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lunedì 11 dicembre 2017

Blaise Pascal. Se Dio non c'è ed io ho creduto in lui ho perso poco. Ma se Dio c'è e voi non avete creduto in lui, avete perso tutto.

Il minimo movimento interessa tutta la natura: 
il mare intero cambia per una pietra.
Blaise Pascal, Pensieri


Il cuore ha le sue ragioni
che la ragione non conosce.
Blaise Pascal.


Gli uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria, l'ignoranza, 
hanno creduto meglio, per essere felici, di non pensarci.
Blaise Pascal (Pensieri, 168)


La vanità è a tal punto radicata nel cuore dell'uomo che un soldato, un attendente, un cuciniere, un vessillifero si vantano e vogliono degli ammiratori. E anche i filosofi li vogliono, e quelli che scrivono contro tutto ciò vogliono la gloria di avere scritto bene, e quelli che leggono vogliono la gloria di averli letti, e anch'io che sto scrivendo ho forse questo desiderio, e forse quelli che lo leggeranno…
Blaise Pascal



Quando considero la breve durata della mia vita, immersa nell'eternità che la precede e la segue, il piccolo spazio che occupo e persino che vedo, inabissato nell'immensità infinita degli spazi che ignoro e che mi ignorano, mi sgomento e mi stupisco di vedermi qui piuttosto che là, dal momento che non c'è nessuna ragione perché sia qui piuttosto che là, perché ora piuttosto che allora. Chi mi ci ha messo? Per ordine e opera di chi questo luogo e questo tempo è stato destinato a me? «Memoria hospitis unius diei praetereuntis».
Blaise Pascal, Pensieri


Ciascuno esamini i propri pensieri: li troverà sempre occupati del passato e dell’avvenire. 
Non pensiamo quasi mai al presente, o se ci pensiamo, è solo per prenderne lume al fine di predisporre l’avvenire. Il presente non è mai il nostro fine: il passato o il presente sono i nostri mezzi; solo l’avvenire è il nostro fine. Così, non viviamo mai, ma speriamo di vivere, e, preparandoci sempre ad esser felici, è inevitabile che non siamo mai tali.
Blaise Pascal


Noi non viviamo mai nel presente. Anticipiamo il futuro, troppo lento ad arrivare, come per affrettarne il corso, o ricordiamo il passato, troppo rapido nel passare, come per fermarlo. Vaghiamo, imprudenti, in tempi che non ci appartengono e non pensiamo affatto al solo che ci appartiene; vanamente preoccupati di quelli che non sono che un nulla, senza riflettere fuggiamo l’unico tempo che abbia realtà. È che il presente per lo più ci ferisce. Lo nascondiamo alla nostra vista perché ci fa star male e se è piacevole è allora spiacevole vederlo passare. Tentiamo di farlo durare verso il futuro e ci preoccupiamo di predisporre cose che non sono affatto sotto il nostro controllo perché sono in un tempo – il futuro – che non siamo affatto sicuri di riuscire a vivere.
Ciascuno esamini i propri pensieri. Li troverà tutti diretti verso il passato o verso il futuro. Non pensiamo quasi affatto al presente, e se lo facciamo è solo per trarne lumi per organizzare il futuro. Il presente non è mai il nostro scopo. Così non viviamo mai, ma aspettiamo di vivere, e preparandoci sempre ad essere felici finiamo per non esserlo mai. 
Blaise Pascal


« Non so chi mi abbia messo al mondo, né che cosa sia il mondo, né che cosa io stesso. 
Sono in un'ignoranza spaventosa di tutto. Non so che cosa siano il mio corpo, i miei sensi, la mia anima e questa stessa parte di me che pensa quel che dico, che medita sopra di tutto e sopra se stessa, e non conosce sé meglio del resto. Vedo quegli spaventosi spazi dell'universo, che mi rinchiudono; e mi trovo confinato in un angolo di questa immensa distesa, senza sapere perché sono collocato qui piuttosto che altrove, né perché questo po' di tempo che mi è dato da vivere mi sia assegnato in questo momento piuttosto che in un altro di tutta l'eternità che mi ha preceduto e di tutta quella che mi seguirà. Da ogni parte vedo soltanto infiniti, che mi assorbono come un atomo e come un'ombra che dura un'istante, e scompare poi per sempre. Tutto quel che so è che debbo presto morire; ma quel che ignoro di più è, appunto, questa stessa morte, che non posso evitare. »

Blaise Pascal, “Pensieri”, 194




"In me l'ateismo non é nè una conseguenza, nè tanto meno un fatto nuovo: esso esiste in me per istinto. Sono troppo curioso, troppo incredulo, troppo insolente per accontentarmi di una risposta così grossolana. Dio é una risposta grossolana, un'indelicatezza contro noi pensatori: anzi, addirittura, non é altro che un grossolano divieto contro di noi: non dovete pensare! [...] 
Il concetto di Dio fu trovato come antitesi a quello di vita, in esso fu riunito in una terribile unità tutto ciò che vi era di dannoso, di velenoso, di calunnioso, tutto l'odio mortale contro la vita. Il concetto dell'al di là, del vero mondo fu creato per disprezzare l'unico mondo che ci sia, per non conservare più alla nostra realtà terrena alcuno scopo, alcuna ragione, alcun compito! I concetti di anima, di spirito, e, infine, anche quello di anima immortale, furono inventati per insegnare a disprezzare il corpo, a renderlo malato- cioè santo- per opporre a tutte le cose che meritano di essere trattate con serietà nella vita."
F. Nietzsche - Ecce Homo



Se Dio non c'è ed io ho creduto in lui ho perso poco.
Ma se Dio c'è e voi non avete creduto in lui, avete perso tutto.
Blaise Pascal.

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Fausto Gaudieri
Allora scommettiamo che ci sono tutti gli altri esseri immaginari:
folletti, vampiri, e fondiamo chiese con tanto di influenza politica basate su di loro.
Ma il mondo non ha abbastanza oro per altre.
Che vuol dire ha perso poco? Magari ha dimenticato i vivi.


Emanuele Turrini
È bellissima anche la massima che disse:
"l'uomo è una canna pensante ma una delle più fragili, condannata a PENSARE."




Alessandro Tufillaro
L'uomo ha bisogno di un Dio? oppure è Dio che ha bisogno di un uomo?

Luigi Giordana
Il Dio spinoziano non è tanto difficile.

Riccardo J. Canaletti
una piccola precisazione. Pascal non dice, dio esiste, credeteci.
Dice: "sai che c'è, io ci scommetto su; male che vada muoio e basta, ma in caso contrario me ne vado in paradiso"... mah non mi sembra una grande proposta per avvicinare le coscienze a dio.

Mario Cannavale
Il grande concetto della convenienza! Credo in Dio perché posso averne dei vantaggi!

Mario Cannavale Però bisogna considerare che se davvero Dio esistesse starà accanto anche a chi non crede in Lui! Questo è il concetto più importante! Come diceva Ugo Foscolo non importa se Dio esiste o non esiste, ma credere in Lui può portare benefici! In realtà soltanto chi soffre davvero nelle tragedie si rende conto che Dio non esiste! Nei campi di concentramento su un muro scrissero che un giorno Dio avrebbe dovuto dargli delle spiegazioni! Mettiamoci nei suoi panni e capiremo cosa significhi davvero credere in Dio in un dolore fisico e psichico indescrivibile!


Riccardo J. Canaletti 
infatti io non volevo dimostrare l'esistenza di Dio. 
Non me ne può fregar di meno, guarda. Io non sono credente, credo solo che la questione non possa essere liquidata in maniera superficiale visto che la struttura stessa della società in cui viviamo è profondamente teologica. Io credo anche che non sia così importante stabilire se Dio esista o meno, è una questione da poco ormai, davvero poco utile e davvero poco sensata. La filosofia non può più parlare dell'esistenza di Dio, ma può invece prendere atto delle possibili conseguenza che la vita potrebbe avere vista la presenza o meno di un Assoluto (ab solutus) che potrebbe anche essere semplicemente lo Stato, o il Capitale


Angela Galli
La scommessa di Pascal. Avverto il cinismo dell'uomo di scienza. Scommettere quando non c'è nulla da perdere ma forse qualcosa da guadagnare è comodo. Ognuno è gettato nel mondo a caso, mi sembra Heidegger. Vivere la vita e scommettere tutti i giorni sapendo di poter perdere. Questo è molto difficile, scomodo. Ma anche emozionante.


Valter Villa
Anche pascal e Cartesio si dichiarano credenti anzi asseriscono che tutto il sapere filosofico parte da Dio. Questo pur essendo degli uomini di scienza; lo stesso Voltaire se vogliamo scrive qualcosa per ingraziarsi o perlomeno per tenere buona la Curia, ma sospetto più che legittimo è che a fronte non diciamo del tribunale dell'Inquisizione, ma anche solo Del Santo uffizio che poteva tranquillamente decidere chi pubblicasse e chi non pubblicasse libri, se il filosofo voleva mangiare doveva necessariamente tenerselo abbastanza amico...



Primo Sparviero
Pascal si rifaceva a S.Agostino, per cui l'uomo è condannato già dalla nascita dal peccato trasmesso da Adamo per cui non può salvarsi con le sole sue forze ma attraverso la grazia di Dio, per cui l'uomo non ha il libero arbitrio.

venerdì 24 novembre 2017

Tra fede e nobilità. Gli ordini monastico militari. il vero inizio fu nel 1128, quando Bernardo di Chiaravalle scrisse il suo De Laude Novae Militiae ad Milites Templi, istituendo l'inusitata regola del "malicidio", che, contro ogni insegnamento cristiano precedente, dava facoltà ai cavalieri crociati degli ordini monastico-cavallereschi di uccidere gli infedeli al fine di "debellare il male" da essi derivato

TRA FEDE E NOBILTÀ: GLI ORDINI MONASTICO-MILITARI.
di Lawrence M.F. Sudbury

Tutto cominciò nel 1099, alla conquista di Gerusalemme. 
O forse, tutto cominciò nel 1080, con la fondazione dell'Ospedale della Città Santa. 
O forse, il vero inizio fu nel 1128, quando Bernardo di Chiaravalle scrisse il suo De Laude Novae Militiae ad Milites Templi, istituendo l'inusitata regola del "malicidio", che, contro ogni insegnamento cristiano precedente, dava facoltà ai cavalieri crociati degli ordini monastico-cavallereschi di uccidere gli infedeli al fine di "debellare il male" da essi derivato e che, inevitabilmente, creava una sorta di "nicchia protetta" all'interno del corpus cristiano.

Il fatto è che è complicato cercare un'origine comune per una serie di Ordini diversi, certo tutti frutto del clima crociato, ma ognuno con una sua storia singolare. Dovendo cercare un minimo comune denominatore, appare naturale pensare alla peculiarità di monaci soldati, quasi schizofrenicamente scissi tra impeto guerresco e spiritualità sacra suggellata dall'assunzione dei sacri Voti.

Un excursus storico sulle vicende di questa "anomalia" all'interno dell'evoluzione della Cristianità, per quanto interessante, esula dagli scopi di questo scritto, che vuole piuttosto concentrarsi sul tentativo di rispondere ad un quesito fondamentale: 
che cosa resta oggi degli Ordini monastico-militari?

E, corollariamente, che senso possono avere istituzioni nate quasi 1000 anni fa nel mondo attuale e all'interno del Cattolicesimo post-conciliare?

Anche restringendo il campo a quest'unico assunto, le cose non diventano certamente più semplici: prima di qualunque altra considerazione, dobbiamo infatti definire che cosa intendiamo per Ordine monastico-militare. Allo stato attuale dei fatti esistono oltre 100 ordini che, in un modo o nell'altro, si rifanno, direttamente o in forma più velata, a quei primi nuclei di credenti decisi a difendere il Regno Latino di Gerusalemme a costo della vita e per la gloria di Dio.

Cercando di limitare il più possibile il campo di indagine, è, però, ragionevole comprendere nel novero degli Ordini propriamente detti solo quelli che posseggano caratteristiche di continuità diretta con i primi quattro nuclei accettati dal papato: 
Templari, Ospedalieri, Teutonici e Cavalieri del Santo sepolcro

Tenendo conto, inoltre, che l'Ordine dei "Poveri commilitoni di Cristo e del Tempio di Salomone", cioè l'Ordine Templare, ha cessato ufficialmente di esistere, nonostante le numerose e francamente assurde rivendicazioni da parte di questo o quel gruppo neo-templare, nel 1312, con la Bolla formale di Papa Clemente V e il rogo del Gran Maestro Jacques de Molay e di alcuni suoi Confratelli all'Isle des Juifs, ad opera di re Filippo il Bello, la focalizzazione della nostra analisi viene necessariamente a restringersi sui tre ordini restanti.

Tra essi il più antico (ma anche, a tutt'oggi, il più vitale) risulta essere quello dell'"Ordine Sovrano Militare Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta", più noto come Ordine dei Cavalieri di Malta

Sorto già prima della presa di Gerusalemme con la creazione da parte del Beato Gerardo di un ospedale per pellegrini in Terra Santa (1080) e confermato con Bolla papale da Papa Pasquale II, nel 1113, l'Ordine degli Ospedalieri fu indubbiamente, insieme con quello templare, il maggior centro di potere militare dell'epopea crociata, arrivando, al culmine dello splendore del Regno di Gerusalemme, a possedere sette grandi forti difensivi e oltre 140 possedimenti sparsi per tutta la Palestina, oltre che un numero davvero impressionante di magioni in tutta Europa. Tutti questi possedimenti erano amministrati attraverso la suddivisione in Priorati, Balivati e Comanderie che finivano per creare una rete di ricchezza e poteri territoriali in fondo non inferiori a quelle, ben più note, dei Templari stessi.

Lo sviluppo dell'offensiva islamica finì, però, per cacciare gli Ospedalieri (così come tutti gli altri Cristiani) dalla Terra Santa, con la caduta di Acri nel 1291 (Gerusalemme era già caduta nel 1187) ma è a questo punto che, differenziandosi dai Cavalieri del Tempio, "Cavallieri dell'Ospedale" posero le basi della "perennità" della loro esistenza: con il Gran Maestro Guillame de Villaret, esule nel regno di Cipro, essi compresero la necessità di sviluppare un proprio dominio temporale, che fu acquisito nell'isola di Rodi con il successivo Gran Maestro Fulkes de Villaret. È durante la loro residenza nel "isola delle rose" che i "Cavalieri di Rodi", come ora si facevano chiamare, vennero in possesso di gran parte degli ex-possedimenti dei Templari, ormai dissolti, ampliando ulteriormente le loro ricchezze che, però, non poterono metterli in salvo, nel 1522, dopo sei mesi di assedio, dalla riconquista di Rodi da parte delle truppe di Solimano il Magnifico.

Dopo sette anni di pellegrinaggi, comunque, nel 1530, Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero, re di Spagna e di Sicilia, acconsentì a donare, dopo pressanti richieste da parte di numerosi Balivati dei cavalieri, che nel soggiorno a Rodi avevano compreso l'importanza di avere un regno proprio, le isole di Malta, Gozo e Comino a quelli che nei circa 200 anni successivi sarebbero stati i nuovi padroni dell'area, cambiando nuovamente nome in "cavalieri di Malta". Dal centro del Mediterraneo i Cavalieri continuarono la loro lotta contro i Musulmani, in particolare contro i pirati berberi. Ciò provocò le ire dell'Impero Ottomano che, nel 1565, tentò di invadere Malta ma fu sconfitto in quello che passò alla storia come il "grande assedio", l'ultima importante vittoria dei Cavalieri.

Il resto della storia dell'ordine si confonde con la storia del governo del suo piccolo regno, mantenuto per 265 anni, mentre Balivati e Comanderie cadevano uno dopo l'altro sotto i colpi del Protestantesimo e dell'egualitarismo francese. Infine, nel 1798, durante la sua spedizione in Egitto, Napoleone si impadronì, senza colpo ferire, anche di Malta e i Cavalieri dovettero trovar rifugio a San Pietroburgo, ospiti dello zar Paolo I che divenne anche Gran Maestro dell'ordine (sebbene la sua nomina non venisse mai ratificata da Roma). Solo nel 1879 Papa Leone XIII si decise a nominare un nuovo Gran Maestro e a rinnovare l'Ordine come organizzazione umanitaria e religiosa. Nel frattempo, dalla metà dell'ottocento, nei Paesi protestanti si era sviluppato un ramo riformato, che prese il nome di "Ordine di San Giovanni", diffondendosi notevolmente non solo nel Nord Europa ma anche negli Stati Uniti e in Canada.

Oggi il "Sovrano Militare Ordine di Malta" rappresenta una sorta di anomalia diplomatica: 
uno "stato senza territorio" (o meglio con un territorio che consiste unicamente nella extraterritorialità di Palazzo Malta, la sede dell'Ordine a Roma), governato da un Sovrano Gran Maestro, allo stesso tempo serenissimo principe secolare e Cardinale della Chiesa cattolica, "abitato" da circa 12.000 Cavalieri e Dame divisi in tre classi (Cavalieri professi, con voti monastici perpetui; Cavalieri in obbedienza, con promessa di aderire strettamente ai principi ecclesiastici e dell'Ordine; membri laici che si ripromettono di vivere secondo i dettami della chiesa) e votati alla difesa della fede e all'aiuto ai poveri (secondo il motto dell'ordine "Defensio Fidei et Tuitio Pauperum"), con proprie leggi, ministeri, passaporti diplomatici (per tutti gli appartenenti all'Ordine) e con un seggio come osservatore permanente alle Nazioni Unite.

Diventare un Cavaliere di Malta non è certo impresa facile, soprattutto per quanto riguarda i ranghi più elevati: le costituzioni dell'ordine, infatti, richiedono per l'iniziazione il possesso di una patente di nobiltà che attesti almeno 300 anni di sangue blu, l'aver prestato servizio all'interno dell'esercito del proprio Paese e una dichiarazione ecclesiastica di perfetta vita religiosa. In realtà, comunque, la prima clausola può essere facilmente aggirata dal momento che il Gran Maestro ha facoltà di ammettere anche membri non nobili del sangue ma nobilitati dal loro agire cristiano
In teoria... Di fatto, ancora oggi 10.000 cavalieri e dame discendono dalla più alta nobiltà europea e i 2000 "plebei" circa rimanenti sono caratterizzati soprattutto dal fatto di far parte dell'èlite politico-economica mondiale.

Lasciando anche da parte ogni considerazione riguardante l'evangelicità di una distinzione di stampo medievale tra nobili e non nobili (persino il "nobile" papa Pio XII, poco prima della sua morte aveva ordinato una investigazione sullo S.M.O.M., che includesse una verifica della liceità del suo essere stato sovrano e una riforma dei suoi statuti per "conformarli alle decisioni della Santa sede", investigazione poi lasciata cadere con la fine del suo regno), in realtà il tratto che lascia più perplessi riguarda la religiosità di alcuni noti appartenenti all'ordine.

Il fatto è che la natura stessa, in gran maggioranza nobiliare, degli appartenenti all'Ordine implica quasi necessariamente una loro visione sia religiosa che politica improntata fortemente al conservatorismo e, soprattutto, ad un viscerale anticomunismo. Ciò ha fatto sì che, nel corso della storia e anche in periodi recenti, un aperto schieramento "antibolscevico" venisse in alcuni casi visto come soddisfacente sostitutivo di una vita nella pratica ben poco improntata ai principi neotestamentari.

Senza voler cadere negli eccessi, ai limiti della paranoia, di certe frange "ultra-complottiste" che vedono nell'ordine di Malta una sorta di massoneria che dirige il mondo (per altro spesso confondendo il cavalierato con un "grado" della piramide massonica realmente esistente ma senza alcun collegamento con l'Ordine), una organizzazione al vertice del "nuovo ordine mondiale"
(il Council for National Policy statunitense ha classificato lo S.M.O.M. come entità giuridica sospetta, alla pari di Scientology, Ku Klux Klan, C.I.A. e Chiesa dell'Unificazione del Reverendo Moon) o una specie di servizio segreto Vaticano (in ciò concordando con un certo numero di storici della Chiesa), resta indubbio, in effetti, che l'Ordine, in un certo numero di situazioni, abbia unito il proprio nome a quello di personaggi che con il Cattolicesimo in senso stretto sembrano aver ben poco a che fare.

Alcuni esempi possono chiarire questo assunto.
Da un numero cospicuo di documenti risulta, ad esempio, chiaro il ruolo dei Cavalieri di Malta (difficile dire se per iniziativa propria o vaticana) all'interno delle cosiddette "rat line", le "vie di fuga" dei criminali nazisti verso il sud America al termine della seconda guerra mondiale, attraverso la fornitura di passaporti e lasciapassare diplomatici.

D'altra parte, non va dimenticato che il barone Von Papen, figura chiave (come acclarato nel processo di Norimberga) nell'ascesa al potere di Adolf Hitler era un Cavaliere di Malta (oltre che, dal 1923, Ciambellano papale di Pio XI) e che, al termine della guerra, nel 1948, l'ex generale nazista Reinhard Von Gehlen, capo dell'intelligence di Hitler sul fronte orientale (e, in seguito, dei servizi segreti della Repubblica Federale Tedesca), venisse insignito dall'Ordine della prestigiosissima "Gran Croce al Merito", persino superiore a quella "Gran Croce di Onore e Devozione" con cui il Gran Maestro Ludovico Chigi Albani aveva decorato, qualche anno prima, Benito Mussolini.

L'impegno anti-comunista dell'ordine appare in tutta la sua interezza se si tiene conto che tra i suoi membri si annoveravano i fondatori della C.I.A. William "Wild Bill" Donovan (insignito nel 1944 da Papa Pio XII della "gran croce dell'ordine di San Silvestro") e Allen Dulles, secondo molti i veri creatori della guerra fredda, che diedero inizio, in qualche modo, ad una tradizione dal momento che, in seguito, anche John McCone, il direttore dell'Agenzia ai tempi di Kennedy, e William Casey, che rivestì lo stesso ruolo nel periodo reaganiano, erano cavalieri di Malta.

In tempi più recenti, a vestire l'uniforme dei cavalieri furono personaggi "particolari" quali il principe Bernardo d'Olanda, Balivo dell'Ordine, comprovato ex-nazista, presidente del Bildenberg Group, uno dei più potenti club finanziari del mondo (fino a quando, nel 1976, lo scandalo Lockheed lo costrinse alle dimissioni), Umberto Ortolani, ex ambasciatore dello S.M.O.M. in Uruguay, implicato in tutte le più oscure vicende italiane (dallo scandalo P2 all'affare Calvi) degli anni '70 e Augusto Pinochet, a lungo sanguinario dittatore del Cile.

Infine, non va dimenticata, in epoca recentissima, la presenza di almeno tre Cavalieri (Joseph Schmitz, Cofer Black e Erik Prince) ai vertici della Blackwater Worldwide, la più importante compagnia militare privata del mondo, a tutt'oggi principale security contractor in Iraq per conto dell'amministrazione statunitense, a lungo sotto inchiesta del Congresso degli Stati Uniti per la violenza sproporzionata dei loro interventi a Bagdad e Falluja.

Insomma, strane amicizie e affiliazioni per un Ordine il cui scopo principale è oggi l'assistenza medica ai poveri di tutto il mondo, un Ordine che, comunque, certamente esercita un potere politico e militare assolutamente sproporzionato rispetto al numero dei suoi aderenti.

Certamente meno potente, soprattutto a causa dell'estrema esiguità del numero dei suoi attuali aderenti (circa 90 Religiosi in senso stretto, 280 Suore e 680 laici associati) è il secondo grande ordine medievale ancora esistente: l'ordine dei cavalieri teutonici.

Fondati nel 1191, all'epoca della terza crociata, come corpo di Monaci-guerrieri preposto alla cura fisica e spirituale dei crociati e dei pellegrini di lingua tedesca, i "Cavalieri dell'Ospedale di Santa Maria dei Tedeschi di Gerusalemme" videro i loro statuti approvati da Papa Clemente III nel 1198.
La loro storia segue da vicino quella degli altri Ordini consimili: nel 1291, quando la Palestina ritornò sotto il controllo islamico, essi si assunse il compito di difendere i confini della Cristianità in Europa orientale dalle incursioni pagane, arrivando, dopo cinquant'anni di guerra e alleanze a crearsi un regno proprio, una teocrazia che governava l'odierna Prussia e che, nel corso del XIV secolo, e stese il suo potere a un territorio che comprendeva le odierne Estonia, Lettonia e Lituania e parte della Pomerania.

Nei secoli successivi, per varie vicende storiche, l'ordine si indebolì sempre più e perse progressivamente i propri territori, fino ad essere, nel 1809 dichiarato estinto da Napoleone, che ridistribuì i pochi possedimenti cavallereschi rimanenti tra i suoi fedelissimi, "dimenticandosi" unicamente di confiscare piccole aree nell'odierno Alto Tirolo. [...]


Riferimenti bibliografici:

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http://www.instoria.it/home/ordini_monastico_militari.htm


martedì 21 novembre 2017

Ordine teutonico. A differenza degli altri ordini gerosolimitani, che professavano un ecumenismo cristiano "europeo", i Teutonici rimasero vincolati fin dalle origini ad un'idea nazionale rigidamente circoscritta alla Vaterland germanica. In altre parole, mentre Templari e Ospitalieri costituirono autentiche "multinazionali della fede", i cavalieri teutonici non furono che dei tedeschi associati tra loro per un'impresa straordinaria in terre lontane.

IL “DRANG NACH OSTEN”,
I CAVALIERI TEUTONICI E LA NASCITA DEL REGNO DI PRUSSIA.
Al termine della Seconda guerra mondiale le potenze vincitrici non solo si accordarono per la suddivisione della Germania in due unità amministrative distinte, la Germania dell’Est filosovietica e comunista e la Germania dell’Ovest filoamericana e a trazione capitalistica ma, tra le misure prese, vi fu quella di cancellare con accortezza la Prussia dalla cartina dell’Europa. Oggi infatti, in molti farebbero fatica ad individuare i vecchi confini del Regno di Federico il Grande, poiché quei territori sono stati sciolti all’interno di quattro realtà statuali ben distinte: la Germania, la Polonia, la Lituania e la Russia. Intorno alla Prussia, spauracchio dal passato troppo ingombrante, si è preferito calare un certo silenzio rotto solo l’indomani della caduta del muro di Berlino quando la riunificazione portò i tedeschi a dover fare i conti con la propria storia nazionale. Si è così tornati a parlare di quel piccolo stato reso forte e potente da Federico il Grande e che nell’Ottocento non solo si pose alla guida del processo di unificazione del Paese, ma la cui eredità culturale ha plasmato per molto tempo l’indole e la mentalità di diverse generazioni di tedeschi entrando, di conseguenza con forte rilevanza, nelle vicende degli ultimi due secoli di storia europea.

Le origini della Prussia le possiamo far risalire al singolare rapporto che una famiglia nobile del Medioevo, quella degli Hohenzollern, è riuscita a costruire nel tempo con le terre dell’Europa orientale: originari della Germania meridionale e privi di un passato particolarmente illustre, gli Hohenzollern a partire dal XIV secolo avviarono una politica matrimoniale e di acquisizioni territoriali che li spinse pian piano a rivolgere i loro interessi sempre più verso est, verso terre a quel tempo poco fertili e per di più abitate da pagani che era necessario convertire al Cristianesimo: è quindi con il Drang Nach Osten” la spinta coloniale verso est, pianificata in quegli anni dal Sacro Romano Impero, che gli Hohenzollern, fedeli sudditi dell'Imperatore, entrarono in possesso del Brandeburgo ed ottennero il titolo di principi elettori a ricompensa dei loro sforzi. Qui, nella marca di Brandeburgo, gli antenati di Federico il Grande fondarono al tempo un piccolo centro urbano, Berlino, su una zona paludosa popolata inizialmente da popolazioni slave. Poi lentamente la colonizzazione si spostò sempre più in là, superando la Vistola e giungendo nell’area di quelli che oggi conosciamo come Repubbliche Baltiche.

Fu così che la storia degli Hohenzollern e della conquista del “selvaggio est” si intrecciò con quella di un ordine monastico combattente, che al pari dei Templari, era nato intorno all’XI secolo per difendere le conquiste cristiane in Terrasanta: i Cavalieri Teutonici. Chiamati così perché la regola imponeva l’ingresso ai soli cavalieri tedeschi, dopo la riconquista musulmana dei possedimenti latini d’oltremare, i Cavalieri Teutonici avevano dirottato i propri interessi verso la colonizzazione ed evangelizzazione dei popoli baltici e caduta l’ultima piazzaforte cristiana nel Vicino Oriente, si trasferirono in massa in quelle lande desolate e poco ospitali nelle quali si imbarcarono in una nuova missione, la conversione degli slavi pagani al Cristianesimo.

In breve tempo, l’organizzazione amministrativa e militare dei Cavalieri diede i suoi frutti e i Teutonici, che si erano posti alla guida di un razionale sistema di colonizzazione di quelle terre favorendo l'arrivo di contadini tedeschi, si ritrovarono nel giro di appena un secolo alla guida di un territorio molto vasto. Solo la sconfitta subita nella battaglia di Grunwald (Tannenberg) per mano dei Polacchi avvenuta nel 1410 pose un freno a quella che fino a quel momento era stata un'espansione inarrestabile. A quel punto molti possedimenti teutonici vennero invasi dai contadini polacchi e ai Cavalieri restarono territori molto più contenuti: parte della costa baltica e il contado circostante la città di Königsberg. Quelle erano aree che avevano mantenuto il nome di un’antica popolazione pagana, i Prussi, che i Cavalieri nella loro opera di conquista avevano distrutto:
fu così che quelle terre assunsero il definitivo nome di Prussia.
Ma gli Hohenzollern che c’entrano con tutto questo?

Nel 1525 il Gran Maestro dell’Ordine dei Teutonici, Alberto, era un Hohenzoller, cugino del principe elettore di Brandeburgo. Dopo essersi convertito al Luteranesimo, secolarizzò i possedimenti dell’Ordine fondando il ducato di Prussia che, alla sua morte venne lasciato in eredità al cugino Alberto Federico. Una differenza giuridica sostanziale regolava però i suoi possedimenti: il Brandeburgo, era parte del Sacro Romano Impero, mentre la Prussia da quel momento entrava di diritto all'interno dei possedimenti dinastici degli Hohenzollern. Inoltre, Brandeburgo e il ducato di Prissia erano geograficamente separati da un corridoio polacco, che terminava nella città di Danzica, lo stesso poi che verrà reintegrato sulle cartine europee al termine della Prima guerra mondiale e che Hitler tenterà di riprendersi scatenando la Seconda guerra mondiale.

Fu così che ebbe origine la Prussia, quel piccolo stato frammentato e sufficientemente povero stretto attorno a due cittadine, al tempo di importanza trascurabile, Berlino in Brandeburgo e Königsberg in Prussia Orientale. Due secoli dopo i discendenti di Alberto presero parte alla sanguinosa Guerra dei Trent’anni (1618-1648), il conflitto religioso più feroce e devastante che l’Europa aveva visto e la guerra permise alla Prussia di guadagnare alcune terre in Pomerania e una certa rilevanza internazionale, rimanendo comunque ancora relegata al rango di una potenza di secondo piano nello scacchiare continentale. Sarebbe stato Federico II a trasformare quel piccolo regno periferico nella più grande macchina militare dell'Europa del Settecento.

CroniStoria
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I crociati del Nord.
La storia che raccontiamo oggi ha inizio al tempo della terza crociata.
Rispondendo all’appello di Papa Clemente III, migliaia di guerrieri cristiani lasciarono l’Europa per muovere ancora una volta in direzione della Terrasanta. Tra tutte le schiere di armati marciavano alla volta del Levante anche 15 mila crociati tedeschi con alla testa il loro Imperatore, l’ormai settantenne Federico Barbarossa, vecchio ma non ancora sazio di gloria. Federico però non avrebbe mai visto Gerusalemme: l’imperatore infatti morì annegato nel Salef, un torrente dell’attuale Turchia, probabilmente vittima di un infarto. Privi del loro sovrano, moltissimi cavalieri tedeschi si sbandarono e la crociata sognata dal Barbarossa abortì. Solo una parte del contingente restò nei ranghi riuscendo così a giungere a destinazione.

Proprio per dare assistenza alle migliaia di crociati loro compatrioti confluiti in Terrasanta, un gruppo di pii mercanti tedeschi di Brema e Lubecca decisero di fondare, nella città costiera di Acri, un ospedale dedicato a Santa Maria dei Tedeschi. In virtù della sua attività assistenziale e caritativa la confraternita ricevette già nel 1191 il riconoscimento papale. Fin da subito però si assistette ad una rapida militarizzazione dell’Ordine che, accanto alle funzioni di carattere ospedaliero, cominciò a esercitare un’attiva opera di difesa armata dei pellegrini giunti in Palestina dall’Europa. Fu così che nel 1199, riconoscendone i meriti, Papa Innocenzo III accordò la definitiva approvazione da parte della Santa Sede attraverso una bolla nella quale concedeva numerosi privilegi alla confraternita, assegnando nel contempo ai suoi membri il compito della lotta armata contro gli infedeli. Fu così che nacque l’Ordine dei Fratelli della Casa Ospitaliera di Santa Maria dei Teutonici in Gerusalemme, o più semplicemente, Ordine Teutonico.

Come i Templari e gli Ospitalieri anche i Cavalieri Teutonici facevano voto di castità, povertà e obbedienza. Entrando nell’ordine i nuovi cavalieri giuravano fedeltà a Dio e all’Hochmeister, il Gran Maestro. I membri dell’ordine erano sottoposti a una disciplina ferrea dettata dalla loro Regola, ispirata a quella di Sant’Agostino. Per quanto riguarda il vestiario, i cavalieri indossavano lunghi mantelli bianchi sui quali erano cucite croci di colore nero.


I Teutonici si differenziarono dagli ordini precedenti per una caratteristica distintiva:
mentre i Templari e gli Ospitalieri erano per così dire “multinazionali” per quanto riguarda l’origine dei loro membri, l’Ordine Teutonico fin da subito restrinse il reclutamento esclusivamente ai cadetti di famiglie aristocratiche tedesche il che contribuì a conferirgli uno spiccato carattere germanico.

Hermann von Salza, quarto Hochmeister dell’ordine Teutonico.
L’Ordine conobbe una svolta nella propria storia a partire dal 1210 con l’elezione del quarto Gran Maestro, Hermann von Salza. Costui era un cadetto di una nobile famiglia della Turingia ma soprattutto era amico e consigliere dell’Imperatore Federico II di Svevia. Sotto la guida di Hermann l’organizzazione mise in secondo piano la primitiva vocazione assistenziale per dedicarsi maggiormente a quella guerriera. Mentre l’avanzata islamica proseguiva inesorabile, i Teutonici lasciarono la Terrasanta spostando il loro campo d’azione dagli aridi deserti del Vicino Oriente ai piatti paesaggi della pianura ungherese. A partire dal 1211 infatti i Cavalieri si impegnarono a contrastare i Cumani per conto del Re d’Ungheria Andrea II. I Cumani, popolazione di stirpe mongola, vennero duramente colpiti dall’offensiva crociata che riuscì nell’intento di convertire al cristianesimo questi riottosi nomadi pagani.

Il sodalizio con la corona d’Ungheria si interruppe nel 1225: 
nonostante l’ottimo lavoro svolto infatti, Andrea II temeva che i Cavalieri potessero rendersi indipendenti facendo infeudare alla Santa Sede la regione oggi rumena del Burzenland (in Transilvania), da lui concessa ai Teutonici come base operativa per le operazioni contro i Cumani. Il passaggio dei Cavalieri contribuì allo stanziamento di coloni tedeschi noti in seguito come “Sassoni di Transilvania”, scacciati dalle loro terre sette secoli dopo, alla fine della seconda guerra mondiale.

L’Ordine non restò inattivo per lungo tempo:
già nel 1226 i Cavalieri si spostarono in Polonia chiamati in aiuto dal duca Corrado di Masovia, stufo delle continue dispute di confine con i vicini prussiani e lituani, popolazioni ancora pagane.

Federico II di Svevia emana la Bolla d’Oro di Rimini.
Nel 1235, come premio per la loro opera di conversione dei popoli baltici, l’imperatore Federico II concesse all’Ordine Teutonico la sovranità su tutte le terre che i cavalieri avrebbero strappato ai pagani attraverso l’emanazione della Bolla d’Oro di Rimini. Alla dignità di Gran Maestro dell’Ordine si aggiunse così quella di Principe del Sacro Romano Impero di cui da allora in poi si sarebbero fregiati i successori di Hermann von Salza. La bolla imperiale di Rimini seguiva a un anno di distanza un analogo documento pubblicato da Papa Gregorio IX a Rieti con il quale il Pontefice riconosceva le conquiste dell’Ordine.

Nel 1237 I Cavalieri Teutonici si fusero con i Cavalieri Portaspada, un altro ordine monastico militare nato nel 1202 e operante nelle regioni di Curlandia,  Semigallia e Livonia (oggi collocabili tra Lettonia ed Estonia). Nei territori occupati l’Ordine si adoperò per ottenere la conversione delle popolazioni pagane assoggettate, imponendo inoltre loro di sottostare ad un regime feudale durissimo. Il vessatorio trattamento ricevuto e l’attaccamento alla fede degli avi spinse nel 1260 i Prussiani a ribellarsi al dominio crociato, supportati nella loro azione dai vicini lituani. La reazione fu durissima: interi villaggi furono bruciati e migliaia di civili inermi furono massacrati senza pietà. Tra essi vi furono numerosi sciamani, impiccati alle loro querce sacre.

La sete di conquista e lo zelo religioso spinse poi i Cavalieri Teutonici a tentare la fortuna ancora più a est: l’invasione mongola del 1237 aveva ridotto la Russia ad un cumulo di macerie fumanti.
Gli indeboliti principati russi, prostrati dalle devastazioni, apparvero dunque una facile preda per i Cavalieri. Il fatto che i russi fossero cristiani, seppure ortodossi e non cattolici, era per i Teutonici del tutto irrilevante: dal loro punto di vista si trattava di eretici da ricondurre alla “vera fede”. Tuttavia i monaci guerrieri non avevano fatto i conti con il Principe di Novgorod, Aleksandr Jaroslavic Nevskij, il quale ne arrestò l’avanzata sconfiggendo i crociati tedeschi il 12 aprile 1242 alla battaglia del Lago Peipus, tra le attuali Russia ed Estonia, guadagnandosi presso il proprio popolo la fama imperitura di eroe nazionale (vedi articolo Il Principe della Neva).

Il castello di Marienburg (l’odierna Malbork, in Polonia) 
casa madre dell’Ordine.

L’Ordine Teutonico toccò l’apogeo della propria potenza a metà del XIV secolo:
lo Stato monastico dei Cavalieri divenne una vera e propria potenza regionale, i cui territori si estendevano dall’Estonia alla Pomerania comprendendo l’intera costa baltica. Amministrato con proverbiale efficienza tedesca era uno dei pochi, se non l’unico stato dell’epoca, a godere di una buona situazione finanziaria.

Il governo dell’Ordine favorì il disboscamento di foreste e la bonifica di paludi al fine di ricavare nuovi terreni arabili. I Cavalieri eressero decine di fortezze per controllare il territorio fondando poi villaggi e città come Königsberg e Marienburg, divenuta dal 1308 capitale dello stato monastico. Venne inoltre incentivata l’immigrazione di migliaia di coloni  germanici che si insediarono nell’area baltica dando vita a comunità di lingua e cultura tedesca sopravvissute nei Paesi d’adozione senza alcun problema sino alla metà del XX secolo. Nello stesso periodo si assistette anche ad un forte incremento dei commerci nell’area reso possibile dagli ottimi rapporti fra l’Ordine Teutonico e la Lega Anseatica, potente alleanza di città mercantili tedesche che deteneva il monopolio su tutti i commerci del Baltico e del mare del Nord, di cui erano membri anche alcune città dello Stato Monastico.

Lo stato monastico teutonico alla sua massima espansione.

Nonostante l’apparente splendore l’Ordine mostrava già i primi sintomi della decadenza:
la sua espansione era stata una costante preoccupazione per il Regno di Polonia, ormai ai ferri corti con questo ingombrante vicino, mentre la Chiesa romana non poteva accettare i tentativi dei Cavalieri di porre i vescovati baltici sotto la propria tutela. Anche la macchina militare dell’Ordine, che era stata alla base della sua potenza, cominciò a invecchiare per la riluttanza dei Cavalieri ad adattarsi alle nuove tattiche belliche e alle armi da fuoco in rapida diffusione.

Poi nel 1386 accadde un fatto che suonò per i Cavalieri come una campana a morto:
il principe lituano Jogalia (o Jagellone) si convertì al Cristianesimo cattolico con il nome di Ladislao, obbligando la nobiltà e il popolo lituani ad abbandonare gli antichi idoli per abbracciare la Croce.

Il successivo matrimonio di Ladislao con Edvige, futura santa ed unica erede alla corona polacca, gettò le basi per la creazione della Confederazione polacco-lituana, il più grande stato d’Europa. Ladislao Jagellone si pose alla testa di una grande confederazione di slavi decisi a vendicare secoli di sconfitte subite ad opera dell’odiato Ordine Teutonico. Fu così che il 15 luglio 1410 l’esercito polacco-lituano affrontò quello crociato alla battaglia di Tannenberg, conseguendo una strepitosa vittoria. Nello scontro cadde anche il ventiseiesimo Gran Maestro Ulrich von Jungingen.


La battaglia di Tannenberg del 15 luglio 1410.
Con la sconfitta di Tannenberg il fiero Deutschen Orden imboccò la via del tramonto:
i cavalieri dovettero far fronte ai crescenti sentimenti di rivolta dei loro sudditi, ormai stanchi del pesante dominio feudale dell’Ordine. Di ciò approfittarono i polacchi che circa mezzo secolo dopo Tannenberg, nel giugno del 1457, conquistarono praticamente senza colpo ferire l’imprendibile fortezza di Marienburg. Rimasti senza paga i mercenari al soldo dell’Ordine preferirono disertare e consegnare il castello al Re di Polonia piuttosto che farsi ammazzare.

Il Gran Maestro Ludwig von Erlichshausen dovette allora spostare la capitale dello stato monastico a Königsberg per poi sottoscrivere l’umiliante pace di Torun, con la quale cedeva l’importante regione costiera della Pomerania con la città di Danzica a Re Casimiro IV, del quale si riconosceva vassallo.

Ridotto alla sola Prussia Orientale, lo Stato Monastico dei Cavalieri Teutonici sopravvisse sino al 1525 quando Alberto di Hohenzollern, Hochmeister dal 1511, aderì alla Riforma luterana secolarizzando i possedimenti dell’Ordine e dichiarandosi Duca di Prussia, conservando la dignità di Principe del Sacro Romano Impero.


Federico il Grande, discendente di Alberto di Hohenzollern, alla battaglia di Zorndorf (1758).

Nel 1618 la nipote di Alberto, Anna, sposò il lontano cugino Giovanni Sigismondo di Hohenzollern dando origine a una dinastia i cui esponenti conserveranno intatte la fierezza e le virtù guerriere che furono dei cavalieri guidando uno stato, la Prussia, che a partire dal Settecento farà tremare l’Europa marciando al ritmo dei tamburi di guerra.

Pubblicato da manub1991


https://lavocedellafenice.wordpress.com/2018/06/22/i-crociati-del-nord/




Ordine teutonico.
[...] Si trattava di cavalieri che seguivano una forma di vita monastica, cioè cercavano di realizzare un’unione, a prima vista improbabile, tra la vita laico-attiva del cavaliere e quella religioso-contemplativa del monaco. E ciò in un’epoca in cui era forte la distinzione tra i ceti sociali.
Nel tradizionale concetto della società altomedievale, cioè dei secoli che vanno grosso modo dall’VIII all’XI-XII, esistevano soltanto tre gruppi sociali: gli oratores, la cui attività sociale consisteva nella preghiera, vale a dire il clero; i bellatores, il cui ruolo sociale era l’esercizio delle armi, i cavalieri; e infine il resto della società, i laboratores, che si guadagnarono da vivere appunto lavorando (contadini, artigiani, ecc.). Questo schema era ritenuta di origine divina, e dunque non mutabile dall’uomo. Almeno in teoria… Ma con la fioritura delle città i mercanti, che in teoria facevano parte della terza categoria, cominciarono una ascesa sociale che avrebbe sconvolto lo schema tradizionale della “società tripartita”. [...]

Una incondizionata ammirazione per Ermanno, come del resto anche per Federico, traspare dalle parole di Ernst Kantorowicz. Egli scrisse infatti:

«L’organizzazione dei Cavalieri teutonici (di cui Federico II amava far risalire le prime origini al Barbarossa) fu, com’egli stesso asserì, opera sua personale e del gran maestro Ermanno di Salza. Per più di due decenni questi frequentò la corte di Federico come primo consigliere e uomo di fiducia, non solo in qualità di gran maestro dell’Ordine, ma in grazia dei suoi pregi personali, che in numerose circostanze lo resero indispensabile allo Staufen. Ermanno di Salza era probabilmente originario delle Turingia, come risalta da tutta la sua personalità: mancavano al suo carattere la giovialità e la prontezza, a cui supplivano la ponderata meditazione, la fedeltà a tutta prova e il senso virile di giustizia. Gran fama ebbe la sua fedeltà, quella fedeltà che, da tempi antichissimi quasi unicamente propria dei tedeschi, si risolve in forza positiva stimolante all’azione. Tale fedeltà assunse per lui un carattere tragico, perché egli aveva prestato giuramento a due signori, al papa e all’imperatore, di modo che ogni conflitto fra le due potenze gettava il suo animo in una tensione insoffribile. La necessità di mantenersi fedele ad ambedue ce lo mostra più tardi sempre in giro per l’Europa, dalla curia alla corte, per mantenere o ripristinare la pace negli anni bui degl’incessanti conflitti. “Lavorare per l’onore della chiesa e dell’impero”: questo, com’egli disse, il fine della sua vita; e fu così vero, che, quando la frattura fra le due potenze si fece insanabile, gli parve spenta ogni possibilità di vita; e morì di fatti quello stesso giovedì santo del 1239, in cui il papa fulminò per sempre la scomunica su Federico»[2].

Un’immagine del tutto diversa di Ermanno è stata presentata invece da uno dei più autorevoli storici polacchi, Karol Górski. Per Górski, Ermanno, nato da una famiglia di ministeriales, cioè di cavalieri originariamente non liberi, che avevano conquistato la libertà, sarebbe stato spinto da una irrefrenabile ambizione personale di ottenere per l'Ordine da lui guidato un territorio in cui costituire uno Stato; il che gli avrebbe permesso di diventare principe. Questa ambizione sarebbe all'origine della cosiddetta «bolla d'oro di Rimini», con la quale Federico II nel 1226 donò all'Ordine le terre della Prussia ancora da conquistare e assegnò al Gran Maestro per questo territorio gli stessi diritti dei principi dell'Impero.
Secondo Górski questo documento «aveva due aspetti differenti.
Il primo concerneva la situazione personale di Hermann von Salza; l'altro i suoi progetti di fondazione di uno stato. In primo luogo entrò in causa la situazione personale:

Hermann von Salza, gran maestro dell'Ordine, consigliere influente del papa e favorito dell'imperatore, per i principi dell'Impero era solo un plebeo, che aveva ricevuto la libertà in data assai recente.

Nel corso delle sue azioni diplomatiche per curare gli interessi di Federico II aveva dovuto senza dubbio inghiottire in silenzio molte umiliazioni: non era che un monaco cavaliere, senza antenati né parenti fra i grandi di Germania. Ora diventava pari ai principi e poteva reclamare precedenze, non trascurabili nelle missioni diplomatiche. Diventava insomma un principe ecclesiastico, come tanti abati e vescovi dell'Impero, e la sua autorità personale era rafforzata da un privilegio. Si trattava di qualcosa di molto reale, ed è perfino possibile che l'ambizioso Hermann avesse avuto in vista proprio questo fine, e che la fondazione di uno stato a spese di un principe polacco fosse per lui in secondo piano»[3].

Per lo storico polacco l’opera di Ermanno «fu di uomo politico, e nessuna delle sue azioni più importanti fu propria di un religioso»[4]. «Era senza dubbio un grande uomo colui che moriva a Salerno nel 1239 e veniva sepolto a Barletta nella cappella dell'Ordine. Aveva dato alla Germania una nuova provincia, lanciando il proprio ordine ospitaliero nella scia dell'Impero. Dovendo scegliere fra due nozioni di cristianità, allora in lotta fra loro, l'Impero e il papato, aveva preferito il primo, ossia una concezione decisamente politica, piuttosto che religiosa. La scelta dei mezzi si era mostrata coerente con questa impostazione: aveva raggirato il principe di Masovia, mentre il vescovo di Prussia era stato lasciato in prigionia; non era rifuggito dal ricorrere a falsi documenti. Per un monaco non era poco»[5].

Questi due giudizi così contrastanti su Ermanno di Salza, quello completamente positivo da parte di Kantorowicz, e quello quasi del tutto negativo da parte di Górski, non sono dovuti esclusivamente alle posizioni personali di questi due studiosi, uno tedesco, l’altro polacco. Essi sono piuttosto il risultato di due modi diversi di vedere la storia dei cavalieri teutonici, affermatisi nell’Ottocento e nel Novecento nell’ambito della storiografia tedesca e polacca. Per la maggior parte degli storici tedeschi i cavalieri teutonici avevano contribuito all’espansione del mondo germanico verso Est; per la maggior parte degli storici polacchi, invece, questi cavalieri istituendo sulle sponde del Baltico un proprio Stato avevano soggiogato le popolazioni slave e baltiche [6]. [...]

La visione negativa dei cavalieri teutonici fu poi accentuata dal fatto che il loro simbolo, la croce patente nera, fu usato come modello per una onorificenza militare prussiana, la celebre Croce di ferro. Tale onorificenza inventata all’epoca delle guerre di liberazione contro Napoleone (nel 1813), fu poi usata per i soldati tedeschi nella prima e nella seconda guerra mondiale, (e fu portata con orgoglio da Adolf Hitler).

[...] Quanto questa visione negativa fosse diffusa anche tra gli intellettuali italiani dimostrò la reazione che suscitò la pubblicazione del libro di Górski, di cui abbiamo citato il brano relativo a Ermanno di Salza. Pubblicato nel 1971 dalla casa editrice Einaudi, il libro fu presentato sul «Corriere della Sera» (del 28 ottobre 1971) in un articolo che portò il titolo «I bisnonni di Hitler». I cavalieri teutonici furono considerati gli antenati della «bellicosa nazione tedesca», «irta di alabarde e di elmi chiodati che, sotto la dinastia Hohenzollern, e poi sotto quella degli eredi nazisti, terrorizzò e devastò mezzo mondo».

La visione negativa dei cavalieri teutonici era stata suggerita dal giudizio negativo che Górski aveva dato dello Stato da loro creato in Prussia, paragonato dallo storico polacco a quello fondato dai Gesuiti nel ‘600 in Paraguay. In entrambi i casi si sarebbe verificata la situazione «assurda» in cui uomini, che in quanto religiosi avevano «rinunziato per principio al mondo, si siano rivolti ad esso di nuovo per fondarvi stati, per lo più con la violenza». Secondo lo storico polacco, sia in Prussia che in Paraguay «la corporazione monastica dominante era reclutata fuori del paese e costituiva perciò una sorta di casta chiusa nei confronti degli indigeni».
A parte che questo giudizio così incondizionatamente negativo sugli Stati “monastici” della Prussia e del Paraguay è stato ridimensionato dalla storiografia successiva, va detto che si tratta comunque di un giudizio, per quanto riguarda i cavalieri teutonici, condizionato da una riduzione della loro storia all’attività svolta nel Baltico, mentre viene trascurata quella mediterranea, alla quale invece recenti ricerche hanno rivolto l’attenzione.

L’Ordine dei cavalieri teutonici è nato, infatti, nel Mediterraneo e continuò ad essere qui attivo anche quando, nel corso del Duecento, il centro della sua azione cominciò a spostarsi lentamente verso il Baltico. Al tempo di Federico II e di Ermanno di Salza il fulcro dell’attività dei cavalieri era nel Mediterraneo e la sede del Gran Maestro era in Terra Santa.

Il Gran Maestro aveva probabilmente l’idea di costituire per il suo Ordine una signoria territoriale e faceva dei tentativi in questa direzione in varie regioni: in Ungheria (prima del 1225), in Terrasanta (a nord di Acri, dove i Teutonici acquistarono verso il 1226 un piccolo castello che ingrandirono dandogli il nome di Montfort), e infine in Prussia, dove sarebbero riusciti a costruire un proprio Stato da cui più tardi, nel Cinquecento, sarebbe nato il ducato di Prussia.

Il vero artefice della fortuna dei cavalieri teutonici fu senz’altro Ermanno di Salza, che, grazie ai suoi ottimi rapporti con Federico II da una parte, e con i papi Onorio III e Gregorio IX dall’altra, riuscì ad ottenere numerosi privilegi per il suo Ordine. Essendo a capo di un Ordine sottoposto direttamente al papa, egli doveva per forza mantenere buoni rapporti con la Sede Apostolica, e come capo di un ordine di cavalieri-monaci quasi esclusivamente tedeschi e legato da amicizia a Federico II, non poteva disinteressarsi delle vicende dell’Impero. Ermanno fu perciò un instancabile mediatore tra l’imperatore e i papi e riuscì ad evitare che gli attriti tra le due potenze universali sfociassero in uno scontro radicale, come invece sarebbe successo dopo la sua morte.

Negli anni precedenti Ermanno di Salza aveva lavorato duro per evitare che si arrivasse al peggio. All'inizio di settembre del 1227 il Gran Maestro partì con Federico II da Brindisi, ma l'imperatore, ammalatosi, dovette sbarcare a Otranto e recarsi poi a Pozzuoli per curare la sua malattia.
Ermanno proseguì insieme al patriarca di Gerusalemme, Geroldo, e al duca Enrico di Limburgo, a cui era stato conferito il comando della spedizione costituita da venti galee, raggiungendo via Cipro, intorno alla metà dell'ottobre 1227, Acri. A nord di Acri era, sin dalla prima metà del 1226, in corso la costruzione del castello di Montfort, destinato a diventare la sede centrale dell'Ordine Teutonico.

Il 7 settembre 1228 arrivò finalmente in Terra Santa anche Federico II, il quale, però, nel frattempo era stato scomunicato da Gregorio IX, per aver rimandato nuovamente la crociata. Quando arrivarono poi ad Acri due frati minori inviati dal papa per sollecitare il patriarca di Gerusalemme a trattare l'imperatore come  scomunicato e i tre Ordini militari a negare a Federico II qualsiasi appoggio, Ermanno fu costretto a prendere posizione a favore dell'imperatore e contro il papa, essendo ormai diventata impossibile una posizione mediatrice per la quale egli finora si era sempre impegnato. Federico II, per evitare di perdere l'appoggio dei Templari e degli Ospedalieri, rinunciò al comando sull'armata crociata conferendo quello su tedeschi e lombardi a Ermanno, e quello sui soldati originari dei regni di Gerusalemme e di Cipro al maresciallo Riccardo Filangieri e al comestabile Odo di Montbéliard.

Nel marzo 1229 Ermanno inviò una lettera a Gregorio IX per giustificare il suo comportamento e la crociata di Federico II. Precedentemente il Gran Maestro aveva fatto parte della delegazione inviata presso al-Kamil per ricevere da questi il giuramento del trattato stipulato con l'imperatore, il quale aveva prestato questo giuramento già il 18 febbraio 1229. Il Gran Maestro cercò invano di convincere il patriarca Geroldo di Gerusalemme a dare il suo consenso al trattato che restituiva Gerusalemme ai cristiani. La presa di posizione del Gran Maestro per Federico II e contro Gregorio IX creò per l'Ordine Teutonico una situazione difficile, perché gli Ospedalieri cercarono di approfittarne e chiesero al papa di sottomettere a loro l'Ordine Teutonico in quanto nato da un ospedale gerosolimitano, che nel secolo XII era stato dipendente dagli Ospedalieri.

Quando Federico II, sabato 17 marzo 1229, entrò con il suo esercito a Gerusalemme, Ermanno, al quale, come disse egli stesso, stava a cuore non soltanto l'onore dell'impero ma anche quello della Chiesa («nos vero, sicut ille qui honorem ecclesie et imperii diligit et utriusque exaltationi intendit»)[7], convinse l'imperatore a non assistere, diversamente da quanto qualcuno gli aveva consigliato, alla celebrazione della messa nella chiesa del Santo Sepolcro; una tale azione dello scomunicato svevo, infatti, avrebbe potuto essere interpretata da parte papale come una ulteriore provocazione. Federico II entrò quindi soltanto dopo la fine della messa nella chiesa del Santo Sepolcro, e, senza alcun cerimoniale religioso prese dall'altare la corona, se la mise sulla testa e andò ad occupare il trono. Si trattava, come è stato chiarito in modo definitivo alcuni anni fa, non di una «autoincoronazione», bensì soltanto di un gesto usato spesso dagli imperatori in giorni festivi, cioè quello di portare la corona («Festkrönung»)[8].

Ermanno riferì di questo evento in una lettera inviata nel marzo 1229 a un membro della curia romana, la cui identità non è nota [9]. Egli scrive che «il signor imperatore ha portato lì (cioè nella chiesa del Santo Sepolcro) in onore del re eterno la corona. Molti gli consigliarono di sentire lì anche la messa, dato che egli aveva liberato questa terra dalle mani dei Saraceni, e perciò era stato scomunicato. Noi, però, che apprezziamo l'onore della Chiesa e dell'Impero e ci impegniamo per l'esaltazione di entrambi, resistemmo a questo consiglio, perché non lo ritenemmo buono né per la Chiesa né per l'imperatore. E seguendo in ciò il nostro consiglio, egli (cioè Federico II) non partecipò alla messa, ma prese soltanto la corona senza benedizione dall'altare e la portò fino al trono, come è uso»[10].

Dopo questo atto, l'imperatore si recò probabilmente nella vicina casa degli Ospedalieri, dove ricevette i grandi del regno di Gerusalemme. In quest'occasione, Ermanno proclamò davanti a una grande folla, tra cui c'erano anche personaggi preminenti, come gli arcivescovi di Palermo e di Capua, in latino e in tedesco alcuni «verba conscripta» dell'imperatore, cioè un discorso dettato da Federico II («proposuit coram omnibus manifeste verba subscripta et nobis iniuncxit, ut verba sua ipisi latine et theutonice exponeremus») [11]. In questo discorso l'imperatore giustificò le sue azioni e si dichiarò disposto di fare la pace con la Chiesa e con il papa. Dalla scelta del verbo «exporre» si può dedurre che il Gran Maestro non tradusse soltanto il discorso dell'imperatore, ma lo espose con parole sue.

Grazie all’impegno di Ermanno di Salza, Federico II evitò lo scontro totale con il papato. Il Gran Maestro, nel 1230, sarebbe riuscito a convincere Gregorio IX a togliere all’imperatore la scomunica e a stipulare la pace di San Germano. [...]

Dopo la caduta dell’ultima roccaforte cristiana in Terrasanta, Acri (1291), il Gran Maestro teutonico si trasferì a Venezia, dove rimase fino al 1309. Soltanto in quest’anno la sede centrale fu trasferita a Marienburg nella Prussia occidentale (l’odierna Malbork in Polonia). [...]

 Copyright © Hubert Houben

* Conferenza tenuta, il 24 giugno 2006, su invito della Fondazione Federico II Hohenstaufen (Jesi) nell’Aula del Rettorato dell’Università di Ancona.

http://www.stupormundi.it/it/federico-ii-e-l%E2%80%99ordine-teutonico


Ordine teutonico.
A differenza degli altri ordini gerosolimitani, che professavano un ecumenismo cristiano "europeo", i Teutonici rimasero vincolati fin dalle origini ad un'idea nazionale rigidamente circoscritta alla Vaterland germanica.
In altre parole, mentre Templari e Ospitalieri costituirono autentiche "multinazionali della fede", i cavalieri teutonici non furono che dei tedeschi associati tra loro per un'impresa straordinaria in terre lontane.
[...]

È interessante osservere il ruolo riservato alle donne all'interno dell'ordine, che furono sempre presenti e attive nei suoi ranghi, soprattutto per quanto riguardava l'assistenza ai feriti ed agli ammalati.

Per lo stretto, rapporto d'intesa con l'imperatore Federico II, rappresentato nell'Ordine da maestri di sua fiducia, a cominciare dall'amico e consigliere personale Hermann von Salza, i cavalieri Teutonici acquisirono un esteso potere in Puglia e in Sicilia, dove si trovarono presto a controllare castelli e proprietà d'immenso valore.

I Teutonici si distinsero per una loro quasi morbosa vocazione al sacrificio, un'incontenibile ansia di ricercare la morte in combattimento, ereditata evidentemente da una tradizione pagana che la conversione al cristianesimo non aveva ancora del tutto espurgato dei suoi miti. Tra i quali sopravviveva in specie la propensione a considerare il paradiso stesso come qualcosa di simile al Walhalla di Odino, un asilo di guerrieri e di eroi, al quale la gente comune non poteva avere accesso.

Quel che ne derivava, in definitiva, era, l'inconfessabile convinzione che la beatitudine celeste fosse qualcosa d'incompatibile con lo spirito di pace. Il che finiva per alimentare oltre misura quest'aberrante mistica della morte violenta, inflitta o subita.

http://www.medievale.it/articoli/i-cavalieri-teutonici/


Nel 1211 l'Ordine fu chiamato in aiuto dal re Andrea d'Ungheria contro i Cumani, ed ebbe in cambio il Burgenland da colonizzare. I Cavalieri fortificarono il paese e cominciarono a colonizzarlo: ma quando essi cercarono di rendersi indipendenti dal re facendo infeudare il paese all'Ordine dalla Santa Sede, vennero scacciati (1225).

Ma nel 1226 vennero chiamati in aiuto dal polacco duca Corrado di Masovia e dal primo vescovo di Prussia, Cristiano, contro gli slavi pagani abitatori della Prussia: in cambio ebbero il Culmerland, territorio polacco che era stato ripreso dai pagani, e il possesso di quanto territorio prussiano avessero potuto conquistare.

Prima di passare all'azione, Hermann von Salza fece investire l'Ordine da parte di Federico II del Culmerland e delle terre da conquistare, come feudi dell'impero: così alla dignità di gran maestro dell'Ordine andò d'allora in poi unita quella di principe dell'impero. Seguirono privilegi e garanzie della Santa Sede e della corona polacca, e nel 1230 cominciò l'opera di conquista: al Culmerland seguirono facilmente la riva destra della Vistola e della Nogat, poi la costa, il Pregel, il Samland. Nel 1237 si fuse con l'Ordine Teutonico l'ordine dei Cavalieri Portaspada apportando la Curlandia, la Semigallia e la Livonia.

Da principio l'Ordine si accontentava della conversione e della sottomissione della popolazione; ma dopo la grande ribellione del 1260 - nella quale i Prussiani, con l'aiuto dei confratelli Lituani, e avvantaggiandosi della benevola neutralità dei Polacchi tolsero ai Cavalieri quasi tutto il conquistato - dopo la quindicenne guerra di riconquista che seguì, e infine dopo la conquista delle regioni più orientali della Prussia, abitate da Lituani e da stirpi slave (1283), gli originarî abitatori furono radicalmente sterminati, e nell'antico territorio pagano, che ormai andava dal basso corso della Vistola al medio corso del Memel, vennero chiamati coloni tedeschi, che sotto il severo governo dei Cavalieri, ma con molti privilegi ed esenzioni, si sparsero a coltivare le campagne, e fondarono una quarantina di nuove città (notevole fra esse Königsberg, che più tardi doveva diventare capitale dell'Ordine); i pochi nobili prussiani rimasti fedeli, e i prussiani non nobili in compenso della loro fedeltà vennero completamente assorbiti. La guerra coi Lituani diventò perenne.

Verso la metà del sec. XIII l'ordine aveva possedimenti in Palestina, Puglia, Sicilia, Spagna, nell'Impero greco, in Armenia, in Austria, Germania, Prussia e Livonia, ognuno dei quali era affidato a un Komtur (Commendator), mentre la Palestina era amministrata dal Gran Maestro stesso.

Il primo dei possedimenti non tedeschi che andò perduto fu quello di Acri (1291):
e così per un certo periodo di tempo la casa madre dell'Ordine fu trasferita a Venezia.
Il gran maestro Siegfried von Feuchtwangen trasferì poi la casa madre dell'Ordine a Marienburg, consacrando così (1309) l'abbandono della primitiva missione per la nuova, più strettamente legata al carattere nazionale tedesco dell'Ordine, che nel 1308 aveva acquistato il ducato di Pomerania dai margravî del Brandeburgo, diventando così signore anche di Danzica, e assicurando la continuità territoriale dei propri possedimenti.

Nel periodo seguente (fino al 1382) la storia dell'Ordine s'identifica con quella della Prussia e della Livonia, che erano i suoi due dominî principali. Nel sec. XIV l'Ordine ha quasi funzioni egemoniche nell'Europa settentrionale: fortissimo all'interno per la saggia amministrazione e per la fedeltà dei sudditi, resiste vittoriosamente agli sforzi della Polonia, divenuta decisamente sua avversaria dopo l'acquisto della Pomerania, e a quelli della Santa Sede, con la quale si trova più volte in conflitto a causa della riluttanza dei vescovi delle terre conquistate (in Prussia i 4 vescovati erano affidati a membri dell'Ordine: non così nelle regioni apportate dall'ordine dei Portaspada, ecc.) a sottostare alla severa amministrazione dell'Ordine; d'altra parte ottimi erano i rapporti dell'Ordine con la Hansa, che esso assisté nelle lotte con i sovrani di Svezia e Danimarca, e soprattutto favorì sgombrando il Baltico da pirati, i cosiddetti Vitalienbrüder.

Ma cominciano anche i segni della decadenza. In questo tempo la perenne guerra contro i Lituani, che pure procurò ai Cavalieri una grande gloria nell'opinione pubblica dei contemporanei, cominciò a degenerare in una specie di caccia all'uomo, alla quale s'invitavano ospiti di riguardo come a un divertimento, e che veniva condotta senza risultati positivi di nuove conquiste; e se anche sotto il gran maestro Winrich von Kniprode (1351-1382) la Prussia conobbe il suo massimo splendore cavalleresco, celebrato da Chaucer e dal Boucicaut, così da poter tenere, unico fra i paesi tedeschi, il paragone con l'Occidente, l'Ordine dovette adattarsi ai tempi, e divenire sempre più una potenza mercantile, che si alienò l'animo delle città prussiane facendo loro concorrenza e istituendo monopolî (come quello dell'ambra) in proprio favore.

Se anche nel 1346 l'Ordine acquistava l'Estonia e nel 1404 Visby con il Gotland, l'irrigidirsi progressivo del governo dei Cavalieri, e la difficoltà per un ordine cavalleresco di adattarsi veramente alla nuova arte militare preparavano quella decadenza che si manifestò chiaramente quando il sovrano di Lítuania, il principe Jagellone si convertì al cristianesimo, costringendo il suo popolo a seguirlo (1386), e tolse così all'Ordine il suo compito, la stessa ragione d'essere.

Lo Jagellone s'imparentò con la casa regnante di Polonia, consolidando così l'alleanza dei due stati slavi. Per reagire alle continue manifestazioni di ostilità degli Slavi, e per rialzare il proprio prestigio, l'Ordine deliberò una grande spedizione militare, terminata con la terribile sconfitta di Tannenberg (15 luglio 1410).

La prima pace di Thorn (1411) conclusa dalla Polonia per aver mano libera con l'Ungheria, aveva ridato all'Ordine quasi tutti i suoi dominî: ma il governo di essi fu sempre peggiore, e finalmente città e nobiltà si unirono nel Preussischer Bund e dichiararono la propria indipendenza dall'Ordine, invitando a prendere la sovranità in Prussia il re di Polonia, al quale prestarono omaggio perfino alcuni cavalieri (1454). La guerra dell'Ordine contro la Polonia che ne seguì e che durò per 13 anni, ebbe, volta come era anche contro il Preussischer Bund, carattere di guerra civile, e terminò con la seconda pace di Thorn, la cosiddetta "pace perpetua" (1466), che lasciò all'Ordine solo la Prussia Orientale, e come feudo polacco.

La decadenza politica, militare, anche morale e religiosa dell'Ordine, lo aveva reso maturo per la secolarizzazione, che fu compiuta, su consiglio di Lutero, dall'ultimo Gran Maestro dell'Ordine, il margravio Alberto di Brandeburgo, nipote del re di Polonia, eletto nel 1511 e che nel 1525, col trattato di Cracovia, trasformò la Prussia in un ducato ereditario, vassallo del regno di Polonia; nel 1561 il suo esempio fu seguito dal capo dell'Ordine per la Livonia. Il maestro dell'Ordine per i possedimenti tedeschi, rimasto cattolico, fece mettere il duca Alberto al bando dell'impero (1530), divenendo egli stesso Gran Maestro e feudatario titolare della Prussia. Mentre questa, secolarizzata, si avviava all'indipendenza, l'Ordine Teutonico stabiliva la sua sede a Mergentheim, organizzandosi in 12 baliaggi: Turingia, Austria, Assia, Franconia, Coblenza, Alsazia, Bolzano, Utrecht, Alten-Biesen, Lorena, Sassonia, Vestfalia, ritornando all'attività originaria ospedaliera e rivendicando sempre i suoi diritti in Prussia.

Abolito nel 1809 da Napoleone, si ridusse a Utrecht (dove divenne protestante, ma mantenne il suo carattere aristocratico) e in Austria, dove nel 1840 venne riformato dall'imperatore Ferdinando I, diventando un ordine cavalleresco ecclesiastico nobiliare, che richiedeva per l'ammissione otto gradi di nobiltà, religione cattolica, alto censo: la casa principale era a Bolzano; l'Ordine aveva compiti ospedalieri, e doveva mantenere sempre pronte quarantaquattro colonne di sanità militare, come l'Ordine Mariano col quale venne fuso più tardi. Col 1919 l'Ordine non fu abolito, ma venne sospesa la sua attività e vennero chiuse le nomine e le iscrizioni.


http://www.treccani.it/enciclopedia/ordine-teutonico_%28Enciclopedia-Italiana%29/


Ordine teutonico.
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
[...] Fino alla perdita di Acri nel 1291, il principale teatro di operazioni dei Cavalieri teutonici rimase la Terrasanta. Tuttavia già a partire della fine del XII secolo operarono sulla costa baltica, [...] gli abitanti pagani vennero convertiti o sterminati e si organizzò l'immigrazione in massa di contadini tedeschi. [...]
Nel 1525 il trentasettesimo grande maestro dell'Ordine, Alberto di Hohenzollern-Ansbach, si convertì al luteranesimo e secolarizzò i possedimenti prussiani, assumendo il titolo di duca di Prussia. [...]

Il 6 febbraio 1191 all'ordine venne concessa l'approvazione e la protezione del pontefice Clemente III. La regola seguita dagli appartenenti all'ordine era quella dei cavalieri ospitalieri di San Giovanni in Gerusalemme. 
[...] Papa Innocenzo III confermò la trasformazione il 19 febbraio del 1199 e ai religiosi venne assegnato il mantello bianco con croce nera. Nel 1221 papa Onorio III parificò l'Ordine teutonico all'Ordine dei templari e a quello degli ospitalieri. In seguito a cospicue e ripetute donazioni l'ordine si diffuse molto rapidamente: dal Duecento al Trecento il numero delle commende (nome dato alle case dell'ordine) crebbe al ritmo di una ma spesso anche 3 o 4 all'anno; nel 1300 erano circa 300 diffuse in Terra Santa, Cipro, Grecia, Italia, Spagna, nel Sacro Romano Impero, nei Paesi Bassi e nell'area baltica.

[...] Nel 1191 l'Ordine abbandonò l'ultima roccaforte in Terra Santa e si mise alla ricerca di una collocazione in Europa. Nel 1211 Andrea II d'Ungheria offrì, in cambio di appoggio militare contro la popolazione nomade e pagana dei Cumani, il territorio del Burzenland in Transilvania (in tedesco Siebenbürgen). L'ordine istituì uno stato indipendente e iniziò un'intensa attività di colonizzazione ed evangelizzazione ma nel 1225 Andrea II, impaurito dalla nascita di uno stato entro il suo regno, scaccio l'ordine dall'Ungheria. [...]

L'alimentazione dei militi dell'Ordine teutonico era costituita da latte, uova, una minestra di fiocchi d'avena e acqua. Chi aderiva non poteva far mostra del blasone, né cacciare (se non lupi e orsi). [...]
Memore della passata esperienza con il sovrano ungherese, il gran maestro dell'ordine Hermann von Salza si fece confermare i diritti sui territori conquistati tramite la bolla d'oro di Rimini emessa dall'imperatore Federico II e la bolla d'oro di Rieti emessa dal papa Gregorio IX. Entrambe garantivano che dopo la conquista e conversione religiosa dei territori baltici questi sarebbero stati assegnati all'Ordine, garantendo all'Ordine teutonico la sovranità ed al suo gran maestro il rango di principe imperiale.

La campagna di appoggio al duca polacco cominciò nel 1226. Corrado, dopo lunga esitazione, tramite il contratto di Kruschwitz (1230) assegnò all'ordine la città e il territorio di Kulm (Chełmno).
[...] Negli anni trenta del Duecento, subito dopo l'annessione di Kulm, l'Ordine diede un forte impulso alla colonizzazione tedesca della Prussia Orientale (Marienwerder, Elbing ecc.), portando il cattolicesimo sempre più a Oriente [...]. 

Sperando che le invasioni svedesi e mongole avessero minato la potenza degli Stati russi, i Cavalieri teutonici attaccarono la vicina Repubblica di Novgorod [...]. Quando minacciarono la stessa Novgorod, cittadini richiamarono in città il ventenne Principe Alexander Yaroslavich, che avevano confinato a Pereslavl l'anno precedente. Durante la campagna del 1241, Alexander riuscì a riconquistare Pskov e Koporye dai crociati. Avendo udito che gli invasori germanici avevano bruciato sul rogo dei bambini, Alexander rispose tenendo in ostaggio dei cavalieri e impiccando alcuni Voti (popolo locale alleato dei Teutonici) e dei fanti estoni. Nella primavera del 1242, i Cavalieri teutonici annientarono un distaccamento in ricognizione dell'esercito cittadino di Novgorod circa 20 km a sud della fortezza di Dorpat (Tartu). Pensando di ottenere una facile vittoria, condotti dal Vescovo Principe Hermann von Buxhövden del Vescovato di Dorpat, i cavalieri e le loro truppe ausiliarie composte da Estoni Ugauni incontrarono le forze di Alexander presso lo stretto passaggio che collega la parte settentrionale e meridionale (detta Lago di Pskov) del Lago dei Ciudi, il 5 aprile 1242, ma l'attacco verso terminò infelicemente con la disfatta del Lago Peipus, presso Vybiti. Tale sconfitta subita dai cavalieri dell'Ordine segna una battuta di arresto nella loro espansione verso est.
[...] Repressa un'insurrezione dei prussiani nel 1260, i Cavalieri, già famosi per i metodi brutali con cui imponevano la conversione al cristianesimo, procedettero a un largo sterminio dei popoli baltici, per lo più rimpiazzati da coloni tedeschi.
[...] L'apogeo della potenza dell'Ordine fu raggiunto nel corso del XIV secolo, allorché fu completata la conquista della Livonia (città di Narva e Reval) e furono annessi alcuni importanti nuclei urbani lituani, fra cui la città di Kaunas. Nel 1346 l'Ordine acquistò l'Estonia dalla Danimarca.

[...] Il 15 luglio del 1410 l'Ordine subì una memorabile sconfitta a Tannenberg, in Prussia orientale, ad opera di polacchi e lituani: da allora iniziò un rapido processo di decadenza, culminato con il trattato di Toruń (1466). Con tale accordo l'Ordine teutonico riuscì a mantenere sotto il suo controllo i soli territori prussiani dovendo però riconoscere la sovranità nominale del re di Polonia su di essi. Si era definitivamente chiusa un'epoca.

Nel 1525 Alberto di Brandeburgo, gran maestro dal 1511, aderì alla Riforma ed attuò la secolarizzazione dei beni dell'Ordine: col trattato di Cracovia venne riconosciuto duca ereditario di Prussia, la quale passò così alla casa di Hohenzollern mettendo fine allo Stato Teutonico. Dopo tre secoli l'Ordine Teutonico perdeva la sua sovranità: al suo gran maestro restava la dignità di principe imperiale. [...]

https://it.wikipedia.org/wiki/Ordine_teutonico


Nei Paesi Baltici, l'Ordine istituì un proprio governo creando il “Deutschordensstaat
(Stato Monastico dell'Ordine Teutonico) che, alla fine del XIV secolo, aveva una superficie di 200.000 chilometri quadrati. A causa della grave sconfitta militare subita nell'estate del 1410, contro l'unione polacco-lituana durante la Battaglia di Tannenberg, così come un lungo conflitto interno in Prussia, iniziò il declino dell'Ordine che portò nel 1525 alla secolarizzazione del Deutschordensstaat e la sua trasformazione in un ducato laico. [...]

Nel 1119 nacque l'Ordine dei Cavalieri Templari, con il compito esclusivamente militare di proteggere coloro che si recavano in pellegrinaggio a Gerusalemme. [...] decisero di trasformare l'Ordine, sino ad allora esclusivamente ospedaliero, in un Ordine Monastico-Cavalleresco, con il nuovo compito militare di protezione dei pellegrini tedeschi. Proseguì comunque l'attività religiosa ed ospedaliera, per la quale veniva seguita la regola dei Giovanniti, mentre per quella militare veniva adottata la regola dei Templari. [...] Con l'eccezione dei Cavalieri Templari, gli Ordini ammettevano le donne per le funzioni legate alle attività ospedaliere e caritative. [...]

Nel 1143 il Papa Celestino II pose questo ospedale sotto l'autorità dell'Ordine degli Ospitalieri di San Giovanni, stabilendo però che a reggere l'ospedale fosse un priore che sapesse parlare il tedesco. [...]

Con la conquista di Gerusalemme da parte del Saladino, avvenuta il 30 settembre 1187 dopo la vittoria di Hattin, l'antico Ospedale di Santa Maria dei tedeschi di Gerusalemme fu distrutto, costringendo i frati ad abbandonare la Città Santa [...]

Nel 1191, dopo la conquista di San Giovanni d'Acri, l'ospedale da campo dei tedeschi costruito durante l'assedio della città, fu trasferito all'interno delle mura [...] L'Ordine dei fratelli della Casa Ospedaliera di Santa Maria dei Tedeschi in Gerusalemme che gestiva il nuovo ospedale, venne subordinato al Maestro dell'Ordine Ospedaliero di San Giovanni, anche se i Cavalieri tedeschi posti alla difesa dell'ospedale dovevano vivere sotto la regola dei Templari. [...]

L'emancipazione dai Giovanniti. [...]
Al momento del massimo splendore l'Ordine Teutonico era diviso in sette province. 
Due province erano dette “di combattimento” ed erano quelle di Prussia e Livonia, perché il dispositivo militare era sempre all'erta. Le altre erano “di pace” ed erano quelle di Germania, Austria, Boemia, Ungheria e Pomerania. [...]

Anche se basate sulla vita religiosa e militare dei Templari e degli Ospitalieri, le regole dei fratelli Teutonici variavano in funzione delle regioni. In Palestina, in Livonia ed in Prussia, con le frontiere caratterizzate da una lotta quasi costante nei confronti dei musulmani o dei pagani, i Cavalieri Teutonici privilegiavano l'organizzazione di tipo militare. Nella Germania occidentale e nel Mediterraneo dell'ovest invece i Cavalieri Teutonici conducevano una vita più pacifica ed improntata prevalentemente alle pratiche religiose.  [...]

In seguito i Cavalieri Teutonici ottennero dal Papa degli aggiustamenti alla loro Regola, anche se ancora ispirata agli altri Ordini religiosi militari, riuscendo persino ad ottenere l'annullamento dell'obbligo che imponeva che, se due Fratelli pranzavano insieme, dovevano mangiare nello stesso piatto. [...]

La più alta corte dei Cavalieri Teutonici era basata sul “Generalkapitel” (Capitolo Generale).
Il Generalkapitel rappresentava il supremo organo legislativo e poteva anche fungere da suprema corte di giustizia. Il Generalkapitel poteva ratificare o meno le decisioni dell'Hochmeister; aveva un supremo potere d'ispezione ed inoltre la facoltà, in base ad una precisa procedura, di deporre l'Hochmeister (Gran Maestro). [...]

Dopo aver lasciato San Giovanni d'Acri e Venezia nel 1291, il Generalkapitel si trasferì nel 1309 in Prussia.  [...]

Alla morte dell'Hochmeister, si riuniva il Generalkapitel. [...]
il Generalkapitel proponeva un cavaliere perché facesse da “Wahlkomtur” (Commendatore del voto).
Se i membri riconoscevano la sua scelta, questo poi nominava un secondo cavaliere elettore ed anche in questo caso il Generalkapitel doveva esprimere la sua approvazione, altrimenti veniva richiesto di presentare altri nomi finché si raggiungeva un accordo. I due poi ne sceglievano un altro e così via fino a formare il numero 13, che voleva ricordare il collegio apostolico presieduto da Gesù Cristo; in questo modo veniva selezionato il collegio elettorale. Questa prassi rimase in vigore fino al 1500. [...]

Fino al 1525, venne eletto dal Generalkapitel. Godeva del rango di ecclesiastico di Stato Imperiale e, fino al 1466, era il Principe Sovrano di Prussia. Nonostante questa alta posizione formale, praticamente, egli era solo una sorta di “primus inter pares”, questo significava che doveva prendere le decisioni anche in base alle richieste dei singoli gruppi dell'Ordine.  [...]

Responsabile per la gestione degli ordini nel suo complesso e delle sue relazioni con l'esterno, l'Hochmeister non esercitava il potere legislativo, riservato al Generalkapitel e il suo potere di nominare gli ufficiali era limitato, infatti doveva sempre consultare il Generalkapitel prima di prendere decisioni importanti.
L'Hochmeister, il grande comandante delle forze in Terra Santa e l'Ordenstressler (tesoriere dell'Ordine) erano ciascuno responsabile di uno delle tre chiavi della tesoreria dell'Ordine. Questa responsabilità sottolineava i limiti di autorità che veniva affidata ad una persona, qualunque fosse stato il suo incarico. [...]

la diffusione dell'Ordine Teutonico intorno al 1300 (in rosa le province di Prussia e di Livonia)

[...] Il più importante tra i primi Hochmeister fu Herman von Salza.
Proveniva da una nobile famiglia della Turingia e, arrivato in Terra Santa nel 1196 con l'esercito del Conte di Turingia, fu eletto Hochmeister tra giugno 1209 e ottobre 1210.
[...]
Sotto il suo magistero, intorno al 1220, [...] l'Ordine Teutonico iniziò la ricostruzione del castello di Montfort, che diventerà il gioiello dei suoi possedimenti.
Il comandante del castello era anche il tesoriere dell'Ordine in Palestina.
Nel 1221 all'Ordine venne concesso il privilegio papale della “exemptio totalis”, cioè la piena esenzione dall'autorità dei Vescovi. Questo fece crescere il reddito dell'Ordine, che ora aveva il diritto esclusivo della raccolta della decima. Dietro adeguata remunerazione, l'Ordine poteva anche vietare o interdire le persone ad essere sepolte nella “terra consacrata” dei cimiteri delle chiese dell'Ordine.
Le donazioni ricevute dalla nobiltà feudale si spiegano con la visione del mondo del XIII Secolo.
La “paura di perdere l'anima ed il desiderio di salvezza”, così come l'esistenza di una spirituale “atmosfera apocalittica”, fece sì che molti nobili facevano delle donazioni in favore dell'Ordine cercando di assicurarsi la salvezza eterna. [...]

Tra il 1228 ed il 1229 l'Ordine Teutonico sostennero senza riserve la Crociata dell'Imperatore Federico II, durante la quale venne significativamente coinvolto l'Hochmeister Hermann von Salza. L'imperatore Federico II concesse all'Ordine l'esenzione feudale.
Questo privilegio era importante in quanto liberò l'Ordine da tutti gli obblighi feudali verso il Regno di Gerusalemme.
Questa esclusione da tutti gli obblighi di verso il Regno di Gerusalemme era senza precedenti. L'imperatore Federico II, al tempo stesso Re di Gerusalemme per aver sposato Isabella di Brienne, volle premiare l'Ordine anche ponendolo in un posto preminente nella sua politica imperiale.
Gli ampi privilegi che l'Ordine Teutonico aveva ricevuto, erano dovuti all'opera dell'Hochmeister Hermann von Salza, divenuto uno dei più importanti consiglieri e diplomatici dell'Imperatore. [...]

Nel 1258, il Doge concesse all'Ordine Teutonico la Chiesa di Santa Maria della Salute e l'annesso Monastero della Santissima Trinità, che divenne il quartier generale dell'Hochmeister che vi rimase fino al 1309. [...]

Nel 1271, i Cavalieri Teutonici furono costretti ad abbandonare il castello di Montfort ai guerrieri musulmani. [...]

La scomparsa dei Cavalieri Teutonici dalla Terra Santa non pregiudicò il potere dell'Ordine, che aveva un patrimonio significativo nei territori delle attuali Germania, Austria, Belgio, Cipro, Spagna, Estonia, Francia, Grecia, Olanda, Italia, Lettonia, Lituania, Polonia, Russia, Slovenia e Repubblica Ceca. I privilegi ottenuti dai papi e imperatori tra il 1217 e 1221, garantirono all'Ordine la protezione e la sicurezza dei loro beni. [...]

Le attività quotidiane dei Cavalieri Teutonici si basavano su una miscela di tradizioni militari e monastiche, erano scrupolosamente condotte secondo quanto può ancora essere individuato nella maggior parte degli eserciti oggi: mantenere i soldati occupati e tenerli fuori dai guai. [...]

Nelle due province di combattimento, la Prussia e la Livonia, al momento della sua massima espansione, l'Ordine disponeva di circa 3.000 Cavalieri nella prima, e di 500 nella seconda.
I Cavalieri avevano l'ordine tassativo di risiedere in una delle 60 fortezze costruite tra Prussia e Livonia.

[...] cerimonia di introduzione nell'Ordine.
I sacrifici erano grandi, non solo nei voti che venivano presi, ma anche nei 30-60 marchi che il cavaliere doveva portare come “dote”, spesso in forma di territorio. [...] Inoltre, se il cavaliere falliva economicamente, i suoi debiti venivano risolti dall'Ordine Teutonico. [...]
L'Ordine si caratterizzava per una grande spartanità nello stile di vita e nella “ideologia” dei suoi Cavalieri. [...]
Anche i servi potevano mangiare con i fratelli. Il cibo era eguale indistintamente per tutti.
Il vino, generalmente vietato, non lo era durante le operazioni militari, mentre erano sempre vietati i pranzi sontuosi. [...] Non potevano far mostra del proprio blasone, partecipare a tornei, o cacciare, se non il lupo, la lince e l'orso, ma senza l'aiuto di cani da caccia. [...]

Per dormire, il Cavalieri Teutonici non potevano utilizzare un materasso o un letto comodo, tranne che quando erano ammalati. Gli ufficiali avevano ciascuno una propria stanza, mentre gli altri dormivano, fedeli alla regola benedettina, completamente vestiti e con gli stivali, ma senza mantello, in una vasta camerata non riscaldata, su un sacco di paglia con un cuscino e le coperte, la cui quantità dipendeva dal clima. [...]

Ogni Cavaliere era supportato da altri uomini armati, di solito con un rapporto di dieci per ogni Cavaliere.  [...] Ogni Cavaliere aveva diritto a tre o quattro cavalli, uno da combattimento in grado di resistere al peso delle armature, mentre gli altri venivano utilizzati durante le esercitazioni. [...]

In Prussia ed in Livonia le spedizioni si svolgevano di solito in inverno, quando ghiacciava; ma, in qualsiasi stagione e con qualsiasi tempo, il Cavaliere Teutonico era pronto alla guerra. [...]

Essi erano autorizzati alla caccia (un insolito privilegio specificamente conferito dal Papa), perché la caccia a cavallo era il metodo tradizionale per la formazione di un cavaliere ed aveva l'ulteriore vantaggio per lui di prendere confidenza con la geografia locale. Sarebbe stato impossibile vietare loro la caccia ed anche molto impopolare tra i cavalieri tedeschi, che erano cresciuti in mezzo alle estese foreste ancora piene di bestie pericolose e di abbondante selvaggina.

I Cavalieri Teutonici erano autorizzati a cacciare lupi, orsi, cinghiali e leoni con l'uso di cani solo se la caccia veniva fatta per necessità e non per evitare la noia o per piacere; per la caccia alle altre bestie invece non era consentito l'impiego dei cani. [...]

Il libro dell'Ordine metteva in guardia i Cavalieri affinché evitassero le donne. [...]

Dopo la perdita della Terra Santa nel 1291, i Cavalieri Teutonici stabilirono il loro quartier generale in Prussia. Questa situazione portò ad ulteriori riforme, avviate da alcuni Grandi Maestri come Karl von Trier (1311 - 1324) e Werner von Orselin (1324-1330). Queste riforme riflettevano due tendenze: la missione dell'Ordine non era più la cura e la protezione dei pellegrini in Palestina e la lotta contro i musulmani, ma la lotta contro i pagani dell'Europa orientale. [...]

1210-1239: il Magistero di Hermann von Salza.
[...] Durante il suo Magistero l'Ordine ricevette non meno di 32 conferme Papali e ulteriori 13 conferme Imperiali.

Con un atto imperiale del 23 gennaio 1214, ad Herman von Salza ed ai suoi successori venne concesso l'accesso alla Corte Imperiale ed il godimento di un posto nella Dieta Imperiale con il rango di Principe. [...]
i Cavalieri Teutonici dipesero direttamente dal Papa e solo lui poteva scomunicarli.
Beneficiavano della protezione papale e imperiale, del diritto di rifugio, del diritto di costruire e possedere chiese. Così, sotto il Magistero di Herman von Salza, l'Ordine Teutonico si emancipò completamente dagli Ospitalieri e dai Templari. [...]

I Templari rivendicavano il mantello bianco esclusivamente per se stessi, tanto che, in proposito, avevano già protestato ufficialmente con il Papa Innocenzo III. Ma nel 1220 il Papa Onorio III confermò ai Cavalieri dell'Ordine Teutonico l'autorizzazione ad indossare il controverso mantello bianco. I Templari, tuttavia, rimasero acerrimi rivali dell'Ordine Teutonico. [...]

La politica di Hermann von Salza.
A differenza dei Templari e degli Ospitalieri, i Cavalieri Teutonici guidati da Hermann von Salza seguirono in Terra Santa una politica di tolleranza nei confronti degli islamici, anche se erano ancora subalterni ai Templari ed a questi dovevano obbedienza quando c'era da combattere. [...]

Una volta giunto a san Giovanni d'Acri, Federico II intraprese una serie di falsi preparativi per dare l'impressione di voler portare la guerra all'Egitto, cercando di forzare la mano al Sultano per costringerlo al compromesso. Inoltre, per evitare di perdere l'appoggio dei Templari e degli Ospitalieri, rinunciò al comando sull'armata Crociata, conferendo quello sui tedeschi e lombardi a Hermann von Salza e quello sui soldati dei Regni di Gerusalemme e di Cipro al maresciallo imperiale Riccardo Filangieri e al connestabile di Gerusalemme Odo von Montbéliard.

La tattica riuscì pienamente e nel febbraio 1229 l'imperatore recuperò, senza versare una goccia di sangue, territori e luoghi santi come Betlemme, Nazaret, la Galilea occidentale, la signoria di Toron, una parte di Sidone e soprattutto la città di Gerusalemme. [...]

La presa di posizione dell'Hochmeister a favore di Federico II e contro Gregorio IX mise l'Ordine Teutonico in una situazione difficile, perché gli Ospitalieri cercarono di approfittarne e chiesero al Papa di sottomettere a loro l'Ordine Teutonico in quanto nato da un ospedale gerosolimitano che in passato era stato dipendente dagli Ospitalieri. [...]

1239: la morte di Hermann von Salza.
Nel 1239, quando Hermann von Salza morì, l'organizzazione dei Cavalieri Teutonici possedeva beni, ospedali e commende in Italia, Germania, Spagna, nel sud ovest della Francia, in Svizzera, in Puglia, in Sicilia nell'Impero Bizantino e in Terra Santa dove, sulle colline di Tiro, nel castello di Montfort, ribattezzato Starkenberg, aveva creato un nuovo importante centro.
La Prussia stava divenendo lo Stato dell'Ordine e la Livonia era entrata a far parte dei possedimenti dei Cavalieri, mentre altri paesi erano in procinto di essere assorbiti. [...]

1244 - 1249: il Magistero di Heinrich von Hohenlohe.
Appena divenuto Hochmeister, Heinrich von Hohenlohe modificò la Regola dell'Ordine, rendendola più breve e più precisa della precedente. In particolare adattò la Regola alle nuove condizioni che si erano venute a creare con la conquista della Prussia e l'acquisizione della Livonia. Vennero codificate anche le uniforni dei Cavalieri. Questi dovevano indossare il mantello bianco con una Croce nera sul lato sinistro. Questo rinnovò l'ira dei Templari, ma i Cavalieri Teutonici oramai erano così potenti che potevano prevalere sui Templari. [...]

La caduta di San Giovanni d'Acri segnò la fine del dominio cristiano in Terra Santa.
I pochi superstiti dei vari Ordini militari presero la via dell'Europa.
Mentre Ospitalieri e Templari ripiegarono su Cipro, i Cavalieri Teutonici, dopo un breve periodo trascorso a Cipro, si mossero verso Venezia, dove c'era la loro Kommende presso il monastero della Santa Trinità, che divenne temporaneamente la principale casa dell'Ordine.
L'Ordine Teutonico fu quello che soffrì meno per la caduta di San Giovanni D'Acri, in quanto già da tempo la presenza dell'Ordine risultava molto più incisiva nelle Terre baltiche che in Terra santa.

[...] L'ordine teutonico in transilvania.
La Transilvania nel XIII secolo. [...] questo territorio si chiamava Transilvania o, in lingua tedesca, Siebenbürgen.



L'invito di Andrea II d'Ungheria.
Sotto il regno di Andrea II (1205-1235), la Transilvania (in tedesco Burzenland o Siebenbürgen) ad oriente dell'Ungheria, era semi abitata e continuamente devastata dalle incursioni dei Cumani.  

[...] il Re Andrea II, nel 1211 poco dopo la firma del contratto di matrimonio tra sua figlia e Ludovico, scrisse al Conte Hermann chiedendogli di invitare a venire in Transilvania i Cavalieri Teutonici “affinché giungesse la pietà per la sua anima e quella dei suoi antenati di fronte a Dio attraverso la loro preghiera e affinché il suo regno potesse essere protetto contro i Cumani attraverso il loro coraggio”.

Il Re Andrea prometteva le terre di Barcasag nella parte orientale della medievale Ungheria, precisamente nella depressione del Burzeland (rumeno = Tara Barsei), oggi nel distretto di Brasov in Transilvania; i Cavalieri Teutonici erano autorizzati a costruire castelli di legno e città; il Re prometteva inoltre immunità dalle imposte e dazi e concedeva all'Ordine la facoltà di svolgere le funzioni religiose e di riscuotere la decima; ciò implicava che l'Ordine Teutonico avrebbe potuto portare con sé dei coloni e mantenersi con il loro affitto e lavoro, senza dover condividere i ricavi con il monarca. In effetti Andrea II stava consegnando all'Ordine Teutonico quel territorio della Transilvania chiamato Burzenland.
Il Re manteneva per se il diritto di battere moneta ed il diritto ad ottenere la metà dell'oro o argento che sarebbe stato cavato dalle miniere del Burzenland, ma rinunciò alle imposte e pedaggi ed alla sua autorità per stabilire mercati; i Cavalieri inoltre non erano tenuti a ospitare il Voivode e potevano esercitare direttamente la giustizia. In cambio i Cavalieri Teutonici dovevano proteggere la frontiera dagli invasori Cumani, convertire al cattolicesimo sia loro che le altre persone al di là dei Carpazi e ampliare, se possibile, l'impero ungherese in quest'area.

L'Hochmeister Hermann von Salza era entusiasta all'idea di stabilire un territorio dominato dai Cavalieri Teutonici, in un momento in cui le proprietà dell'Ordine erano piuttosto frammentate. Questo contesto è necessario per capire che nel 1211 accettò di buon grado una richiesta di assistenza del Regno di Ungheria, visto che le forze dell'Ordine Teutonico erano legate in realtà allo scopo di liberare il Santo Sepolcro in Terra Santa. Questa sembrava essere un'offerta generosa, e poiché l'Ordine aveva poca esperienza in queste cose, l'Hochmeister Hermann von Salza accettò l'invito sul presupposto che la buona volontà del Re sarebbe continuata in futuro.
Tuttavia il paese che gli venne affidato dal Re era spoglio e spopolato.
I suoi confini andavano da Halmagn (Halmágy) fino nella zona del villaggio di Galt, di là attraverso le montagne di Mikloschwar, lungo il vecchio fiume, fino alla foce del torrente Prejmer, poi nelle montagne fino alle fonti di Tömösch e Bârsa e sulle colline rocciose dei confini del paese nuovamente verso Halmagn. [...]

I Cavalieri Teutonici nel Burzenland.
I Cavalieri Teutonici inviarono un contingente nella regione selvaggia e disabitata, guidati da un Cavaliere di nome Theoderich, dove il voto della lotta costante contro gli infedeli poteva essere soddisfatto benissimo come in Terra Santa; infatti i Cumani erano un popolo pagano orrendo, senza conoscenza di Dio e dai costumi tremendi. Allora l'Ordine segnò con delle bandiere i confini del Burzenland loro affidato, al fine di tutelare i pochi valichi accessibili dei Carpazi dalle invasioni dei Cumani.

Presto i Cavalieri Teutonici costruirono una serie di fortificazioni in legno lungo il confine ed iniziarono una intensa attività di evangelizzazione e colonizzazione, portando dalla Germania dei contadini che avrebbero coltivato la terra e pagato le imposte necessarie per l'alimentazione delle guarnigioni e la costruzione delle fortificazioni: venne così costruito il castello di Marienburg, forse il quartier generale dei Cavalieri; al di là del fiume di Tartlau venne costruito il castello di Kreuzburg, poi quello di Gesprengberg presso Brasov; verso meridione sorse il castello di montagna di Rosenau e, presso Zeiden, quello di Schwarzburg.

Da questi castelli i Cavalieri conducevano anche l'amministrazione civile.
Oltre a questi nacquero altri castelli ma solo a scopo difensivo, come quello di Heldenburg e di Törzburg. La maggior parte è ancora presente con le sue rovine sulle colline del Burzenland come testimoni parlanti di un potente passato.

A Re Andrea II piacque il modo in cui l'Ordine conduceva il Paese, perché con tutti quei castelli e con la spada dei Cavalieri si spense il vizio dei Cumani di fare irruzioni. Così nel 1212 il Re aumentò le sue donazioni, concedendo all'Ordine l'autorizzazione a costruire, al di fuori del Burzenland, la città di Kreuzburg.

Il Re moltiplicò le sue concessioni, vietando ai suoi cambiamonete di entrare nelle terre dell'Ordine e di molestare la sua popolazione, in quanto l'Ordine Teutonico, come il Re diceva, “non era intimorito di affrontare quotidianamente i Cumani, difendendo con il proprio sangue la terra che era stata un regalo reale e la difese coraggiosamente contro gli attacchi giornalieri dei pagani”.
Così il Re Andrea II permise ai Cavalieri di assumere un parroco e di prendere la decima da tutti gli abitanti del Burzenland, tranne che dagli Ungheresi e dagli Szekler, qualora si fossero stabiliti lì, perché questi dovevano pagare la decima al Vescovo.
Solo dopo che queste cose erano state fatte, fu evidente che le concessioni del Re erano piuttosto vaghe e imprecise. In quel momento, tuttavia, poco si poteva fare per cambiare le condizioni dell'accordo, perché il Re era partito in Terra Santa per la Crociata. [...]

L'espansione dell'Ordine nel Burzenland.
Il contingente di Cavalieri Teutonici nel Burzenland non operò semplicemente difendendo la frontiera dagli attacchi dei Cumani; i Cavalieri trovavano più facile occupare nuovi territori allontanando i Cumani, approfittando del fatto che questi erano nomadi e non avevano luoghi permanenti di residenza.
Nel 1220 i Cavalieri Teutonici avevano già costruito sette città, e più precisamente Klausenburg (Cluj-Napoca), Kronstadt (Brasov), Hermannstadt (Sibiu), Schässburg (Sighisoara), Mediasch (Medias), Mühlbach (Sebez), Bistritz (Bistriza). Coloni tedeschi vennero invitati a stabilirsi nelle città, soprattutto dalla provincia di Hermannstadt.

Attorno alla città Kronstadt, sviluppatasi intorno al suo castello, con una distanza di venti miglia l'uno dall'altro vennero costruiti ancora quattro castelli e vennero dati loro dei nomi che saranno successivamente dati anche ai castelli in Prussia: Marienburg (oggi Feldioara), Schwarzenburg, Rosenau, e Kreuzburg. Solo quelli di Marienburg e di Kreuzburg erano in pietra.

La fortezza di Marienburg era diversa dalle fortezze tipiche in Ungheria, infatti le pietre erano grandi e massicce in modo da resistere ai terremoti che erano comuni nella regione. Questi divennero le basi per l'espansione nella praticamente disabitata terra dei Cumani, un'espansione che andò avanti con sorprendente velocità.

una rappresentazione di Brasov del 17° secolo

La rapida espansione dell'Ordine Teutonico suscitò la gelosia e il sospetto della nobiltà e del clero ungheresi che in precedenza avevano mostrato poco interesse per la regione. Se i Cavalieri Teutonici avessero avuto a disposizione un altro decennio, probabilmente si sarebbero spinti verso il basso del Danubio, sino ad occupare tutti i territori in possesso dei nomadi Cumani che si erano spinti per tanto tempo in Ungheria e nell'Impero Latino di Costantinopoli. Avrebbero presidiato con i loro castelli la parte inferiore del bacino del Danubio e avrebbero riaperto la via di terra verso Costantinopoli che, nel corso degli ultimi decenni, era stata molto pericolosa per crociati che la attraversavano. Ma quel momento venne loro negato. [...]

Il conflitto con la nobiltà ungherese.
L'Ordine Teutonico, diventato più audace a causa del felice successo, dimenticò le condizioni con cui il Re Andrea II aveva assegnato loro il paese. I cavalieri Teutonici estesero i confini ben oltre la zona di origine e costruirono castelli in pietra e non con il legno. Malgrado l'ira del Re per gli abusi dell'Ordine, questi diede ancora nuove concessioni all'Ordine, includendo le terre conquistate ai Cumani verso il Danubio, aumentando così i diritti dei Cavalieri.

Da quel momento erano autorizzati a costruire castelli di pietra, di esportare da Mures e da Alt sei spedizioni di sale all'anno e di importare dei beni dall'estero; i Cavalieri e la popolazione del Burzenland erano esenti da ogni dazio quando attraversavano la terra dei Székely o dei Valacchi.
A questo punto i Cavalieri Teutonici avevano ottenuto così in fretta un tale successo che la nobiltà ungherese iniziò a dubitare che i Cumani fossero ancora un pericolo. I nobili ricordavano che quei selvatici cavalieri avevano battuto i Bizantini, gli Imperatori Latini di Costantinopoli e avevano invaso anche l'Ungheria, ma questo oramai faceva parte del passato; ora sembrava che anche una manciata di cavalieri qualsiasi avrebbe potuto cacciare via i Cumani.

Tra la nobiltà ungherese, dopo la morte di Gertrude di Merania, la loro Regina tedesca, cominciò a crescere un sentimento anti-tedesco. Era stata la Regina, che intervenne nel 1223 presso il Papa Onorio III affinché concedesse all'Ordine Teutonico il privilegio dell'esenzione feudale del Burzenland, e l'attuazione dell'esenzione interrompeva de facto i vincoli legislativi dell'Ungheria nei territori rivendicati dall'Ordine.
La nobiltà ungherese quindi esortò il Re alla resistenza contro l'Ordine. I nobili non capivano che solo la particolare organizzazione e la dedizione dei Cavalieri Teutonici rendeva possibile riuscire là dove gli altri avevano fallito ed accusavano l'Ordine di disonestà cavalleresca, a causa della sua attività volta soltanto all'arricchimento dei propri forzieri e non all'aiuto, senza compenso, per chi ne aveva bisogno.

Da parte loro, i Cavalieri Teutonici fecero pochi sforzi per guadagnarsi amici tra i nobiltà ungherese. Avevano ignorato i diritti del Vescovo locale e rifiutavano di condividere le loro importanti conquiste con i nobili che avevano già precedenti diritti nella regione. Alla fine i nobili accusarono l'Ordine Teutonico di aver superato il dovere di difendere il confine.

Cavaliere Teutonico e coloni.
Era naturale che i Cavalieri Teutonici non volevano rinunciare a ciò che avevano conquistato con il loro lavoro e denaro, visto che avevano bisogno di ogni parcella di terreno di quel paese per fornire risorse, prodotti alimentari e tasse e per le future campagne di guerra verso il Mar Nero.
Purtroppo nel Burzenland non c'erano uomini come Hermann von Salza, che sapeva fare amicizia e fugare i sospetti dei potenziali nemici; i Cavalieri Teutonici in Transilvania operavano con notevole autonomia e non si fecero molti amici. Il risultato fu un conflitto fatto di ambizioni e di amara gelosia.

Come la nobiltà ungherese era arrivata a pensare, il Re Andrea II aveva incautamente invitato in un gruppo di intrusi che stavamo costruendo in modo così sicuro un principato all'interno della frontiera ungherese che presto il Re stesso non sarebbe stato in grado di controllarli. Accusarono l'Ordine Teutonico di aver superato il suo dovere di difendere il confine e che pianificava di diventare un regno all'interno del regno.
Hermann von Salza avrebbe potuto fare ben poco al riguardo, infatti era occupato a Damietta, dove da due anni i cristiani ed i musulmani lottavano disperatamente. Re Andrea nel frattempo era tornato in Ungheria amareggiato per le perdite e le spese sostenute per la sua Crociata in Terra Santa. La sua reputazione era caduta in disgrazia ed il suo paese aveva patito per l'assenza del suo governo.

Nel 1222 la nobiltà ungherese forzò il Re ad emettere una Bolla d'Oro, un documento molto simile a quello della Magna Charta che i baroni inglesi avevano estorto al loro Re solo pochi anni prima e che venne chiamata la “Magna Charta d'Ungheria”.

Quando la nobiltà gli chiese che rivedesse le concessioni ai Cavalieri Teutonici, il Re non era in condizione di rifiutare. Esaminò le denunce e concluse che l'Ordine aveva infatti superato il suo mandato, convenendo che dovevano essere effettuate alcune modifiche all'accordo, che alla fine si concluse con l'emissione di una nuova “Carta”, con più ampie clausole rispetto alla precedente. Permise comunque ai Cavalieri Teutonici di costruire castelli in pietra e, anche se la sua concessione vietava loro di assumere coloni ungheresi o rumeni, riconobbe implicitamente il loro diritto di portare contadini tedeschi.
Ma Hermann von Salza pensava all'incostanza del Re ed al fatto che l'Ordine aveva dei potenti nemici a corte e in questo modo il suo potere non sarebbe mai stato al sicuro. Utilizzò quindi tutta la sua influenza con Papa Onorio III e il Conte Luigi IV di Turingia per rafforzare la posizione dell'Ordine, ma non poteva influire verso l'atteggiamento della nobiltà ungherese e del Principe Bela, erede al trono e loro alleato. Questi continuarono con le loro denunce riguardanti i Cavalieri Teutonici e sostenevano il loro Vescovo nella sua ambizione di subordinare l'Ordine Teutonico alla sua Regola.

Hermann von Salza era in Germania nel 1223 e nel 1224 per affari riguardanti l'Impero, ma il suo pensiero andava verso la situazione in Ungheria. Pensava che il suo Ordine non avrebbe avuto problemi fino a quando il Re Andrea II era vivo, ma che poteva aspettarsi grandi difficoltà una volta che il principe Bela sarebbe salito al trono. Questo forse poteva essere evitato se l'Ordine avesse allentato i suoi legami con la corona ungherese.
Quando tornò in Italia Hermann von Salza parlò con il Papa Onorio III del problema e lo convinse ad includere il Burzenland nelle proprietà della Sede Apostolica. Il Papa lo fece nel 1224 e subordinò il Burzenland alla protezione apostolica della Santa Sede, “in modo che la popolazione della vasta zona spopolata si possa moltiplicare, per l'orrore dei pagani, per la sicurezza dei fedeli e con grande beneficio per la Terra Santa”.

L'espulsione dal Burzenland.
In riconoscimento della supremazia papale, l'Ordine doveva pagare due marchi d'oro all'anno. 
Con questo i Cavalieri Teutonici spezzavano il vincolo che li legava alla corona ungherese che, improvvisamente, si ritrovava ai suoi confini un minaccioso Stato dell'Ordine Teutonico.
Ma questa azione fu un errore fatale perché immediatamente il Re Andrea II riconobbe il pericolo. Al posto dei problemi in una data futura, Hermann von Salza ebbe a che fare con tutti essi in una sola volta. Il Re Andrea ritrattò tutto quello che aveva negoziato con l'Ordine e ordinò ai Cavalieri Teutonici di lasciare immediatamente l'Ungheria. Non era disposto a vedere persa neanche una preziosa provincia, rubata al suo regno con un trucco.

Il Papa intervenne come meglio poté ed Hermann von Salza provò a spiegare che l'atto del Papa era stato male interpretato, ma tutte queste spiegazioni non furono di alcuna utilità.
La nobiltà ungherese aveva sollevato i suoi dubbi ed ora il Re era con loro.
Quando i Cavalieri Teutonici rifiutarono incautamente di lasciare il Burzenland senza avere prima una nuova udienza dal Re, il Principe Bela (il futuro Re Bela IV) venne autorizzato a condurre un esercito contro di loro. Nella primavera del 1225 l'esercito ungherese marciò nel Burzenland, raggiungendo i castelli dell'Ordine Teutonico: l'esercito ungherese era numericamente molto consistente ed i Cavalieri Teutonici non poterono fare altro che trattare la resa.

L'Ordine Teutonico venne ignominiosamente guidato fuori dalle sue terre ed espulso dal regno d'Ungheria ed i loro castelli vennero distrutti. Solo i contadini tedeschi (i “Sassoni della Transilvania“) che erano stati chiamati dai Cavalieri rimasero, diventando un importante insediamento durato fino al 1945.

Quando Hermann von Salza vide che non c'era altro da fare, lasciò il regno d'Ungheria con i suoi cavalieri e nel 1226 raggiunse il Duca Corrado di Mazovia che aveva chiesto aiuto all'Ordine per “salvare la Chiesa di Cristo dalla rabbia del popolo pagano dei Prussiani”.
Gli ungheresi non sostituirono le guarnigioni Teutoniche con un'adeguata protezione dagli attacchi dei Cumani, tanto che quei guerrieri della steppa recuperarono la fiducia in se stessi e la loro forza e presto tornarono ad essere ancora un pericolo per il Regno d'Ungheria.
L'espulsione dall'Ungheria scosse i Cavalieri Teutonici nelle sue fondamenta.
Molti uomini avevano dato la loro vita e molto denaro era stato raccolto con difficoltà per costruire le fortificazioni e rendere sicuri i nuovi insediamenti; questi sforzi erano andati persi e la reputazione dell'Ordine era stata macchiata. Nel recente passato avevano ricevuto molti doni provenienti dall'Imperatore e da Principi: tenute a Bari, Palermo, Halle, e Praga. Quanti potenziali donatori avrebbero considerato le storie che si sentivano e poi fatto le loro donazioni altrove?
La risposta non era affatto certa, anche se l'esempio del tirolese Conte di Lengmoos fu incoraggiante: nel mezzo della polemica che aveva coinvolto l'Ordine Teutonico, offrì in dono all'Ordine tutte le sue terre. Tale cavaliere era un esempio vivente del problema che l'Ordine aveva fronte. Si poteva prosperare soprattutto nelle regioni germaniche, ottenendo reclute e donazioni da parte delle famiglie nobili e borghesi, ma in quel momento non c'era alcun motivo per operare in quelle zone. Per avere uno scopo di esistenza i Cavalieri Teutonici dovevano lottare contro gli infedeli o pagani, ma quelli potevano essere trovati soltanto alle frontiere degli Stati non-tedeschi. Purtroppo, la nobiltà e la gente di quegli Stati spesso aveva poco in comune con i membri dell'Ordine Teutonico, perciò era piuttosto l'ostilità che la simpatia la naturale attitudine verso i Cavalieri Teutonici. [...]

suddivisione della Prussia nei vari distretti tribali

I Pruzzi erano pagani. Peter von Duisburg, un sacerdote e cronista dell'Ordine Teutonico, nella sua opera “Chronicon terrae Prussiae” (Cronaca della Terra Prussia) spiegava il paganesimo dei Pruzzi così: «Poiché essi non conoscevano il Signore, adoravano erroneamente le sue creature, ovvero il sole, la luna, le stelle, gli uccelli, i quadrupedi, e anche le serpi. Essi possedevano fiumi, campi e boschi sacri, ove non osavano arare, pescare o raccogliere legna».

Nel 1230, dopo diverse precedenti spedizioni contro i Pruzzi senza successo effettuate da diversi Principi Polacchi, i Cavalieri Teutonici iniziarono una campagna Crociata contro le tribù dei Pruzzi. Entro la fine del secolo, dopo aver subito varie ribellioni, i Cavalieri ottennero l'intero controllo della Prussia e gestirono i Pruzzi attraverso il loro Stato Monastico.

Il popolo dei Pruzzi.
Nel XII secolo le terre baltiche confinanti con il Sacro Romano Impero e con la Polonia divenuta cristiana nel 968 dopo che il principe Mieszko I si fece battezzare insieme al suo popolo, costituivano ancora una “terra incognita”. Terra di evangelizzazione cristiana e di conquista per il Sacro Romano Impero e per il Regno di Polonia. [...]

Pruzzi.
[...] All'inizio i territori dei Pruzzi confinavano con la Vistola ed il fiume Memel (Niemen). I Casciubi ed i Pomeraniani confinavano a ovest, i Polacchi a sud ed i Lituani a nord-est. [...].
In effetti, l'ambiente, che causò un isolamento molto parziale, consentì la conservazione del linguaggio come il più arcaico d'Europa. A sud, le paludi, sino alle sorgenti del fiume Dnepr, furono una barriera efficace durata millenni. [...]

Perkuns, Pikouzos e Potrimpos
La religione professata da questi popoli era quasi ovunque la stessa; una religione che gli studiosi ritengono che fosse strettamente legata al paganesimo lituano. 
Si trattava di un politeismo che divinizzava le forze della natura
Tre erano le divinità principali: Perkuns, dio della luce e del tuono, Pikouzos, dio degli inferi e Potrimpos, dio della terra, dei frutti e degli animali. Un culto speciale era inoltre tributato alla luna, alle stelle e a certi animali come la lucertola, il serpente e la rana.
I loro santuari erano costituiti da querce o tigli sacri, ai piedi delle quali i sacerdoti immolavano sovente i prigionieri di guerra; praticavano infine la poligamia. Il sacerdote (il griwe) era anche giudice e pare che ancora nel XII secolo venivano praticati sacrifici umani sotto la quercia di Thorn. [...]

Il potere supremo risiedeva nelle assemblee generali di tutti i maschi adulti, che discutevano le questioni importanti riguardanti la comunità ed eleggevano il capo; il capo tribù era responsabile della supervisione delle questioni quotidiane, della costruzione delle fortificazioni dei villaggi e della difesa delle frontiere. [...]

Nel 997 il Duca Boleslao I di Polonia (966-1025) inviò il Vescovo Adalberto (polacco: Wojciech) di Praga tentare una evangelizzazione dei Pruzzi. Adalberto sbarcò nel golfo di Danzica e prese a risalire la Vistola con i suoi compagni. Contemporaneamente il Duca Boleslao intraprese una spedizione per la conquista militare del territorio.

I Pruzzi sospettavano di Adalberto, ritenendolo una spia di Boleslao, così che il suo lavoro missionario durò appena pochi giorni: il 23 aprile del 997, quando fece abbattere la quercia sacra di Romowe, Adalberto e i suoi compagni furono trucidati dai Pruzzi per aver profanato il bosco sacro. I resti del martire furono riscattati da Boleslao e collocati nel duomo di Gniezno.

Nel 1008 il successore di Adalberto, il monaco benedettino Bruno Bonifacio di Querfurt, fece ancora un tentativo d'evangelizzazione. Dopo aver ottenuto inizialmente qualche successo tra i Pruzzi, l'anno dopo il suo arrivo, il 9 marzo 1009, venne decapitato insieme a 18 compagni, secondo il cronista, “da qualche parte sul confine tra Prussia e Russia”. [...]


Vedendo la situazione disperata, Corrado di Masovia, probabilmente su consiglio del principe Enrico I il Barbuto, cercò di stabilire contatti con l'Hochmeister dell'Ordine Teutonico, Hermann von Salza, ma questi, dopo il fallimento della missione del suo ordine Ordine in Ungheria, affrontò con estrema cautela la richiesta di aiuto di Corrado di Masovia. [...]


Nel 1226 [...] il Duca Corrado I di Masovia ed il Vescovo di Prussia Christian di Oliva pensarono di chiedere appoggio all'Ordine Teutonico.
La scelta del Duca di Masovia non era casuale:
l'Ordine Teutonico infatti aveva già avuto un'esperienza nella difesa dai popoli pagani dei confini nel regno d'Ungheria, una decina di anni prima. Infatti nel 1211, il Re d'Ungheria Andrea II aveva offerto all'Ordine di insediarsi nel territorio del Burzenland, nella Transilvania sud-orientale, allo scopo di popolarlo e di trasformarlo in un baluardo contro la minaccia rappresentata dal popoli pagani provenienti dalle steppe del sud della Russia.

I Cavalieri Teutonici avevano appena concluso l'esperienza ungherese, quando nel 1226 il Vescovo di Prussia Christian di Oliva, consegnò ad Hermann von Salza una lettera del Duca di Masovia che gli chiedeva l'aiuto dei Cavalieri Teutonici perché assistessero e proteggessero i suoi sudditi contro le incursioni dei pagani nativi di Prussia. La stabilità con i Pruzzi avrebbe permesso a Corrado di ambire al titolo di Granduca di Polonia.

[...] Corrado prometteva ai Cavalieri Teutonici, qualora avessero accettato di intervenire in Prussia, la Terra di Chelmno, un territorio di circa 3.000 kmq situato nella bassa valle della Vistola con capitale Chelmno e comprendente la città di Dobrzin. Inoltre il Duca era disposto ad offrire all'Ordine, oltre all'intera Terra di Chelmno, tutti i territori che avrebbero strappato ai Pruzzi, qualora i Cavalieri Teutonici avessero accettato di insediarsi in quelle terre a difesa della Masovia.
In sostanza il Duca prometteva le stesse cose che il Re Andrea II d'Ungheria aveva promesso ad Herman von Salza quindici anni prima, ma alcuni membri dell'Ordine Teutonico non volevano ripetere la precedente disavventura in Transilvania.
La pesante onta subita nel 1225 con l'espulsione dell'Ordine Teutonico dal Burzenland, che era ritornato sotto il controllo della corona ungherese nonostante le recriminazioni dell'Ordine e del Papa Onorio III, fece sì che l'Hochmeister (Gran Maestro in tedesco) Hermann von Salza fosse molto restio ad intraprendere un'avventura simile in Prussia quando, agli inizi del 1226, ne ricevette richiesta da Corrado di Masovia.

Hermann von Salza aveva anche altri motivi per rifiutare l'offerta del Duca.
C'era una nuova urgenza per sostenere pienamente e senza esitazione una crociata in Terra Santa che stava organizzando l'Imperatore Federico II. La Crociata precedente era appena fallita nel suo attacco contro l'Egitto e molti pensavano che, se l'Imperatore avesse navigato in aiuto ai Crociati, avrebbe potuto salvare la situazione ed ottenere una grande vittoria.
A quel tempo, tuttavia, l'Imperatore aveva scarso interesse per la Crociata, perché aveva affari che gli premevano in Sicilia e nessun incentivo o ammonizioni papali lo spingevano a partire.
Però aveva annunciato che avrebbe soddisfatto il suo voto di fare la Crociata nel 1226 o 1227.
I dignitari dell'Ordine Teutonico capivano che, se un grande contingente dei loro Cavalieri avesse partecipato alla Crociata di Federico II, avrebbero avuto molto da guadagnare dalla sua gratitudine. Si aspettavano grandi cose dalla Crociata imperiale e non erano interessati a deviare le loro energie in un altro fiasco lontano dalla Terra Santa.

Questi erano motivi che Hermann von Salza avrebbe potuto utilizzare per ignorare la richiesta di aiuto di Corrado di Masovia. Ad ogni buon conto l'Hochmeister non fu precipitoso, le trattative col Duca di Masovia durarono a lungo e trascorsero alcuni anni prima che l'Ordine si decidesse ad intervenire nel Baltico. Herman von Salza non fece subito il passo decisivo di inviare i suoi Cavalieri, ma iniziò un'indagine in modo tale che, qualora avesse deciso di inviare successivamente un esercito, i termini del contratto con il Duca di Masovia fossero assolutamente soddisfacenti.
Durante le trattative, Corrado di Masovia, oltre ad offrire all'Ordine Teutonico l'intera Terra di Chelmno, promise anche tutti i territori che avrebbero strappato ai Pruzzi, se i Cavalieri avessero accettato di insediarsi in quelle terre a difesa della Masovia. L'Ordine Teutonico avrebbe avuto anche il diritto di battere moneta.

La Bolla d'oro di Rimini.
Hermann von Salza era un grande sognatore, più dei capi degli altri Ordini Crociati.
Forse era più che consapevole delle possibilità di espansione dell'Ordine Teutonico, grazie alla sua recente visita nella Germania del nord e ad i suoi contatti col piccolo Ordine crociato dei “Fratelli della Spada”, che erano operativi in Livonia. L'Hochmeister si rendeva conto comunque che la sottomissione della Prussia avrebbe reso i confini del Sacro Romano Impero più facili da difendere contro gli invasori e di questo ne rese partecipe Federico II incontrandolo a Rimini.

Accettò l'invito del Duca di Masovia in linea di principio e chiese all'Imperatore di rilasciare una garanzia che evitasse malintesi, come era già successo in Ungheria. Allo stesso tempo chiese una Bolla che rafforzasse la posizione dell'Ordine in Terra Santa, dove aveva maggior interesse.

Era un buon momento per chiedere favori all'Imperatore ed Hermann von Salza non lo voleva perdere. Anche se l'Imperatore non aveva alcun interesse in Prussia (anzi, non aveva nemmeno il diritto di concedere titoli al riguardo), era probabile che in seguito non fosse più disponibile a fare favori all'Hochmeister.

Hermann quindi ottenne un decreto imperiale e cominciò a negoziare con il Duca di Masovia, ma ancora non si impegnò ad inviare cavalieri in Prussia. Invece, stava inviando ogni uomo che poteva alla Crociata in Terra Santa organizzata dall'Imperatore Federico II.
La Prussia era un progetto per il futuro che poteva essere ripreso o ritirato.

Nel 1226 l'Hochmeister Hermann von Salza incontrò a Rimini l'Imperatore Federico II, che considerava la Prussia come una naturale appendice del Sacro Romano Impero. Hermann suggerì che la sottomissione dei Pruzzi avrebbe reso i confini dell'Impero più facili da difendere dagli invasori.
Il Sacro Romano Imperatore diede la sua approvazione all'impresa con la Bolla d'Oro di Rimini” del 1226, con la quale concedeva all'Hochmeister dell'Ordine Teutonico i privilegi e lo status di Principe dell'Impero, con facoltà di creare uno stato sovrano nei territori che l'Ordine avesse conquistato strappandoli ai Pruzzi pagani, così ché nessuno avrebbe potuto mettere in questione la legittimità del governo teutonico sui territori conquistati, diventando queste terre feudi dell'Impero.

Il 30 giugno 1230, tra l'Hochmeister Hermann von Salza ed il Duca Corrado I di Masovia fu siglato un nuovo trattato che confermava tutte le promesse fatte in precedenza dal Duca.
Prima di iniziare la campagna contro i Pruzzi, il 16 giugno 1234, i Cavalieri Teutonici firmarono ancora un trattato: quello di Kruschwitz (o Kruszwica), con il quale Corrado I di Masovia cedeva all'Ordine Teutonico la Terra di Chelmno ed i territori che Cavalieri dell'Ordine avrebbero conquistato in Prussia successivamente, negli stessi termini della Bolla d'Oro di Rimini. La missione di convertire i Pruzzi rimaneva sotto il comando del Vescovo Christian di Oliva.

Inoltre anche il Papa Onorio III, che aveva spronato Hermann von Salza ad intervenire accettando l'offerta del Duca di Masovia, confermò più volte il trattato che stabiliva gli impegni e i compensi per l'Ordine. Inoltre il trattato venne confermato anche dal figlio del Duca di Masovia, il Duca Casimiro I di Cuiavia.

L'accordo è stato contestato dagli storici polacchi; il documento è stato perso e molti storici hanno dubitato della sua autenticità e delle rivendicazioni territoriali dell'Ordine Teutonico. Dal punto di vista degli storici polacchi, la Terra di Chelmno doveva essere usata solo come base temporanea contro la Prussia e le future conquiste sarebbero passate sotto l'autorità del Duca di Masovia; mentre invece Hermann von Salza vide il documento come una concessione di autonomia per tutte le acquisizioni territoriali, salvo la fedeltà alla Santa Sede ed al Sacro Romano Imperatore.
Comunque la Bolla d'oro di Rieti emessa da Papa Gregorio IX nel 1234, riaffermò il controllo dell'Ordine Teutonico sulle terre conquistate, che restavano comunque sotto l'autorità della Santa Sede.

L'arrivo nella Terra di Chelmno.
Dopo aver ricevuto da Corrado di Masovia l'assicurazione richiesta in merito ai territori concessi all'Ordine Teutonico, l'Hochmeister Hermann von Salza, come avanguardia in Masovia, fece partire Conrad von Landsberg, con una piccola forza di sette “Ritterbruder” (Fratelli Cavalieri) e tra 70 e 100 “Graumantler” (letteralmente “mantelli grigi”) e “Halbbruder” (letteramente “fratellastri”).
I Ritterbruder si sistemarono nel piccolo insediamento di Vogelsang-Warsin, sulla Vistola, un fortino di legno precedentemente costruito da Corrado di Masovia e situato nei pressi della futura Torun sulla riva sinistra della Vistola (altre fonti indicano che erano stati due Cavalieri Teutonici ad aver costruito il fortino di Vogelsang, ma vennero uccisi dai Pruzzi subito dopo).

Hermann von Balk
L'insediamento fu rapido ed efficace e fu subito consolidata la fortezza di Vogelsang, che costituiva la prima linea di difesa della regione. dopo il completamento della Fortezza, i Cavalieri Teutonici di Conrad von Landsberg vennero raggiunti da 20 Ritterbruder e 200 Graumantler provenienti dalla Germania del Nord. Questi erano guidati da Hermann von Balk, il “Landmeister” (Maestro Provinciale) di Prussia, che successivamente diventerà il primo Landmeister di Livonia. Hermann von Salza non potè inviarne di più, visto che le basi principali dell'Ordine erano in Terra Santa ed in Armenia.

Una volta consolidate le basi, i Ritterbruder cominciarono ad attaccare le installazioni dei Pruzzi, costruendo via via nuove fortezze e villaggi, man mano che stringevano l'accerchiamento.

Hermann von Balk fece inoltre costruire una seconda piazzaforte a pochi chilometri a Sud di Nessau.
Nel marzo 1231, con il trattato di Rubenicht, l'Ordine Teutonico giunse ad un accordo con il Vescovo di Prussia Christian di Oliva: in questo accordo un terzo della Prussia veniva ceduta al Vescovo il quale rinunciava ad ogni altra pretesa sui possedimenti della Terra di Chelmno.

1231: le prime operazioni militari dei Cavalieri.
Agli inizi del 1231 iniziarono le effettive operazioni militari contro i Pruzzi.
Mentre durante le precedenti spedizioni di solito i polacchi marciavano verso est nelle zone selvagge dei Pruzzi, l'Ordine Teutonico si incentrò in occidente, sino a stabilire le sue fortezze lungo il fiume Vistola.

Con l'arrivo di molti rinforzi e del Duca di Masovia in persona, Hermann von Balk, al comando di un migliaio di uomini circa, passò la Vistola e avanzò lungo i fiumi prussiani (le foreste paludose non erano transitabili in inverno ed i fiumi rimanevano le principali vie di accesso alla regione) e cominciò ad attaccare sistematicamente i Pruzzi. Alle prime campagne parteciparono principalmente Crociati polacchi, tedeschi e della Pomerania, con l'impiego anche di alcuni miliziani Pruzzi convertiti.

La maggior parte dei Crociati laici tornavano alle loro case dopo la fine delle campagne, lasciando ai Cavalieri Teutonici il compito di consolidare i territori conquistati con la costruzione di nuovi forti, la maggior parte dei quali erano piccole costruzioni in legno. Ad alcuni cavalieri polacchi vennero concessi alcuni territori, anche se la maggior parte del territorio conquistato restava ai Cavalieri Teutonici.

A partire dal 1232, provenienti soprattutto dalla Germania e dalla Boemia, giunse in aiuto di Hermann von Balk sempre un numero maggiore di Crociati, che cominciarono il rastrellamento sistematico della Terra di Chelmno.

1232: l'arrivo dei coloni tedeschi.
Come si era fatto in Livonia qualche anno prima, per consolidare i territori conquistati ai Pruzzi e renderli pacifici e produttivi, dal Sacro Romano Impero vennero fatti affluire i coloni, che in Prussia potevano ricevere delle terre e maggior libertà rispetto alla consuetudine in Germania.

La strategia era chiara, l'occupazione delle terre da parte dei coloni tedeschi permetteva di controllare saldamente le popolazioni dei Pruzzi a cui era imposto il battesimo oppure la fuga o la morte.

La presenza dei coloni permise la fondazione di una nuova città ogni anno.
Hermann von Balk cambiò la città di Chelmno con la tipologia classica delle città-fortezze che l'Ordine Teutonico aveva costruito in Burzenland: una pianta a scacchiera dominata da un terrapieno sormontato da un castello. Ai coloni che abitavano in questa città, venne imposto un servizio militare permanente. Successivamente l'Ordine fondò il castello di Marienwerder (Kwidzyn) a nord di Chelmno, che divenne, a partire dal 1254 e fino al 1526, la sede dei Vescovi di Pomerelia.

La strategia militare imponeva, dopo aver ottenuto qualche successo, di fortificare le posizioni conquistate edificando; ecco allora nascere Torun (in omaggio alla fortezza palestinese di Toron posseduta dall'Ordine) sulla riva destra della Vistola.
Fu questo il primo insediamento dell'Ordine Teutonico in Prussia.
Torun divenne una città, la prima grande città fortificata costruita dall'Ordine in Prussia, cui affluirono molti coloni provenienti dalla Germania del Nord e dalla Boemia, mentre i Pruzzi pagani cercavano con frequenti attacchi di impedire l'insediamento stabile dell'Ordine.

Poi i Crociati iniziarono ad attaccare i vicini Pruzzi della Pomesania.
Avanzando da Nessau (Nieszawa) con l'aiuto di Corrado di Masovia, Hermann von Balk assunse il controllo di Rogow (Rogau), ancora occupata dai Pruzzi pagani. Il comandante locale dei Pruzzi disertò e consegnò il suo castello ai Cavalieri i quali poi, avanzando, distrussero la fortezza prussiana di Quercz (o Gurske). Il disertore poi, con l'inganno, fece si che Pipin, il capo dei Pruzzi venisse catturato dai Cavalieri, ponendo termine, in questo modo, alla resistenza prussiana nella Terra di Chelmno. Nel 1233 l'intera Terra di Chelmno era occupata dall'Ordine Teutonico.

La prima campagna di conquista.
Nel mese di dicembre 1230, diretti da Hermann Balk, che nel frattempo era stato nominato Landmeister di Prussia, i Cavalieri Teutonici, insieme ai Fratelli di Dobrzyn e ad un distaccamento di Crociati polacchi e tedeschi, attraversò la sponda orientale della Vistola: era cominciata la conquista della Prussia da parte dell'Ordine Teutonico.
Nell'estate del 1233 i Crociati, consistenti complessivamente in un esercito di 10.000 uomini, si costruirono la fortezza a Marienwerder (Kwidzyn) in Pomesania. [...]

Il metodo di conquista, proseguito dagli Hochmeister successori di Hermann von Salza, era ripetuto secondo uno schema ben sperimentato: i gruppi di Pruzzi venivano accerchiati e impegnati in una dura battaglia; dopo aver sconfitto i pagani, si chiedeva la loro sottomissione e la conversione del loro capo, che implicava anche la conversione dei suoi sottoposti, poi nel territorio conquistato veniva subito edificata una fortezza, attorno alla quale si sviluppava in seguito una città; le terre venivano distribuite ai Cavalieri Crociati laici, dove poi affluivano i coloni tedeschi che si mescolavano con la popolazione locale. Nacquero così, tra gli altri, i castelli di Kreuzburg (Città della croce) ed Heilsberg (Monte santo). Una volta consolidato il territorio e radunate le truppe, si passava alla regione più vicina. In questo modo l'Ordine Teutonico costituì una fitta rete di strade, città e fortezze, che garantiva un potere solido e immenso.


[...] La Battaglia di Legnica.
Nel 1235 un esercito mongolo sotto il comando di Batu Khan e di Subutai khan, era partito dalla lontana Mongolia, alla conquista dell'Europa orientale. La loro diffusione verso ovest dalla loro sterile patria tra la Cina e la Russia fu una esperienza terribile per tutti coloro che purtroppo si vennero a trovare nel loro percorso. Essi non avevano riguardo per i civili ed infliggevano terribili sofferenze alla popolazione, distruggendo le loro città, rubando il loro bestiame, uccidendo gli uomini e costringendo le donne al concubinato.

Nel i mongoli 1240 attaccarono e distrussero la magnifica città di Kiev, capitale dell'Ucraina, minacciando le porte orientali dell'Europa cristiana. Dal 1241 tutti gli insediamenti principali della Rus' di Kiev, tranne Novgorod, erano completamente distrutti o sotto il controllo dei mongoli.

Il loro successivo obiettivo era l'Ungheria, che con le sue ampie pianure erbose, protetta al nord dai Carpazi, offriva una base perfetta per eventuali attacchi futuri a tutta l'Europa occidentale.

I Mongoli consideravano i Cumani come un popolo sottomesso alla loro autorità, ma i Cumani fuggirono verso ovest e chiesero asilo nel Regno di Ungheria. Batu Can lanciò quindi un ultimatum al Re Bela IV di Ungheria, figlio di Andrea II, al quale i richiedeva la “restituzione” dei Cumani, ma questi si rifiutò.

Dopo che Bela IV aveva respinto l'ultimatum di Batu Can, Subutai Can iniziò a pianificare l'invasione mongola dell'Ungheria. L'attacco all'Ungheria venne pianificato con precisione meticolosa, impressionante anche per un esercito mongolo. Batu Khan e Subutai Khan dovevano portare due armate per attaccare l'Ungheria, mentre una terza armata, guidata da Orda Khan (nipote di Gengis Khan), al fine di tenere impegnate le forze lituane e polacche che altrimenti sarebbero accorse in soccorso del Regno d'Ungheria, avrebbe attaccato, come diversivo, la parte orientale della Polonia, giungendo sino al confine con la Lituania, mentre Baidar e Kadan si occupavano della parte meridionale della Polonia.

Il responsabile della spedizione in Polonia era Kaidan (spesso confuso dai cronisti medievali con suo nipote Ogedei Kaidu) e, sotto il suo comando, questa si rivelò quasi altrettanto devastante quanto quella in Ungheria. Il primo obiettivo di Kaidan fu l'antica città di Cracovia.
Dopo essere fuggito da Sandomierz, il Principe Boleslao V fu costretto ad abbandonare anche Cracovia, che fu poi rasa al suolo dai mongoli.

Kaidan poi divise le sue forze in due eserciti: uno perché devastasse il Nord della Polonia ed il confine sud-occidentale della Lituania ed uno che invadesse la parte meridionale della Polonia.
I mongoli saccheggiarono numerose città: prima saccheggiarono Sandomierz, poi il 3 marzo sconfissero l'esercito polacco vicino a Tursk; il 18 marzo sconfissero un altro esercito polacco a Chmielnik; il 24 marzo presero e bruciarono Cracovia. Pochi giorni dopo cercarono invano di conquistare Wroclaw (Breslavia), capitale della Slesia.

Rilevando l'impossibilità di conquistare Breslavia, iniziarono a considerare l'eventualità di un assedio, quando giunse la notizia dell'arrivo di un armata polacca con 50.000 unità che si trovava a due giorni da Breslavia. A tale notizia vennero abbandonati i progetti di assedio ed i Mongoli mossero per intercettare il contingente in arrivo prima che potesse incontrarsi con quello guidato dal Duca di Slesia. I mongoli raggiunsero le armate guidate dal Duca di Slesia Enrico II il Pio nei pressi della città fortificata di Leignica. La circostanza provocò una guerra lunga e spossante, estremamente feroce e violenta.

Secondo lo storico James Chambers, la coalizione era composta da un massimo di 25.000 uomini.
[...] Vi era infine un grosso contingente di Cavalieri Teutonici [...].

[...]  E' noto che i mongoli al momento non avevano intenzioni di estendere la campagna verso occidente, perché erano indirizzati verso il Regno d'Ungheria per aiutare l'esercito mongolo principale nella conquista del paese.

Una forza mongola diversiva dell'esercito di Subutai, dimostrò i vantaggi della mobilità tattica e della velocità degli arcieri a cavallo. Le tattiche mongole erano essenzialmente una lunga serie di finti attacchi e finte fughe fatti da gruppi sparsi, per infliggere un lento ma costante fuoco a distanza, per interferire sulle formazioni nemiche e separarle dal corpo principale per organizzare agguati sui fianchi.
Queste erano le tattiche classiche che i mongoli utilizzavano in quasi tutte le loro grandi battaglie; erano rese possibili da un continuo addestramento a cavallo e dalle comunicazioni sul campo di battaglia, con l'impiego di un sistema di bandiere per cui i ranghi superiori potevano interagire con tempestività sugli eventi. Il comandante mongolo cercava il punto più alto sul sito della battaglia e lo utilizzava per comunicare ai suoi ufficiali i suoi ordini per il movimento delle truppe.Il sistema mongolo era sconosciuto dai cavalieri europei, i quali avanzavano praticamente senza poter comunicare alle truppe e la tattica necessaria. era in netto contrasto con i goffi sistemi europei, in cui i cavalieri avanzavano praticamente senza nessuna comunicazione con le forze di sostegno.

[...] La “Historia Tatarorum” dal francescano C. de Bridia Monachi suggerisce una forza di 10.000 soldati mongoli che sarebbero stati ridotti a 8.000 dopo perdite subite. Le fonti mongole ci dicono che l'invasione polacca fu una incursione di due “Tumens” (20.000 uomini) che faceva parte del piano di Subutai per distruggere gli eserciti europei uno alla volta, piuttosto che permettere loro di ammassarsi.

[...] L'avanguardia mongola, dopo una serie di finiti attacchi alternati ad ingannevoli arretramenti, si ritirò, inducendo la cavalleria alleata ad inseguirli, anche se questo li separava dalla fanteria polacca. [...] la cavalleria pesante mongola si staccò dal resto delle truppe e si lanciò alla carica dei cavalieri; presto venne coinvolta anche la fanteria degli alleati, straziata dalle frecce degli arcieri mongoli.
La frammentazione degli alleati aveva permesso ai Mongoli di sconfiggere un reparto alla volta, attaccandolo ai fianchi con il loro arcieri a cavallo. Quando il fumo si abbassò molti alleati giacevano morti. Il resto dell'esercito di Enrico II cadde nel panico e subito dopo venne circondato da tutti i lati. Alla fine della battaglia quasi 40.000 soldati giacevano morti, oltre a 500 Cavalieri Teutonici e Templari. [...]

Dopo la battaglia i Mongoli tagliarono l'orecchio destro di ogni caduto europeo al fine di contare i morti; presumibilmente riempirono nove sacchi. Enrico II fu catturato durante il tentativo di fuggire dal campo di battaglia con tre guardie del corpo, venne quindi spogliato e decapitato.

I Mongoli, con la testa Enrico II di Slesia esposta sulla punta di una lunga lancia, sfilarono sotto le mura della città di Legnica con l'intento di indebolire il morale dei difensori.
La sconfitta riempì di paura l'anima stessa dell'Europa. Il corpo di Enrico venne successivamente identificato dalla moglie, Jadwiga che riconobbe le sei dita del piede sinistro.

[...] Siccome gli ordini di Baidar e di Kadan erano quelli di creare un diversivo ed ora i mongoli stavano affrontando il raggruppamento che li allontanava dalla Boemia e dalla Polonia, preferirono andare verso sud, per unirsi a Batu e Subutai, che avevano sconfitto gli ungheresi alla Battaglia di Mohi ma avevano sofferto perdite massicce.

Ma non va dimenticato che questa campagna dai risultati così clamorosi era solo un diversivo:
lo sforzo principale era verso l'Ungheria. Infatti, mentre si invadeva la Polonia, quattro contingenti mongoli attraversarono i Carpazi per raggiungere la città ungherese di Pest. Fu Subutai stesso a condurre l'attacco decisivo nel fianco ungherese. I mongoli avevano attraversato il fiume Sajo presso il ponte di Mohi, utilizzando zattere, che avevano in precedenza nascosto nella palude.

I Mongoli non circondarono del tutto il nemico, ma lo lasciarono fuggire.
Poi, con poco sforzo e pochissime vittime, la cavalleria mongola attaccò dando la caccia al nemico in fuga. La strada sarebbe stata cosparsa dei corpi degli ungheresi per un viaggio di due giorni, ma il Re Bela riuscì a fuggire. Vennero uccisi 65.000 ungheresi in totale, tra cui 3 Arcivescovi, 4 Vescovi e 2 Arcidiaconi, sostanzialmente tutti gli uomini del potere religioso nella regione.
I mongoli avevano inflitto due sconfitte importanti agli europei in meno di due giorni.

Dopo la vittoria a Mohi, Pest restò senza difese e gran parte della città venne rasa al suolo.
Furono uccisi 10.000 cittadini, molti dei quali avevano inutilmente cercato rifugio nel monastero domenicano. Il re Bela fuggì verso nord in montagna, prima di trasferirsi nel sud della Croazia, dove trovò rifugio in una isola. Kaidan lo inseguì per diverso tempo prima di passare all'Albania.

Nonostante che la vittoria dei Mongoli fosse stata schiacciante, Legnica fu il luogo più avanzato nel continente europeo che riuscirono mai a raggiungere, dopodiché, a causa della destabilizzazione politica insorta entro l'Impero mongolo si assistette alla ritirata dell'Orda.

In meno di 4 mesi l'Europa centrale era stata ridotta in ginocchio e viveva nel terrore dei Mongoli. Nell'inverno attraversarono il Danubio congelato e cominciarono a razziare in Austria.
Erano a portata di Vienna, fino a quando nel febbraio 1242 arrivò la notizia della morte del Gran Can Ogedei.
Quando Subutai seppe che il Grand Can Ogedei era morto l'anno precedente, l'esercito mongolo si ritirò verso est. Poiché Subutai aveva sofferto molte perdite ed ancora non era riuscito a sottomettere il territorio ungherese, decise che non era più tempo di continuare; molto meglio era per lui ritirarsi e lottare per la successione al trono ora che il Grand Can era morto. Dopo il ritorno in Mongolia si deteriorarono parecchio le relazioni fra i dignitari, sino all'elezione del nuovo Gran Can.

Dopo l'elezione di Mongke Can come quarto imperatore mongolo, Batu Can ritornò dalla Mongolia per prendere di nuovo in considerazione l'idea di conquistare l'occidente europeo, ma morì nel 1255 prima che questi piani potessero essere messi in atto. Sotto il governo di suo fratello Berke Can, l'Orda d'Oro si preoccupò di più del conflitto con i suoi cugini del Canato condotto da Hulagu Can che Berke Can disprezzava per la condotta nell'assedio di Bagdad e l'assassinio del Califfo Al-Musta'sim.
I Mongoli mai più cercarono la conquista dell'occidente, facendo saltuarie scorrerie solamente per bottino ed anche perché non erano in grado di impegnare il grosso delle loro forze che erano a guardia degli altri mongoli condotti da Burundai.

[...]  Nei villaggi abitati dai Pruzzi venivano nominati dei capovillaggi tra i Pruzzi convertiti, detestati dagli abitanti, soprattutto perché costringevano con la forza alle corvée i contadini sottomessi. Queste forme di sfruttamento, unite al mancato mantenimento delle promesse in fatto di libertà di culto provocarono il malcontento della popolazione, che sfociò in rivolte che travolsero le recenti conquiste dell'Ordine.

Il fatto che l'Ordine Teutonico avesse perso contro i mongoli nella battaglia di Legnica, ebbe pesanti ripercussioni nella strategia militare dei Cavalieri Teutonici. Durante la Battaglia di Legnica, le popolazioni dei Pruzzi già vinte e soggiogate ripresero vigore approfittando della forte diminuzione dell'organico dell'Ordine, ritornarono ai vecchi culti pagani e misero a ferro e fuoco l'intera regione.

Nel 1242, approfittando del momento di debolezza dell'Ordine, scoppiò la prima rivolta dei Pruzzi.
I Pruzzi trovarono un alleato nel cristiano Duca Swietopelk II di Pomerania, un ex alleato dei Cavalieri Teutonici che, allarmato dalla rapida espansione dell'Ordine nei territori confinanti con le sue terre, aveva compreso che l'Ordine Teutonico non si sarebbe limitato a sottomettere i Pruzzi, ma puntava in realtà a instaurare nella regione un potente Stato.
Per questa sua azione Swietopelk II venne colpito da scomunica.
In quel momento le capacità dell'Ordine Teutonico erano piuttosto deboli, in quanto da qualche tempo arrivavano sempre meno Crociati dal Sacro Romano Impero e tra i Principi polacchi c'erano delle faide di potere. Così che i Cavalieri Teutonici furono costretti a rinchiudersi nei loro castelli di Balga, Elbing, Chelmno e Torun.

Diverse sono le battaglie che si svolsero intorno alla città di Sartowitz.
I Cavalieri Teutonici, guidati da Dietrich von Bernheim, in un primo momento furono vittoriosi ma, anche se la cavalleria pesante teuronica e l'uso delle balestre avevano dimostrato la schiacciante superiorità dei Cavalieri Teutonici in campo aperto, i Pruzzi erano più esperti nei piccoli scontri quando il terreno era boscoso. Così che i Pruzzi, con l'aiuto delle truppe della Pomerania, riuscirono a riprendere il controllo quasi totale del territorio e ad espugnare la maggior parte dei castelli dell'Ordine.

In una bolla del 1 ottobre 1243, il Papa Innocenzo IV e Guglielmo di Modena divisero la Prussia nelle diocesi di Chelmno, Pomesania, Varmia, e Sambia, anche se il territorio di quest'ultima non era ancora stato ancora conquistato. L'Hochmeister Gerhard von Malberg ebbe considerevoli supporti sia dal Papa Innocenzo IV che dall'Imperatore.

Nel 1243 il Papa Innocenzo IV diede a Gerhard von Malberg un anello apostolico che rappresentava la Prussia come feudo dei Cavalieri Teutonici. Sempre nello stesso anno il Papa proclamò ancora una volta la Crociata contro i Pruzzi.

1243: la Battaglia di Grudziadz.
Sfruttando l'indebolimento dei Cavalieri Teutonici durante le battaglie con il Duca Svantopolk II di Pomerania, i Pruzzi di Pomesania, Pogesania e Varmia organizzarono una sollevazione generale contro i Cavalieri Teutonici che persero il controllo su vaste aree da loro dominate. Rimasero loro solo castelli di Torun, Chelmno e Radzyn Chelminski, ed anche quelli di Elblag e Balga erano a rischio.

Sconfitti militarmente e politicamente da Svantopolk, i Cavalieri Teutonici unirono le loro forze per tentare di fermare la sollevazione dei Pruzzi. Vicino a Grudziadz i Cavalieri decisero di fermare la marcia distruttiva dei Pruzzi.
All'inizio della battaglia, a causa del pesante attacco dei Cavalieri, i Pruzzi si diedero alla fuga.
I Cavalieri subito si precipitarono all'inseguimento; fu allora che i Pruzzi si fermarono e contrattaccarono. La battaglia fu sanguinosa, e le forze teutoniche furono completamente sconfitte.
Il numero di perdite per i Cavalieri doveva raggiungere fino a 400 persone, tra cui un gran numero di Cavalieri, oltre al maresciallo Berlewinem von Freiberg.
Il successo militare dei Pruzzi incoraggiò il Duca Svantopolk II di Pomerania, che bruciò il castello di Chelmno, assediò quello di Zantyr e costruì un nuovo castello di Swiecie. I Cavalieri, malgrado l'aiuto del Duca Casimiro di Cuiavia, non riuscirono a contrastare le azioni di Svantopolk.
Le fortezze dell'Ordine caddero ad una ad una sotto l'attacco dei Pruzzi; i Cavalieri Teutonici furono torturati ed uccisi, mentre le popolazioni locali ritornavano alle antiche credenze pagane.

1244: la Battaglia di Rensen.
Nel 1244 le truppe della Pomerania di Swietopelk II e quelle dei Pruzzi catturarono la maggior parte dei castelli dell'Ordine sconfiggendo i Cavalieri a Rensen.

Intanto i polacchi preferivano attaccare direttamente il territorio del Duca di Pomerania lungo la Vistola, mentre il Legato Papale Jacques Pantaleon, il futuro Papa Urbano IV, cercava di dirigere le loro energie contro i Pruzzi pagani per cristianizzarli. Dopo feroci e sanguinose battaglie, gli avversari erano talmente esauriti dal conflitto che Swietopelk II chiese la pace, ottenendo che l'Ordine Teutonico avrebbe cessato le azioni belliche e l'oppressione dei Pruzzi. Solamente i castelli di Balga, Elbing, Kulm e Thorn ritornarono in possesso dell'Ordine Teutonico. Dopo i colloqui di pace e la tregua con i Pruzzi, i Cavalieri Teutonici cominciarono a consolidare la propria posizione in Pomesania.

1245: l'arrivo di Heinrich von Hohenlohe.
Quando il Capitolo dell'Ordine chiese ed ottenne le dimissioni di Gerhard von Malberg dall'incarico di Hochmeister, venne eletto come suo successore Heinrich von Hohenlohe (1244-1253), Von Hohenlohe ebbe un grande successo durante il suo Magistero e, nel 1245, ricevette dall'imperatore la conferma del possesso della Livonia, di Courlandia e della Samogizia.

Durante il Magistero di Hohenlohe ai Cavalieri vennero concessi una serie di privilegi che regolavano il governo e la proprietà dei beni immobili in Prussia. Inoltre stabilì la casa dell'Ordine a Mergentheim (Marienthal), in Franconia, in una proprietà che lui e suo fratello avevano donato all'Ordine nel 1219.
In Prussia la situazione cambiò nel 1246 con l'arrivo dal Sacro Romano Impero, di Crociati per sostenere l'Ordine Teutonico, comprendenti gli austriaci di Henry von Liechtenstein. Inoltre l'Hochmeister Heinrich von Hohenlohe, che intensificò il numero dei Cavalieri dell'Ordine.


La prima ribellione dei Pruzzi.

1248: la Battaglia di Dzierzgon.
Nel 1247 gli eserciti dei Cavalieri Teutonici riuscirono a catturare il castello di Dzierzgon, costruirono sul luogo della vecchia fortezza una nuova città e potenziarono le vie di comunicazione tra Elblag, Kwidzyn e Chelmno. Ma l'attività dei Cavalieri non sfuggì ai Pruzzi che subito tentarono di prendere il castello di Dzierzgon che stava diventando un punto chiave della rete di castelli teutonici.

Le truppe di Pruzzi e quelle di Svantopolk assediarono quindi il castello teutonico di Dzierzgon.
Ma la difesa fu così potente che l'assedio durò poco e i Cavalieri Teutonici riuscirono a disperdere le forze alleate dei Pruzzi e dei Pomeraniani. Svantopolk, vergognosamente battuto, dovette salvare la propria vita con una precipitosa fuga per la riva sinistra della Vistola.
Si dovette però arrivare al novembre 1248 prima che la calma fosse ristabilita del tutto.
I tedeschi usarono tutta la loro politica e la diplomazia per dividere i Pruzzi da Swietopelk II che cessò di aiutare i Pruzzi. Alla fine i Cavalieri Teutonici ripresero il controllo della situazione ed indussero il capo militare prussiano alla conversione al cristianesimo.
Però la situazione era di una sovranità nominale da parte dell'Ordine teutonico sui territori dei Pruzzi. L'autorità dei cavalieri non era per nulla solida, tanto che nel 1249 si giunse ad un nuovo trattato di pace, che stabiliva in 18 punti i diritti e doveri delle parti in conflitto.

1249: il Trattato di pace di Christburg.
Le notevoli perdite subite dal Duca Svantopolk II di Pomerania lo avevano costretto ad accettare un piano di pace separato per cui cessò di aiutare i Pruzzi, mentre la maggior parte di questi ultimi firmarono la pace il 7 febbraio 1249, con il trattato di Christburg.
Il trattato riguardava la condizione delle popolazioni sottomesse che si fossero convertite.
L'Ordine Teutonico riconosceva ai Pruzzi convertiti la libertà personale, il diritto di acquistare, vendere e lasciare in eredità le proprietà ai loro eredi diretti; il diritto di andare in giudizio, di contrarre matrimonio, di entrare a far parte del clero e, a patto d'essere d'antica nobiltà, di essere ammessi nell'Ordine Teutonico.
I nuovi sudditi dovevano inoltre rinunciare tassativamente alle usanze pagane e ad osservare la disciplina ecclesiastica in materia di festività e di battesimo. Dovevano anche pagare le decime all'Ordine e prestare determinati servizi di natura militare. In più, a loro spese, i Pruzzi si impegnarono a costruire entro tre anni 13 chiese in Pomesania, 6 in Varmia e 3 in Natangia.
I convertiti erano sottoposti al diritto di Magdeburgo o a quello polacco; se non erano battezzati, dovevano farlo al più presto, pena la perdita dei beni e l'espulsione.

1249: la battaglia di Krucken.
Poiché il trattato non rispondeva alle esigenze di chi non voleva convertirsi, la lotta presto scoppiò di nuovo. Ad intermittenza vi furono lotte fino al 1253, con i Natangiani che riuscirono anche a sconfiggere l'Ordine a Krucken nel novembre 1249.
L'Ordensmarschall Heinrich Botel raccolse uomini da Chelmno, Elbing e Balga per una spedizione nel più profondo della Prussia. I Cavalieri raggiunsero la Natangia e saccheggiarono la regione. Sulla via del ritorno furono a loro volta attaccati da un esercito di Natangiani. I Cavalieri si ritirarono al vicino villaggio di Krucken, nei pressi di Kreuzburg (ora Slavskoye, Kaliningrad), dove i Pruzzi esitavano ad attaccare.

Intanto l'esercito dei Pruzzi cresceva sempre di più, con nuove truppe che arrivavano dai territori più lontani, mentre i Cavalieri Teutonici non avevano scorte sufficienti per sostenere un assedio.
Alla fine i Cavalieri Teutonici furono costretti a patteggiare: l'Ordensmarschall e tre altri Cavalieri rimasero come ostaggi mentre gli altri Cavalieri furono costretti a deporre le armi.
I Natangiani però ruppero il patto e massacrarono 54 cavalieri ed un numero imprecisato dei loro seguaci. Alcuni cavalieri furono sacrificati nelle cerimonie religiose pagane o torturati a morte, altri furono riscattati o scambiati; tra questi l'Ordensmarschall Heinrich Botel.
Il numero dei cavalieri uccisi rappresentò una grande sconfitta per i Cavalieri Teutonici; questa barbarie fornì ai Cavalieri una scusa per non trattare i Pruzzi come persone onorevoli.
Mai più i Cavalieri si sarebbero arresi ai pagani.
I Natangiani non sfruttarono la loro vittoria e non organizzarono offensive nelle terre dei Cavalieri Teutonici. Ci vollero comunque due anni prima che i Cavalieri Teutonici organizzassero la successiva crociata per recuperare il Territorio e vendicare il massacro.

1252: Le campagne di Sambia e Galindia.
Dopo che i Pruzzi occidentali erano stati pacificati intorno al 1250, i Cavalieri Teutonici continuarono la loro avanzata verso nord e est, nella densamente popolata Sambia.
Nel 1252 il Komtur (Comandante) Heinrich Stango, partendo da Christburg, portò il suo esercito in tutta la laguna della Vistola, con l'intenzione di attaccare nella Sambia la comunità pagana di Romuva. I Sambiani sconfissero i Cavalieri Teutonici durante la battaglia ed Heinrich Stango restò ucciso in battaglia. Per sostituire i soldati caduti, il papa ed il nuovo Hochmeister Poppo von Osterna (1253-1262), predicarono l'inizio di una Crociata contro la Sambia.

I Pruzzi della Galindia, che non erano ancora stati conquistati, per prevenire ogni iniziativa dei Cavalieri Teutonici, si rivolsero al Duca di Masovia. Per tutta risposta, nel 1253, Poppo von Osterna ed il Landmeister di Prussia Dietrich von Gruningen, così come il Margravio di Meissen, intraprese una spedizione contro i Pruzzi della Bartia e della Galindia, ma non si accanirono severamente contro di loro perché l'Ordine era preoccupato per il fatto che i Pruzzi avrebbero chiesto di entrare a far parte della Polonia qualora si fosse spinto troppo contro di loro.

Con le tribù ribelli pacificate, il Papa Innocenzo IV inviò loro i monaci domenicani a predicare il cristianesimo. Poi Innocenzo IV indisse una nuova Crociata e l'Ordine inviò ambasciate ai Re di Ungheria e di Boemia ed ai Principi del Sacro Romano Impero perché inviassero nuovi Crociati.

Mentre l'Ordine attendeva l'arrivo in Prussia dei nuovi Crociati, il ramo Livoniano dell'Ordine fondava Memel (Klaipeda), lungo la Laguna dei Curi, per impedire che i Samogiziani arrivassero in aiuto dei Pruzzi di Sambia.

Per la nuova Crociata si formò un esercito di 60.000 uomini comprendente le genti della Boemia e dell'Austria sotto il comando del Re Ottocaro II di Boemia; genti della Moravia guidato dal Vescovo Bruno di Olmutz; i Sassoni guidati dal Margravio Ottone III di Brandeburgo e un contingente guidato dall'Imperatore Rodolfo d'Asburgo.

I Pruzzi della Sambia vennero immediatamente sconfitti in una battaglia vicino a Rudau; la guarnigione del forte si arrese immediatamente e fu subito battezzata. I crociati allora avanzarono verso Quedenau , Waldau, Caimen e Tapiau (Gvardeysk); i Sambiani che accettavano il Battesimo venivano trattati con riguardo, ma quelli che resistevano non ricevevano alcuna pietà.

1255: La campagna di Natangia.
La Sambia fu completamente conquistata nel gennaio del 1255 in una campagna della durata di meno di un mese. Vicino all'insediamento dei pagani di Tvangste, i Cavalieri Teutonici fondarono Konigsberg (tedesco per “re della montagna”), chiamata così in onore del Re Ottocaro II di Boemia. Nelle vicinanze venne fondata Braunsberg (Braniewo), che probabilmente venne chiamata così in onore di Bruno di Olmutz o di Bruno di Querfurt.

I Cavalieri Teutonici costruirono anche il castello di Wehlau (Znamensk) alla confluenza dei fiumi Alle e Pregel, per difendere i Pruzzi cristianizzati ed i tedeschi insediatisi in Sambia dai Pruzzi ancora pagani della Sudovia e Nadrovia, oltre che prevenire gli attacchi dei Pruzzi della Scalovia.
Il castello di Wehlau venne affidato a Thirsko, un capo cristiano dei Sambiani ed a suo figlio Maidelo venne affidato il castello di Wehlau.

Dopo la conquista della Sambia, il processo di trasferimento delle popolazioni contadine dalla Germania alla Prussia venne ancor più accelerato, mentre l'Ordine istituiva una struttura feudale di piccoli poderi che venivano assegnati ai cavalieri più fedeli.
L'Ordine Teutonico avanzò quindi in Natangia, catturando le fortezze di Capostete e Ocktolite vicino a Wohnsdorf. Godecko, capo dei Natangiani ed i suoi due figli restarono uccisi durante la resistenza all'avanzata.

La Grande Rivolta Prussiana. [...] 
Nel 1261 scoppiò di nuovo la guerra nella Contea Estone di Saaremaa, quando gli Estoni ancora una volta rinunciarono al cristianesimo ed uccisero tutti i tedeschi presenti sull'isola. [...]
Intanto in Prussia le diverse tribù dei nativi si dichiararono libere dalla fede cattolica e ritornarono al paganesimo. Durante la rivolta, si allearono tra di loro ed elessero Herkus Mantas come unico comandante a condurre la rivolta.

Herkus Mantas.
Nella “Chronicon Terrae Prussiae” si dice che Herkus Mantas proveniva dalla Natangia e che da giovane era stato preso in ostaggio dai Cavalieri Teutonici e portato a Magdeburgo, in Germania.
A quel tempo i Cavalieri Teutonici, per impedire eventuali rivolte, usavano prendere in ostaggio i figli dei nobili Pruzzi sottomessi. Tra gli ostaggi c'era Herkus Mantas il figlio quindicenne del nobile Montemid di Natangia.

Herkus Mantas venne inviato a Magdeburgo, presso la scuola del monastero di San Giovanni Battista, ed educato nella religione cristiana. Venne probabilmente battezzato con il nome di Henricus, ma dopo il suo rilascio cancellò due lettere del suo nome di battesimo e si fece chiamare Hercus o Herkus.
Il Giovane Herkus era molto desideroso di assorbire la conoscenza e ben presto imparò non solo la lingua tedesca, ma anche latino, che parlava correntemente. Le sue abilità furono osservate dai Fratelli dell'Ordine Teutonico, che vedevano in lui la possibilità di utilizzare la sua personalità nella conquista della Prussia, così che Herkus venne istruito nell'arte della guerra.
Subito dimostrò capacità insolite nell'uso della spada ed imparò ogni cosa del Cavaliere. 
Questo con grande soddisfazione dell'Ordine, che si aspettava di poterlo utilizzare in Prussia.
Così che qualche anno dopo tornò in Prussia, non più come un nobile della Natangia, ma come Cavaliere Teutonico.
Tuttavia non trascorse molto tempo con i Cavalieri dell'Ordine. 
Il giovane Herkus non poteva dimenticare le sofferenze e le crudeltà inflitte al suo popolo che in gioventù aveva visto con i propri occhi. Herkus Mantas abbandonò l'abito dell'Ordine Teutonico e, dal momento che aveva familiarità con la tattica militare tedesca, i Pruzzi della Natangia lo elessero come comandante del loro esercito.
Sotto la guida di Herkus Mantas, la Grande Rivolta Prussiana si diffuse e si intensificò ulteriormente. L'Ordine Teutonico vide la distruzione della maggior parte dei suoi castelli intorno al 1260. In parte a causa delle vittorie di Herkus Mantas, i Pruzzi furono in grado di riprendere il controllo su molte delle loro terre.
Oltre che in Prussia, l'irruzione pagana si diffuse anche in Livonia, in Polonia ed in Volhynia. 
Nel 1260 i Cavalieri Teutonici, con il sostegno ricevuto dal Papa e dai Crociati dell'Europa occidentale, ebbero un qualche successo nella lotta contro i Pruzzi. [...]

1261: la Battaglia di Pokarwis.
Nonostante le loro conquiste territoriali in Prussia, la primaria importanza dell'Ordine Teutonico era ancora la Terra Santa e pochi dei suoi Cavalieri potevano essere impiegati per il Baltico. 
L'Ordine chiamò quindi i Crociati dalla Germania e dalla Polonia perché aiutassero il suo esercito, ma la maggior parte dei rinforzi arrivò solo nel gennaio del 1261.
L'esercito Teutonico venne diviso in due gruppi: uno, guidato dal conte di Barby, che avrebbe agito in Sambia e l'altro, sotto la guida del Conte di Reyden, che avrebbe operato in Natangia. L'esercito sotto la guida del Conte di Reyden, in Natangia incontrò poca resistenza e si suddivise in due gruppi, in modo da poter coprire un territorio più vasto in modo più efficace.

Questa era una tattica comune, ma fu un grave errore, perché Herkus Mantas, il capo dei Natangiani, era stato educato in Germania e si aspettava questo sviluppo.
Non appena il primo gruppo si allontanò, i Natangiani attaccarono e sconfissero il secondo. 
Il primo gruppo tornò indietro ma, ridotto nei numeri, fu costretto a ritirarsi. 
Il giorno successivo anche l'esercito guidato dal Conte di Reyden, che era in Sambia, fu sconfitto. 
In questo modo la prima ondata di rinforzi dell'Ordine Teutonico fu spazzata via, lasciando i Cavalieri in difficoltà. La diffusione della rivolta si intensificò ulteriormente.

1262: l'assedio di Konigsberg.
I primi anni della rivolta furono favorevoli ai Pruzzi, che diverse volte riuscirono a sconfiggere in battaglia i Cavalieri Teutonici ed assediarono i loro castelli.
Nel 1262 i Pruzzi pagani assediarono Konigsberg (oggi Kaliningrad, Russia), una delle roccaforti principali del Cavalieri Teutonici, e costruirono alcuni fortini intorno alla città in modo da poter bloccare qualsiasi contatto con l'esterno. Rendendo così impossibile all'Hochmeister rifornire di cibo la guarnigione di Konigsberg.
Nel gennaio del 1262 dalla Renania arrivarono i rinforzi guidati dal conte Guglielmo di Julich. 
Il suo esercito arrivò nel pomeriggio e desiderava attaccare subito i pagani, ma si decise di aspettare la mattina seguente. Ma durante la notte, i Pruzzi abbandonarono i loro fortini e si nascosero nella vicina foresta.

Pensando che i Pruzzi fossero tornati in Sambia, i cavalieri crociati si avvicinarono verso la città finendo in un'imboscata. Il combattimento fu inizialmente a favore dei Pruzzi, ma poi arrivarono i rinforzi da Konigsberg e la battaglia fu vinta dai Crociati. I Cavalieri contarono circa 3.000 morti tra i loro nemici. Soddisfatti della vittoria, i rinforzi giunti dalla Renania tornarono a casa; e i Pruzzi rinnovarono l'assedio.
Gli assediati avevano cibo a sufficienza per tutta l'estate ed aspettavano altri rifornimenti che sarebbero giunti via nave attraverso il fiume Pregel. Tuttavia, i Pruzzi erano preparati a questo e trasformarono un paio delle loro imbarcazioni in navi da guerra; così che riuscirono a distruggere alcuni navi teutoniche piene di rifornimenti che cercavano di raggiungere Konigsberg.

Poi i Pruzzi costruirono un ponte di barche ed un fortino di legno a sua protezione. 
I Cavalieri, contro ogni pronostico, riuscito a bruciare sia il ponte che il fortino.
I Pruzzi della Sambia ottennero rinforzi da Herkus Mantas di Natangia. 
I Cavalieri Teutonici decisero quindi di combattere in una battaglia in campo aperto. 
Quando Herkus Mantas venne ferito, sia i Natangiani che i Sambiani si ritirarono dall'assedio, perché non potevano bloccare le forniture né catturare il castello, né impedire l'arrivo di rinforzi Crociati.
Il fallimento dell'assedio dimostrò la debolezza dei Pruzzi e la forza dei Cavalieri. 
L'affidarsi ai castelli fortificati permetteva di raggruppare i Cavalieri ed eventualmente sottomettere le rivolte.

1263: la Battaglia di Lobau.
Nel 1262 Herkus Mantas era stato gravemente ferito durante l'assedio di Konigsberg.
Tuttavia ben presto recuperò e l'anno successivo, con un grande esercito di Natangiani, invase la Terra di Chelmno dove i Cavalieri si erano stabiliti intorno al 1220, e prese molti prigionieri. Questa incursione aveva lo scopo di obbligare i Cavalieri Teutonici ad impiegare molte truppe per la difesa della Terra di Chelmno in modo che non potessero fornire aiuto agli altri castelli e fortezze assediati dai Pruzzi.

Il Landmeister di Prussia Helmeryk von Wurzburg, che al momento era a Chelmno, raccolse i suoi uomini ed inseguì i Natangiani guidati da Herkus Mantas, che non potevano muoversi velocemente a causa del gran numero di prigionieri che portavano con loro. I Cavalieri Teutonici intercettarono i Natangiani sulla strada di ritorno verso la Natangia vicino a Lobau (Lubawa).

I cavalli di battaglia dei Cavalieri Teutonici, pesantemente corazzati, distrussero la formazione Natangiana, ma Herkus Mantas, con i suoi migliori guerrieri, aggredì ed uccise il Landmeister di Prussia, l'Ordensmarschall Dietrich, 40 Cavalieri ed un certo numero di soldati di basso rango.
Il successo militare dei Pruzzi fu tale che nel 1263 l'Ordine Teutonico quasi scomparve dalla Prussia, come pure dalle grandi città e dai castelli.
Dopo la battaglia sembrava che i Pruzzi avrebbero potuto vincere la rivolta, ma a causa delle lotte intestine tra clan, non seppero cogliere l'occasione per sferrare il devastante colpo finale. Invece le singole tribù continuarono ad agire per conto proprio, ma senza ottenere che qualche sporadico successo.

1264: l'Assedio di Bartenstein.
Durante la Grande Rivolta Prussiana i castelli dei Cavalieri Teutonici rappresentato una minaccia reale per Pruzzi, che erano costretti a mantenere i loro eserciti bloccati durante l'assedio e non potevano partecipare ad una più ampia rivolta.
I castelli dei Cavalieri Teutonici di Bartenstein e di Rossel (ora Bartoszyce e Reszel, in Polonia) erano le due principali roccaforti dei Cavalieri Teutonici nella Bartia, una delle terre prussiane.
Il castello di Bartenstein sopportò anni di assedio e fu uno degli ultimi a cadere nelle mani dei Pruzzi.
Il castello di Bartenstein contava 400 soldati teutonici contro i 1.300 Pruzzi della Bartia che erano arroccati in tre fortini che circondano la città. Questa tattica era molto comune per i Pruzzi: costruire i propri fortini in modo da tagliare fuori il castello da qualsiasi comunicazione con il mondo esterno.
Tuttavia i fortini erano abbastanza lontani dal castello di Bartenstein, permettendo al castellano di inviare uomini a fare incursioni nelle zone circostanti. Il nobile locale dei Pruzzi, Miligedo, mostrò segretamente ai Cavalieri il modo di uscire dal castello senza essere visti ma, una volta scoperto, fu ucciso dai Pruzzi stessi. Comunque i Cavalieri Teutonici riuscirono ad incendiare tutti e tre i fortini mentre i Pruzzi stavano celebrando una festa religiosa. Tuttavia, i Pruzzi ben presto ritornarono e ricostruirono i loro fortini.

Bartenstein era a corto di forniture e nessun aiuto veniva da Konigsberg.
I Cavalieri Teutonici avevano già mangiato i loro cavalli, quindi l'unico modo di fuggire era a piedi. Per fare questo i Cavalieri Teutonici ricorsero all'inganno: rimasero in silenzio all'interno del castello e non fecero suonare la campana per i servizi della chiesa. Tale silenzio ingannò i Pruzzi facendo credere loro che i Cavalieri Teutonici erano fuggiti.

Si avvicinarono quindi per esaminare il castello ma, una volta abbastanza vicini, i Cavalieri li attaccarono con frecce e pietre. Questo venne ripetuto per tre volte e quando i Cavalieri effettivamente fuggirono, lasciarono indietro un vecchio cieco a suonare la campana della chiesa.
Ciò consentì loro di guadagnare diversi giorni per raggiungere Konigsberg e Elbing. [...]

A seguito della rivolta, molti Pruzzi persero alcuni dei diritti che avevano ricevuto con il trattato di Christburg e vennero successivamente ridotti in schiavitù.  [...]

Le ultime rivolte e la normalizzazione.
[...] Le rivolte dei Pruzzi portarono l'Ordine Teutonico ad applicate i diritti già accordati ai convertiti, anche ai Pruzzi pagani più potenti; tuttavia questo rallentò il ritmo della conversione. I Pruzzi si ribellarono ancora nel 1286 e il 1295 entro la fine del XIII secolo, ma i Cavalieri Teutonici ritornarono a controllare saldamente le tribù dei Pruzzi.
Il popolo dei Pruzzi mantenne molte delle sue tradizioni e stile di vita.
Dopo che i Pruzzi erano stati militarmente sconfitti, divennero progressivamente oggetto di assimilazione culturale come parte dello Stato Monastico dei Cavalieri Teutonici.
Con la caduta di San Giovanni d'Acri e l'abbandono della Terra Santa, l'Ordine Teutonico rivolse la sua attenzione nei confronti della Lituania ancora pagana e della cristiana Pomerelia, che separava lo Stato Monastico dei Cavalieri Teutonici dal Ducato di Pomerania, che faceva parte del Sacro Romano impero. [...]

Lo Stato Monastico dei Cavalieri Teutonici.
La Crociata di Prussia terminò nel 1283. La conquista era durata 53 anni.
I Pruzzi erano stati completamente convertiti; circa il 10% di loro, per salvarsi durante la conquista, erano fuggiti nei territori polacchi e lituani.
Questa parte della comunità rappresentava la vera essenza dei Pruzzi.
Vennero così a mancare loro le antiche strutture sociali, senza le quali il popolo dei Pruzzi non poteva progettare qualsiasi opposizione organizzata contro i Cavalieri Teutonici.

Senza diritti ed economicamente distrutti, praticamente erano diventati degli schiavi in nome del cristianesimo; quasi condannati al lavorare come schiavi nei possedimenti dei Cavalieri Teutonici e dei Vescovi.

Durante la conquista circa 80.000 Pruzzi erano stati sterminati, circa 10.000 erano fuggiti in Polonia e circa 5.000 in Lituania. Si stima che non più di 80.000 rimasero in vita.

Poiché, a causa dell'avanzata verso est, occorreva costruire nuove fortezze per la sicurezza del neonato Stato Monastico dei Cavalieri Teutonici, divenne un onere sempre più gravoso per la popolazione cristiana dei Pruzzi fornire la manodopera locale, composta in gran parte da agricoltori, perché era necessario che tutti lavorassero nelle nuove fattorie. Pertanto, il reclutamento di giovani come lavoratori edili e soldati appiedati (che in genere sostenevano le maggiori perdite in battaglia) portò a frequenti ribellioni contro il dominio dei Cavalieri Teutonici che, a volte, scoppiarono in grandi conflagrazioni.

Con la conversione dei Pruzzi e, in seguito alla cristianizzazione della Lituania, i prigionieri di guerra, dopo il battesimo, non potevano più essere resi schiavi e l'Ordine si trovò in difficoltà nell'arruolamento di nuovi soldati nelle sue forze armate, non intendendo intaccare il sostentamento dei proprietari terrieri che, attraverso le tasse, gli conferivano gran parte del loro ricavi.

I Pruzzi si ribellarono con piccole rivolte nel 1286 e 1295, ma i Cavalieri Teutonici riuscirono a controllare saldamente le tribù dei Pruzzi ribelli. Con la morte dell'Hochmeister Hartman von Heldrungen, avvenuta nel 1283, l'Ordine Teutonico in Prussia era oramai saldamente stabile, con la stragrande maggioranza dei suoi sudditi convertiti al cristianesimo.

Il popolo del Pruzzi conservò molte delle sue tradizioni e del suo stile di vita, soprattutto dopo il Trattato di Christburg che proteggeva i diritti dei convertiti. Le rivolte Prussiane permettevano ai crociati l'applicazione di tali diritti solo ai convertiti, tuttavia il ritmo di conversione rallentò. Dopo che i Pruzzi erano stati sconfitti militarmente nella seconda metà del XIII secolo, durante gli anni seguenti vennero gradualmente cristianizzati e sottoposti all'assimilazione culturale dello Stato Monastico dei Cavalieri Teutonici.

Lo Stato Monastico dei Cavalieri Teutonici nel 14° secolo

Durante il mandato dell'Hochmeister Burchard von Schwanden la situazione politica del Regno di Gerusalemme peggiorò. Questa situazione venne fortemente sentita dall'Ordine, visto che il suo quartier generale era ancora a San Giovanni d'Acri, ma nonostante questo, Burchard non si impegnò molto ad inviare aiuti ai Crociati in Terra Santa, preoccupato come era per le questioni in Prussia ed in Livonia. Nel 1287, un'invasione lituana devastò gran parte della Livonia.
Nel 1289 Burchard partì per Roma dove, alla presenza del Papa Nicolò IV, vennero ridisegnate le nuove frontiere dello Stato Monastico dei Cavalieri Teutonici.

Nel 1291 Konrad von Feuchtwangen divenne il nuovo Hochmeister.
Nel primo anno del suo mandato, i musulmani catturarono San Giovanni d'Acri, l'ultima roccaforte dei crociati nel Regno di Gerusalemme. Poiché l'Ordine Teutonico aveva sede a San Giovanni d'Acri, Konrad von Feuchtwangen spostò la sede dell'Ordine a Venezia.

Sempre l'Hochmeister Siegfried von Feuchtwangen trasferì il quartier generale dell'Ordine da Venezia al Castello di Marienburg. [...]
La fortezza, tuttora presente e visitabile in Polonia nella cittadina di Malbork, è un poderoso insieme di tre castelli collegati fra loro e circondati da una doppia cinta muraria e da un fossato. Occupa una superficie di 52 acri, 4 volte l'area del castello di Windsor, ed è a tutt'oggi la fortezza più grande d'Europa, nonché una ragguardevole testimonianza di architettura militare medievale.

Da questo momento, con la caduta di San Giovanni d'Acri e con la Prussia sotto controllo, l'Ordine rivolse le sue attenzioni sia nei confronti della cristiana Pomerelia, che separava la Prussia dalla Pomerania, che contro la Lituania ancora pagana.

Marienburg, l'odierna cittadina polacca di Malbork, fu residenza dell'Hochmeister dell'Ordine Teutonico dal 1309 al 1457, e simbolo tangibile del potere dell'Ordine in Prussia.

Nel VIX secolo i Cavalieri Teutonici continuarono la guerra, prima contro la Lituania, poi contro la Polonia e questo fu una causa ulteriore per il definitivo declino della popolazione superstite di Prussia. [...]


http://www.teutonic.altervista.org/I/000.html


I Sassoni della Traansilvania.
[...] Il re ungherese Andrea II nel 1224 decretò per i coloni tedeschi che avrebbero conservato per sempre i privilegi che vennero loro concessi quando si stabilirono: la libertà fiscale, la libertà di movimento, libertà di scelta dei giudici e dei sacerdoti, ecc.
Fu l'Ordine dei Cavalieri Teutonici ad effettuare la colonizzazione (dal 1211 al 1225), in particolare nel Burzenland (sud-est della Transilvania nei pressi di Kronstadt).

insediamenti
Burzenland 


I "Sassoni" erano artigiani, commercianti, minatori e agricoltori che hanno sviluppato la scarsa terra. L'invasione dei Mongoli nel 1241 è stata una sconfitta per l'opera di colonizzazione, che di conseguenza è stata più fortemente orientata verso le città. In aggiunta agli insediamenti contadini, nacquero città tedesche fortificate, come Hermannstadt, Kronstadt, Bistritz, Klausenburg, Schässburg ed altre. Questa è la principale caratteristica dei Sassoni di Transilvania che li distingue dagli altri coloni tedeschi. 


Nel 1486, la "Nazione Universale Sassone", come l'insieme dei "Sassoni" venivano chiamati in Transilvania, è stata riconosciuta dal re ungherese Matthias Corvinus come la terza nazione dello stato della Transilvania.

Le incursioni turche, che diventavano sempre più numerose e aggressive verso la fine del 15° secolo, hanno portato nel 1529 alla separazione di fatto della Transilvania dal’Ungheria che divenne uno stato vassallo verso i sultani ottomani.

La condizione tra la Transilvania, l'Ungheria e la Turchia più volte portarono a guerre, insurrezioni, devastazioni ed anche ad un rallentamento degli insediamenti nei successivi 150 anni: parti del territorio che erano stati colonizzati dai Sassoni nel Medioevo vennero persi.

[...] Alla fine della prima guerra mondiale, quando la Transilvania passò alla Romania, l’autonomia e l’autogestione rimasero inalterate. In quel momento vivevano in Transilvania 235.000 tedeschi (8,5% della popolazione), oltre ai rumeni, ungheresi e Szekler ed altri. I Sassoni erano il secondo gruppo tedesco nella Romania dopo gli Svevi del Banato.

[...] Nel 1941 vivevano circa 213.000 tedeschi nel sud Transilvania, rimasta alla Romania.

Gli accordi Tedesco-Rumeni costrinsero circa 54.000 Sassoni ad essere arruolati nella Wehrmacht e nelle Waffen-SS. Sono morti durante la guerra tra 8.000 e 9.000 soldati.
Alla fine del 1944, prima che i sovietici invasero la Transilvania, è stato possibile evacuare circa 50.000 Sassoni. Circa 35.000 furono deportati per il lavoro forzato in URSS, dove migliaia sono morti. Nel 1948 poco meno di 160.000 tedeschi vivevano ancora nella Transilvania Rumena.

[...] A quel tempo gli artigiani ed i minatori erano scarsi e c’era un disperato bisogno di sfruttare le risorse naturali della Transilvania.
I diritti garantiti ai minatori ed agli artigiani Sassoni, fatti per attirare i lavoratori e dare loro un motivo per restare, prevedevano un intero elenco di tutti i privilegi che i coloni dell’Ungheria medioevale potevano chiedere: la libertà personale, il diritto ad ereditare la terra, l’amministrazione autonoma e giudiziaria, l’autonomia religiosa con la libera scelta di sacerdoti, ecc.. “Saxon” era dunque un sinonimo di uno status giuridico, uno status di chi aveva dei privilegi, e non un nome che ne identificava l’origine.