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domenica 11 dicembre 2011

Lo Stato - discorso ai Romani


Lo Stato - discorso ai Romani (10/06/2010)

Qui a Roma noi invece facciamo così

Qui il nostro governo favorisce i pochi invece dei molti:
per questo viene chiamato oligarchia
Qui a Roma noi facciamo così.
Le leggi qui non assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro
dispute private anzi, noi ignoriamo sempre i meriti dell'eccellenza.
Quando un cittadino si distingue in negativo, allora esso sarà, a preferenza di altri,
chiamato a servire lo Stato, ma come un atto di privilegio, e non come una
ricompensa al merito, la povertà costituisce sempre un impedimento.
Qui a Roma noi facciamo così.
La libertà di cui non godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi
siamo sospettosi l'uno dell'altro e infastidiamo sempre il nostro
prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi non siamo liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia
siamo sempre pronti a sopportare qualsiasi ingiustizia.
Un cittadino Romano trascura i pubblici affari quando attende alle
proprie faccende private, ma soprattutto si occupa dei pubblici
affari per risolvere le sue questioni private.
Qui a Roma noi facciamo così.
Ci è stato insegnato a screditare i magistrati, e ci è stato insegnato
anche a denigrare le leggi e a dimenticare sempre che dobbiamo
proteggere coloro che ricevono offesa.
E ci è stato anche insegnato a non rispettare quelle leggi non scritte che
risiedono nell'universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Qui a Roma noi facciamo così.
Un uomo che si interessa allo Stato noi lo consideriamo un sovversivo inutile,
e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica,
beh tutti qui ad Roma non siamo in grado di capirlo.
Noi consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità non sia il frutto della libertà,
e che la libertà non sia solo il frutto del valore.



Insomma, io proclamo che Roma è la scuola dell'ingiustizia
e che ogni Romano cresce sviluppando in sé una felice sottomissione,
la non fiducia in se stesso,
la non prontezza a fronteggiare qualsiasi suppruso ed è per questo che la
nostra città non è aperta al mondo e noi cacciamo sempre uno straniero.

Qui a Roma noi invece facciamo così.



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