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venerdì 16 dicembre 2011

Emil Cioran. Inutile cercare di togliersi un’abitudine con la volontà; si smette solo quando si arriva al punto di saturazione, alla nausea e all’esasperazione. Si trionfa solo di ciò che si odia, dopo averlo amato.

Cioran, uomo di grande lucidità, diceva che la vita, più che una corsa verso la morte, è una disperata fuga dalla nascita. Quando veniamo al mondo affrontiamo una sofferenza e un disagio che ci portiamo avanti tutta la vita, quelli di un passaggio traumatico da una situazione conosciuta all'ignoto. Questo è il primo grande disagio. Il secondo, non meno traumatico, è quando ci rendiamo conto che dovremo morire. Per me questa spaventosa consapevolezza è arrivata verso i quattro anni. L'uomo diventa "grande", diventa spirituale o altro, quando riesce a superare questi disagi senza ignorarli. Ora, se a essi si aggiunge anche l'esercizio della solitudine, ecco che allora forse, a differenza di altri che vivono protetti dal branco, alla fine della tua vita riesci a "consegnare alla morte una goccia di splendore", come recita quel grande poeta colombiano che è Alvaro Metis. Se ti opponi, se ti rifiuti di attraversare e superare questi disagi, per sopravvivere ti organizzi affinché siano gli altri a occuparsene e deleghi. Questa rinuncia ti toglie dignità, ti toglie la vita. Credo che l'uomo, per salvarsi, debba sperimentare l'angoscia della solitudine e dell'emarginazione. La solitudine, come scelta o come costrizione, è un aiuto: ti obbliga a crescere. Questa è la salvezza.
Fabrizio De Andrè, Una goccia di splendore




Treccani.it
Cioran: un filosofo esistenzialista, ambiguo e costantemente infedele a sé stesso. Sosteneva che non fosse possibile esprimere la filosofia per trattati, ma solo in frammenti, "sotto forma di esplosione".




Cioran, infatti, rientra a pieno titolo nella categoria del "pessimismo gnostico ". 
Negare il mondo sensibile, come forma di affermazione di una Luce lontana, il deus absconditus, totalmente trascendente rispetto all'ordine nel quale noi viviamo. Cioran, quindi, è sulla stessa linea spirituale di Leopardi, Kafka, forse Beckett e forse Sgalambro.





Una società in cui è essenziale il profitto e non la produzione finalizzata alla soddisfazione dei bisogni reclama ruoli e ingranaggi. Tutto quel che deraglia non è funzionale al suo progresso. Poi ci sono momenti come l'attuale crisi, quando questa società mostra tutti i suoi limiti e sembra possibile ribellarsi - ma il più delle volte la crisi passa, e il ciclo ricomincia: la storia. Rimane ancora e sempre l'individuo, con la sua fragilità e indeterminatezza, la necessità dell'esperienza, la possibilità di relazione. L'erba che cresce ai margini della strada, il sassolino che rompe l'ingranaggio.


Io accumulo passato, non cesso di fabbricarne e di precipitarvi il presente, senza dargli la possibilità di esaurire la sua stessa durata. Vivere significa subire la magia del possibile; ma quando si scorge nel possibile stesso un passato a venire, tutto diventa virtualmente passato, e non vi è più né presente né futuro.
Emil Cioran, La caduta nel tempo, 1964




Mi appare chiaro che, senza una dose notevole di megalomania, non si può intraprendere nulla, anzi non si può nemmeno pensare. Solo se ci si sente istintivamente il centro del mondo è possibile emettere sentenze e atteggiarsi a giudici universali. Certo un dubitatore nato è in grado di reagire in modo diverso. Sfortunatamente questa specie di mostri è una rarità.
Emil Cioran, Fascinazione della cenere, Da Vaugelas a Heidegger



Non è grazie al genio ma grazie alla sofferenza, 
e solo grazie ad essa, che smettiamo di essere una marionetta
Emil Cioran, Confessioni e anatemi 


Dopo una sera in sua compagnia si era sfiniti, giacché la necessità di controllarsi, di evitare la minima illusione in grado di ferirlo (e tutto lo feriva) lasciava alla fine senza forze, scontenti di lui e di sé stessi. Ci si rimproverava di aver concordato con il suo parere per scrupoli spinti fino alla bassezza, ci si disprezzava per non essere esplosi invece di imporsi un esercizio di delicatezza così estenuante.
Emil Cioran, Confessioni e anatemi


“Per solidarietà con un amico appena morto, ho chiuso gli occhi e mi sono lasciato sommergere da quel mezzo caos che precede il sonno. In capo ad alcuni minuti ho creduto di afferrare quella realtà infinitesimale che ci collega ancora alla coscienza. Ero alla soglia della fine? Un instante dopo, mi trovavo in fondo a un abisso, senza la minima traccia di paura. Non essere più sarebbe dunque così semplice? Probabile, se la morte fosse solo un’esperienza, ma essa è l’esperienza medesima. Che idea, quindi, giocare con un fenomeno che accade una volta sola! L’unico non si sperimenta.” 
Emil Cioran, Confessioni e anatemi


L'uomo non è contento di essere uomo. Ma non sa a che cosa ritornare, né come ripristinare uno stato di cui ha perduto ogni ricordo distinto. La nostalgia che ne prova è il fondamento del suo essere, e per mezzo di essa comunica con quanto sussiste in lui di più antico.
Emil Cioran, Confessioni e anatemi



La libertà è un giogo troppo pesante per il collo dell'uomoAnche preso da un terrore selvaggio, è più al sicuro che sul cammino della libertà. Anche se la considera il valore positivo per eccellenza, la libertà non ha mai smesso di mostrargli il suo lato negativo. L'uomo è troppo debole e troppo piccolo per l'infinito della libertà per cui questa diventa un infinito negativo. La libertà è un principio etico di essenza demoniaca. Il paradosso è insolubile. La libertà è troppo grande e noi troppo piccoli. Chi tra gli uomini l'ha meritata? L'uomo ama la libertà, ma la teme. 
Emil Cioran. Le livre des leurres





Eccoci dunque, monadi frantumate, al termine delle tristezze prudenti e delle anomalie previste:
vari segni annunciano l’egemonia del delirio.
Emil Cioran, Sillogismi dell’amarezza


La ricerca del segno a scapito della cosa significata; il linguaggio considerato come un fine in sé, come un concorrente della "realtà"; la mania verbale, perfino tra i filosofi; il bisogno di rinnovarsi sul piano delle apparenze - caratteristiche di una civiltà in cui la sintassi prevale sull'assoluto, e il grammatico sul saggio.
Emil Cioran, Sillogismi dell’amarezza


Non c'è salvezza se non nell'imitazione del silenzio. Ma la nostra loquacità è prenatale. 
Razza di parolai, di spermatozoi verbosi, noi siamo chimicamente legati alla parola.
Emil Cioran, Sillogismi dell'amarezza ( III )



Un silenzio improvviso nel mezzo di una conversazione ci riporta d'un tratto all'essenzialeci rivela a quale prezzo dobbiamo pagare l'invenzione della parola.
Emil Cioran



"Il silenzio è insostenibile. È più facile rinunciare al pane che al verbo. Il moto dello spirito esige parole in massa, senza le quali, avvolto su se stesso, rimugina la sua impotenza. Disgraziatamente l'eloquio scivola nello sproloquio. Anche il pensiero vi tende, sempre pronto a espandersi, a gonfiarsi. Arrestarlo con l'acredine, contrarlo nell'aforisma o nella battuta, significa opporsi alla sua espansione, al suo movimento naturale, al suo slancio verso la prolissità o la dilatazione. Da qui i sistemi, da qui la filosofia, da qui la letteratura."
Émile Michel Cioran




L'idea della colpevolezza di Dio non è un'idea gratuita, ma necessaria e perfettamente compatibile con quella di onnipotenza: essa sola conferisce qualche intellegibilità allo svolgimento storico, a tutto ciò che contiene di mostruoso, d'insensato e di derisorio. Attribuire all'autore del divenire la purezza e la bontà, è rinunciare a comprendere la maggioranza degli eventi e singolarmente il più importante: la Creazione. Dio non poteva spogliarsi dell'influenza del male, molla degli atti, agente indispensabile per chiunque, esasperato di riposare in sé, aspira ad uscire da sé stesso, per diffondersi e avvilirsi nel tempo [...]. Il combattimento tra i due principi, buono e cattivo, si dibatte a tutti i livelli dell'esistenza, eternità compresa. Siamo tuffati nell'avventura della Creazione [...], senza "fini morali", e forse senza significato; e benché l'idea e l'iniziativa spettino a Dio, non sapremo volergliene, tanto è grande ai nostri occhi il suo prestigio di primo colpevole. Facendo di noi suoi complici, ci associò a questo immenso movimento di solidarietà nel male, che sostiene e rende ferma la confusione universale.
Emil Cioran, Essai sur la pensée réactionnaire: a propos de Joseph de Maistre, Fata Morgana, Paris 1977 tr. it. Saggio sul pensiero reazionario, in E.M. Cioran, Esercizi di ammirazione, Adelphi


Alberi massacrati. Sorgono case. Facce, facce dappertutto. 
L'uomo si estende. L'uomo è il cancro della terra.
Emil Cioran, L'inconveniente di essere nati




Più facciamo progressi “interiori” più diminuisce il numero di coloro con cui possiamo realmente comunicare. Alla fine li perdiamo tutti e non ci resta altro che il Tutto.
Emil Cioran



L’insonnia è una vertiginosa lucidità che riuscirebbe a trasformare il paradiso stesso in un luogo di tortura. Qualsiasi cosa è preferibile a questo allerta permanente, a questa criminale assenza di oblio. È durante quelle notti infernali che ho capito la futilità della filosofia. Le ore di veglia sono, in sostanza, un’interminabile ripulsa del pensiero attraverso il pensiero, è la coscienza esasperata da se stessa, una dichiarazione di guerra, un infernale ultimatum della mente a se medesima. Camminare vi impedisce di lambiccarvi con interrogativi senza risposta, mentre a letto si rimugina l’insolubile fino alla vertigine.

—  E. M. CIORAN (1911 – 1995), “Al culmine della disperazione” (1934, I ed. in rumeno), traduzione di Fulvio Del Fabbro e Cristina Fantechi, Adelphi, Milano 1998 (I ed.), ‘Prefazione’ (presente solo nell’I ed. francese del 1990), pp. 11 – 12 



Ben più del tempo, è il sonno l’antidoto alla sofferenza. Per contro l’insonnia, che ingigantisce la minima contrarietà e la converte in sventura, veglia sulle nostre ferite e impedisce loro di deperire.
E. M. Cioran, [Aveux et Anathèmes, 1987], Confessioni e anatemi, Milano, Adelphi, 2007 [Trad. M. Bortolotto] 


Avete mai subìto la tortura dell'insonnia, quando si avverte ogni istante della notte, quando esistete solo voi al mondo, e il vostro dramma diventa il più importante della storia, di una storia ormai svuotata di senso, e che neppure più esiste, giacché sentite levarsi in voi le fiamme più spaventose, e la vostra esistenza vi appare come unica e sola in un mondo nato soltanto per portare a termine la vostra agonia [...]? 
Emil Cioran 



All'interno di ogni desiderio lottano un monaco e un macellaio.
Emil Cioran 


Non dubito mai di me come quando ricevo una lettera di elogi frenetici.
Aristotele, Tommaso d'Aquino, Hegel - I grandi oppressori dello spirito, che essi hanno incatenato con la coerenza e il terrore dei loro sistemi. La peggiore forma di dispotismo è il sistema, in filosofia come in ogni altra cosa!
Il più grande incontro della mia vita: Bach. Dopo viene Dostoevskij; dopo gli scettici greci, dopo ancora il Buddha... dopo, ma che importa che cosa viene dopo...
È incredibile che si possa chiedere consiglio a me!
Ma quello che è ancora più incredibile è che a me i consigli piace darli, ne prodigo al primo venuto. (pag. 821/822)
Emil Cioran - Quaderni - Adelphi




Vedere le cose come sono rende la vita quasi intollerabile
Poiché credo di aver visto, in parte, le cose come sono, ho smesso di agire, sono sempre rimasto al margine degli atti. Allora, è auspicabile per gli uomini vedere le cose come stanno? Non so, credo che la gente solitamente non ne è capace. E’ vero d'altronde che solo un mostro può vedere le cose come sono, perché il mostro è uscito dall'umano.


Se l’uomo esita ancora a rinunciare, o a riconsiderare il proprio caso, è perché non ha tratto le ultime conseguenze dal sapere e dal potere. Convinto che verrà il suo momento, che a lui competa raggiungere Dio e superarlo, egli si consacra – da invidioso – all’idea di evoluzione, come se il fatto di avanzare dovesse necessariamente portarlo al più alto grado di perfezione. A furia di voler essere altro, finirà col non essere niente; già ora non è più niente. Certo, egli si evolve, ma contro se stesso, a proprie spese, verso una complessità che lo rovina. Divenire e progresso sono nozioni apparentemente vicine, in realtà divergenti.
Emil Cioran



"È ciò che una volta ho definito “vivere senza convinzione”. Si provano più o meno gli stessi desideri e le stesse soddisfazioni degli altri, ma qualcosa si è spezzato; e se non c’è rottura c’è distacco; non si è più dentro, è impossibile identificarsi con un qualsiasi atto, eppure li si compie tutti, si fa esteriormente parte della società, anzi della folla. Ma si è visto dentro le cose, se ne è percepita la non realtà, la profonda vacuità. Si apre in continuazione un intervallo fra sé e l’atto, fra l’atto e la cosa. Si cessa per sempre di essere interi. Non si sarà mai più tutt’uno con ciò che si fa. Non vi sarà più saldatura fra il sé e l’essere. Perché non ci sarà mai più essere nell’antico senso della parola. Tutto è diventato apparenza? No. Ma più niente è, più niente assomiglia a quel che era prima. Non è il reale a essere trasfigurato, è il vuoto." 
Emil Cioran, Quaderni 1957-1972



Il mondo dei pensieri, in confronto a quello dei sospiri, non è che illusione. Nessun filosofo può consolarci poichè non possiede abbastanza destino per comprenderci. E tuttavia gli uomini cercano la loro compagnia perchè s’immaginano, per un’illusione sospetta, di poter essere consolati dalla conoscenza. Sapere e consolazione non si incontrano mai. A coloro che hanno bisogno di consolazione, i filosofi non hanno niente da proporre. In una parola: ogni filosofia è un’attesa delusa≫. 
Emil Cioran



“Se preferisco le donne agli uomini è perché hanno il vantaggio di essere più squilibrate, quindi più complicate, più perspicaci e più ciniche, senza contare quella superiorità misteriosa che conferisce una schiavitù millenaria.”
Emil Cioran


Si distrugge una civiltà soltanto quando si distruggono i suoi dèi.
Emil Cioran



Una religione s’instaura sulle rovine d’una saggezza: i maneggi che quella impiega non si addicono affatto a questa. Gli uomini preferiranno sempre disperare in ginocchio piuttosto che in piedi ...
Emil Cioran




Non contento delle sofferenze reali, 
l'ansioso se ne impone di immaginarie.
Emil Cioran


Si fanno progressi fino ai 30 anni. Dopo, si esita, ci si completa, ci si perfeziona, ci si prepara al declino. Si dovrebbe morire verso la cinquantina, come succedeva una volta. La scienza rappresenta il consolidamento della decripitezza. E’ corsa in aiuto ai cadaveri. Sarebbe stato meglio lasciare che la gente si spegnesse come ha sempre fatto. Non contenta di aver guastato l’economia della natura, la scienza vi ha introdotto anche una nota di indiscrezione, anzi, di indecenza. E’ sconveniente infatti trascinare, esibire la propria carcassa oltre un certo numero di anni. 
Quaderni 1957 - 1972, di Emil Cioran



Quando siamo per strada il mondo sembra più o meno esistere. 
Ma se guardiamo dalla finestra, tutto diventa irreale. 
Com'è possibile che la trasparenza di un vetro basti a separarci fino a questo punto dalla vita? In realtà, una finestra ci allontana dal mondo più del muro di una prigione. 
A forza di guardare la vita, si finisce per dimenticarla.
Emil Cioran



Ho di nuovo smesso di fumare. La notte scorsa mi sono svegliato con un tale odio per il tabacco che, quando mi sono alzato, ho distrutto l'ultimo pacchetto di sigarette che avevo, il bocchino e tutto il piccolo arsenale della più grottesca intossicazione che esista. 
Inutile cercare di togliersi un'abitudine con la volontà; si smette solo quando si arriva al punto di saturazione, alla nausea e all'esasperazione. Si trionfa solo di ciò che si odia, dopo averlo amato.
... Continuo a esistere quaggiù perché il mio orrore del mondo è insufficiente e non del tutto sincero.
Cahiers 1957-1972 

Bisogna distruggersi per ritrovarsi
Emil Cioran


Toccare il fondo prima di risalire prego!
toccare il fondo per darsi una potente spinta per risalire....e anche in amore e nei rapporti di coppia logoranti e logorati "si smette solo quando si arriva al punto di saturazione, alla nausea e all’esasperazione. Si trionfa solo di ciò che si odia, dopo averlo amato.



Mi ci vuole ogni giorno la mia razione di dubbio. Me ne nutro, letteralmente
Non c'è mai stato uno scetticismo più organico. Eppure tutte le mie reazioni sono tipiche di un isterico. Datemi dubbi e ancora dubbi. Più che il mio cibo, sono la mia droga. Non posso farne a meno. Ne sono intossicato a vita. Perciò, quando ne trovo uno, uno qualsiasi, mi ci avvento sopra, lo divoro, lo incorporo nella mia sostanza. Perché la mia capacità di assimilare dubbi è sconfinata; li digerisco tutti, sono ciò che mi tiene in vita e la mia ragione d'essere. Non riesco a immaginarmi senza di loro. 
Datemi dubbi, ancora e sempre dubbi.
Emil Cioran, Cahiers, 1957-1972





Alla fine dell'ultima guerra tutti assomigliavano a Hitler, anche i vincitori, soprattutto loroD'altronde sono riusciti a vincere solo imitandolo sempre di più, identificandosi con lui... Hanno chiuso la guerra senza pietà, senza distinguere... quando vincitori e vinti usano gli stessi procedimenti si equivalgono e nessuno di loro ha l'autorità morale per parlare in nome del Bene.
Emil Cioran, Cahiers 1957-1972

La storia non è che un interminabile malinteso. In Francia i giovani stravedono per Mao. Domani verranno alla luce i suoi crimini, sarà messo sotto accusa com'è successo per Stalin. E non cambierà niente. Si troverà un idolo di ricambio, il più lontano possibile in modo che non sia visto da vicino e quindi non deluda subito.
Emil Cioran, Cahiers 1957-1972

Nessuno ci perdona di essere stati sinceri nei suoi confronti - o meglio, di aver osato essere sinceri nei suoi confronti. Dire la verità a qualcuno significa commettere una indelicatezza, significa pensare di essergli superiore.
- Niente la autorizza a essere sincero nei miei confronti!
- Come si permette di dirmi la verità in faccia?
Emil Cioran - Cahiers 1957-1972



La curiosità è la forma intellettuale del desiderio
Emil Cioran


Scriverò sulla mia porta:
Ogni visita è un’aggressione
Non entrate, siate caritatevoli
Ogni faccia mi disturba
Non ci sono mai
Sia maledetto chi suona
Non conosco nessuno
Pazzo pericoloso.
Emil Cioran



Che cosa succederebbe se il volto umano esprimesse fedelmente tutta la sofferenza di dentro, se l'espressione traducesse tutto il tormento interiore? Riusciremmo ancora a conversare? Non dovremmo parlare nascondendoci il volto con le mani? La vita diventerebbe decisamente impossibile se i nostri tratti palesassero l'intensità dei nostri sentimenti. Nessuno avrebbe più il coraggio di guardarsi allo specchio, perché un'immagine insieme grottesca e tragica mescolerebbe ai contorni della fisionomia macchie di sangue, piaghe sempre aperte e rivoli di lacrime irrefrenabili
Emil Cioran


Devo fabbricarmi un sorriso, munirmene, mettermi sotto la sua protezione, frapporre qualcosa tra il mondo e me, camuffare le mie ferite, imparare, insomma, a usare la maschera.
Emil Cioran



Il mio compito è quello di strappare la gente al suo sonno di sempre, pur sapendo che commetto un crimine, e che sarebbe mille volte meglio lasciarla dormire, visto che, se pure si svegliasse, non avrei niente da proporle.
Emil Cioran, da "Quaderni 1957-1972"


Liberateci dalla psicoanalisi, che noi poi ci libereremo dei mali di cui parla.
Cioran, Quaderni 1957-1972




"Appena mi imbatto in una spiegazione psicoanalitica di un autore (o di qualsiasi cosa), sospendo la lettura. Questa facilità a formulare ipotesi così arbitrarie sui segreti delle persone mi dà ai nervi. D'altronde il più delle volte non si tratta di segreti, ma di carenze piuttosto semplici che questo metodo funesto complica a piacimento. Siamo però tutti degli psicoanalisti nei giudizi che esprimiamo, soprattutto nelle conversazioni. Si può respingere in blocco la dottrina ed esserne segretamente imbevuti: è quello che succede a tutti noi. Non conosco nessuno che ne sia indenne, che non ne sia stato contaminato. In questo senso, è giusto dire che Freud domina la nostra epoca" 
Emil Cioran, Cahiers


I ricordi, e cioè le immagini, invadono continuamente le mie idee; non mi impediscono di pensare, mi impediscono un pensiero di ampio respiro. A volte mi sembra di aver perduto il controllo della memoria. Il passato affluisce alla rinfusa per ostruire il presente e impedire allo spirito di dispiegarsi.
Emil Cioran, Quaderni 1957-1972


E questo accade il più delle volte. All’origine dei vuoti di memoria c’è l’istinto di conservazione.
Emil Cioran



È una idiozia totale pretendere di rinunciare all'io, all'amor proprio, alla vanità e all'orgoglio; è impossibile superarli, e quando si crede di averli vinti, si cade in una serie di menzogne senza fine. L'io è incurabile. Non parliamone più. Non si guarisce dall'io.
Emil Cioran


Un libro deve frugare nelle ferite, anzi deve provocarle. 
Un libro deve essere un pericolo.
Emil Cioran 



Noi respiriamo troppo velocemente per poter cogliere le cose in se stesse o denunciarne la fragilità
Emil Cioran



Esistono solo le cose che abbiamo scoperto da soli; sono anche le uniche che conosciamo. 
Le altre sono tutte chiacchiere
Emil Cioran. Quaderni 1957-1972


Ci sarà sempre un conflitto tra quello che so e quello che sento
Emil Cioran


Quando qualcosa non va, mi stendo sul letto, tiro le tende e aspetto. 
Per la verità non aspetto niente, faccio il vuoto dentro di me, cerco di dimenticare tutto ciò che mi angustia, uomini o cose, cerco di dimenticare anche me, e resto disteso come se fossi in una bara in fondo all'universo. E' questa la terapia della vacuità: rendersi assenti a tutto, immergersi nel più profondo di questa assenza e purificarvisi di tutte le brutture che offuscano e ingombrano la mente. Liberarsi di se stessi, vincersi, fare il morto con consapevolezza assoluta, ossia priva di qualsiasi contenuto, sbarazzarsi di tutta l'eredità mentale – per un quarto d'ora o per un minuto.
Emil Cioran, Quaderni 1957-1972



Ciò che è misteriosa è questa vitalità che vi spinge a fare qualcosa. E forse è proprio questo la vita, senza il bisogno di usare grandi parole, è che si fanno delle cose alle quali si aderisce senza credervi, si, è pressappoco questo. In fondo, CON L’ETÀ, TUTTO SI ESAURISCE, ANCHE IL CINISMO. Non ho superato il cinismo, sul piano teorico intendo, non l’ho superato. Ma lo si supera sul piano affettivo. TUTTO SI LOGORA. Non ho alcuna intenzione di ritornare su ciò che ho scritto. Dire: mi sono sbagliato, le cose in fondo non sono poi così terribili… No. Ma le cose che si sono espresse, vi si crede un po’ meno. Perché? Esse si distaccano da voi. In questo senso, VERAMENTE IL FATTO DI SCRIVERE – LO SI SA, TUTTI LO DICONO – È UNA SORTA DI PROFANAZIONE, poiché LE COSE ALLE QUALI VOI CREDEVATE CIECAMENTE, A PARTIRE DAL MOMENTO IN CUI LE AVETE DETTE, CONTANO MENO PER VOI.
Emil Cioran

Un silenzio improvviso nel mezzo di una conversazione ci riporta d'un tratto all'essenzialeci rivela a quale prezzo dobbiamo pagare l'invenzione della parola.
Emil Michel Cioran


«Che cos’è l’illuminazione?».
«Vedere in fondo alle parole».
L’illusione è credere alle parole.
Smettere di esserne vittima è il risveglio, la ‘conoscenza’.
Emil Cioran - Cahiers 1957 -1972


NÉ ABBASTANZA INFELICE PER ESSERE POETA, NÉ ABBASTANZA INDIFFERENTE PER ESSERE FILOSOFO, IO SONO SOLTANTO LUCIDO, ABBASTANZA PERÒ PER ESSERE CONDANNATO. Come capisco Michelangelo quando dice:
«Io vivo di ciò di cui muoiono gli altri»! 
Non c’è altro da aggiungere sulla solitudine…
Emil Cioran


«Quando si giunge al limite del monologo, ai confini della solitudine, s’inventa – in mancanza di un altro interlocutore – Dio, pretesto supremo del dialogo. Fintanto che Lo nominate, la vostra demenza è ben mascherata, e… tutto vi è permesso. Il vero credente si distingue a malapena dal pazzo; ma la sua follia è legale, ammessa; finirebbe internato se le sue aberrazioni fossero depurate da ogni fede. Ma Dio le copre, le rende legittime». 
Emil Cioran


Se Dio potesse immaginare quale peso rappresenti per me il minimo atto, cederebbe alla misericordia o mi lascerebbe il suo posto. Perché le mie impossibilità hanno un che di estremamente vile e di divino insieme. Nessuno può essere meno adatto di me a questa terra. Appartengo a un altro mondo, come dire che sono di un sottomondo. Uno sputo del diavolo, ecco di quale pasta sono fatto. Eppure, eppure...
Emil Cioran, Cahiers 1957-1972


Io non sono un ateo, anche se non "credo in Dio" e non prego.
Per me esiste una dimensione religiosa indefinibile, al di là di ogni fede.
Emil Cioran


Signore, perché non ho la vocazione alla preghiera? Nessuno al mondo è più vicino a te, e più lontano. Un briciolo di certezza, un po' di consolazione, non ti chiedo altro. Ma tu non puoi rispondere, non puoi.
Emil Cioran, Quaderni 1957 - 1972


Se potessi scrivere tutti i giorni un salmo, quanto ne sarebbe alleviata la mia sorte.
Ma che dico, scrivere! Se almeno potessi leggerne uno, uno soltanto!
- Io sono al di qua della salvezza, o meglio:
so quali sono i mezzi per salvarmi,
ma questi mezzi non li ho, non posso averli...
EMIL CIORAN, QUADERNI, 1957 - 1972



L'enorme fama di Heidegger. Tanti si sono lasciati abbindolare dalla sua colossale impostura linguistica. Ma io mi sono già fallo la mia opinione su di lui. Quello che mi ha detlo Ioan Alexandru sul colloquio avuto con il grand'uomo mi ha aperto gli occhi: alle domande semplici e profonde che il poeta romeno gli faceva, il filosofo rispondeva con delle banalità. Il fatto è che, non potendo usare il suo gergo abituale, non riuscirà a dire niente nella lingua correrne, viva, normale. Barare era impossibile.
Cioran, "Quaderni 1957-1972", Adelphi 2001, appunto del 3 giugno 1969, p. 811.


La Fine Del Mondo, che sollievo pensarci! Ma a dire il vero si può parlare soltanto della fine dell’Uomo, che è prevedibile, anzi certa, mentre l’altra risulta a stento concepibile. Non si capisce infatti che senso potrebbe avere parlare della fine della materia; una fine così lontana non riguarda nessuno. Restiamo dunque nei paraggi dell’uomo, dove il disastro fa parte del paesaggio, e del programma.
Quaderni 1957 - 1972, di Emil Cioran


Anche quando disertano l’inferno, 
gli uomini lo fanno solo per ricostruirlo altrove.
Emile Cioran


Per quanto faccia, non potrei mai accettare questo universo senza sentirmi colpevole di frode.
Emil Cioran - Cahiers (1957-1972)

Fare è difficile, disfare è facile. 
Senza questa facilità il male non esisterebbe
Emil Cioran


Credo alla salvezza dell'umanità, all'avvenire del cianuro
Emil Cioran


"Quel mattino, al mattatoio, guardavo le creature che venivano avviate al massacro. Quasi tutte, all'ultimo momento si rifiutavano di avanzare. Per costringerle venivano colpite sulle zampe di dietro. Questa scena mi ritorna spesso in mente quando, respinto dal sonno non ho la forza di affrontare il supplizio quotidiano del Tempo" 
Cioran


Ammettendo l'uomo, la natura ha commesso molto più di un errore di calcolo: un attentato a se stessa.
Emil Cioran


La Fine Del Mondo, che sollievo pensarci! Ma a dire il vero si può parlare soltanto della fine dell’Uomo, che è prevedibile, anzi certa, mentre l’altra risulta a stento concepibile. Non si capisce infatti che senso potrebbe avere parlare della fine della materia; una fine così lontana non riguarda nessuno. Restiamo dunque nei paraggi dell’uomo, dove il disastro fa parte del paesaggio, e del programma.
Emil Cioran. Quaderni 1957 - 1972


"Cos'è la follia se non una fuga dalle miserie della vita ?"
Emil Cioran



“Quando Cristo affermava che «il regno di Dio» non è né qui, né là, ma dentro di noi, condannava in anticipo le concezioni utopistiche, per le quali ogni regno è necessariamente esterno, senza alcun rapporto con il nostro ‘io’ profondo, o con la nostra salvezza individuale. Esse hanno a tal punto inciso su di noi che aspettiamo la nostra liberazione dal di fuori, dal corso delle cose, o dal cammino delle collettività.”
E Cioran, "Storia e utopia"


Diffidiamo di coloro che aderiscono a una filosofia rassicurante, che credono nel Bene e lo erigono volentieri a idolo; non vi sarebbero pervenuti se, ripiegati onestamente su se stessi, avessero sondato le proprie profondità o i propri miasmi; ma COLORO – QUEI RARI, È VERO – CHE HANNO AVUTO L'INDISCREZIONE O LA SVENTURA DI IMMERGERSI FINO ALL'INTIMITÀ DEL LORO ESSERE, SONO INFORMATI SUL CONTO DELL'UOMO: NON POTRANNO PIÙ AMARLO, PERCHÉ NON AMANO PIÙ SE STESSI, PUR RESTANDO (E SARÀ IL LORO CASTIGO) INCATENATI AL LORO IO PIÙ DI PRIMA…
Emil Cioran, Storia e utopia




Emil M. Cioran. Dalla città all’utopia.
Qualunque sia la grande città dove il caso mi porta, mi meraviglio che non vi si scatenino tutti i giorni sommosse, massacri, una carneficina inaudita, un disordine da fine del mondo. Come possono coesistere tanti uomini in uno spazio così ridotto, senza distruggersi, senza odiarsi mortalmente? Per la verità si odiano, ma non sono all'altezza del loro odio. Questa mediocrità, questa impotenza salva la società, ne assicura la durata e la stabilità. Di tanto in tanto vi si produce qualche scossa di cui i nostri istinti approfittano; poi, continuiamo a guardarci negli occhi come se nulla fosse accaduto e a coabitare senza sbranarci troppo manifestamente. Tutto rientra nell'ordine, nella calma della ferocia, altrettanto temibile, in ultima istanza, del caos che l'aveva interrotta.
Ma mi meraviglio ancora di più che, essendo la società quella che è, qualcuno si sia sforzato di concepirne un'altra, del tutto diversa. Da dove può provenire tanta ingenuità, o tanta follia? La domanda sarà normale e banale quanto si vuole, ma la curiosità che mi ha indotto a porla ha, in compenso, la scusa di essere malsana.
In cerca di nuove prove, e proprio nel momento in cui disperavo di trovarne, ebbi l'idea di buttarmi sulla letteratura utopistica, di consultarne i «capolavori», di impregnarmene, di crogiolarmi in essi. Con mia grande soddisfazione, trovai di che saziare il mio desiderio di penitenza, il mio appetito di mortificazione. Quale pacchia passare alcuni mesi a censire i sogni di un avvenire migliore, di una società «ideale», a consumare l'illeggibile! Aggiungo subito che questa letteratura ributtante è ricca di insegnamenti e che, a frequentarla, non si perde del tutto il proprio tempo. Vi si distingue fin dal principio il ruolo (fecondo o funesto, come meglio piace) che svolge, nella genesi degli avvenimenti, non la felicità, ma l'idea di felicità, idea che spiega come mai, dato che l'età del ferro è coestensiva alla storia, ogni epoca si metta a divagare sull'età dell'oro. Se si mettesse termine a queste divagazioni, ne seguirebbe una stasi totale. Agiamo soltanto sotto il fascino dell'impossibile: quanto dire che una società incapace di generare un'utopia e di votarvisi è minacciata di sclerosi e di rovina. La saggezza, che nulla affascina, raccomanda la felicità data, esistente; l'uomo la rifiuta, e soltanto questo rifiuto ne fa un animale storico, voglio dire un amatore di felicità immaginata.
Emil Cioran, Odissea del rancore, Storia e utopia
EMIL M. CIORAN (1911 – 1985), “Storia e utopia”(”Histoire et utopie”, Gallimard, Paris 1960), a cura e trad. di Mario Andrea Rigoni, Adelphi, Milano 1982, V ‘Meccanismo dell’utopia’, pp. 101-102
Credo, insieme allo gnostico Basilide, che l’umanità debba rientrare nei suoi limiti naturali facendo ritorno a un’ignoranza universale, autentico segno di redenzione. Bisogna che l’uomo superi la conoscenza, rinunci all’avventura della conoscenza. Ecco ciò che dicono i Philosophoumena sulla redenzione nel sistema di Basilide: « Quando tutto questo sarà definitivamente compiuto, quando tutti i germi confusi saranno stati sprigionati e restituiti alla loro primitiva sede, Dio diffonderà un’ignoranza assoluta sul mondo intero, affinché tutti gli esseri che lo compongono restino nei limiti della loro natura e non desiderino nulla di estraneo o di migliore; nei mondi inferiori, infatti, non vi sarà né menzione né conoscenza di quel che si trova nei mondi superiori, affinché le anime non desiderino ciò che non possono avere, e questo desiderio non divenga più per esse fonte di tormento; poiché sarebbe la causa della loro perdizione » (VII, 27).
Emil Cioran, Taccuino di Talamanca.




Poiché non sappiamo quanto tempo ci resta da vivere, il dovere verso noi stessi ci impone di fare solo ciò che interessa profondamente il nostro essere. Non ricerche: ma cercare prima di tutto noi stessi. Che importano gli altri! È dal centro di noi stessi che potremo risolvere i loro problemi, ammesso che si possano risolvere i problemi altrui. D’altronde quaggiù nulla è risolto, perché nessuno si prende la briga di sapere a che punto è rispetto a se stesso.
Emil Cioran, Taccuino di Talamanca.




Stanotte sono stato molto attento al canto del gallo. Era così sincero, così pieno di trasporto, che non posso credere che non si rivolga a nessuno, che canti per sé solo. Ha manifestamente qualcosa da comunicare, anche se il suo registro è sempre lo stesso e sembra che non cambi mai formula. Non vuol dire! Tanta convinzione deve per forza corrispondere a una realtà e tradurre qualche messaggio. Non si può credere che si tratti di un semplice esercizio.
Emil Cioran, Taccuino di Talamanca.




La cosa migliore, forse, è non spiegarci, non dare la chiave del nostro essere, la formula del nostro destino. Agli altri trovarla - se ritengono che valga la pena di cercarla.
Emil Cioran, Taccuino di Talamanca.





Le persone di destra mi fanno disgustare della destra, quelle di sinistra della sinistra. Di fatto, con un uomo di destra sono di sinistra, con un uomo di sinistra, di destra.
Emil Cioran, Taccuino di Talamanca.




Un tempo questo pensiero, il pensiero di Cioran è stato anche il mio. Per mia fortuna però ho anche considerato che è nella natura delle cose, degli esseri viventi pensanti, dell'uomo in particolare, proiettare fuori di sé l'idea del mondo, rielaborarlo, costruirlo e decostruirlo, come fossimo il creatore, l'artefice massimo, un po' come il poeta, il filosofo, l'artista, lo scrittore, lo scultore, lo scienziato, ecc.
Per quanto l'uomo possa non far nulla, arrendersi o annichilirsi, anche il pensiero di raggiungere questo stato, visto da un'ottica negativa è comunque come accettare il giogo. Il giogo dell'annichilimento.
Il serpente si morde la sua stessa coda, non c'è via di scampo. O almeno così sembrerebbe. E giusto per questo è necessario interrogarsi. Cosa è meglio, navigare in un mare in tempesta essendo in preda alle onde contrastantesi e cedere o navigare tenendo la barra dritta nonostante la tempesta e arrivare in porto? Morire a testa alta e in piena coscienza o morire senza rendersi conto nemmeno del perché siamo in questo mondo? Essere Ulisse che torna in patria vincitore o uno sconfitto dalla vita? Meglio essere architetti di caverne (lugubri e decadenti sepolcri per quanto imbiancati), o architetti di degni edifici (templi interiori ed esteriori che si voglia) per celebrare il "bene" e il "bello"?








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