere a un sacco di cose. Cioè, impara, per esempio, ad agire secondo questa credenza. Poco alla volta, con quello che crede si costruisce un sistema e in questo sistema alcune cose sono ferme e incrollabili, altre sono più o meno mobili. Quello che è stabile, non è stabile perché sia in sé chiaro o di per sé evidente, ma perché è mantenuto tale da ciò che gli sta intorno”
Ludwig Wittgenstein, Della certezza


Noi sentiamo che anche qualora tutte le possibili domande scientifiche avessero avuto risposta, i problemi della vita non sarebbero stati ancora neppure toccati.
Certo, allora non resta più domanda alcuna, e questa appunto è la risposta
Ludwig Wittgenstein, "Tractatus logico-philosophicus"


Le parole sono azioni.
Ludwig Wittgenstein, Pensieri diversi, 1934/37


Il linguaggio è un labirinto di strade.
Vieni da una parte e ti sai orientare; giungi allo stesso punto da un'altra parte, e non ti raccapezzi più.
I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo.
Ludwig Wittgestein



"L’inesprimibile (ciò che mi appare pieno di mistero e che non sono in grado di esprimere) costituisce forse lo sfondo sul quale ciò che ho potuto esprimere acquista significato."
Ludwig Wittgenstein



"L'edificio del tuo orgoglio va demolito. E questo dà un lavoro tremendo."
"Se fai un sacrificio e poi ne meni vanto, sarai dannato col tuo sacrificio"
Ludwig Wittgenstein, "Pensieri diversi"



Ludwig Wittgenstein. Filosofia architettura gesto.
Il lavoro filosofico è propriamente – come spesso in architettura – piuttosto un lavoro su se stessi. Sul proprio modo di vedere. Su come si vedono le cose. (E su che cosa si pretende da esse). 1931
L'architettura è un ‘gesto’. Non ogni movimento funzionale del corpo umano è un gesto. Come non è architettura ogni edificio funzionale.


"La soluzione del problema della vita si scorge allo sparir di esso.
(Non è forse per questo che uomini, cui il senso delle vita divenne,
dopo lunghi dubbi, chiaro, non seppero poi dire in che consisteva questo senso?)."
Ludwig Wittgestein, il "Tractatus logico-philosophicus"


Le angosce sono come le malattie; vanno accettate: la cosa peggiore che si possa fare è di ribellarvisi.
Anch'esse ci colgono per attacchi, scatenati da occasioni interne o esterne. E allora dobbiamo dire a noi stessi: «Un altro attacco».
Ludwig Wittgenstein, da Pensieri diversi


Quando uno crede di aver trovato la soluzione del problema della vita e vorrebbe dire a se stesso: ora è tutto molto facile, costui, per confutare se stesso, dovrebbe solo ricordarsi che vi è stato un tempo in cui questa  << soluzione >> non era stata trovata; anche a quel tempo però si doveva poter vivere, e in rapporto a esso la soluzione trovata appare come un caso fortuito. Così succede a noi con la logica. Se esistesse una << soluzione >> dei problemi logici (filosofici), dovremmo solo tenere a mente che un tempo essi non erano affatto risolti ( e anche allora si doveva pur poter vivere e pensare). 1930
Ludwig Wittgenstein



Io sentii in quel momento con una certezza, che non andava del tutto disgiunta da un senso di dolore, che anche nel prossimo e nel seguente e in tutti gli anni di questa mia vita non scriverò alcun libro inglese né latino: e ciò per l’unica ragione, la cui singolarità a me stesso penosa lascio con occhio non accecato alla Vostra infinita superiorità spirituale collocare al suo posto nel regno davanti a Voi armoniosamente dispiegato dei fenomeni spirituali e materiali: perché invero la lingua in cui mi sarebbe dato non solo di scrivere, ma anche di pensare, non è la latina né l’inglese né l’italiana o la spagnola, ma una lingua, di cui non una parola mi è nota, una lingua, in cui mi parlano le cose mute e in cui forse un giorno nella tomba mi discolperò davanti a un giudice ignoto.»
(Hugo von Hofmannsthal "Lettera di Lord Chandos") Questo brano é tratto da una lettera immaginaria, scritta da Hugo von Hofmannsthal e pubblicata nel 1902, inviata da Lord Chandos, un giovane, che sta vivendo una crisi sul senso e sui limiti del linguaggio, al suo maestro Francis Bacon.
Ludwig Wittgestein, nel suo "Tractatus logico-philosophicus", dirà" I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo.


Ludwig Wittgenstein proibiva ai suoi studenti del Trinity College di Cambridge di prendere appunti durante le lezioni perché, diceva, chi prende appunti si concentra su quel che sta scrivendo, non su quel che sta ascoltando
Matteo Persivale, “Corriere della Sera”, 18 giugno 2016


Ludwig Wittgenstein. NON POSSO IMMAGINARE IL MONDO NON ESISTENTE. 
“Se dico «Mi meraviglio per l’esistenza del mondo», faccio un cattivo uso della lingua. Lasciatemi spiegare: ha un significato chiaro e preciso il dire che mi meraviglio di qualche cosa perché È COME È, tutti capiamo cosa voglia dire meravigliarsi per le dimensioni di un cane più grosso di qualsiasi cane mai visto, o per qualcosa di straordinario, nell’accezione comune del termine. In tutti questi casi, io MI MERAVIGLIO DI QUALCOSA PERCHÉ È COME È, E CHE ‘POTREI’ CONCEPIRE COME DIVERSA. Mi meraviglio per le dimensioni di questo cane, perché potrei immaginare un cane di dimensioni normali, per esempio, di cui non mi meraviglierei. Dire «MI MERAVIGLIO DI QUESTO E DI QUEST’ALTRO», HA SENSO SOLO SE POSSO IMMAGINARMI CHE LE COSE NON STIANO COSÌ. In questo senso, ci si può meravigliare, diciamo, per l’esistenza di una casa, vedendola, non avendola visitata da molto tempo e avendo immaginato che l’avessero demolita nel frattempo. Ma NON HA SENSO DIRE CHE MI MERAVIGLIO PER L’ESISTENZA DEL MONDO POICHÉ NON POSSO IMMAGINARLO NON ESISTENTE. Posso certo MERAVIGLIARMI CHE IL MONDO ATTORNO A ME SIA COSÌ. Se, per esempio, avessi una tale esperienza mentre guardo il cielo azzurro, potrei meravigliarmi del suo essere azzurro, invece che coperto di nubi. Ma non è questo che voglio dire. MI STO MERAVIGLIANDO DEL CIELO, ‘COMUNQUE SIA’. Si potrebbe essere tentati di dire che mi sto meravigliando di una tautologia, e cioè del cielo azzurro o non azzurro che sia, ma allora NON HA SENSO DIRE DI MERAVIGLIARSI DI UNA TAUTOLOGIA.”
LUDWIG WITTGENSTEIN (1889 – 1951), “Conferenza sull’etica” (tenuta, probabilmente, fra il settembre 1929 e il dicembre 1930 per l’associazione «The Heretics», a Cambridge. Unica conferenza pubblica che di lui si conosca), in ID., “Lezioni e conversazioni sull’etica, l’estetica, la psicologia e la credenza religiosa”, trad. e cura di Michele Ranchetti, Adelphi, Milano 1988 (VI ed., I ed. 1967), pp. 13 – 14.



Ludwig Wittgenstein, Etica ed estetica sono tutt’uno.
“6.4 1 Il senso del mondo dev’essere fuori di esso. Nel mondo tutto è come è, e tutto avviene come avviene; non v’è in esso ‹in› esso alcun valore – né, se vi fosse, avrebbe un valore. Se un valore che abbia valore v’è, esso dev’essere fuori d’ogni avvenire ed essere-così. Infatti, ogni avvenire ed essere-cosí è accidentale.
Ciò che li rende non-accidentali non può essere ‹nel› mondo, ché altrimenti sarebbe, a sua volta, accidentale.
Dev’essere fuori del mono.
6.4 2 Né, quindi, vi possono essere proposizioni dell’etica.
Le proposizioni dell’etica non possono esprimere nulla di ciò che è piú alto.
6.4 2 1 È chiaro che l’etica non può formularsi.
L’etica è trascendentale.
(Etica ed estetica sono tutt’uno.)ˮ
LUDWIG WITTGENSTEIN (1888 – 1951), “Tractatus logico-philosophicusˮ (1921), a cura e trad. di Amedeo G. Conte, introduzione di Bertrand Russell, Einaudi, Torino 2009 (VII ed., I ed. 1964), p. 106.
“ 6.4 1 Der Sinn der Welt muss außerhalb ihrer liegen. In der Welt ist alles, wie es ist, und geschieht alles, wie es geschieht; es gibt in ihr keinen Wert - und wenn es ihn gäbe, so hätte er keinen Wert.
Wenn es einen Wert gibt, der Wert hat, so muss er außerhalb alles Geschehens und So-Seins liegen. Denn alles Geschehen und So-Sein ist zufällig.
Was es nichtzufällig macht, kann nicht in der Welt liegen, denn sonst wäre dies wieder zufällig.
Es muss außerhalb der Welt liegen.
6.4 2 Darum kann es auch keine Sätze der Ethik geben.
Sätze können nichts Höheres ausdrücken.
6.4 2 1 Es ist klar, dass sich die Ethik nicht aussprechen lässt.
Die Ethik ist transzendental.
(Ethik und Ästhetik sind Eins.)ˮ
LUDWIG WITTGENSTEIN, “Logisch-Philosophische Abhandlungˮ, in «Annalen der Naturphilosophie», Herausgegeben von Wilhelm Ostwald, Unesma, Leipzig, 1921, Vierzehnter Band, (S. 185 – 262), S. 260.



“Se la vostra attenzione è attirata per la prima volta dal fatto che gli STATI DI COSE ECONOMICI hanno conseguenze enormi e ovvie, mentre non è così per cose come gli STATI MENTALI generali della gente, oppure è attirata dal fatto che È MOLTO PIÙ FACILE FARE PREDIZIONI A PARTIRE DA STATI DI COSE ECONOMICI PIUTTOSTO CHE DALLO STATO MENTALE DI UNA NAZIONE, è molto naturale pensare che ‘tutte’ le spiegazioni possano e debbano essere fornite sul MODELLO DELLE SPIEGAZIONI ECONOMICHE DEGLI STATI DI COSE STORICI. Si dice: «Un’ondata di un entusiasmo religioso passò sull’Europa», mentre di fatto questa è solo una metafora. «Le Crociate ebbero origine dallo stato d’animo della cavalleria». E potete per esempio pensare a ciò che sta succedendo al giorno d’oggi.
I giornali ora scrivono qualcosa di interamente diverso ogni sei mesi. Supponente che qualcuno provi a spiegare gli eventi dicendo: «Beh, basta che leggi il ‘Times’ ecc. e vedrai lo spirito della nazione». Qualcuno potrebbe dire: «Questa è solo la schiuma che sta sulla cima di ciò che è importante».
Potete essere completamente fuorviati a proposito dei FATTI A PARTIRE DAI QUALI È SICURO FARE UNA PREVISIONE. Supponete di essere dei meteorologi: «Se vuoi fare una previsione non guardare le nuvole ‘qui’, fatti una stazione in Groenlandia». Non puoi fare una previsione su questo (i giornali). È aria fritta. Potreste avere la sensazione seguente: «Una cosa la so: se la gente ha fame vuole mangiare; il freddo genera quasi sempre una reazione di desiderio di scaldarsi». Per esempio adesso potreste dire: «Ciò che i giornali adesso dicono non vale proprio niente; ciò che conta è la condizione economica della gente». Una volta che scoprite questo, o lo sentite da qualcuno, la reazione naturale è quella di pensare: «Ora è tutto fatto». Come se aveste spiegato tutto, quando tutto quello che avete fatto è afferrare una spiegazione che può non aver spiegato proprio niente. La scoperta vi abbaglia.
Una scoperta può influenzare ciò che dite sulla libertà del volere. Anche solo col dirigere la vostra attenzione in un modo particolare.
Penso che si possa dire che le proposizioni di cui uno tenderebbe a dire che esprimono dei sentimenti sono generalmente dette con sentimento.”

http://youtu.be/YaVzeCzStm8







LUDWIG WITTGENSTEIN (1889 - 1951), “Lezioni sulla libertà del volere” (“Lectures on Freedom of the Will. Notes by Jorick Smythies” Cambridge 1945-1946 or 1946 - 1947, in ‘Philosophical Investigations’, n. 12, 2 April 1898, pp. 85 - 100), trad., introd. e cura di Alberto Voltolini, Einaudi, Torino 2006, II lezione, pp. 75 – 76.

LUDWIG WITTGENSTEIN (1889 – 1951), “Pensieri diversi”, a cura di Georg Henrik von Wright (prefazione) con la collaborazione di Heikki Nyman, ed. it. a cura di Michele Ranchetti(nota), Adelphi, Milano 1988, 1931 p. 43, 1942 p. 87.

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