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lunedì 12 dicembre 2011

Rivoluzione copernicana. La terra non è posta nel centro del mondo.

540 anni fa nasceva Niccolò Copernico (Mikołaj Kopernik o Nicolaus Copernicus, 1473 – 1543), astronomo polacco, che rivoluzionò con la sua teoria eliocentrica, sia la scienza astronomica sia le teorie filosofico-religiose che si fondavano sul geocentrismo.


Essendo il Sole l'occhio di Dio è più logico che sia sistemato al centro dell'universo.
Copernico



Per mantenere il modello geocentrico e spiegare il percorso dei pianeti in cielo Ipparco e Tolomeo proposero che ciascun pianeta percorreva con moto uniforme delle circonferenze (epicicli), i cui centri si muovevano a loro volta su circonferenze di raggio maggiore (i deferenti).
Il modello piaceva ai greci perchè metteva l'umanità al centro di un mondo perfetto dominato da circonferenze perfette e moto uniforme e piacque ancora di più nel medioevo perchè l'uomo si trovava al centro del creato.
Tuttavia non si può fare a meno di notare che gran "casino" sia tenere in piedi un modello geocentrico rispetto ad un semplice modello eliocentrico: semplicissimo ed in grado di spiegare tutti i moti osservabili nel sistema solare... ma dalle implicazioni troppo terribili per l'epoca.
Ecco perchè bisogna applicare il criterio del Rasoio di Occam ad ogni teoria scientifica.
Secondo questo principio « A parità di fattori la spiegazione più semplice è da preferire ».
Ovvero, fra due teorie scientifiche quella che spiega la realtà nel modo più semplice è la più probabile.
E, aggiungo io, questo deve essere sempre fatto indipendentemente dalle implicazioni filosofiche che una teoria possa avere.
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La prima e suprema di tutte le sfere è quella delle stelle fisse, contenente se stessa e tutte le cose, e perciò immobile. Essa è infatti il luogo dell'universo al quale si riferiscono il moto e la posizione di tutte le altre stelle. Dappoiché alcuni stimano che in qualche modo pur essa muti: noi segneremo nella deduzione del moto della terra un'altra causa a tale sua apparenza. Prima fra le stelle mobili viene Saturno, che compie la propria orbita in trent'anni. Dopo questo Giove, che si muove con un periodo di dodici anni. Indi Marte, che gira in un biennio. Il quarto posto nell'ordine tiene la rivoluzione annua, nella quale abbiam detto la terra essere contenuta, con l'orbe lunare come epiciclo. Nel quinto posto si muove in nove mesi Venere. Mercurio infine occupa il sesto, che in ottanta dì conchiude il suo giro nello spazio. Ma in mezzo a tutti sta il sole. Chi infatti, in tale bellissimo tempio, metterebbe codesta lampada in un luogo diverso o migliore di quello, donde possa tutto insieme illuminare? Perciò non a torto alcuni lo chiamano lampada del mondo, altri mente, altri reggitore. Trismegisto lo chiama Dio visibile, Elettra, nella tragedia di Sofocle, colui che tutto vede. Così, per certo, come assiso su un trono regale, il sole governa la famiglia degli astri che gli ruotano intorno
Nicolaus Copernicus. 1473 – 1543




Niccolò Copernico. La terra non è posta nel centro del mondo.
“È abbastanza chiaro […] che il cielo è, in paragone alla terra, immenso e che ha l’aspetto di un’infinita grandezza e che, d’altronde, secondo i sensi, la terra è in confronto al cielo come un punto rispetto ad un corpo, come il finito rispetto alla grandezza dell’infinito. Ma con ciò non pare che si sia dimostrato nient’altro; non può derivarne infatti che la terra sta ferma al centro del mondo. Ché anzi tanto più dovremo meravigliarci se la così grande vastità del mondo ruotasse nello spazio ventiquattro ore, piuttosto che la terra, che è una sua parte così piccola.
Dire infatti che il centro è immobile e che meno si muove ciò che è più vicino al centro, non dimostra che la terra, stia immobile al centro dell’universo, non diversamente che se si dicesse che il cielo gira e che i poli sono immobili e che si muovono pochissimo le parti vicine ai poli. Così come si vede la stella polare muoversi molto più lentamente di Aquila o del Cane minore, perché, vicinissima al polo, descrive un circolo minore, poiché tutte quante sono sulla stessa sfera, la cui mobilità, diminuendo verso l’asse, non ammette che il movimento di tutte le sue parti sia dappertutto eguale; parti che la rivoluzione del tutto fa ritornare in tempi eguali, non percorrendo tuttavia esse spazi eguali.
A ciò tende dunque l’argomentazione, quasi che la terra fosse parte della sfera celeste, con lo stesso movimento e la stessa natura, sicché essa si muova poco, in quanto vicinissima al centro. Si muoverà dunque anch’essa, in quanto corpo e non centro [geometrico], tracciando, nel medesimo tempo, circonferenze simili al cerchio celeste, sebbene più piccole. Quanto questo sia falso è più chiaro della luce: ne conseguirebbe infatti che in un luogo sarebbe sempre mezzogiorno, in un altro sempre mezzanotte, in modo che non potrebbero verificarsi né il sorgere né il tramontare quotidiano [del sole], poiché il movimento del tutto e della parte sarebbe uno ed inseparabile.
Ma di gran lunga diverso è il rapporto tra le cose distinte da naturale differenza: sì che quelle che si volgono in un circolo più breve, si muovono più in fretta di quelle che percorrono un circuito maggiore. Così Saturno, il più alto degli astri erranti, compie la sua rivoluzione in un periodo di trent’anni, mentre la luna, che indubbiamente è la più vicina alla terra, compie il suo circuito in un solo mese; e per la stessa terra, infine, crederemo che occorra lo spazio di un giorno e di una notte, perché essa ruoti. Risorge quindi lo stesso problema della rivoluzione diurna.
Ma anche il suo luogo va ancora indagato, il quale, da quanto si è detto sopra, non è per nulla certo. Quella dimostrazione, infatti, non prova niente altro che l’indefinita grandezza del cielo nei confronto della terra. Ma, fin dove si estenda questa immensità, non è affatto noto. Come, in senso opposto, [avviene] per i corpuscoli piccolissimi e indivisibili che si chiamano atomi, che, non essendo percepibili, in due o in più non riescono subito a formare un corpo visibile, ma possono tuttavia essere moltiplicati sino al punto da arrivare a riunirsi in un numero bastevole da formare un corpo di grandezza visibile, così anche riguardo al luogo della terra, sebbene essa non sia posta nel centro del mondo, tuttavia la sua stessa distanza da lì è quasi niente soprattutto in relazione alla sfera delle stelle fisse.*

* Quest’ultimo periodo non compare nelle edizioni a stampa prima di quella di Thorn [‹ex avctoris avtographo. Recvdi cvravit Societas Copernicana Thorvnensis›] (1873), in quanto esso non si trova nell’ ‹editio princeps›, bensì soltanto nel manoscritto (p. 5ʳ) ed è in esso cancellato da una sottile linea curva, salvo le ultime parole (da «soprattutto») che si trovano alla p. 5 v.”
NICCOLÒ COPERNICO (1473 – 1543), “La rivoluzione delle sfere celesti” (1543), in Id., “Opere”, a cura, introduzione, note e trad. di Francesco Barone, UTET, Torino 1979 (I ed.), Libro primo, Capitolo VI ‘Dell’immensità del cielo in rapporto alla grandezza della terra’, pp. 193 – 195.



Rivoluzione copernicana



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Col termine rivoluzione copernicana si intende la nuova visione dell'universo elaborata da Niccolò Copernico, fautore della teoria eliocentrica, che pone il Sole al centro del sistema di orbite dei pianeti, opposta a quella geocentrica, che prevedeva invece la Terra al centro del sistema solare.
Exquisite-kfind.pngPer approfondire, vedi la voce Rivoluzione astronomica.
La teoria di Copernico, che riprendeva quella greca di Aristarco da Samo, fu pubblicata nel libro De revolutionibus orbium coelestium (Delle rivoluzioni dei mondi celesti) l'anno della sua morte. Il libro è il punto di partenza di una conversione dottrinale dal sistema geocentrico a quello eliocentrico e contiene gli elementi più salienti della teoria astronomica dei nostri tempi, comprese una corretta definizione dell'ordine dei pianeti, della rotazione quotidiana della Terra intorno al proprio asse, della precessione degli equinozi.

La rivoluzione copernicana di Kant [modifica]

Kant riprese il concetto di rivoluzione copernicana per applicarlo a quel ribaltamento della prospettiva filosofica da lui stesso operato. Contrariamente al senso comune infatti, secondo cui l'uomo doveva adattare i propri schemi mentali agli oggetti da conoscere, Kant si propose di dimostrare che il nostro intelletto gioca un ruolo fortemente attivo nel metodo conoscitivo; le proposizioni scientifiche in grado di ampliare il nostro sapere sul mondo, cioè, non si limitano a recepire passivamente dei dati, ma sono di natura critica e deduttiva. Sono i nostri schemi mentali che determinano il modo in cui un oggetto viene percepito.
« Quando Galilei fece rotolare le sue sfere su di un piano inclinato con un peso scelto da lui stesso, e Torricelli fece sopportare all’aria un peso che egli stesso sapeva già uguale a quello di una colonna d’acqua conosciuta […] fu una rivelazione luminosa per tutti gli investigatori della natura. Essi compresero che la ragione vede solo ciò che lei stessa produce secondo il proprio disegno, e che […] essa deve costringere la natura a rispondere alle sue domande; e non lasciarsi guidare da lei, per dir così, colle redini; perché altrimenti le nostre osservazioni, fatte a caso e senza un disegno prestabilito, non metterebbero capo a una legge necessaria. »
(Kant, Prefazione alla Critica della ragion pura [1787], Laterza, Roma-Bari 2000)

Come Copernico aveva messo il Sole, e non la Terra, al centro dell'universo, così Kant intendeva ora collocare il soggetto umano al centro del processo conoscitivo. Prima della rivoluzione era l'uomo (soggetto) a doversi adattare alla natura (oggetto), adesso col ribaltamento dei ruoli sarà la natura a doversi adattare all'uomo. Questa nuova concezione fu tra l'altro determinante per la nascita della corrente idealista tedesca che da Kant prese le mosse.

Voci correlate [modifica]

Collegamenti esterni [modifica]





“ […] Satis apparet, immensum esse caelum comparatione terrae ac infinitae magnitudinis speciem prae se ferre, sed sensus aestimatione terram esse respectu caeli, ut punctum ad corpus, et finitum ad infinitum magnitudine, nec aliud demonstrasse videtur. Neque enim sequitur, in medio mundi terram quiescere oportere. Quin magis etiam miremur, si tanta mundi vastitas sub XXIIII. horarum spacio revolvatur potius, quam minimum eius quod est terra. Nam quod aiunt centrum immobile, et proxima centro minus moveri, non arguit terram in medio mundi quiescere: nec aliter quam si dicas, caelum volvi, at polos quiescere, et quae proxima sunt polis minime moveri. Quemadmodum Cynosura multo tardius moveri cernitur, quam Aquila vel Canicula, quia circulum describit minorem proxima polo, cum ea omnia unius sint sphaerae, cuius mobilitas ad axem suum desinens, omnium suarum partium motum sibi invicem non admittit aequalem, quas tamen paritate temporis non aequalitate spacii revolutio totius reducat. Ad hoc ergo nititur ratio argumenti, quasi terra pars fuerit caelestis sphaerae, eiusdemque speciei et motus, ut proxima centro parum moveatur. Movebitur ergo et ipsa corpus existens, non centrum sub eodem tempore ad similes caelestis circuli circumferentias licet minores. Quod quam falsum sit luce clarius est, oporteret enim uno in loco semper esse meridiem, alio semper mediam noctem, ut nec ortus nec occasus cotidiani possent accidere, cum unus et inseparabilis fuerit motus totius et partis. Eorum vero quae differentia rerum absolvit, longe diversa ratio est, ut quae breviori clauduntur ambitu, revolvantur citius, iis quae maiorem circulum ambiunt. Sic Saturni supremum errantium sydus trigesimo anno revolvitur, et Luna quae proculdubio terrae proxima est menstruum complet circuitum, et ipsa denique terra diurni nocturnique temporis spacio circuire putabitur. Resurget ergo eadem de cotidiana revolutione dubitatio. Sed et locus eius adhuc quaeritur minus etiam ex supradictis certus. Nihil enim aliud habet illa demonstratio quam indefinitam caeli ad terram magnitudinem. At quousque se extendat haec immensitas minime constat. Quaemadmodum ex adverso in minimis corpusculis ac insectilibus, quae atomi vocantur, cum sensibilia non sint, duplicate vel aliquotiens sumpta non statim componunt visibile corpus, at possunt adeo multiplicari, ut demum sufficiat in apparentem coalescere magnitudinem. Ita quoque de loco terrae, quamvis in centro mundi non fuerit, distantiam tamen ipsum incoparabilem adhuc esse praesertim ad non errantium stellarum sphaeram.*”

*[Cfr. la nota al testo in italiano]
NICOLAI COPERNICI TORINENSIS “De revolutionibus orbium cœlestium libri VI”, apud Ioh. Petreium, Norímbergæ M.D.XLIII, Liber primus, 6. ‘De immensitate cœli ad magnitudinem terræ’, p. 4b.

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