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sabato 26 marzo 2016

Émile Durkheim. Se dunque esiste una verità che la storia ha reso indubbia, questa è proprio l'estensione sempre minore della porzione di vita sociale che la religione ricopre. In origine essa si estendeva su tutto; tutto ciò che era sociale era religioso; i due termini erano sinonimi. In seguito, a poco a poco, le funzioni politiche, economiche, scientifiche si sono rese indipendenti dalla funzione religiosa, costituendosi a parte e assumendo un carattere temporale sempre più accentuato. Dio – per così dire – che in principio era presente a tutte le relazioni umane, si ritira progressivamente da esse; abbandona il mondo agli uomini e alle loro controversie.



Se dunque esiste una verità che la storia ha reso indubbia, questa è proprio l'estensione sempre minore della porzione di vita sociale che la religione ricopre. In origine essa si estendeva su tutto; tutto ciò che era sociale era religioso; i due termini erano sinonimi. In seguito, a poco a poco, le funzioni politiche, economiche, scientifiche si sono rese indipendenti dalla funzione religiosa, costituendosi a parte e assumendo un carattere temporale sempre più accentuato. Dio – per così dire – che in principio era presente a tutte le relazioni umane, si ritira progressivamente da esse; abbandona il mondo agli uomini e alle loro controversie.
Émile Durkheim, La divisione del lavoro sociale (De la division du travail social, 1893), traduzione di M. Cambieri Tosi, Edizioni di Comunità, 1971.

venerdì 25 marzo 2016

Erich Maria Remarque , "Niente di nuovo sul fronte occidentale". Abbiamo perso ogni compassione, siamo l’uno per l’altro degli sconosciuti, anche quando l’immagine dell’altro cade nel nostro sguardo di animali braccati. La nostra anima è morta e noi, per qualche incantesimo pericolosamente malvagio, sappiamo ancora correre e uccidere.

Mi alzo. Sono tranquillissimo. Vengano i mesi e gli anni, non mi prenderanno più nulla, non possono prendermi più nulla. Sono tanto solo, tanto privo di attese che posso guardare dinanzi a me senza timore. La vita, che mi ha sorretto attraverso questi anni, è ancora nelle mie mani e nei miei occhi. Se io abbia saputo superare le sue prove, non so. Ma finché dura, essa si cercherà la sua strada, vi consenta o non vi consenta ciò che dentro di me dice "io" 
Erich Maria Remarque , "Niente di nuovo sul fronte occidentale"


Abbiamo perso ogni compassione, siamo l’uno per l’altro degli sconosciuti, anche quando l’immagine dell’altro cade nel nostro sguardo di animali braccati. La nostra anima è morta e noi, per qualche incantesimo pericolosamente malvagio, sappiamo ancora correre e uccidere.
Erich Maria Remarque , "Niente di nuovo sul fronte occidentale"


Compagno, io non ti volevo uccidere. Se tu saltassi un'altra volta qua dentro, io non ti ucciderei, purché anche tu fossi ragionevole. Ma prima tu eri per me solo un'idea, una formula di concetti nel mio cervello, che determinava quella risoluzione. Io ho pugnalato codesta formula. Soltanto ora vedo che sei un uomo come me. Allora pensai alle tue bombe a mano, alla tua baionetta, alle tue armi; ora vedo la tua donna, il tuo volto, e quanto ci somigliamo. Perdonami, compagno! Noi vediamo queste cose sempre troppo tardi. Perché non ci hanno mai detto che voi siete poveri cani al par di noi, che le vostre mamme sono in angoscia per voi, come per noi le nostre, e che abbiamo lo stesso terrore, e la stessa morte e lo stesso patire... Perdonami, compagno, come potevi tu essere mio nemico? Se gettiamo via queste armi e queste uniformi, potresti essere mio fratello."
Erich Maria Remarque, pseudonimo di Erich Paul Remark ( 22 giugno 1898 – 25 settembre 1970) scrittore tedesco.


mercoledì 23 marzo 2016

I traumi transgenerazionali: l'efficacia della psicoterapia. A volte il disagio di cui può soffrire una persona può essere di natura transegenerazionale: una storia traumatica si può ripetere come evento o tipo di evento attraverso più generazioni, dai genitori ai figli, o tra altri livelli di parentela in cui i personaggi sembrano rivivere nei decenni gli stessi accadimenti.

I traumi transgenerazionali: l'efficacia della psicoterapia.

Il disagio psicologico può essere di natura transgenerazionale: 
la psicoterapia rappresenta la possibilità di spezzare queste catene del perpetuarsi di sofferenze post traumatiche.
A volte il disagio di cui può soffrire una persona può essere di natura transegenerazionale: una storia traumatica si può ripetere come evento o tipo di evento attraverso più generazioni, dai genitori ai figli, o tra altri livelli di parentela in cui i personaggi sembrano rivivere nei decenni gli stessi accadimenti.

Le esperienze traumatiche vissute da generazioni prima in famiglia, se non rielaborate, cioè mentalizzate e integrate consapevolmente e fisicamente, possono "passare implicitamente" in atteggiamenti e comportamenti ai figli e chi seguirà.

Essere stati esposti a storie, racconti, modi di vivere e di intendere la vita, dinamiche relazionali e inter-relazonali sono fattori di rischio da prendere in considerazione in modo molto serio nella cura del disturbo psicologico e della psicopatologia famigliare.


Il passaggio
Avviene una sorta di passaggio di testimone inconsapevole e involontario
spesso nei nostri studi clinici di psicoterapia ascoltiamo persone che hanno avuti dei nonni che sono andati in guerra, o nonne che hanno subito violenze che, poi, successivamente, hanno trasferito a figli e nipoti racconti tragici e drammatici, spaventosi e spaventanti con molto coinvolgimento affettivo ed emotivo e sopratutto con le conseguenze di queste esperienze, quali alcolismo, depressione, aggressività etc; oppure ascoltiamo donne vittime di violenza sessuale raccontare di nonne loro stesse abusate sessualmente decenni prima (magari mai conosciute); oppure ancora uomini tossicodipendenti i cui padri a loro volta erano stati tossico dipendenti o alcolisti. etc

Questi per noi terapeuti che lavoriamo secondo un approccio transgenerazionale sono "echi di traumi e eventi stressanti vissuti dai famigliari in tempi antichi".

Abuso sessuale, dipendenza e violenza psicologica: tre possibili storie che si ripetono.
Uno degli ambiti più ampiamente discusso e studiato relativo ai traumi che influenzano la storia dell'individuo è quello dell'abuso sessuale.
Una ricerca americana sulla relazione tra gravidanza e trasmissione intergenerazionale della violenza, ha evidenziato come i comportamenti di abuso verso i bambini siano fortemente e significativamente correlati alla storia individuale dell'abusante, nel passato del quale emergono esperienze di abuso subito nell'infanzia. (Jester, 1996)

Un altro ambito interessante relativo ai traumi è quello della dipendenza: alcolismo e tossico dipendenza hanno un'origine transegenerazionale in quanto riguardano le dinamiche relazionali e inter-relazionali della famiglia.
Un/a figlio/a di una madre alcolista può essere maggiormente attratto da compagna/o che un comportamento dipendente, avendo lui/ei stesso/a conosciuto il solo modo di relazionarsi e inter-relazionarsi di una famiglia in cui un membro ha sviluppato una dipendenza.

Nell'alcolismo si parla di giostra di finzioni per indicare proprio le dinamiche relazionali che caratterizzano questo tipo di famiglie che tendono a perpetuarsi tra le generazioni.
Non si tratta solo di violenza sessuale, bensì anche di violenza psicologica: essere stati esposti a "genitori abusanti da un punto di vista psichico" (ossia non presenti, non accudenti, non rispondenti ai bisogni primari e secondari, aggressivi verbalmente per es) significa avere una più alta probabilità di mettere in atto atteggiamenti e comportamenti di tipo abusante (dello stesso tipo) nei confronti dei più piccoli, solo per il fatto di aver più famigliarizzato con tali atteggiamenti e comportamenti.

Chi agisce un abuso sessuale non prova empatia e compassione per la vittima: 
perpetua l'atteggiamento e il comportamento che ha subito, non riconoscendone la malvagità dell'atto. Non prova senso di colpa perché ha visto come vittima che l'abusante a sua volta non ne provava.
Il dipendente può intraprendere la via dell'abuso della sostanza oppure cercare compagni di vita che hanno sviluppato una dipendenza; chi ha subito violenza psicologica (atti denigatori da parte dei genitori) agisce comportamenti molto simili. ETC.

La psicoterapia
La psicoterapia rappresenta la possibilità di spezzare queste catene del perpetuarsi di sofferenze post traumatiche: essa, infatti, rappresenta un luogo in cui alla persona è data la possibilità di mentalizzare, verbalizzare e integrare consapevolmente la propria storia di origine (arrivando a tre generazioni passate almeno) con le difficoltà attuali, trovare strategie di coping diverse più efficaci di quelle conosciute e apprese in famiglia, evolversi e andare avanti, con la propria storia verso un futuro diverso.

La persona in una psicoterapia che segue questo orientamento transgenerazionale può in questo modo leggere i propri disturbi psicologici (depressione, ansia, panico) in relazione a una storia di famiglia (con tutti gli accadimenti accaduti), contestualizzarli e conferire loro un senso e un significato più esplicito e più chiaro, più integrabile con la persona stessa.

Il genogramma
il genogramma è uno strumento grafico simbolico usato in psicoterapia per raccogliere la storia della persona da un punto di vista transgenerazionale.
Attraverso un grafismo preciso fatto di simboli associati alle persone (pallino per la femmina, quadratino per il maschio) e ai legami (linea diritta è il legame coniugale, tratteggiata è una convivenza, sbarrata è una separazione), il genogramma, in modo assai semplice e diretto, consente allo psicoterapeuta di raccogliere l'anamnesi individuale e famigliare e di collocare la storia su tre assi generazionali, andando a individuare non sono le persone che hanno fatto la storia del paziente, ma anche gli eventi che hanno attraversato la vita dello stesso.

È possibile spezzare la catena? Si
È possibile spezzare la catena elaborando gli eventi e gli accadimenti del passato, per evitare di mettere in atto atteggiamenti e comportamenti che possono minare la propria e altrui integrità psichica.
Essere figlio di un genitore alcolista non significa necessariamente diventare alcolista a sua volta e sposare un uomo/donna alcolista: l'essere stati esposti a una storia di alcolismo anche lontana, rappresenta un fattore di rischio rispetto alla possibiltà di soffrire di un disagio psicologico relativo alle dinamiche tipiche di una famiglia in cui un membro ha sviluppato una dipendenza.
La psicoterapia è un luogo in cui poter spezzare questa catena.

I traumi transgenerazionali: l'efficacia della psicoterapia


08 Marzo 2016 Psicologia e famiglia


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sabato 12 marzo 2016

Truman. Recessione è quando il tuo vicino perde il posto; depressione è quando lo perdi tu.

Recessione è quando il tuo vicino perde il posto; depressione è quando lo perdi tu.
Harry Truman

domenica 6 marzo 2016

BES. Il quadro culturale e giuridico

BES. Il quadro culturale e giuridico

Max Bruschi
Ispettore MIUR


  • Esclusione
  • Separazione
  • Integrazione
  • Inclusione



IL LONTANO PASSATO

«I genitori non avevano diritto di allevare i figli, ma dovevano portarli in un luogo chiamato tesche, dove gli anziani esaminavano il bambino: se lo vedevano sano e robusto ne disponevano l'allevamento e gli assegnavano in anticipo una porzione di terreno demaniale; se invece lo trovavano gracile e malfatto, ordinavano che fosse gettato in una voragine del monte Taigeto, detta Apotete. Non conveniva infatti né alla polis né al bambino stesso che fosse lasciato crescere per restare sempre debole e dal fisico infelice»
Plutarco, Vita di Licurgo



I BES: UN ANTESIGNANO

Jean Marc Gaspard Itard, medico e pedagogista, autore di due memorie sul caso di Victor, il giovane selvaggio, da lui incontrato per la prima volta nel 1799. 
Il medico francese si pone degli obiettivi da far raggiungere a Victor: 1) inserirlo nella vita sociale, 2) risvegliarne la sensibilità nervosa, 3) aumentare i suoi rapporti con gli esseri circostanti, 4) farlo parlare (obiettivo, quest’ultimo, non raggiunto)

Itard postula dunque la differenza diagnostica e prognostica tra ritardo mentale cognitivo dovuto a menomazione e dovuto a condizioni socio-culturali.

LA COSTITUZIONE

Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 34
La scuola è aperta a tutti.
L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.




LA DICHIARAZIONE ONU

Preambolo
«Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo»

Art. 1
«Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti.
Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. »

Art. 2
«Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione»

Art. 22
«Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità»

Art.26
«Ogni individuo ha diritto all'istruzione»
Dichiarazione universale dei diritti umani, 10 dicembre 1948


LA CORTE COSTITUZIONALE 
La sentenza C.Cost. 21
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 28, nella parte in cui, in riferimento ai soggetti portatori di handicaps, prevede che "Sarà facilitata", anziché disporre che "È assicurata" la frequenza alle scuole medie superiori. 
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 3 giugno 1987. 


Il quadro normativo attuale


La Legge 5 febbraio 1992, n. 104, recante «Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate» e successive modificazioni
Il Decreto del Presidente della Repubblica 24 febbraio 1994, «Atto di indirizzo e coordinamento relativo ai compiti delle unità sanitarie locali in materia di alunni portatori di handicap»
Il Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275 «Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche»
Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 febbraio 2006, n. 185 «Regolamento recante modalità e criteri per l'individuazione dell'alunno come soggetto in situazione di handicap, ai sensi dell'articolo 35, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289»
Il Decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122 «Regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni» 
Le «Linee guida sull'integrazione scolastica degli alunni con disabilità», promulgate dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca il 4 agosto 2009 


I parte - La Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità – dicembre 2006  (Legge 3 marzo 2009, n. 18)
La definizione di disabilità della Convenzione è la seguente: 
«La disabilità è il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri» (Preambolo, punto e)
La discriminazione fondata sulla disabilità è «qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Essa include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole. Accomodamento ragionevole indica le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un carico sproporzionato o eccessivo, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per assicurare alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e libertà fondamentali» (Art. 2)


I parte - La Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità – dicembre 2006  (Legge 3 marzo 2009, n. 18)
L'art. 24 riconosce “il diritto all’istruzione delle  persone con disabilità (...) senza discriminazioni e su base di pari opportunità” garantendo “un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli ed un apprendimento continuo lungo tutto l’arco della vita, finalizzati: (a) al pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignità e dell’autostima ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della diversità umana; (b) allo sviluppo, da parte delle persone con disabilità, della propria personalità, dei talenti e della creatività, come pure delle proprie abilità fisiche e mentali, sino alle loro massime potenzialità; (c) a porre le persone con disabilità in condizione di partecipare effettivamente a una società libera”.

I parte - ICF, Classificazione Internazionale del Funzionamento.
Nel 2001, l’Assemblea Mondiale della Sanità dell’OMS ha approvato la nuova Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (International Classification of Functioning, Disability and Health – ICF), raccomandandone l’uso negli Stati parti.
Nella prospettiva dell’ICF, la partecipazione alle attività sociali di una persona con disabilità è determinata dall’interazione della sua condizione di salute (a livello di strutture e di funzioni corporee) con le condizioni ambientali, culturali, sociali e personali (definite fattori contestuali) in cui essa vive. Il modello introdotto dall’ICF, bio-psico-sociale, prende dunque in considerazione i molteplici aspetti della persona, correlando la condizione di salute e il suo contesto, pervenendo così ad una definizione di “disabilità” come ad “una condizione di salute in un ambiente sfavorevole”.


III parte. La dimensione inclusiva della scuola.
Il dirigente scolastico sovraintende alla programmazione.
Si ribadisce il «no» alla costituzione di «laboratori» che «accolgano più alunni con disabilità per quote orarie anche minime e per prolungati e reiterati periodi dell’anno scolastico», ma «la progettazione educativa individualizzata, sulla base del caso concreto e delle sue esigenze, dovrà individuare interventi equilibrati fra apprendimento e socializzazione, preferendo in linea di principio che l'apprendimento avvenga nell'ambito della classe e nel contesto del programma in essa attuato».
Si ribadisce l’importanza della costituzione dei «Gruppi di lavoro H», obbligatori.


III parte. La dimensione inclusiva della scuola.
Si enfatizza la «flessibilità organizzativa» ribadendo che il docente SOS «non può essere utilizzato per svolgere altro tipo di funzioni se non quelle strettamente connesse al progetto d'integrazione, qualora tale diverso utilizzo riduca anche in minima parte l’efficacia di detto progetto»
Inoltre «è opportuno che i Dirigenti Scolastici coinvolti prevedano forme di consultazione obbligatorie fra gli insegnanti della classe frequentata dall’alunno con disabilità e le figure di riferimento per l'integrazione delle scuole coinvolte».
Si enfatizza il «progetto di vita, parte integrante del P.E.I.» e il ruolo dei percorsi di «alternanza» da inserire nei P.O.F. e l’opportunità di costituire «reti di scuole»

III parte. La dimensione inclusiva della scuola. I docenti. 
«La progettazione degli interventi da adottare riguarda tutti gli insegnanti perché l’intera comunità scolastica è chiamata ad organizzare i curricoli in funzione dei diversi stili o delle diverse attitudini cognitive, a gestire in modo alternativo le attività d’aula, a favorire e potenziare gli apprendimenti e ad adottare i materiali e le strategie didattiche in relazione ai bisogni degli alunni».
Il collegio docenti favorisce l’inclusione inserendo «nel Piano dell'Offerta Formativa la scelta inclusiva dell’Istituzione scolastica e indicando le prassi didattiche che promuovono effettivamente l’inclusione»


Il consiglio di classe coordina le attività. Gli insegnanti operano lungo tre direttrici:
Il clima di classe: «Gli insegnanti devono assumere comportamenti non discriminatori, essere attenti ai bisogni di ciascuno, accettare le diversità presentate dagli alunni disabili e valorizzarle come arricchimento per l’intera classe, favorire la strutturazione del senso di appartenenza, costruire relazioni socio-affettive positive.» 
Le strategie didattiche e gli strumenti volti all’inclusività: sono citati l’apprendimento cooperativo, il tutoring, etc. ed è sottolineato il ruolo delle ICT.
L’apprendimento-insegnamento: «Un sistema inclusivo considera l’alunno protagonista dell’apprendimento qualunque siano le sue capacità, le sue potenzialità e i suoi limiti. Va favorita, pertanto, la costruzione attiva della conoscenza, attivando le personali strategie di approccio al “sapere”, rispettando i ritmi e gli stili di apprendimento e “assecondando” i meccanismi di autoregolazione. Si suggerisce il ricorso alla metodologia dell’apprendimento cooperativo.»


Il docente assegnato alle attività di sostegno
«è l'intera comunità scolastica che deve essere coinvolta nel processo in questione e non solo una figura professionale specifica a cui demandare in modo esclusivo il compito dell'integrazione. Il limite maggiore di tale impostazione risiede nel fatto che nelle ore in cui non è presente il docente per le attività di sostegno esiste il concreto rischio che per l'alunno con disabilità non vi sia la necessaria tutela in ordine al diritto allo studio. La logica deve essere invece sistemica, ovvero quella secondo cui il docente in questione è “assegnato alla classe per le attività di sostegno”, nel senso che oltre a intervenire sulla base di una preparazione specifica nelle ore in classe collabora con l'insegnante curricolare e con il Consiglio di Classe affinché l'iter formativo dell'alunno possa continuare anche in sua assenza».
«La presenza nella scuola dell'insegnante assegnato alle attività di sostegno si concreta quindi, nei limiti delle disposizioni di legge e degli accordi contrattuali in materia, attraverso la sua funzione di coordinamento della rete delle attività previste per l'effettivo raggiungimento dell'integrazione».


La Direttiva BES
Adottata con Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012, firmata dal Ministro Profumo.
L’area dello svantaggio scolastico viene indicata come area dei Bisogni educativi speciali, all’interno della quale sono comprese 3 sotto-categorie.
  • Disabilità
  • Disturbi evolutivi specifici
  • Svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale.
«Per “disturbi evolutivi specifici” intendiamo, oltre i disturbi specifici dell’apprendimento, anche i deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, ricomprendendo – per la comune origine nell’età evolutiva – anche quelli dell’attenzione e dell’iperattività, mentre il funzionamento intellettivo limite può essere considerato un caso di confine fra la disabilità e il disturbo specifico…» A parte i DSA, «è bene precisare che alcune tipologie di disturbi, non esplicitati nella legge 170/2010, danno diritto ad usufruire delle stesse misure ivi previste in quanto presentano problematiche specifiche in presenza di competenze intellettive nella norma.



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