Anfora con scritta di S'Arcu 'e is Forros. Garbini: in filisteo - fenicio. No, in puro nuragico Scritto da Gigi Sanna Lunedì 10 Settembre 2012 05:59http://www.gianfrancopintore.net/index.php?option=com_content&view=article&id=427:anfora-con-scritta-di-sarcu-e-is-forros-garbini-in-filisteo-fenicio-no-in-puro-nuragico-&catid=3:archeologia&Itemid=37
di Gigi Sanna
Ora non si 'nasconde' più, non si ignora più e non si fa finta di nulla. Le sorprese sulla scrittura dell'età del Bronzo finale e del I Ferro in Sardegna non arrivano da fonti di 'cialtroni' e/o di 'falsari' ma sempre di più dalle fonti ufficiali.
[...]
Fig. 1. Epigrafe di S'Arcu 'e is Forros
Fig. 2. Grafemi messi in evidenza
Le cose però non stanno proprio così, a Villagrande Strisaili nessuno 'lascia' niente e non c'entra per niente la scrittura filistea e tanto meno il codice di scrittura fenicio. E vedremo perché.
1. Ma perché Garbini? - Vedendo nella rivista l'articolo della Fadda con il corredo di una scheda sintetica di G. Garbini ci siamo chiesti il perché dell'intervento dello studioso riguardante un documento 'straordinario' scritto trovato in Sardegna e mantenuto segretissimo a tutti, ai linguisti, agli epigrafisti, agli storici e a tutti gli studiosi sardi e non. Persino al sindaco del Comune di Villagrande Strisaili finanziatore degli scavi archeologici del sito di S'Arcu 'e is Forros. Un'archeologa avrebbe dovuto, per correttezza, informare subito perlomeno la Sovrintendenza e i suoi colleghi isolani, soprattutto alcuni che da 'epigrafisti' si sono pronunciati con patente di autorevolezza (tanto che non hanno chiesto mai l'aiuto di nessuno), anche recentemente, su alcuni dei documenti 'nuragici' in bronzo e in ceramica dell'età del bronzo finale, del I Ferro e dell'età successiva. Alludo, naturalmente, soprattutto a Rubens D'Oriano per il 'sigillo nuragico fittile diS.Imbenia' di Alghero, a Paolo Bernardini per lo spillone in bronzo di Antas di Fluminimaggiore, a Marco Minoja per il coccio di Sa Serra 'e sa Fruca di Mogoro, a Marcello Madau per l'amuleto diNurdole di Orani, a Michele Guirguis per gli scarabei sardo-egizi di Monte Sirai. a Giovanni Ugas per i cosiddetti segni alfabetici 'euboici' di varia provenienza documentaria. Argomenti questi tutti ampiamente trattati e commentati in questo Blog (4)
Perché dunque nessuno di questi studiosi ma Garbini? Forse perché l'archeologa non si fidava proprio della competenza dei colleghi sardi e perciò ha optato per un esterno, un 'continentale'? Oppure perché ha preferito uno al di fuori dei 'giochi' e degli interessi accademici e noto come orientalista in campo internazionale? Oppure perché, data la feroce polemica in corso sull'esistenza della scrittura nuragica, dopo aver tastato per benino il terreno, ha fatto prendere il largo al documento epigrafico e scelto un perito di grande livello che, in qualche modo, parlasse (con determinazione) di scrittura sì ma non 'sarda'? Magari fornendogli un 'assist' impensabile per un tema a lui prediletto ed escludendo così l'uso della scrittura da parte di popolazioni nuragiche della costa orientale della Sardegna e soprattutto dell'interno della Sardegna? Io propenderei per l'ultima ipotesi, dato che un confuso e 'contorto' ma pur sempre 'fenicio' di fenici prefenici andava in qualche modo sul versante pragmaticamente utile in quanto tendente a salvaguardare il cosiddetto 'consolidato', ovvero il nome e la cultura di un popolo fantasma senza il quale però la vita in tutto il Mediterraneo antico, per certuni, proprio non è.
2. Mi dispiace, ma il prof. Garbini sbaglia. E non di poco - Mi dispiace per il prof. Giovanni Garbini, che certamente in buona fede e con logica conseguenza 'vede' in quel documento qualche traccia (un segno in tutto!) in più di quella cultura filistea della cui presenza in Sardegna si mostra convinto attraverso la lettura di uno scarabeo di Tharros e la presenza di un toponimo (5) nella zona orientale dell'isola. Lo studioso sbaglia, non solo per troppo attaccamento alla sua tesi sull'espansionismo filisteo in Sardegna e in Italia intorno all'anno Mille, ma anche e soprattutto perché non conosce minimamente (nonostante se ne parli ormai da 15 anni!) nessuno dei cento e più documenti 'nuragici' (6) venuti alla luce, in buona parte, tra gli anni 1996 e 2011. Cita il sigillo del Nuraghe S. Imbenia di Alghero, un concio graffito del Nuraghe Nurdole di Orani con quattro segni che sarebbero, a suo dire, 'filistei' e più in là non va. Non conosce, non dico la rotella (7) del Museo Nazionale 'Sanna' di Sassari, ma neppure lo spillone di Antas pubblicato da quasi due anni da P. Bernardini; reso noto cioè da un membro della cosiddetta scienza ufficiale! E dimostra purtroppo di non conoscere neppure la barchetta fittile di Teti (v. figg.3 - 4 -5 -6), reperto ben noto all'archeologa M. A. Fadda la quale, dimenticandosi (diciamo così) di informare lo studioso della sua esistenza (e prima o poi dovrà spiegare bene a tutti il perché) nel museo e della presenza dei suoi dodici segni (8), ha di fatto impedito, tra l'altro, all'illustre epigrafista continentale non solo di vedere papali papali i due segni protosinaitici e poi protocananaici della zayn, i due segni dell' 'aleph e del nun pittografici (ugualmente protosinaitici e poi protocananici), ma anche e soprattutto di meditare più a fondo sul segno strano a 'pugnaletto nuragico '(9) che è, con ogni probabilità, quello che lui nella scritta di S'Arcu 'e is Forros giudica 'filisteo' e preso, addirittura, dalla scrittura 'lineare A' (10)
3. La scrittura nuragica e la griglia di Sassari - Abbiamo scritto nel presentare la griglia nel Convegno multidisciplinare tenuto nell'aula Magna della Facoltà di Medicina di Sassari, tenutosi nel Novembre del 2011, che è impossibile fare un falso di scrittura nuragica perché essa è di tipologia del tutto particolare e ubbidisce a non pochi requisiti senza dei quali scrittura 'nuragica' non può essere detta. Questi non pochi requisiti, sempre o quasi sempre presenti, li abbiamo elencati facendo anche numerosi esempi tratti dal materiale documentario finora pervenutoci (11).
Ora, nonostante ciò e nonostante una mostra illustrativa permanente apertasi in Macomer (sempre in concomitanza del convegno sassarese), si trova in S'Arcu 'e is Forros di Villagrande Strisaili un bellissimo ma non eccezionale documento scritto e si dice, senza esitazione e dubbi di sorta, che esso è filisteo - fenicio. Con terminologia, tra l'altro, incomprensibile e del tutto sconosciuta agli epigrafisti e agli studiosi di storia della scrittura (la categoria documentaria epigrafica del filisteo-fenicio per ora non esiste). Noi invece diciamo che esso, se sottoposto alla severa griglia di cui sempre ormai ci serviamo (12), mostra tutta la sua inconfondibile, unica e, in questo caso anche commovente, 'nuragicità'. Vediamo di spiegarlo per gradi.
4. La tipologia dei segni. Le legature e i nessi - I segni, manifestamente tracciati dopo la cottura del manufatto, incisi con una punta metallica molto acuminata (forse uno spillone) sono molto sottili e corrono per buona parte, circa una metà (v. più avanti), della spalla carenata dell'anfora. Quelli che si sono salvati dopo la rottura del vaso si mostrano in genere molto chiari, sicuri ed eleganti sia per la forma e sia per la loro calcolata disposizione curvilinea posta tra il bordo della spalla carenata del vaso e il foro d'apertura del recipiente. Purtroppo della loro dimensione non è dato sapere perché l'archeologa mostra con diligenza professionale i frammenti del vaso e lo ricompone (basandosi ovviamente sulle più o meno evidenti linee di frattura), ma non offre alcuna informazione sulle misure di esso. Si sa invece dalla foto (a meno che i frammenti del vaso non siano stati scelti in funzione della visibilità dell'epigrafe) che dell'anfora si ha la parte superiore e i frammenti di due anse circolari ma niente si sa del corpo e della base. Cosa questa davvero singolare! Quasi che all'utente di S'Arcu 'e is Forros interessasse solo una certa parte del vaso e non il resto.
Detti segni, estrapolati dalla scritta e elencati uno per uno a partire dalla sinistra di chi osserva il manufatto (la parte meno compromessa in seguito alla frammentazione dell'anfora) sono rispettivamente: una probabile lettera hē, una resh, un 'segno con legatura (waw + 'aleph)', unayod, un secondo 'segno con legatura (yod + lamed), un segno a 'pugnaletto distintivo', un terzo 'segno con legatura (beth + nun)', forse una yod, una gimel (o un pē), un segno non riconoscibile, un secondo segno non riconoscibile (forse una šin), una terza yod, una šin e, al di sotto di quest'ultima, una 'ayin e infine una zayn. Le altre lettere, riportate nei frammenti di difficile collocazione nella superficie (e per ciò messi dall'archeologa, senza valore di sequenza, in basso nella foto) sono nel primo frammento una šin, un segno non individuabile (una 'legatura'?) e nel secondo frammento un terzo segno molto piccolo (forse una hē).
La nostra trascrizione nella figura seguente (fig. 7), attuata ovviamente con il massimo del rispetto per il testo epigrafico, può servire a rendere più comprensibile quanto testé affermato, soprattutto per quei segni che abbiamo individuati e inteso come agglutinati (legati o in nesso). Così come una tabella con la trascrizione dei segni può far capire meglio la catena o sequenza di essi nella superficie dell'anfora (v. fig.8).
5. La scritta. L'andamento serpentiforme - Come si vede le lettere (lettere non 'segni' ché nel nuragico le lettere legate o in nesso formano sempre un solo segno) riconoscibili sono in tutto 15 del totale epigrafico delle 18 o 19 pervenutoci attraverso i cocci dell'anfora. Una percentuale questa abbastanza alta e soddisfacente dal punto di vista paleografico - epigrafico ai fini della lettura del testo e della sua comprensione. Infatti, la scritta si può dividere, grosso modo, in due parti: una sulla destra del recipiente (sinistra per chi guarda) con ben 9 segni sicuramente visibili e tutti riconoscibili per valore grafico-fonetico e una seconda con 5 segni ugualmente visibili e riconoscibili. In quest'ultima ipotizziamo anche i segni risultanti dai frammenti e non collocati nella sequenza della scritta perché con ogni probabilità essi vanno tracciati, in modo che non è dato sapere, dopo l'ultima lettera visibile e cioè la 'shin'.
L'integrità pressoché totale della parte sinistra risulta di enorme importanza sul piano ermeneutico non solo alfabetico-epigrafico ma anche contenutistico perché conoscendosi bene, come si vedrà, tutti i suoni stanti dietro le lettere e la natura del pittogramma a 'pugnaletto nuragico', è possibile ricavare anche i pochi ma del tutto eccezionali lessemi dati dalla sequenza dall'ottavo segno sino al primo e cioè della sequenza finale (prima parte della superficie circolare per chi osserva l'anfora). E ciò perché la scritta si legge dalla destra verso la sinistra, o meglio in senso antiorario, dal momento che l'iscrizione è, tra l'altro, sicuramente serpentiforme. L'inizio della lettura è offerto dalla 'testa' immaginaria del simbolo sacro pittografico zoomorfo. Infatti, la presenza del serpente in crittografia è dimostrata in maniera inequivocabile dalla collocazione delle due lettere 'ayin (posta sotto la šin) e zayn posta all'estremità del penultimo frammento. È del tutto evidente che i due segni, non seguendo essi organicamente la curvatura armonica nella quale si trovano gli altri, vanno a formare una seconda linea di scrittura che non poteva che dare, piegando a destra (ciò denuncia l'ampia curvatura dei segni che non prosegue e non segue, come si vede, tutta la superficie circolare della spalla dell'anfora) se non la figura di un serpente (v. fig. 9). Segno zoomorfo di enorme pregnanza di cui tratteremo brevemente più avanti dal momento che anch'esso fa parte, a nostro parere, della lettura complessiva della scritta insistente non a caso nella parte circolare del manufatto.
6. il mix dei segni e le lettere di tipologia protocananaica e sarda nuragica - Come ognuno può vedere le lettere della scritta di S'Arcu 'e is Forros si presentano sia come 'lineari' sia come pittografiche, cioè in mix, formando così l' inconfondibile scrittura, assai attestata sia in Sardegna(13) sia in Siria Palestina, che gli studiosi chiamano 'protocananaico'. Questa scrittura si caratterizza soprattutto per avere lettere alfabetiche consonantiche arcaiche di tipologia detta protosinaitica accanto a delle lettere, ugualmente alfabetiche consonantiche, schematiche e più recenti (14). Essa è di difficile datazione e solitamente gli studiosi ascrivono a un periodo più alto (XV secolo a.C.) quei testi che presentano i segni più arcaici e a un periodo più basso (XI - X secolo a. C.) quelli che mostrano una tipologia di segni giudicati più recenti per evoluzione formale e, soprattutto, simili a quelli delle 'punte di frecce' (15).
7. Le legature e i nessi. I riscontri formali - Le legature e i nessi (16) della scritta di S'Arcu 'e is forros sono, come si è visto, in numero di quattro. Ma è probabile che fossero più numerosi come sembrano mostrare alcuni segni che abbiamo giudicato incerti. La prima legatura, a partire dall'ottavo segno (beth + nun) trova un formidabile riscontro nella tavoletta A5 di Tzricotu di Cabras, documento bronzeo dove troviamo nella parte bassa (v. figg. 10 -11) una 'beth' molto arcaica schematico - lineare (derivazione dal segno della casa in protosinaitico e precedentemente dal segno della casa 'egiziano) che ha in nesso un serpentello poco sinuoso ma di tipologia nota(17). Il serpentello è in Tzricotu in nesso e non in legatura come in S' arcu 'e is Forros, ma il dato grafico-formale di fondo (grafema pittogramma + grafema schematico) è lo stesso.
Il dato grafico della legatura di yod + lamed a formare Il (il nome del Dio cananaico come vedremo) non è attualmente riscontrabile altrove nella documentazione nuragica. Ma lo è invece con l'uso dei grafemi formanti la voce concorrente di 'IL', cioè quella palestinese - ebraica di 'El .
La legatura si trova nella nota pietra delNuraghe Losa di Abbasanta (18) dove la protome taurina forma il corno sinistro asimmetrico del bue api (18) con un chiaro 'lamed' (v. fig.12). La stessa legatura della lettera 'aleph + lamed si ha con variazione, come si sa, nella famosa iscrizione protosinaitica di Serabit el -khadem.
Veramente singolare (io non so di altri esempi fuori dalla Sardegna) dobbiamo ritenere il nesso della waw + la lettera 'aleph'. Scorgere l'agglutinamento in nesso qui non è certo agevole ma il sofisticato artificio scribale lo si comprende per due motivi. Dal fatto che il segno dell' 'aleph così tracciato, con quella lunghissima sbarretta, risulterebbe un vero e proprio 'monstrum' epigrafico e paleografico, dato che in periodo prefenicio e fenicio non si hanno attestazioni di lettere con prolungamento simile del tratto. Il secondo motivo, quello più cogente, è però di natura sintattica dal momento che (come si vedrà meglio più avanti trattando del contenuto della scritta) il nome della divinità, che affianca quella di ILI e che conclude la scritta, non può prescindere dal detto segno ovvero dalla congiunzione semitica proclitica coordinante w(a).
Ormai noto e acquisito all'epigrafia e alla scrittura nuragica è invece il segno grafico complesso del 'pugnaletto nuragico distintivo'. 'Distintivo' perché esso viene associato, come segno particolare di riconoscimento e di distinzione sociale, a personaggi di rango nel pettorale (hoshen) dei bronzetti nuragici. Esso però, isolato e in miniatura, stante il suo significato (19), serve anche come amuleto apotropaico. Questa è la seconda volta che il segno si trova in un documento nuragico con scrittura protocananaica in mix (v. figg. 3 -4).
Qui però si potrebbe obiettare che nel pugnaletto nuragico la curvatura ad 'elsa gammata' si trova di norma sulla destra (corno sinistro della protome), così come nella barchetta di Teti, mentre nel nostro caso si trova a sinistra e curvata verso il basso. Si può in parte rispondere alla giusta osservazione facendo notare che lo scopo principale del pugnaletto nuragico (e da qui il suo alto significato) è quello di 'comunicare' la straordinarietà di quel toro schematico 'vivificante' (hy) che ha uno dei corni asimmetrico e quindi la natura di un bue speciale o Bue Api. Lo schema del grafema, sicuramente molto usato nella scrittura nuragica (20) perché molto comodo (un segno pregnante pittografico con più lessemi così come spesso in egiziano) non è rigido ma può essere anche disegnato con piccole o piccolissime variazioni (forse a seconda del preciso significato in un dato contesto). Si dà il caso di pugnaletti nuragici che hanno, come mi è stato fatto osservare dallo studioso Marcello Cabriolu qualche mese addietro in un post a commento (21), al posto del solito 'gamma' schematico una colombella ugualmente molto schematica (praticamente è un lieve ingrossamento della 'gimel' e la piccola curvatura in giù del becco che lo denuncia). Segno questo evidente di una aggiunta di senso o di una variazione allo schema normale. Questa possibilità di 'variatio' (la 'variatio' continua è uno degli elementi o requisiti fondanti della scrittura nuragica) la suggerisce anche la protome taurina o 'aleph nel cosiddetto 'coccio' del Nuraghe Alvu di Pozzomaggiore (v. fig. 13) la cui asimmetricità è data chiaramente dal corno destro e non dal sinistro. Così come la suggerisce il documento lapideo di Losa di Abbasanta (v. supra fig. 12) dove si nota che il corno asimmetrico è sì quello sinistro ma con curvatura (la lettera 'lamed' stavolta e non la 'gimel') rivolta verso il basso.
In ogni caso, la continua acquisizione di documentazione scritta nuragica della fine dell'età del Bronzo finale e del I Ferro proveniente da tutta l'Isola, se la sorte ci sarà benigna, potrà un domani farci capire in modo preciso il/i significato/i del 'pugnaletto' pittogramma usato dagli scribi nuragici; pugnaletto che, come giustamente è stato fatto notare in questo blog (22), potrebbe aver valore pittografico di scrittura in altri documenti ancora e, soprattutto, di scrittura reiterata, con grafemi in disegno a puntinato, nel cosiddetto 'doppiere' di Tergu; quello pubblicato e commentato, tempo addietro, da Giovanni Lilliu il quale non a caso sospettò che in quei segni simbolici ci fosse molto di più di una semplice 'decorazione'.
8. La lettura del testo: da destra verso sinistra, con andamento serpentiforme -L'immagine del serpente riveste, insieme a quella del toro e dell'uccello, un'importanza fondamentale nella simbologia religiosa nuragica. Il serpente è il simbolo massimo della divinità 'padre' con origine, con ogni probabilità, egiziana. Il percorso iconografico pittografico del 'serpente' nella storia della scrittura è impressionante nella sua costanza e praticamente riguarda tutte le tappe alfabetiche più importanti della stessa scrittura simbolica consonantica e poi consonantico vocalica. Il protosinaitico, il protocananaico, la scrittura geroglifica di Biblo, il greco arcaico di Pito (23), il sardo nuragico e infine l'etrusco presentano con enfasi l'immagine dell'animale (24) che è sempre simbolo della divinità androgina soli -lunare, padre e madre assieme di tutto il creato. Si sa, anche se moltissimi lo ignorano, che la 'N' acrofonica del semitico 'nachas' (serpente) percorre indefessamente lo spazio e il tempo, senza soluzione di continuità, per arrivare, ancora riconoscibile nel suo sviluppo schematico, al fenicio arcaico, al greco arcaico, all'etrusco e infine nel Lazio (e da allora, come si sa, in tutta la scrittura occidentale con caratteri di tipologia 'romana'). La stessa cosa in fondo, con identico percorso spaziale e temporale, è accaduto del simbolo schematico (protome) 'toro'. Serpente e Toro, come simboli solari-lunari, hanno accompagnato la diffusione della 'religio' semitica e della scrittura sacra, espressione del potentissimo 'El Yh, in Siria-Palestina prima, in Grecia (le lettere Cadmee) e in Sardegna poi e da qui in Etruria. Simboli potenti zoomorfi scritti e 'religio' sono andati di pari passo con l'apertura continua di nuovi santuari e di scuole scribali, funzionali queste al mantenimento e al rafforzamento della 'fede' nel dio unico padre-madre celesti sia nel Mediterraneo orientale che in quello occidentale.
Del serpente, come simbolo religioso eccellente delle popolazioni sarde arcaiche, possiamo dire quello che già è stato affermato di esso a proposito del significato ricavabile dai documenti ebraici arcaici sinaitici:
The persona of yah is associated with radiance, as from the sun and the head of the radiant serpent. The glory of the radiant serpent was to be exstended to his people so that their countenances would shine as they become a holy nation (a sanctified people) it is possible that the serpent (as an icon of yhwh) would have survived in great numbers had it not been for the reforms of Hezekiah and Josiah. The serpent symbolizes Yah as the healer, and God of the storms, rain, sun, and Prince of Life. Yh was the disciplinarian, judge, protector, deliverer, teacher, purifier an father of his covenant people. (Harris -Hone).
Conseguentemente la documentazione scritta non può che presentare, 'ad abundantiam', il segno zoomorfo della divinità (24) ' La stessa scrittura - lettura serpentiforme, con l'animale organicamente nascosto o criptato, non è certo una novità nell'ambito della documentazione scritta nuragica dal momento che essa ricorre con frequenza: nelle quattro tavolette sigillo diTzricotu di Cabras (fig.14), nell'iscrizione della Grotta Verde di Alghero (fig. 15), in quella del concio del Nuraghe Nurdole (v.fig. 16) e nella Stele di Nora (v. fig. 17).
Ora, nel tracciato immaginario e nascosto del simbolo sacro sardo, lo scriba ha realizzato, con ogni probabilità, la scritta che, come si vede dalla figura 18, ha la seguente composizione sintattica e lessicale:
E questa risulta la traduzione con lettura, come si è detto, in senso antiorario:
עז ...??ש ...שי ??ג? בן היאג ילי ואשרה:
Potenza ('az) di …? ? š ...ši ? ? g ?.... figlio (bn) vivificante toro (hy 'ak abi) di Ili (Ili) e (w) di 'Asherah ('ašrh).
La traduzione, come si vede, soffre dell'impossibilità assoluta di identificare il nomen o l'eventualepraenomen (o il patronimico) del personaggio citato nella scritta e cioè il figlio 'distinto' delle divinità Ili e Asherah. Ci sono solo piccoli spezzoni di sequenze non si sa come collocabili. C'è inoltre da sottolineare una nostra certa perplessità sul valore sintattico del 'pugnaletto distintivo' in quanto esso potrebbe riferirsi anche alla divinità Ili (o ad entrambe le divinità), riportati in altri documenti nuragici (v. barchetta di Teti alle figg. 2 e 3) ugualmente vivificanti 'tori' celesti alati. Ma l'omaggio dello scriba tributato alla potenza del 'figlio' divino, per noi purtroppo del tutto oscuro come nome, ci porta a ritenere che, così come nei bronzetti nuragici, il pugnaletto vada riferito al personaggio di rango principesco (o regale) che probabilmente era a capo della tribù o del 'cantone' (diciamo così per accontentare i seguaci di Lilliu), in cui ora si trova il paese di Villagrande Strisaili. Cioè va esteso ad uno dei 'giganti signori giudici tori divini' figli di giganti (gghnloy bene) attestati nelle tavolette di Tzricotu di Cabras e raffigurati superbamente nelle principesche statue dei cosiddetti Giganti di Monti Prama (25).
Con tali impensabili informazioni la scritta di S'arcu 'e is forros si manifesta come un documento nuragico del tutto eccezionale, come quello che apre un non piccolo spiraglio di luce sulla protostoria sarda e fa comprendere molto meglio un po' della 'societas' nuragica che risulta così guidata non da 'semplici' capi - principi - sacerdoti e guerrieri (come ritenuto e ripetuto, sino alla noia, dall'archeologia isolana e non) ma da un'aristocrazia e da una casta ristrettissima composta da membri (piccoli 'faraoni' per potenza e credenza religiose) con ascendenza diretta divina. Da figli cioè di nobilissimi principi 'šardan' (signori giudici) in terra ma nello stesso tempo figli luminosi del Sole e della Luna in cielo, ovvero di El/Il Yh e 'Asherah.
Si conferma così quanto da noi sostenuto già nel 1995 e ribadito poi nel 2004 nell'ampio commento riguardante la decifrazione delle tavolette sigillo di Tzricotu di Cabras. Il personaggio del documento di S'arcu 'e is Forros ignoto a noi, altri non è se non un potente come y(a)go dh(e)h(a)th(o)s s'orwg, il sardo nuragico menzionato nella tavoletta A3 (26): un divino figlio di un padre nobilissimo (anche lui divino) in terra e contemporaneamente figlio del Dio solare e lunare YH.
Crediamo che ogni commento sui nomi delle due divinità sia del tutto superfluo tanto esse sono note nella letteratura religiosa cananaica e poi ebraica (27). Ci sembra pero opportuno rimarcare il fatto che mentre il nome di Ili/Il risulta già attestato nelle scritte dei nuragici (28), il nome di'Asherah è la prima volta che compare in un documento sardo arcaico. Sappiamo che la dea (di ascendenza religiosa siro-cananea), ovvero la parte femminile del dio androgino 'el yhwh, è raffigurata solo per immagine (v. fig.19) in un documento fittile, di datazione assai difficile, che abbiamo ritenuto di mettere a confronto (29) con il documento pubblicato dallo studioso Garth (figg.19 - 20), rinvenuto nei pressi di Gerusalemme; documento palestinese che riporta, con ogni probabilità, l'immagine schematizzata, simbolizzata e forse cripticamente scritta, del dio maschio e femmina Yhwh/'Asherah.
9. Conclusioni - Il testo dell'iscrizione di S'Arcu 'e is forros dal punto di vista alfabetico, formale-epigrafico registra dunque la presenza
Registra cioè ben quattro dei più importanti requisiti imposti dalla scuola scribale nuragica e da noi elencati nella suddetta 'griglia' di Sassari. Questi requisiti sarebbero dunque già sufficienti per individuare la specifica scrittura che abbiamo chiamato 'nuragica'. Registra però anche altri tre requisiti che sono il valore 'fonetico' del supporto, la numerologia e la lettura varia, per un totale di sette del massimo di nove requisiti richiesti. Data però la complessità dello studio circa la definizione del numero delle lettere mancanti (in tutto esse dovrebbero essere 24); data la necessità di una spiegazione preliminare esauriente del valore circolare, a disco o a rotella, del supporto nella scrittura nuragica (e non solo); data quindi l'impossibilità immediata di procedere ad un'ulteriore lettura pittografico - numerica (ovvero alla lettura 'varia' prevista nei requisiti) ci sia consentito rimandare ad un altro momento la trattazione di questi tre aspetti presenti nel documento.
Il testo invece sotto l'aspetto del contenuto registra in lingua semitica
Ora, dopo il suddetto esame formale e contenutistico, dobbiamo chiederci, per poter concedere qualche credito alla tesi epigrafica filisteo-fenicia del prof. Giovanni Garbini, che cosa ci sia di filisteo e soprattutto di fenicio nell'iscrizione di S'arcu 'e is Forros.
Non il supporto, che è di tipologia cananea e non filistea; non le lettere in mix, pittografiche e non, che appartengono alla scrittura (acquisita ormai alla scienza epigrafica da diverso tempo) di tipologia 'protocananaica', tipologia presa in prestito e notevolmente rielaborata dai nuragici; non i nomi della divinità, entrambe di assoluta ascendenza cananaica, divinità, così come la scrittura ad esse organica, fatte proprie dai sardi; non la caratteristica lettera nuragica a 'pugnaletto distintivo', uno dei vanti indiscutibili della scrittura pittografica degli antichi scribi isolani; non la simbologia del serpente, così spiccatamente nuragica anche se di ascendenza egizio - palestinese (e non certo filistea).
Praticamente tutto, ma proprio tutto, in quell'epigrafe parla di cananaico - nuragico e niente invece di filisteo. E neppure di fenicio dal momento che quelle lettere di apparente tipologia 'fenicia' arcaica non devono ingannare essendo 'sirie' (o 'cananee') come sosteneva Dionigi di Alicarnasso(30), storico antico, citato opportunamente per l'origine dell'alfabeto consonantico, anche dallo stesso Garbini (31).
Ergo risulta priva di ogni fondamento l'asserzione, risibile e direi non proprio simpatica dello studioso (che ricorda un po' quella famigerata di Rubens D'Oriano sui sardi nuragici ' imitantes sicut simiae' la scrittura (32) fenicia); affermazione che, per l'incredibile e sconcertante assurdità (anche per il dato offerto come del tutto sicuro), preferiamo riportare per intero: ' I coloni fenici che si insediarono nella costa sud occidentale [della Sardegna] erano stati preceduti da altri fenici che come questi vivevano nei nuraghi accanto alla popolazione locale' (33). Proprio da non credere. Lasciamo perdere il mito, duro a morire, dei 'feniciomani' fondatori di città sarde, trasmettitori di civiltà e addirittura, per il folklore archeologico, 'padroni' di Golfi. Ne abbiamo discusso tante volte e non è il caso di ritornarci. Ma il resto proprio no. Non si può fare spallucce per asserzioni di tale gravità. Perché, tradotto in soldoni, lo studioso ci dice: Filistei e Fenici arcaici (e chi sarebbero poi?) usavano la scrittura davanti ad una popolazione dell'interno di autentici scemi del villaggio con l'anello al naso; tanto stupidi da non essere in grado, né allora né mai, di impossessarsi di uno strumento sempre e subito universalmente adottato perché ritenuto 'potentissimo' (sia che fosse usato in senso laico sia in senso religioso). Eppure (guarda un po' che bella contraddizione!) chi è che per primo ha parlato e parla di 'segni potenti' della scrittura nuragica? Di curiosi spilloni con segni alfabetici ' fenici' fatti propri dalle aristocrazie locali? Chi se non uno dell'accademia? In certi ambiti dello studio e della ricerca trionfa Leibnitz?
Frase risibile davvero, tanto più che la Fadda nel suo articolo parla in incipit, a proposito di S'Arcu 'e is Forros, del più grande centro metallurgico della Sardegna nuragica gestito da principi sacerdoti che coniugavano autorità religiosa, tecnologia e potere religioso' (34). Quando si dice andare con confusione, a 'sa maconatza', non leggere, rinunciare a pensare con il proprio cervello e portarlo all'ammasso! Mancare di qualsiasi capacità logica! Davvero davvero quei principi sacerdoti (in realtà erano molto di più, come si è potuto vedere) così forti per 'autorità', per 'tecnologia' e 'potere economico' lasciavano gestire un 'prodotto' principe dell'economia, un esito formidabile di sommatorie di 'tecne', un mezzo magico di 'prestigio', quanto la stessa produzione metallifera (l'alchimia segreta sofisticata dei metalli è in fondo la stessa della composizione, ugualmente segreta, della scrittura; tanto da far meditare sulla stessa origine del mix di quest'ultima), a degli estranei pacifici 'compagnoni' in mix? E perché non, dato che ci siamo, anche a dei 'compagni' brillanti egizi, etruschi e ciprioti, tutti 'abitanti nei nuraghi'?
Ha ragione da vendere la scienziata Aba Losi, in un post fortemente critico, di mostrarsi incazzata come un bufalo, per la presentazione ed il commento, vergognosamente superficiali, di tutti quei documenti (non solo dell'epigrafe) che non possono che offendere l'intelligenza comune. 'Incredibile' di qua e 'inspiegabile' di là. Davvero davvero cose inspiegabili e incredibili? Vogliamo altre due 'piccole' prove (ma ne vedremo presto delle altre) che portano a quella, non solo sua, sacrosanta incazzatura?
Cosa si dice di quel magnifico segno 'scritto' (v. figg 2 e 18, particolare) di uno dei 'bacini' (ritrovati nell'insula 2 , vano 4, ripostiglio 3 di S'Arcu 'e is Forros) con il 'toro e i due evidenti piccoli corni, con la simbologia del 12 e, forse, con il dischetto preso in prestito per significato (esito della scrittura 'con') dal ribadino del manico? La presenza iconografica di una protome taurina, neanche tanto criptata, e di un 12, è possibile che, stante la costante presenza iconografica di essi nella cultura nuragica, non suggeriscano proprio nulla. Che significa il toro e che significa il numero 12? Leggetevi la brillante risposta: un motivo decorativo a palmetta! E come no! Certo, un alberello a palmetta c'è e come! Ma che ermeneutica profonda e sublime! Il resto è non senso, inutile ganga, non conta! All'anima delle capacità d'osservazione! Bisogna andare ben oltre perché quella cosiddetta 'oinochoe' ha ulteriore senso in quanto appartiene al culto sacro di una specifica divinità luminosa. Basta semplicemente dare senso logografico a quei simboli. Che cosa vuol dire una palmetta + una protome taurina + un 12 ? Cosa vuol dire, soprattutto, l'alberello o la palmetta in semitico? Che lettera è del semitico e quale preciso nome ha in funzione religiosa?
Ma il bello viene subito dopo, quando si parla dell'identità del manufatto bronzeo: 'Si tratta di un contenitore di davvero pregevole fattura che potrebbe essere arrivato nel santuario di S'Arcu 'e is Forros attraverso il mercato etrusco o fenicio' (35). Che vergogna! Tutto arriva! Una magnifica 'oinochoe' sarda, che più sarda non si può (dati i chiari motivi simbolici, decorativi e pittografici 'scrittori' ) che viene importata dagli Etruschi o dai Fenici in Sardegna!
E cosa si dice ancora della bella barchetta nuragica con foto e didascalia descritta come ' navicella in bronzo con protome bovina usata come lucerna'? Proprio niente, tranne la solita immensa sciocchezza di lilliana memoria (36) Ma davvero quella è un protome 'bovina', ovvero una semplice protome bovina? Come si fa ad essere così approssimativi e sciatti! Il dato più eclatante di quella barchetta viene taciuto! E quella protuberanza o becco oltre la protome che vorrà mai dire? Un manico per afferrare la barchetta! Almeno porsi e porre l'interrogativo! E quel corno asimmetrico? I bronzetti nuragici, illustrati anche da Lilliu, con il toro e l'uccello (non una parte ma il tutto dell'animale) non esistono? Tutti gli innumerevoli tori in bronzo con corna asimmetriche non dicono nulla? L'immagine di Ramses III toro-uccello, con il particolare offerto della ormai famosa foto del fotografo G.Casu (37), non ci comunica nulla? E poi, non esiste forse una famosa specifica barchetta a 'becco', con protome più ornitomorfa che bovina, più uccello che toro? E' o non è così?
10. Breve considerazione finale, insolitamente 'politica' - Anche se non è tutto è comunque troppo. Non possiamo a questo punto non domandarci: che ce ne facciamo di questa gente con il prosciutto negli occhi e orrendamente fissata? Per di più fastidiosamente supponente che scrive facendo finta di 'sapere' e ripete, appoggiandosi a personaggi più o meno autorevoli, assurdità e falsità nelle riviste di un certo prestigio, confidando di non pagare dazio alcuno? Che ce ne facciamo di questa pesantissima zavorra? Di tenaci permanenti fabbricatori di amene contro-verità?
Qualcuno, abituato a cercare e ad elaborare le idee 'giacobine' sulle nuvole, sostiene che noi con le nostre ricerche sulla scrittura siamo solo dei falsi ricercatori (per qualche gentile pallonissimo anche 'cialtroni' nonché 'deliranti'), procacciatori di miti organici al nazionalismo e all'indipendentismo sardo e cioè persone che, più o meno coscientemente, fanno politica e per di più politica 'ambigua' e pericolosa con venature di fascismo e di nazismo. Non è certamente così perché, come ognuno sa, la scienza, in quanto scienza, prescinde per sua natura dalle ideologie e dalla politica. Essa è oggettività indiscutibile, razionalità assoluta, matematica pura, verità commovente in quanto non facile ma faticosamente e spesso dolorosamente ricercata. E se appena appena sentissimo puzza di ideologia folle, campata per aria, di radicalismo etnico sciocco e becero, noi saremmo in prima fila a denunciarla, con tutti gli interessi di 'bottega' palesi o non palesi che vi si possano scorgere.
Osservando però come viene bistratta ad oltranza la preistoria e la storia della Sardegna, con la costante 'legge della 'mortificazione' (così ben definita e illustrata da tempo in questo Blog da Pietro Murru), come si fa a non essere fortemente 'nazionalisti, direi 'umanamente' nazionalisti'? Come si fa a non essere decisamente contro i provocatori, gli affossatori e i negazionisti ad oltranza uniti in cori e coretti, personaggi del tutto incapaci di cimentarsi con serietà in certe discipline ma artisti abilissimi e potentissimi nel diffondere e ripetere i loro errori e le loro panzane? Come si fa a non essere 'indipendentisti' di fronte ad un atteggiamento (isolano o esterno, poco importa) accademico che, molto spesso, in una specifica curva 'tifa' chiassosamente in un senso solo e tende permanentemente all'umiliazione o al massimo dell'abbassamento (questo è egizio, questo è cipriota, questo è filisteo, questo è euboico, questo è cretese, questo è fenicio (per la Fadda persino il vino lo è!), questo è cartaginese, questo è bizantino, questo è longobardo, ecc. ecc.) del livello culturale della civiltà dei sardi antichi? Cioè della civiltà dei nostri progenitori? Della nostra civiltà? Come si fa a non gridare con tutto il fiato possibile e a non lottare contro dichiarati e irriducibili avversari interni ed esterni? Contro un 'no' in un colossale minaccioso quadrato permanente?
Sì, non ci resta che gridare e lottare. E facciamolo, dunque. Evviva la scrittura nuragica dell'anfora di S'Arcu 'e is Forros! Evviva la divinità androgina nuragica ILI/'ASHERAH! Evviva l'oinochoesardissima e nuragica con la 'potenza vitale del toro luminoso'! Evviva la splendida 'Tanit' sarda e non fenicio punica (la magnifica sorella delle due Tanit del 'falso' coccio nuragico di Orani e delle quattro 'false' tavolette di Tzricotu)! Evviva lo scarabeo nuragico, d'ispirazione grafica egizia, ma isolano nella sua eccezionale composizione! Evviva il toro alato (o uccello) della barchetta con becco! Evviva la scrittura nuragica a tutto campo! Irripetibile, originalissima, ' mostruosa'! Evviva Villagrande Strisaili (siamo sardi mica ci troviamo a Populonia o ad Ascalona!) e la sua gente, erede morale e materiale di un principe ignoto ma realmente vissuto, in carne ed ossa, e chiamato figlio toro distinto e prediletto dei due tori celesti; erede di una civiltà tanto industriosa quanto sublimemente 'letterata'! Evviva questo commovente pezzo di Sardegna!
Ideologia indipendentistica? Sì, no? Non so. Forse più sì che no. Fate voi. Ma sappiate che gli evviva 'politici' escono dal cuore e dalla mente assieme. Ma soprattutto da quest'ultima. Lo giuro.
Note e riferimenti bibliografici
1.M.A.Fadda, S'Arcu 'e is Forros. Nuragici, Filistei e Fenici fra i monti della Sardegna (scheda di G.Garbini); in Archeologia Viva, anno XXXI, .155, Settembre/Ottobre 2012 pp. 46-57.
2. M.A.Fadda 2012 cit. p. 50.
3. M.A.Fadda 2012, cit. p. 50.
4. Si veda recentemente il post ' Un commento all'alfabeto nuragico di G.Ugas; in gianfrancopintore blogspot.com ( 9 Agosto2012) , ovvero la risposta critica di A.Losi ad un articolo precedente di G.Ugas.
5. G.Garbini. 1997, I Filistei. Gli antagonisti di Israele. cap. III, p. 120 e p. 116.
6. V. soprattutto: G. Sanna, Sardōa Grammata. 'Ab 'ag s'an yhwh. Il dio unico del popolo nuragico, S'Alvure ed. Oristano 2004; idem, Le iscrizioni in protocananaico della capanna di Perdu Pes di Paulilatino; in Quaderni Oristanesi, 2008, n.59-60, pp. 5 -34; idem, Su Santu Doxi. I numeri perfetti o santi. Il sette e il dodici nella simbologia logo-pittografica, geometrico numerica e nella scrittura lineare consonantica dei nuragici. Il Santu doxi e il Santu Yacu nella linua popolare sarda; in Quaderni Oristanesi 2006, n. 55/56 pp. 83 -102; idem, Una scritta fenicia che fenicia non è. Ma nuragica; in gianfrancopintore blogspot.com; idem, Yhwh in immagine pittografica. Garth: per la prima volta a Gerusalemme? No, in Sardegna e con intrigante scrittura shardan; in Monti Prama. Rivista semestrale di Quaderni Oristanesi, Gennaio 2011, n. 61, pp. 27 -42; idem, La Stele di Nora/The Nora Stele (trad. inglese di Aba Losi), PTM ed. Mogoro (Sardegna) 2009; idem, Buon Natale da Teti. NR HE 'AK HE 'AB HE; in Gianfrancopintore blogspot.com (17 Dicembre 2009); idem,Influssi egiziano - shardan? E il Toro Api 'Ak 'Ab cos'è?; in gianfrancopintore blogspot. com (9 aprile 2010); idem, Il documento in ceramica di Pozzomaggiore; in gianfrancopintore blogspot.com ( 2 febbario 2010; idem, Il documento di Pozzomaggiore; in L.Melis, Jenesi degli Urim, PTM ed. 2010, pp. 153 -168; idem, Nurdole di Orani, Decorazioni? No, scrittura potente (II); in gianfrancopintoreblog spot.com (12 aprile 2011); idem, Una stele nuragica da Barisardo. In protocananico; in gianfrancopintore blogspot. com (22 aprile 2011); idem, La scrittura 'betilica'(nuragica) a rebus. Il sistema ed il suo primo specimen; in Interpretare i linguaggi della mente. Percorsi fra neuroscienze cognitive, paleoneurologia, paleogenetica, epigrafia e archeologia, 29.10.2011. Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Sassari ( ora in Scrittura nuragica: ecco il sistema. Forse unico nella storia della scrittura; in Monti Prama cit. 2011, n. 62 pp. 25 -38; P. Zenoni, Ecco a voi un'altra scritta nuragica. Con contesto; in gianfrancopimtore blogspot.com (15 febbraio 2010); A.Losi, L'alfabeto mese di Ugarit. Una nuova numerologia e formule nuragiche. 'ak 'ab shardan = el -yhwh e yh.h 'ag ab = yhwh; in Monti Prama. Rivista semestrale di Quaderni Oristanesi, n.61, 2011, pp. 11 -26; eadem, Le tavolette sigillo di Tzricotu e la questione medioevale; in Monti Prama cit. Dicembre 2011, n. 62, pp. 15 -23; eadem, Segni al Museo Sanna di Sassari in gianfrancopintore blogspot.com (5 novembre 2011).
7. V. A.Losi 2011, cit.
8. V. G . Sanna 2009, cit. tabella in fig.4.
9. V. G.Sanna, 2004, Sardōa Grammata, cit. cap. 5. 3 pp.193 -196.
10. M.A.Fadda 2012, cit. p. 51 (Una scoperta straordinaria) scheda critica di G.Garbini.
11. G.Sanna, in Monti Prama 2011, cit. pp. 28 -36.
12. V. Ultimamente G.Sanna, Ed ecco finalmente la parola 'Nuraghe'. In una scritta di Terralba; in gianfrancopintore blogspot.com (4 luglio 2012).
13. Praticamente si tratta della scrittura adottata per molti secoli dai sardi nuragici, anche quando questa nelle zone d'origine venne a mancare (stando almeno ai ritrovamenti documentari siro - palestinesi).
14. V. M.G.Amadasi, Sulla formazione e diffusione dell'alfabeto; in Scritture mediterranee tra il IX ed il VII secolo a.C. Università degli Studi di Milano 1988. Atti del Seminario 23/24 febbraio p.35, pp. 38 -39.
15. V. E.Attardo 2007, La scrittura delle iscrizioni protocananaiche; in Utilità della Paleografia per lo studio, la classificazione e la datazione di iscrizioni semitiche in scrittura lineare. Parte I:Scritture del II Millennio a.C.; in Litterae Caelestes, Center for Medioeval and Reinassance Studies,UC Los Angeles , pp. 169 -180.
16. Oggi gli studiosi di epigrafia preferiscono chiamare, giustamente, 'legature' le lettere unite da dei tratti (come ad es. le lettere unite del nostro scrivere corsivo) e chiamare in 'nesso' quelle lettere che presentano uno o più dei loro tratti in comune. Nella scritta dell'anfora di S'Arcu 'e is Forros ad es. le lettere yod + lamed sono in legatura mentre le lettere waw + 'aleph risultano scritte in nesso. Lo scriba nuragico, certo consapevolmente, adopera sia la legatura che il nesso. Basti osservare i segni dei documenti di Tzricotu di Cabras, di Pallosu di San Vero Milis, di Orani, di Terralba, di Losa e Aiga di Abbasanta, di Barisardo, di Pranu Antas di Allai, di Alghero (Grotta Verde, Nuraghe S.Imbenia e Nuraghe Palmavera ), ecc.
17. V. E. Ettardo 2007, cit. p. 178.
18. V. G.Sanna, Scritta vicino al Nuraghe Losa, sempre vista mai guardata; in gianfrancopintore blogspot.com; idem, La pietra nuragica di Losa. Tre simboli ed un universo concettuale; in gianfrancopintore blogspot.com (29 novembre 2009).
19. hy 'ak 'abi (il vivificante toro celeste). I bronzetti nuragici recanti i 'distintivi' raffigurano tutti dei personaggi di rango nobiliare. Quell'oggetto non ha niente a che fare con un vero 'pugnaletto' di uso bellico o militare. E' e vuole essere soprattutto simbolico. Nella 'societas' nuragica serve, collocato nel pettorale, alla distinzione di classe (di casta). Non tanto della classe dei guerrieri ma dei nobili. Ecco perchè si riscontra anche in bronzetti raffiguranti personaggi senza armi.
20. Per il momento, unito in mix ai caratteri lineari, lo si riscontra (disarticolato e quindi più comprensibile) nella barchetta di Teti (v. figg. 2 e 3) e nell' epigrafe dell'anfora di S'Arcu 'e is Forros. E' facile però prevedere, con la crescita dei documenti, altri 'pugnaletti' distintivi più o meno simili.
21. Il post a commento di Cabriolu si trova nel nostro articolo La scrittura nuragica ed il corno asimmetrico del Faraone Ramses III. Tori 'celesti' divini e tori infernali; in gianfrancopintore blogspot.com (10 maggio 2012).
22. V. Stella del Mattino e della Sera, 'Segni potenti' che Lilliu conosce da 63 anni? Solo una barbarica sintesi; in gianfrancopintore blogspot.com
23. V.G.Sanna, I segni del Lossia cacciatore. Le lettere ambigue di Apollo e l'alfabeto protogreco di Pito, .S'alvure ed. 2007 p. 419 -423.
24. Si vedano ad es. l'anello sigillo di Pallosu di San Vero Milis, la barchetta (trafugata) dell'Antiquarium arborense di Oristano, la pietra di Losa di Abbasanta, la pietra di Aiga di Abbasanta, la pietra di Terralba, la lastra di Barisardo, il vaso di La Prisgiona di Arzachena.
25. Cf. G.Sanna, Sardōa Grammata 2004, cit. cap 10, pp. 397-411.Considerando la predilezione del nuragico per il mix, non solo per la scrittura ma anche per la lingua, riteniamo che il nome del personaggio citato nell'epigrafe di S'Arcu 'e is Forros non fosse di parlata semitica ma indoeuropea. A questa ipotesi ci spinge la lettura del praenomen, del nomen e del cognomen della tavoletta sigillo (Tzricotu A3) di Cabras.
26. Sardōa Grammata 2004, cit, cap.11,8.7 pp. 448 -450.Sulla lingua di matrice 'indoeuropea' ma anche 'semitica' parlata dalle popolazioni nuragiche sarde nel II Millennio a.C. v. ancora Sardōa Grammata 2004, cit, cap.10.pp.397 -411.Basta leggere quelle poche paginette scritte otto anni fa, anche se ancora sulla scorta di pochi documenti, per capire che la Fadda sfonda proprio una porta aperta quando dice che 'il documento ...indica forse la matrice linguistica del sardo'. Sì, senza 'forse'. Lì c'è il semitico e forse l'indoeuropeo. Ma bisogna affermarlo scientificamente, dimostrarlo con delle solide prove documentarie, altrimenti i testi (che per giunta si dice di non capire per nulla) non indicano mai un bel niente. E naturalmente, parlando a vanvera, si dicono enormi sciocchezze, anche sull'antichità dei documenti presenti in Sardegna! Quanti ce ne sono sia sulle coste che nell'interno della Sardegna! Mi risulta che Abbasanta, Paulilatino, Aidomaggiore, Allai, Teti, Orani, Pozzomaggiore e via dicendo non stiano proprio sulle coste della Sardegna! Stando alle attuali scoperte i documenti che attestano il semitico sono 106 (107 con quello diS'Arcu 'e is Forros) e quelli che attestano (insieme al semitico) l'indoeuropeo poco meno di una decina. Basta andare a vedere la mostra permanente di Macomer e osservare con due o tre ore di pazienza quei 40 pannelli illustrativi! Ci vuole solo molta pazienza, non fastidiosa supponenza!
27. Gibson J.C.L- Driver G.R , 1978, Canaanite myths and legends, T&T Clark. Per la presenza diAsherah nella Bibbia (Geremia) si veda Olyan S. M., 1988, Asherah and the cult of Yhwh in Israel, Scholar Press, p. 79; Hadley J. M,, 2000, The cult of Hasherah in ancient Israel and Judah: the evidence for a Hebrew goddess, University of Cambridge Oriental publications, 57, Cambridge University Press.
28. V. il coccio del Nuraghe Alvu di Pozzomaggiore (G. Sanna, Il documento in ceramica di Pozzomaggiore, cit.); il coccio di Sa Serra 'e sa Fruca di Mogoro (G.Sanna, Il coccio in ugaritico e protocananaico di Sa 'Serra 'e sa Fruca di Mogoro; in gianfrancopintore blogspot.com; idem, Yhwh e la scrittura nuragica: il log e il recipiente biblico per la purificazione, cit.); l'iscrizione di Aidu 'Entos di Bortigali (G. Sanna, No, caro Pittau, così non va; in gianfrancopintore blogspot. com 22 marzo 2009).
29. G.Sanna, Yhwh in immagine pittografica. Garth: per la prima volta a Gerusalemme? No, in Sardegna e con intrigante scrittura shardan, cit.
30. Diodoro Sic,, Biblioteca stor. V, 74,1
31. Garbini G., La questione dell'alfabeto; in I Fenici ( a cura di S. Moscati) , Bompiani Milano 1988.
32. G.Sanna, Sardōa grammata, cit. cap. 6.9, p. 291.
33. M.A. Fadda, S'Arcu 'e is Forros. Nuragici Filistei e Fenici fra i monti della Sardegna, cit. p.51 (Scheda di G.Garbini).
34. M.A. Fadda, S'Arcu 'e is Forros. Nuragici Filistei e Fenici fra i monti della Sardegna, cit. p.48.
35. M.A. Fadda, S'Arcu 'e is Forros. Nuragici Filistei e Fenici fra i monti della Sardegna, cit. 55.
36. La barchetta nel sepolcro o in altri ambienti aveva (quando l'aveva) la luce o la fiamma simbolica della divinità solare -lunare; non aveva la funzione prosaica di 'illuminare'. Ma le simbologie degli odierni camposanti, ancora 'resistenti' quanto a 'segni' arcaici, perché ci sono? La gente per il giorno dei morti dà forse, con appositi contenitori, luce alle tombe per 'illuminare' il giorno o la notte reale o invece il buio spirituale in cui si trovano i defunti?
37. G.Sanna, La scrittura nuragica ed il corno asimmetrico del Faraone Ramses III. Tori 'celesti' divini e tori infernali, cit.
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