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venerdì 21 settembre 2012

Nazim Hikmet. Il più bello dei mari è quello che non navigammo. Il più bello dei nostri figli non è ancora cresciuto. I più belli dei nostri giorni non li abbiamo ancora vissuti. E quello che vorrei dirti di più bello non te l’ho ancora detto.

C'è un albero dentro di me
trapiantato al sole
le sue foglie oscillano come pesci di fuoco
le sue foglie cantano come usignoli
è un pezzo già che i viaggiatori sono discesi
dai razzi sul pianeta ch'è in me
parlano una lingua che ho udito in sogno
non ordini non vanterie non preghiere
in me c'è una strada bianca
le formiche passano coi semi di grano
i camion passano col chiasso delle feste
ma il carro funebre - è proibito - non può passare
in me il tempo rimane
come una rosa rossa odorosa
che oggi sia venerdì domani sabato
che il più di me sia passato che resto il meno
me ne infischio
Nazim Hikmet


La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell'al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.
La vita non é uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla é più bello, più vero della vita.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant'anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.
Nazim Hikmet



Alcuni conoscono bene le varie specie
delle piante altri quelle dei pesci,
io conosco le separazioni;
alcuni enumerano a memoria i nomi
delle stelle,
io delle nostalgie.
Nazim Hikmet





Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.

Le piante, da quelle di seta fino alle più arruffate
gli animali, da quelli a pelo fino a quelli a scaglie
le case, dalle tende di crine fino al cemento armato
le macchine, dagli aeroplani al rasoio elettrico

e poi gli oceani e poi l'acqua nel bicchiere
e poi le stelle
e poi il sonno delle montagne
e poi
dappertutto mescolato a tutto l'uomo

ossia il sudore della fronte
ossia la luce nei libri
ossia la verità e la menzogna
ossia l'amico e il nemico
ossia la nostalgia la gioia il dolore

sono passato attraverso la folla
insieme alla folla che passa.
Nazim Hikmet, L'Uomo


Stasera io sono un cantastorie di strada.
La mia voce è semplice, senza artifici,
e tu non puoi udire la mia canzone...
Nazim Hikmet


l’assenza è un ponte fra noi
anche quando
di fronte l’uno all’altra i nostri ginocchi si toccano.
“Mosca 1961″
Nazim Hikmet, “Mosca 1961″


 Ti sei stancata di portare il mio peso
ti sei stancata delle mie mani
dei miei occhi della mia ombra
le mie parole erano incendi
le mie parole eran pozzi profondi
verrà un giorno un giorno improvvisamente
sentirai dentro di te
le orme dei miei passi
che si allontanano
e quel peso sarà il più grave
Nazim Hikmet


"Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare
mi porto un po' della tua ghiaia
un po' del tuo sale azzurro
un po' della tua infinità
e un pochino della tua luce
e della tua infelicità.
Ci hai saputo dir molte cose
sul tuo destino di mare
eccoci con un po' più di speranza
eccoci con un po' più di saggezza
e ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare."
Nazim Hikmet, arrivederci fratello mare, Varna, 1951


Amo in te
l'avventura della nave che va verso il polo
amo in te
l'audacia dei giocatori delle grandi scoperte
amo in te le cose lontane
amo in te l'impossibile
entro nei tuoi occhi come in un bosco
pieno di sole
e sudato affamato infuriato
ho la passione del cacciatore
per mordere nella tua carne.
amo in te l'impossibile
ma non la disperazione."
Nazim Hikmet, 1943: Lettere dal carcere a Munevver

Per non dimenticare i mandorli in fiore. 
La poesia di Nazim Hikmet


Pensando a Nazim Hikmet, ovvero a colui che è stato considerato il più grande poeta turco del Novecento, forse sono altre le poesie che vengono in mente. Hikmet, poeta e rivoluzionario, nonché “comunista romantico”, conosciuto per l’animo indomito che lo ha portato ad anni di lotta e di prigionia in patria, fu in realtà un uomo che credeva nell’amore, nella democrazia e nella forza delle parole

Sarebbe un vero peccato quindi, una limitazione imperdonabile, riassumere la sua attività di poeta nei versi: 

il più bello dei mari/ è quello che non navigammo”, 
senza dubbio la sua lirica più conosciuta. 

Nonostante sia una poesia di rara suggestione, capace di infondere fiducia nel futuro e donare un lungimirante messaggio, Hikmet non è solo questo. È come quando si visita un paese straniero. Ci sono itinerari turistici, percorsi dalla massa, e tragitti più “intimi”, che permettono di conoscere la storia di un popolo e le loro tradizioni. Ecco, con Hikmet, vorrei evitare gli “itinerari turistici”.

Nazim Hikmet è più di così: 
è musicalità, è nostalgia di un amore, è poesia che diventa semplice, “pratica”, alla portata di tutti.

Dice cose che ognuno di noi potrebbe pensare, “impastando” concetti dedicati all’amore, in maniera che suonino armonici, ma al tempo stesso inframmezzati da quei “tagli” ermetici che ne contraddistinguono il modo di poetare. Le frasi brevi, per dare modo di assaporare lo scorrere delle parole, senza privare il lettore della possibilità di riflettere su quanto letto.

Versi che si “recuperano” nell’immediato, per la chiarezza dei loro messaggi… 
Mi sono imbattuta, direi proprio per caso, in “Dimentica i mandorli in fiore”, una poesia che Hikmet ha scritto durante la sua prigionia in Anatolia, nella prigione di Bursa, il 5 novembre 1945.

Ecco, credo sia stato proprio da questi versi, che forse in pochi conoscono, sui quali la critica non ha scritto molto e che io stessa non conoscevo, che mi sono innamorata di questo poeta. 
Qui sta la peculiarità di Nazim Hikmet, la sua struggente nostalgia per un amore dal quale è costretto a star lontano, che diventa al tempo stesso personificazione di natura, di vita, di libertà.

Le stagioni acquistano una simbologia pregna di significati: 
amore e morte dell’amore, del poeta stesso, della natura, di qualcosa che segue il suo ciclo vitale e, almeno al momento, dalla sua prigione, Hikmet pensa non potrà più tornare.
Seppur da una cella, egli pone in primo piano il desiderio della sua donna.

Dimentica i mandorli in fiore
Dimentica i mandorli in fiore.
Non vale la pena In questa storia
Di ricordare ciò che non può ritornare.
Asciuga al sole i tuoi capelli bagnati:
languidi come frutti maturi brillino
umidi, grevi, i vermigli riflessi.
Amore mio, amore mio, 
siamo 
in autunno.
Nazim Hikmet

Personaggio complesso Hikmet, a cominciare da quell’errore anagrafico secondo il quale egli era nato a Salonicco (oggi Grecia) nel 1902, mentre invece il reale anno di nascita è il 1901. Il padre era un funzionario di stato, mentre la madre una pittrice. Politica e arte erano destinate a far parte della sua formazione, un bizzarro connubio che lo caratterizzerà per tutta la vita. 
Hikmet è stato uno dei primi poeti turchi ad adottare il verso libero, per questo è tanto amato.

Nel 1922 fu condannato per marxismo, poiché già dall’inizio degli anni Venti si era iscritto al partito comunista turco.
Malvisto per la pubblica denuncia dei massacri armeni del 1915- 1922, fu costretto a trasferirsi in Russia in esilio volontario. Da qui, un lungo alternarsi di periodi di prigionia a momenti di grande produzione creativa. Dopo il ritorno in Turchia nel 1928, senza visto, è nuovamente condannato alla prigione per il suo ritorno irregolare, ma riceve l’amnistia nel 1935. Nel 1938 è condannato a 28 anni e 4 mesi di carcere per le sue attività antinaziste e antifranchiste e per essersi opposto alla dittatura di Kemal Ataturk, primo presidente della Repubblica Turca, morto proprio quell’anno.

Grazie all’intervento di una commissione internazionale, della quale facevano parte anche Pablo Picasso e Jean-Paul Sartre, sconta “solo” dodici anni e nel 1950 viene liberato. In seguito si sposa con una traduttrice, Munevver Andac e, nel 1951, a causa delle costanti pressioni, è costretto a ritornare a Mosca, dove la moglie e il figlio non possono seguirlo.

Egli trascorre così il suo esilio in tutta Europa, perdendo la cittadinanza turca per diventare poi polacco. Nel 1960 si innamora della giovane giornalista russa Vera Tuljakova, la passione della sua vita, e la sposa.

Muore il 3 giugno 1963 a causa di una crisi cardiaca, mentre si trova in esilio a Mosca.

È incredibile per chi ha vissuto così tante traversie a sfondo politico, essere ricordato come “il poeta dell’amore”. Eppure, prima di tutto, questo era. Un uomo le cui attenzioni e l’amore erano rivolte alla moglie e, quando non le era accanto, ne rimpiangeva la lontananza, avvertendo la tristezza e la nostalgia per la giovane e bella Vera lasciata a Mosca.
Il suo cuore, già messo a dura prova durante la prigionia, alla fine ha ceduto, dopo soli tre anni di matrimonio.

Chissà cosa pensava Hikmet della vita?
Era ottimista, si evince da questi versi.

Prendila sul serio (la vita)
ma sul serio a tal punto
che a settant’anni
pianterai un olivo
non perché resti ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
e la vita peserà di più sulla bilancia.
Nazim Hikmet

Be’, credo che poi, alla fine, quell’olivo, Nazim Hikmet lo abbia piantato. 
Entusiasta della vita, nonostante tutto, ne ha conficcato le radici in profondità, lasciando un segno rappresentativo nella letteratura occidentale. Osteggiato in patria, molto amato altrove, ci ha lasciato la sua poesia ad espiare il tormento.

Di Cristina Biolcati in Arte e Cultura, novembre 2014, Poesia





Cristina Biolcati






Cristina Biolcati
Nata a Ferrara nel 1970, vive a Padova. Laureata in lettere, è una grande appassionata ed autrice di poesia. Ama l'arte, la filosofia e la lettura. Collabora per alcune riviste online, dove scrive recensioni e articoli di attualità. Studia da sempre lo squalo bianco, per il quale nutre una grande passione.

http://www.lundici.it/2014/11/per-non-dimenticare-i-mandorli-in-fiore-la-poesia-di-nazim-hikmet/


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