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martedì 22 maggio 2012

Frank Ostaseski. "La morte è insita nella vita di tutte le cose". La morte ci mette di fronte senza mezzi termini all'innegabile verità dell'impermanenza. Tutto viene e va

Gianfranco Bertagni
 
"Gli occhi di un malato che sta morendo sono gli specchi più tersi che abbia mai incontrato. Davanti a quello sguardo non ci si può nascondere. Nel corso degli anni ho visto riflettersi in quegli occhi le abitudini della mia vita. [...] Le preziose certezze, le identità e i comportamenti abituali cui garantiamo solida copertura, alla presenza della morte immediatamente si palesano. Capiamo subito quali tendenze portano alla pienezza e quali contribuiscono alla separazione e al perpetuarsi della sofferenza. [...]
Nel poema sacro induista Mahabharata c'è una domanda [...]: «Che cosa, nell'universo, è degno della più gran meraviglia?». E la risposta è: «Non vi è uomo o donna che, pur vedendo morire gli altri attorno a sé, crede di andare incontro allo stesso destino».
[...] La morte ci mette di fronte senza mezzi termini all'innegabile verità dell'impermanenza. Tutto viene e va. Ogni pensiero, ogni atto di amore. Ogni vita viene e va. Prendiamo atto di non essere esenti da questo mutamento continuo. La morte è insita nella vita di tutte le cose. Ecco perché si può dire che una vita che non abbraccia la morte è una vita dimezzata.
[...] Dimenticare la morte è dare la vita per scontata e quindi inseguire il miraggio della gratificazione compulsiva. Se invece siamo disposti a toccare con mano il suo carattere precario, ci accorgiamo di quanto la vita sia preziosa. Questo rimette tutto in prospettiva. Ci incoraggia a vivere pienamente ogni attimo. Non abbiamo più tempo da sprecare. Siamo pronti a dire: «Ti voglio bene». Impariamo a non fissarci così ostinatamente sulle nostre opinioni. Ci prendiamo un tantino meno sul serio. Lasciamo andare più facilmente. Nei rapporti con gli altri c'è più posto per la gentilezza.
[...] Alla luce della morte, quello che conta veramente diventa chiaro.
[...] Chi sta morendo è un depositario di saggezza. Dall'orlo del baratro della morte si vede un orizzonte che lo sguardo ordinario non arriva a cogliere. La malattia corrode la nostra facciata e la nostra personalità ben costruita. Morendo, tutte le definizioni che ci siamo dati - padre, dispensatore, amante, insegnante buddhista - vengono deposte con garbo o strappate via. Se tutto cambia, scompare e si trasforma costantemente, chi siamo noi? Su cosa possiamo contare?
[...] Morire è molto di più di un evento clinico. Riguarda in primo luogo la relazione. La relazione che abbiamo con noi stessi, con le persone che amiamo, con Dio, lo Spirito, la Vera Natura, o con ciò che comunque rappresenta per noi la bontà fondamentale.
Se tutto ciò è vero, si può senz'altro affermare che nell'assistenza ai morenti il sostegno spirituale abbia la stessa importanza di una terapia del dolore adeguata o del controllo dei sintomi.
[...] Per me il «sostegno spirituale» [...] è entrare in rapporto con la vita senza mediazioni. Significa aiutare l'altro a scoprire la propria verità, anche se potremmo non condividerla. A volte si tratterà di convocare un sacerdote perché amministri i sacramenti, o di poggiare uno scialle di preghiera sulle spalle del morente. A volte, semplicemente, di preparare un brodo caldo con affetto, o di aiutare il malato a scrivere una lettera di riconciliazione. Principalmente, significa [...] restare presenti nel territorio del mistero e delle domande senza risposta"
Frank Ostaseski


Il lavoro preparatorio alla morte è molto importante, doveroso, ci mette uin contatto con la nostra parte migliore, ci riconcilia allo scopo ed alle azioni delle nostra vita. Dal cuore sgorga tanto, tanto amore ed umiltà. [...] Avere paura della morte, particolarmente della ns sofferenza fisisica nell'affrontarla, è umano, altrimenti saremmo già degli illuminati. E' il lavoro su di sè, che porta la contemplazione della medesima, che ci porterà a sua volta all'accettazione dell concetto di morte.

Marco Busetta:

La morte costringe all'onestà, su questo non ci piove. E' solo scappando da quella sensazione e da quello stato che si può tornare a essere disonesti


Barbara Berton:

[...] Ho vissuto da vicino la fine della vita di quattro miei stretti famigliari e tre di loro ho accompagnato nel modo più dolce e amorevole che io potessi. Le mie maturate consapevolezze mi hanno permesso di evolvere anche in questo e l'ultimo volo è stato quello di mio padre, giunto quando ero ormai pronta a comprendere che è solo l'amore che accompagna, l'amore e la compassione nuda. Con mio fratello ho affrontato la morte inaspettata, con mia madre quella tragica, con mia nonna una morte serena e con mio padre la morte mi ha insegnato l'amore incondizionato. Trovo molto carino a tal proposito un liberculo che si intitola Cronaca di una disincarnazione. [...]



Clary Dionisio:

Questo è uno dei rari scritti [...] sulla morte. Senza uno vero approfondimento della morte, quale vita è? Fuggire a lei, è vivere nel miraggio di un ego, come dici molto bene e meglio te. [...]



Cristiana Berti:

Ho sperimentato tutto cio' che e' scritto da Ostaseski, con un'intensita' e un amore che non sapevo di avere. Ho dato solida base a quello in cui credevo anche prima... Peccato che alla maggior parte della nostra societa' occidentale non interessa un c...o della verita' acquisita. Ed e' iniziata la guerra per salvaguardare e vivere secondo la mia verita' e consapevolezza.

Gianfranco Bertagni:

Ma anche nelle società orientali non pensare che le cose stiano poi così diversamente.
C'è tutta una retorica sull'Oriente in certi ambienti...



Alberto Pennella:
bellissimo testo e lo trovo anche nella mia esperienza con mia nonna. 5 anni sul letto senza muoversi, con piaghe inestinguibili oramai. lei era in perenne meditazione, il suo piano di memoria era svanito, si ravvivava solo nel presente di quando uno le raccontava una storia passata, poi svaniva subito. l'unica cosa che le importava, sul suo letto di Presenza, era che intorno ci fosse armonia, lei sentiva anche a distanza quando non c'era tra le persone, era l'unica cosa che la toccava, l'armonia nel presente. Lei viveva "in quel territorio del mistero e delle domande senza risposta". quando morì suo marito, di cui lei si accorse energeticamente della sua non presenza, disse: non c'è più... e pianse per poco. al funerale di lui fui l'unica persona che accettò di dormire nel letto di lui, nella stessa stanza della branda dove stava mia nonna. di notte tossiva compulsivamente e mi preoccupai, mi alzai e le chiesi che cosa le poteva essere di aiuto, mi disse con un soffio di voce: non devi fare niente...





Fortunata Romeo:ho lavorato molto con gli anziani vicini alla morte.. alcuni restano attaccati ossessivamente ad un rimpianto, all'amore che non hanno vissuto, altri con l'incubo di un rimorso... insomma tutto ciò che in vita hanno tenuto dentro, come un segreto, li ha rosi da dentro ed emerge implacabile negli ultimi giorni di vita. ma ne ho visto anche altri morire in pace, magari con una piccola malinconia per il distacco dai loro affetti ma senza attaccamenti eccessivi, insomma la qualità della morte se così si può dire si decide in vita.


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