Considerazioni personali sulla figura del Pedagogista nei Consultori familiari Privati
By Azzurra Spreafico– giugno 3, 2011
Dalla mia esperienza ho appreso che il Consultorio Familiare privato è una delle strade percorribili dai pedagogisti. E’ molto triste sapere che la nostra figura professionale è prevista per legge nei Consultori, ma ancora oggi si fatichi a trovarla: nei consultori ASL non esiste e in quelli privati la sua presenza si sta diffondendo abbastanza velocemente in questi ultimi due anni.
A mio avviso i Consultori di ispirazione cristiana sono, per definizione, più vicini al lavoro preventivo rispetto a quello ripartivo o patologico (pensiamo ai consultori delle ASL) pertanto si prestano particolarmente alla prospettiva educativa – pedagogica. I consultori di ispirazione cristiana si attengono infatti alla psicologia Rogersiana che spinge la persona a trovare dentro di sé la risposta ai propri problemi e la forza per superarli, esattamente come i principi del Personalismo pedagogico.
Per questi motivi il ragionamento vale anche per le scuole, nelle quali gli interventi di prevenzione e gli sportelli sono un ambito che esplora il quotidiano, il normale sviluppo con alti e bassi della Persona, perciò pienamente nelle competenze pedagogiche.
Come ha detto bene, secondo il mio parere, uno psicoterapeuta dell’equipe, “non si può ridurre tutto a psico”, intendendo che non si può ricondurre ogni evento e ogni situazione al patologico.
E’ necessario che il pedagogista faccia sentire la sua voce, la sua professionalità specifica, senza essere confuso con un tuttologo che mette insieme un pezzo da tutti i saperi. Il nostro approccio è interdisciplinare, ma anche molto specifico. La formazione universitaria ci ha preparato per emergere e difendere la nostra professionalità di pedagogisti. Non tutto necessita di terapia, ci sono interventi e consulenze pedagogiche rivolte al sostegno, alla prevenzione e alla formazione della persona.
Se riduciamo tutto a terapia allora non diamo più spazio alle risorse personali e lasciamo che una difficoltà passeggera passi immediatamente all’area clinica, psicologica appunto. Il pedagogista invece con la consulenza fa sì che l’organismo “malato” tragga fuori da sé i mezzi propri che possono permettergli di reagire alla patologia e sconfiggerla.
Il pedagogista è più vicino alla relazione d’aiuto nel senso di prendersi cura dell’altro; lo psicologo ha il suo baricentro nella relazione terapeutica. Il pedagogista nasce nell’ambito del forte bisogno di formazione durante tutto l’arco della vita, ormai riconosciuto come bisogno fondamentale all’interno della nostra società, definita “società della conoscenza”. Egli si occupa di creare un ambiente che accompagni spontaneamente la persona verso il suo sviluppo, il suo cambiamento.
Il pedagogista ha un suo spazio personale, che fatica ad essere riconosciuto per la mancanza di interrogativi rispetto alla vita quotidiana, di tutti i giorni. E’ proprio un peccato che ancora oggi ci si interroghi solo di fronte a casi clinici, evidentemente gravi e bisognosi d’aiuto tali da dover ricorrere allo psicologo. Sono convinta che si può e si deve fare qualcosa prima: la risposta è nell’educazione alla vita dove educatori e pedagogisti trovano il loro spazio, la loro dignità e la loro professionalità.
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