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mercoledì 27 maggio 2015

Schiavitù. dopo un gesto di assenso del magistrato un littore toccava lo schiavo con una verga, infine la pronuncia dell'addictio secundum libertatem, permetteva allo schiavo di acquisire la libertà




UN COLLARE ... PER SCHIAVI
I padroni degli schiavi, per prevenirne la fuga, soprattutto nelle campagne, dove le condizioni di vita e lavoro erano più dure, ricorrevano agli ergastula, luoghi sotterranei in cui la schiavitù veniva rinchiusa di notte. Capitava, però, che qualcuno eludesse la sorveglianza e riuscisse a scappare: in questo caso, il padrone poteva sperare di riprenderlo grazie a un collare, che gli aveva legato al collo. Sul metallo erano frequentemente incise brevi iscrizioni che chiedevano a chi trovava il ribelle di riportarlo al legittimo padrone. Il collare nell'immagine, conservato al Museo delle Terme di Diocleziane e fatto in ferro e bronzo, è un tipico esempio di questi oggetti.

L’iscrizione dice:
"Fugi, tene me, cum revocuveris me domino meo Zonino, accipis solidum",
cioè "Sono fuggito, quando mi riporterai dal mio padrone Zonino, riceverai un solido".
Piuttosto umiliante, ma perfettamente in linea con la mentalità romana per cui lo schiavo è un oggetto e un investimento, che non può andare in fumo.

Nell'immagine, il collare del Museo delle Terme di Caracalla (IV-VI d.C.).




La manumissio vindicta conosciuta già in epoca regia, era una negoziazione formale e solenne, dove non si tolleravano condizioni o termini. si svolgeva davanti al magistrato, con la presenza del padrone e lo schiavo. Il padrone, affrancatore dello schiavo, assertor libertatis, conduceva questi di fronte ad un pretore, il quale gli toccava leggermente il capo con una verga, detta vindicta, pronunciava la rituale formula della "vindictam imponere", pronunciando la frase:
«hunc hominem ex iure Quiritium meum esse aio secundum suam causam»,
Il padrone rispondeva rispondeva al magistrato:
hunc hominem liberum esse volo.
poi dopo un gesto di assenso del magistrato un littore toccava lo schiavo con una verga, infine la pronuncia dell'addictio secundum libertatem, permetteva allo schiavo di acquisire la libertà.

sabato 23 maggio 2015

Enrico Mattei. Ho lottato contro l'idea fissa che esisteva nel mio Paese: che l'Italia fosse condannata ad essere povera per mancanza di materie prime e fonti energetiche. Queste fonti energetiche le ho individuate e le ho messe in valore e ne ho tratto delle materie prime. Ma, prima di far tutto questo, ho dovuto fare anch'io della decolonizzazione perché molti settori dell'economia italiana erano colonizzati anzi, direi, che la stessa Italia meridionale era stata colonizzata dal Nord d'Italia!

Ho lottato contro l'idea fissa che esisteva nel mio Paese: 
che l'Italia fosse condannata ad essere povera per mancanza di materie prime e fonti energetiche. Queste fonti energetiche le ho individuate e le ho messe in valore e ne ho tratto delle materie prime. Ma, prima di far tutto questo, ho dovuto fare anch'io della decolonizzazione perché molti settori dell'economia italiana erano colonizzati anzi, direi, che la stessa Italia meridionale era stata colonizzata dal Nord d'Italia!
Enrico Mattei discorso a Tunisi 10/06/1960 


"Ricordiamo ancora a tutti che Enrico Mattei saltò in aria con il suo aereo il 27 ottobre del 1962, poche ore prima tenne un discorso memorabile a Gagliano Castelferrato (Enna), dove disse ai siciliani che il petrolio trovato nelle loro terre gli avrebbe portato benessere e avrebbe fatto in modo che la gente non emigrasse più e che, anzi, sarebbero ritornati gli emigrati."
da: Briganti


"Ci ho messo sette anni per condurre il governo italiano verso una apertura a sinistra.
E posso dire che ce ne vorranno di meno per far uscire l'Italia dalla Nato e metterla alla testa dei Paesi Non Allineati."
Enrico Mattei




Bruner. Spesso i bambini non apprendono perché non riescono a collocare i singoli dati di conoscenza in una trama di significati, o, per dirla con J. Bruner, in una narrazione. Infatti è plausibile pensare che “il nostro modo più naturale e più precoce di organizzare l’esperienza e la conoscenza sia nei termini della forma narrativa” (La cultura dell’educazione). E infatti, aggiunge Bruner, “senza il conferimento di un significato non ci può essere linguaggio, né mito, né arte – e non ci può essere cultura”. Il disagio che spesso vivono i bambini all’interno della scuola e nei processi di apprendimento (e che sempre più frequentemente diventa il disagio dell’insegnante) deriva dal non aver consapevolezza del significato delle varie attività scolastiche. Sembra una banalità, ma pochi si preoccupano di dire al bambino perché si sta a scuola e perché si svolgono quelle e non altre attività.


In un contesto educativo tutti gli interventi, anche quelli che all’apparenza sembrerebbero banali e scontati, sono invece carichi di significati. Importante è che l’educatore coordini la regia educativa creando numerose opportunità di apprendimento. Non bisogna tanto considerare i saperi, quanto promuovere le condizioni per la loro conquista.
Jerome Bruner


I bambini di solito cominciano con il dare per scontato che l'insegnante possieda la conoscenza e la trasmetta alla classe. Se si creano le condizioni opportune, imparano presto che anche altri componenti della classe potrebbero possedere delle conoscenze, e che queste conoscenze possono essere condivise.
Jerome Bruner


Per Bruner la narrazione è davvero fondamentale a livello individuale e culturale. L’essere umano avrebbe infatti un'attitudine o predisposizione a organizzare l’esperienza in forma narrativa. La narrazione risponderebbe al bisogno di ricostruire la realtà dandogli un significato specifico a livello temporale o culturale. Ogni individuo, secondo Bruner, sente il bisogno di definirsi come soggettività dotata di scopi e intenzionalità e ricostruisce gli avvenimenti della propria vita in modo tale che siano in linea con questa idea di Sé.



Spesso i bambini non apprendono perché non riescono a collocare i singoli dati di conoscenza in una trama di significati, o, per dirla con J. Bruner, in una narrazione. Infatti è plausibile pensare che “il nostro modo più naturale e più precoce di organizzare l’esperienza e la conoscenza sia nei termini della forma narrativa” (La cultura dell’educazione). E infatti, aggiunge Bruner, “senza il conferimento di un significato non ci può essere linguaggio, né mito, né arte – e non ci può essere cultura”. Il disagio che spesso vivono i bambini all’interno della scuola e nei processi di apprendimento (e che sempre più frequentemente diventa il disagio dell’insegnante) deriva dal non aver consapevolezza del significato delle varie attività scolastiche. Sembra una banalità, ma pochi si preoccupano di dire al bambino perché si sta a scuola e perché si svolgono quelle e non altre attività
Mario Maviglia. 






Jerome Bruner:  
"L'Ego ha fallito, la psiche è ormai un Io collettivo"

Parla il padre fondatore del cognitivismo: siamo individui la biologia non basta a comprenderci

SCETTICO sull'avvicinamento tra psicologia e neurobiologia di cui tanto si parla. 
Difensore dell'interazione tra individuo e società che può essere riassunta quasi in una formula linguistica: dall'Ego al We-go. E soprattutto convinto nell'usare ancora il termine "cultura" quando si parla di psiche. Jerome Bruner, arrivato alla soglia dei cento anni, è l'ultimo grande padre fondatore della psicologia moderna, erede nello stesso tempo di psicologi come Piaget e Vigotskiy e di psicoanalisti come Freud e Jung. Negli anni Cinquanta condusse la rivoluzione cognitiva che ha riportato in primo piano lo studio della mente umana, ritenuta inconoscibile dagli studiosi del comportamento e oggi, nella sua casa di New York accetta di fare un bilancio dello stato dell'arte. "Ho meno energie fisiche e mentali e a dirti la verità non ti so dire come passo le mie giornate  -  dice  -  Ma interessi ne ho fin troppi, anche se non seguo gli sviluppi della psicologia".

Perché?
"Non si trova in buone acque, è troppo conservatrice e tradizionale. Per questo negli ultimi anni mi sono occupato di legge e di antropologia e fino a due anni fa ho insegnato alla School of Law della New York University".

Cosa pensi del fatto che la neurobiologia ha cominciato a studiare le emozioni, l'empatia e il sé, terreni tradizionalmente di pertinenza della psicologia?
"Non sono così entusiasta: c'è il rischio che lo studio della mente venga sottratto alla psicologia e si faccia riferimento a circuiti e aree cerebrali e si perda la soggettività. Si rischia di potere dire che il cervello giustifica ogni cosa, che io non sono responsabile, ciò che faccio dipende dal mio cervello. Si può sempre dire: è la mia natura. Mi attrae di più il mondo della legge, in cui vi è una continua interazione fra l'individuo e la cultura".

È evidente che non ti riferisci ad una legge naturale, ma ad un processo fra individuo e società che cambia continuamente, è così?
"Da una parte la moralità si lega ai rapporti fra le persone, ai legami emotivi che ci aiutano a identificarci cogli altri e a capire le loro motivazioni. Ma poi vi è uno scambio continuo fra i comportamenti e le abitudini che cambiano nel tempo e gli aspetti normativi codificati dalle leggi. Sempre più spesso i comportamenti quotidiani si muovono in direzioni che anticipano le leggi, guarda ad esempio quello che sta avvenendo con le coppie gay che non solo rivendicano il matrimonio ma anche la possibilità di avere dei figli. Spesso le leggi sono costrette a rincorrere i cambiamenti di relazioni e di costumi. Ed è qui che sorgono i problemi: qui da noi discutiamo di coppie gay, mentre in alcuni paesi islamici i gay sono addirittura giustiziati ".

Questa dialettica fra individuo e cultura è quello che ti ha impegnato negli ultimi anni, basta leggere il tuo libro La cultura dell'educazione . Come vedi questo rapporto?
"Nel mio caso io provengo da una famiglia ebrea di origine tedesca: mi sono spesso chiesto come ha influenzato il mio Io e in che modo sono ebreo?"

Freud ha sempre parlato dell'Ego ma sempre più spesso noi parliamo del senso del noi, ossia del We-go, è quello che tu definisci psicologia culturale?
"Mi piace il termine We-go sicuramente siamo spinti continuamente verso gli altri ed Ego e We-go si intrecciano continuamente".

Il ricercatore Michael Tomasello definisce l'uomo un essere ipersociale e questo ha segnato il suo futuro. Sei d'accordo?
"Si può andare verso gli altri per molti motivi, io penso che il sentimento di impotenza e la paura di non farcela da soli ci spinga verso gli altri, ossia dall'Ego


al We-go. Ma il successo non è scontato: ci si dibatte fra l'incertezza, le difficoltà, la frustrazione ma anche la soddisfazione e la creatività. È un equilibrio impossibile, gli altri come scriveva Sartre sono l'inferno, ma un inferno necessario".

http://www.repubblica.it/cultura/2015/04/16/news/jerome_bruner-112104846/











Problem Solving. L'affermazione "non me lo posso permettere" paralizza il cervello. La domanda "come posso permettermelo?" Lo mette in azione.

L'affermazione "non me lo posso permettere"
paralizza il cervello. 

La domanda "come posso permettermelo?"
Lo mette in azione.
Robert Toru Kiyosaki
Imprenditore, scrittore, e affarista statunitense



si riferisce , al fatto , di non concentrarsi sul problema , ma concentrarsi sulla soluzione del problema.


Qual'e' la soluzione di non avere soldi? Di non trovare un lavoro? Di avere una malattia?.....questa è una frase fatta che non è attuabile nella vita di tutti.




ti stai concentrando sul problema , non sul fatto che puoi trovare un altro tipo di lavoro , sul fatto che si può guarire e come . sei tu che non riesci a vedere , le cose da fare , ma vedi solo i problema





venerdì 22 maggio 2015

Don Andrea Gallo. A me non interessa chiedervi se siete o non siete credenti, vi chiedo però se siete credibili. È questo che un giorno Dio chiederà a ciascuno di noi


“A me non interessa chiedervi se siete o non siete credenti, vi chiedo però se siete credibili. È questo che un giorno Dio chiederà a ciascuno di noi”
Don Andrea Gallo


"Mi definisco un prete anarchico. Il termine anarchico viene dal greco e vuol dire contro ogni potere che opprime. Chi ha una responsabilità dev'essere al servizio e non esercitare un potere, od una repressione, od un dispotismo. Il vero anarchico può scegliere la non violenza, la svolta epocale dell'umanità".
Don Andrea Gallo







giovedì 21 maggio 2015

Martin Lindstrom. Le Bugie del Marketing. Il nostro cervello è programmato per unire i puntini e per compiere associazioni che a volte non hanno alcun legame con la realtà. Spesso non ci limitiamo a comprare un oggetto, ma acquistiamo anche l'idea che esso incarna. Le aziende più scaltre riescono a piantarci in testa marker somatici creando associazioni tra il loro prodotto e un'emozione positiva.



"Il nostro cervello è programmato per unire i puntini e per compiere associazioni che a volte non hanno alcun legame con la realtà. Spesso non ci limitiamo a comprare un oggetto, ma acquistiamo anche l'idea che esso incarna. Le aziende più scaltre riescono a piantarci in testa marker somatici creando associazioni tra il loro prodotto e un'emozione positiva. Che si tratti di salute, della felicità, della libertà, o della responsabilità sociale, è questa tendenza psicologia universale a rendere così potenti i persuasori occulti. Non è un caso che in questo periodo di austerità e insofferenza sociale, le parole chiave più ricorrenti negli spot siano: "Libertà", "Pace", "Natura", "Rivoluzione". E ben presto il cervello inizia ad assegnare al prodotto ogni sorta di qualità desiderata: esattamente ciò che l'azienda vuole."
Martin Lindstrom, Le Bugie del Marketing




Sallustio ricorda come i Romani si definissero i più religiosi tra gli uomini. Cicerone ritiene la Pietas la madre di quella forza tutta romana che tiene saldi e invincibili di fronte alle sventure. La religio romana non ha fantasia, non ha mitologia, nè filosofia: è senza slanci, primitiva. Ma la sua forza è la saggezza, la concretezza e la funzionalità. La religio romana si fonda sul do ut des, su un patto tra uomini e Dei, serio, onesto, rigoroso e disciplinato.



Sallustio ricorda come i Romani si definissero i più religiosi tra gli uomini. Cicerone ritiene la Pietas la madre di quella forza tutta romana che tiene saldi e invincibili di fronte alle sventure. La religio romana non ha fantasia, non ha mitologia, nè filosofia: è senza slanci, primitiva. Ma la sua forza è la saggezza, la concretezza e la funzionalità. La religio romana si fonda sul do ut des, su un patto tra uomini e Dei, serio, onesto, rigoroso e disciplinato. Essa non bada alle fantasie del misticismo, alla frivolezza della mitologia che narra la vita e gli amori degli Dei. I Romani rimangono con forza fedeli alle loro più antiche tradizioni, ai loro incrollabili valori, ma al contempo ammettono le influenze delle altre religioni smussandone tuttavia i lati barbarici e frivoli che possano intaccare la solidità dell'etica e della morale romana. Sempre in modo graduale e con riserva permettono alle altre religioni di penetrare in Roma ma sempre riconducendo l'essenza di tali sentimenti religiosi ai valori della praticità e funzionalità romana, attenta alle necessità dell'individuo nel privato e nel pubblico. I Romani edificarono un impero senza filosofia nè misticismo e quando Roma preferì questi ai mores religiosi della sua tradizione ebbe inizio la decadenza.


Vuoto a rendere. Germania, successo del vuoto a rendere. Perché non adottarlo in Italia? Il vuoto a rendere? In Germania è legiferato dal 1991 e da allora la sua regolamentazione si è fatta sempre più precisa. Sembra un percorso inverso a quello italiano. Mentre da noi, all’epoca, sull’onda del consumismo e dell’ “evviva l’usa e getta” si andava spegnendo l’idea che ogni bottiglia resa al negoziante potesse valere un rimborso (accadeva un po’ ovunque fino alla fine degli anni ‘80), quello stato tedesco da poco senza Muro e finalmente riunito, tra le varie cose si preoccupava di legiferare su un’importante pratica di educazione civica. Quando si dice “pensare nel lungo periodo”…

Germania, successo del vuoto a rendere. Perché non adottarlo in Italia?
Il vuoto a rendere? In Germania è legiferato dal 1991 e da allora la sua regolamentazione si è fatta sempre più precisa. Sembra un percorso inverso a quello italiano. Mentre da noi, all’epoca, sull’onda del consumismo e dell’ “evviva l’usa e getta” si andava spegnendo l’idea che ogni bottiglia resa al negoziante potesse valere un rimborso (accadeva un po’ ovunque fino alla fine degli anni ‘80), quello stato tedesco da poco senza Muro e finalmente riunito, tra le varie cose si preoccupava di legiferare su un’importante pratica di educazione civica. Quando si dice “pensare nel lungo periodo”…
La legge al momento in vigore in Germania è datata 2006. Su ogni bottiglia di plastica, vetro e latta è applicato un sovapprezzo riscuotibile alla riconsegna del vuoto, il cosiddetto “pfand”. Nello specifico, per bottiglie che non possono essere riciclate (hanno uno specifico logo sulla confezione) il deposito è di 0,25 €, per quelle di birra sia da 0,33 che da mezzo litro è di 8 o 15 centesimi a seconda del tipo di vetro, per quelle di plastica rigida è di 15 centesimi. Tutti gli esercizi che vendono una determinata bibita sono costretti ad accettarne i vuoti, anche se la specifica bottiglia non è stata acquistata da loro. Il paradosso è che, ad esempio, un mini market che normalmente vende Beck’s, ma che non ne ha venduta neanche una da mesi, è costretto a rimborsare chiunque si presenti con una bottiglia vuota della suddetta birra in mano. La cifra anticipata gli verrà resa solo quando i suoi fornitori verranno a fargli visita e ritireranno le confezioni.
Alcuni supermercati accettano tutti i vuoti catalogati come pfand (hanno un apposito marchio sull’etichetta), anche le marche che non hanno in magazzino. Succede così che presso le loro macchine automatizzate si affollano i cosiddetti Pfandsammler, i collezionisti di pfand, persone, normalmente indigenti, che girano là città con carrelli della spesa, bici e grossi borsoni raccogliendo tutte le bottiglie abbandonate per strada o buttate nei cestini. Di fatto contribuiscono a ripulire la città in maniera gratuita, anticipando e velocizzando il lavoro dei netturbini.
I pro. Riciclo (e quindi risparmio di energia e di materiale inquinante), pulizia degli spazi civici, contributo al mantenimento degli indigenti e sensibilizzazione ad un uso consapevole di plastica e plasticume (anche nei club spesso si paga un euro di deposito quando si prende da bere, che sia in un bicchiere o in bottiglia): il vuoto a rendere sembra avere solo aspetti positivi e non è un caso che anche in Italia, da alcuni mesi, si parla di una sua reintroduzione per legge. A volerla è soprattutto il Movimento 5 Stelle, autore della proposta di legge Vignaroli già presentata alla Camera lo scorso 4 aprile (qui il testo completo). Oltre che in Germania, parlando solo di Europ,a il vuoto a rendere già funziona – a vari livelli – in Danimarca, Estonia, Finlandia, Croazia, Norvegia, Svezia, Svizzera, Ungheria e Repubblica Ceca. Per una volta sarebbe bello – come già successo con la legge sul fumo negli spazi pubblici – non arrivare per ultimi.

http://www.wired.it/attualita/ambiente/2015/05/13/germania-successo-vuoto-rendere-perche-non-riadottarlo-in-italia/

mercoledì 20 maggio 2015

William James Sidis. Il più intelligente di sempre. William James Sidis, nato a New York il 1º aprile 1898, è considerato ancora oggi il più intelligente di sempre. Il sui QI, infatti, è risultato essere il più alto, avendo totalizzato 254 punti. Fin dai primi mesi della sua vita, Sidis mostrò uno sviluppo intellettivo incredibilmente precoce. A sei mesi il piccolo William già cominciò a parlare, a un anno parlava perfettamente, a 18 mesi leggeva il quotidiano, a quattro anni parlava latino, a otto anni aveva già scritto quattro libri, tra cui uno di anatomia e uno di geometria. Il percorso di Sidis diventava sempre più accidentato. Il giovane bruciava le tappe, tanto che ad 8 anni aveva capacità matematiche superiori a quelle del padre, a sua volta considerato un genio. Sempre a questa età superò i test di ammissione per l'Università di Harvard, a cui fu costretto a rinunciare perché troppo piccolo. Due anni dopo, invece, viene ammesso e il 18 giugno 1914 ottiene la laurea con lode in lettere. Nonostante la laurea in lettere, Sidis cominciò ad insegnare tre materie scientifiche: geometria euclidea (per la quale scrisse una dispensa in greco), geometria non-euclidea e trigonometria.


Piccoli geni | William James Sidis, il più intelligente di sempre.
Nato nel 1898 a New York, Sidis è tuttora considerato la persona più intelligente mai esistita. Laureatosi con lode a 16 anni, insegnò tre materie scientifiche per poi ritirarsi nell'anonimato dopo l'arresto e l'internamento psichiatrico voluto dal padre.
William James Sidis, nato a New York il 1º aprile 1898, è considerato ancora oggi il più intelligente di sempre. Il sui QI, infatti, è risultato essere il più alto, avendo totalizzato 254 punti. Fin dai primi mesi della sua vita, Sidis mostrò uno sviluppo intellettivo incredibilmente precoce. A sei mesi il piccolo William già cominciò a parlare, a un anno parlava perfettamente, a 18 mesi leggeva il quotidiano, a quattro anni parlava latino, a otto anni aveva già scritto quattro libri, tra cui uno di anatomia e uno di geometria. Il percorso di Sidis diventava sempre più accidentato. Il giovane bruciava le tappe, tanto che ad 8 anni aveva capacità matematiche superiori a quelle del padre, a sua volta considerato un genio. Sempre a questa età superò i test di ammissione per l'Università di Harvard, a cui fu costretto a rinunciare perché troppo piccolo. Due anni dopo, invece, viene ammesso e il 18 giugno 1914 ottiene la laurea con lode in lettere. Nonostante la laurea in lettere, Sidis cominciò ad insegnare tre materie scientifiche: geometria euclidea (per la quale scrisse una dispensa in greco), geometria non-euclidea e trigonometria.
La situazione familiare precipitò: i rapporti con il padre si fecero sempre più tesi, ma il punto di rottura, probabilmente, venne raggiunto nel momento in cui, partecipando ad una manifestazione operaia del primo maggio 1919, venne arrestato dopo degli scontri. La notizia ebbe ampia risonanza, William si dichiarò socialista e non credente, mentre l'accusa lo indicò come responsabile dei disordini, chiese 18 mesi di reclusione e riuscì ad imporre una cauzione di 5000 dollari (pagati dall'amico Leverett Saltonstall. Grazie all'intervento del padre che trovò un accordo con il giudice, il caso venne archiviato. Dopo l'evento i genitori – il padre era uno stimato psichiatra – lo fecero internare di forza in una clinica psichiatrica di loro proprietà. I rapporti tra William e il padre si ruppero definitivamente e portarono il giovane genio ad allontanarsi, a condurre una vita "normale" come impiegato.
Morì per emorragia cerebrale all'età di 46 anni nel 1944. Si racconta che parlasse correttamente 40 lingue e che fosse capace di impararne una in tre giorni. Mentre svolgeva la sua vita ordinaria, Sidis continuava a scrivere: furono ritrovati libri di fantascienza, scientifici e romanzi in casa sua e in quella di amici, mentre scrisse sotto pseudonimo sul Boston ben 89 articoli. Nel libro "Mondo animato e mondo inanimato" (1920) anticipa il concetto di "buco nero". Il gran numero di frontespizi ritrovati fa pensare ragionevolmente che i libri venuti alla luce non siano che una piccola parte di tutta la produzione di Sidis.





sabato 16 maggio 2015

Rollo May. L'arte del counseling.Ciò che noi desideriamo è un'organizzazione nuova e costruttiva delle tensioni (...) trasformare i conflitti distruttivi in conflitti costruttivi

"Ciò che noi desideriamo è un'organizzazione nuova e costruttiva delle tensioni (...) trasformare i conflitti distruttivi in conflitti costruttivi".
Rollo May, L'arte del counseling

"Paradigmi e rivoluzioni scientifiche" (Thomas Khun) o "Rivoluzione permanente" (Karl Popper)? Quali idee ne avete?


"Paradigmi e rivoluzioni scientifiche" (Thomas Khun) o "Rivoluzione permanente" (Karl Popper)? Quali idee ne avete?




Khun colse meglio i meccanismi evolutivi di adattamento, necessità e selezione che sono alla base dell'affermazione temporanea di un sistema, sia esso biologico-sociale che scientifico-teorico. 
Sono comunque convinto che gli apporti epistemologici di Khun e di Popper (soprattutto l'ultimo periodo), siano complementari.



Conoscendo meglio il pensiero di K. Popper di cui ignoro, come Carlo il concetto di "rivoluzione permanente", credo che da epistologo Popper abbia indicato come s'individua la pseudoscienza. Il processo di falsificabilità ha posto un un criterio di "demarcazione" tra scienza e non scienza. Lo studioso-filosofo Dario Antiseri ci ha dato la "cifra" della modernità del filosofo austriaco sotto un duplice aspetto: come epistomologo e come politico. Del primo ne abbiamo detto sopra , del secondo Antiseri riporta "Si vive in una democrazia quando esistono istituzioni che permettono di rovesciare il governo senza ricorrere alla violenza, cioè senza giungere alla soppressione fisica dei suoi componenti. E' questa la caratteristica di una demcrazia". Circa la locuzione Rivoluzione permanente", va intesa metaforicamente come progresso della scienza, senza un intento politico-rivoluzionario.



Rivoluzione, sia nel senso politico che nel senso scientifico (pur ben distinti) è un concetto che implica un nuovo sguardo antropologico-culturale nella considerazione del mondo, ovvero, una ri-considerazione.




Ma è proprio questo che credo Popper non faccia. Mentre Kuhn introduce i cambi di paradigma (quando i vecchi muoiono), Popper introduce un metodo scientifico basato sul falsificazionismo cioè nel momento in cui esprimo un'ipotesi devo cercare di falsificarla. Lakatos, che purtroppo morì troppo presto introdusse le "ipotesi ad hoc" che a fronte di "anomalie" lo scienziato produce per salvare la sua teoria. 



la vedrei così: un cambio di paradigma rappresenta in se una rivoluzione delle percezioni del mondo tangibile (mondo uno di Popper) rappresentando un nuovo modo di osservarlo (mondo due) che poi si evolve in nuovi mondi tre, se non falsificati come congetture e confutazioni: in sintesi un nuovo paradigma rivoluziona il modo di vedere le cose e se non è falsificato funziona e va bene. Questo nella scienza come nella politica, intesa come arte del decidere, e non di salir sul carro del vincitore di congetture e confutazioni.




Il confronto tra il "cambio di paradigma" e la "teoria dei tre mondi" come rappresentata da Fantuzzi va al cuore del problema: la centralità del mondo 2 (le menti e gli stati mentali). 
Senza questi ultimi, i mondi 1 e 3 non possono interagire. 
La critica ha parlato di "realismo astratto del mondo 3 "(pari alle idee platoniche) in quanto gli oggetti del mondo 3 "possono trovarsi tra loro in <relazioni logiche> (equivalenza logica, deducibilità, compatibilità (Popper)". Continua:" Queste relazioni logiche possono sussistere esclusivamente fra contenuti astratti del mondo 3, come le congetture e le teorie, e non si danno mai tra i processi mentali concreti del mondo 2".In buona sostanza Popper fa una netta distinzione tra "processi mentali" da una parte e "contenuti mentali" dall'altra. S. Moravia vede nel terzo mondo popperiano " un mondo eterno,assoluto e unico" in contrasto con "certe istanze pluralistiche avanzate dal filosofo in altri scritti".



Michaela Strauss. Il linguaggio degli scarabocchi. Lo sviluppo del disegno libero nel bambino: il significato dell’uomo, della pianta e della casa Nel primo settennio, la rappresentazione dominante nelle espressioni grafiche del bambino è l’uomo. Solo pian piano egli arriva però a raffigurarlo in modo completo; il primo abbozzo viene chiamato “uomo-pianta”, proprio perché proviene dalla percezione delle sue forze vitali che accomunano appunto l’uomo e il regno vegetale.

Lo sviluppo del disegno libero nel bambino: 
il significato dell’uomo, della pianta e della casa


Nel primo settennio, la rappresentazione dominante nelle espressioni grafiche del bambino è l’uomo. Solo pian piano egli arriva però a raffigurarlo in modo completo; il primo abbozzo viene chiamato “uomo-pianta”, proprio perché proviene dalla percezione delle sue forze vitali che accomunano appunto l’uomo e il regno vegetale.

Inizialmente, si concentrano le forze circolari espresse nel “gomitolo di vortici” con le linee rette, che ancora sono fuse e sospese; successivamente, queste si separano, portandosi verso l’alto le prime e verso il basso le seconde, come a formare una sorta di chioma e di tronco.


Vortice
Gomitolo di vortici


Attorno ai tre anni, in corrispondenza dell’arrivo dell’ ”Io”, il bimbo comincerà a sentirsi più ancorato a terra ed ecco che spunteranno i piedi, uniti con un senso di staticità, come una colonna; poi, l’aggiunta delle braccia e il primo abbozzo di movimento.
In seguito, noteremo invece come dal tronco centrale si dipartano delle emanazioni laterali, simili a rami, che ricordano proprio lo scheletro umano, che tra i 3 e i 4 anni il bambino percepisce chiaramente in sviluppo.
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disegno-libero-del-bambino:
uomo


Ecco il formarsi della struttura ritmica della “scala”, che dominerà per molto tempo il disegno del bambino, anche associato al tema della casa.
Mentre le gambe per lungo tempo saranno rappresentate per lo più fisse, le braccia appaiono da subito libere, in movimento. Con l’acquisizione della posizione eretta, l’uomo si differenzia infatti dall’animale proprio in questo: riesce a liberare braccia e mani per portarle a compiere la propria volontà.

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disegno-libero-del-bambino:
scala


Questa fortissima sensazione porta il bambino verso i quattro anni a disegnare braccia e mani esageratamente grandi, con un gran numero di dita che sembrano i raggi del sole, come antenne di percezione tese a percepire il mondo intorno, ancora tutto da scoprire soprattutto proprio grazie ad esse e al senso primario del tatto.
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disegno-libero-del-bambino:
uomo-mani



La rappresentazione dei piedi e delle gambe arriva invece intorno ai cinque anni, in modo forte e potente, fino a ridurre lo spazio di rappresentazione del resto.
Quando il bambino attorno ai tre anni arriva dal gomitolo di vortici al cerchio chiuso con punto al centro, siamo alla prima percezione di qualcosa che lo circonda, lo avvolge, come se rivivesse il grembo materno.
Questo è il principio del tema “casa”, che poi continuerà nello sviluppo anche oltre il primo settennio: essa rappresenta la necessità protezione da ciò che lo circonda, anche a livello eterico (di cui si ha percezione dopo il settimo anno).
La casa come isolamento/separazione dal mondo cambia ed evolve sorprendentemente ogni volta che aumenta l’indipendenza dell’anima, perdendosi man mano quella fusione con il mondo circostante più tipica del bambino piccolo.
Inizialmente, la casa conserva ancora elementi che ricordano la sfericità, che poi man mano si perdono fino a diventare dei rettangoli dalle pareti aderentissime alle figure umane, con un senso quasi oppressivo. Abbinato a questa fase del disegno noteremo il tipico gioco della “casetta” in ogni angolo di casa, spesso anche stretto e buio: il bimbo comincia ora a prendere le misure e le distanze tra sé e il mondo circostante.
Si accende l’interesse verso la funzionalità delle cose, che fa nascere nel disegno nuovi particolari, come la maniglia sulla porta; la casa ha finestre che aprono lo sguardo sul mondo, il camino è fumante e il bimbo si sdraia a letto o sul divano: comincia a sentirsi inserito e a suo agio nel suo mondo.
Inoltre, la “scala” si articola e diventa “torre”, in cui spesso la figura umana resta imprigionata: è il tema della paura, che nasce proprio dalla perdita fisiologica nella crescita della connessione con l’ambiente circostante.
Tipico di questo periodo, anche nel gioco, l’alternarsi nel ritmo tra chiusura ed apertura 

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disegno-libero-del-bambino:
scala-torre

Dopo il quarto anno, nasce l’immagine dell’uomo “testa-piedi”, quando il bambino ha imparato a disegnare il cerchio chiuso con punto al centro e si espande a sperimentare il mondo circostante attraverso le membra, che di lì vi dipartono quasi fossero antenne.
Talvolta, dal punto centrale del cerchio, il bambino traccia dei raggi, quasi fosse una “ruota”, che lo riporta al mondo interiore del plesso solare.
Il disegno libero nel bambino ha sempre un significato ma spesso viene sottovalutato…

Sarah Catalano
sarah@mammafatata.it
www.mammafatata.it
Bibliografia di riferimento e fotografie tratte da “Il linguaggio degli scarabocchi” di Michaela Strauss
http://www.eticamente.net/1843/lo-sviluppo-del-disegno-libero-nel-bambino.html


Scarabocchi degli adulti
A molti sarà capitato di essere al telefono o durante una riunione, di lasciare andare la mano su un foglietto e disegnare distrattamente le cose più bizzarre: cerchietti, fiori, faccine. Sono quelli che comunemente chiamiamo scarabocchi, ovvero dei disegni che in apparenza sono privi di senso, ma che nella realtà si possono rivelare ricchi di significato.

Preziose rivelazioni di sé
Molti studiosi considerano gli scarabocchi uno strumento prezioso per l’interpretazione della nostra personalità. Gli scarabocchi, come la calligrafia, sono una delle espressioni attraverso cui si rivelano emozioni e aspetti del nostro inconscio. 


A parlare non sono le parole, ma i segni tracciati spontaneamente, quando si è soprappensiero. Semplici segni che attraverso i colori usati, il ripetersi dei tratti e i soggetti dei disegni dicono molto di noi e del nostro mondo interiore, a dispetto della loro apparente casualità. 


Il disegno fa parte del linguaggio inconscio, così come il sogno, e può essere più reale della parola perché rileva sentimenti inespressi. Si tratta di manifestazioni in cui  togliamo la maschera alle nostre emozioni più autentiche e raccontiamo in modo ironico e senza ipocrisie, qualcosa di noi.

I simboli più comuni
Gli psicologi sostengono che lo scarabocchio riveli alcuni stati d’animo del momento. Capire il codice misterioso di questi segni ci può aiutare a decifrare meglio le nostre emozioni che popolano il nostro complesso mondo interiore, aiutandoci ad esprimerle senza paure o ritrosie.
Ecco alcuni possibili significati.

  • Le frecce: se la freccia è rivolta verso l’esterno può rivelare aggressività e rabbia verso l’interlocutore, e il desiderio di colpire il cuore dell’amato. La freccia all’interno, invece è la spia di un sentimento di collera inespressa contro noi stessi.
  • Fiorellini: il fiore esprime sentimenti di dolcezza, gentilezza, genuinità; indica una persona sensibile e molto aperta al mondo.
  • Forme geometriche: (cerchi, quadrati, rombi) sono espressione di un bisogno di razionalità e voglia di mettere a posto i pensieri racchiudendoli dentro ad uno schema sintetico. Ma possono denotare anche una certa chiusura di sentimento, troppo dominato dalla logica.
  • Casette: esprimono un richiamo ai valori tradizionali, e il desiderio di stabilità, sicurezza e protezione.
  • Alberi: qui i significati cambiano; alberi piccoli esprimono insicurezza, quelli grandi entusiasmo, quelli spogli povertà e vuoto affettivo, con un tronco massiccio una forte autostima.
  • Annerimento degli occhielli delle lettere: denota in genere uno stato di ansia e la presenza di problemi irrisolti
  • Volti: disegnare facce segnala il bisogno di trovare la propria identità; ma anche narcisismo, se il disegno è ricco di particolari (ciglia, tratti marcati, ornamenti).
  • Stelline: segnalano un animo idealista, ma possono nascondere anche un’aggressività latente.

Scarabocchi


I benefici dello scarabocchio

Gli studiosi sono convinti che scarabocchiare è salutare, perché vengono coinvolti processi mentali e fisici che mantengono la mente vigile e attiva impedendo al pensiero di divagare. È anche un’attività distensiva che permette di scaricare la tensione, lasciando sul foglio le sensazioni negative e gli stati d’animo del momento. Lo stesso Jung li consigliava come cura per contrastare l’insonnia.

http://www.amando.it/salute/psicologia/scarabocchi-degli-adulti.html




DOODLINGS.
Cos'è quel "vizio" di scarabocchiare disegnini su lutti i foglietti (in calce, a margine, di traverso) che mi capitano sotto mano, soprattutto in certe riunioni dove si chiacchiera molto e non si conclude niente? Ma, anche, nelle lunghe telefonate, quando l'altro, che per riguardo non dev'essere interrotto, non la smette di raccontare di sé, dei suoi acciacchi... Io, intanto, sempre a fare disegnini, a volte informali, ghirigori che si sviluppano in spirali concentriche irregolari; altre volte pietre tombali viste dall'alto, in prospettiva, o di sghembo; o i cipressi che da Bolgheri alti e schietti vanno chissà dove; o grattacieli arditissimi; o infine ritratti immaginari, spesso mostruosi, gibbosi, grifagni, non c'è limite alla fantasia dei miei disegnini.
Una gentile amica aveva preso l'abitudine di starmi a guardare e, come finiva la riunione, si precipitava a strapparmeli di mano, qualche volta mi pregava di datarli, più avanti volle addirittura che li firmassi. Lo consideravo un'innocua mania da collezionista, c'è gente che colleziona scatole di fiammiferi e altre cosucce assolutamente inutili. 
Ma un giorno m'informa che [...]
Manlio Cecovini, Dizionarietto di filosofia quotidiana.




quando andavo a scuola, le magistrali, avevo un quaderno solo per questo.
Mentre i professori spiegavano o interrogavano, io scarabocchiavo.
Era come se tenendo le mani occupate, il corpo fisico impegnato in un'attività,
la mente potesse rendersi indipendente.
Se l'insegnante era interessante seguivo ciò che diceva
ma se era noiosa me ne andavo vagando per altri mondi... E lo faccio tuttora!
Scarabocchiavo spesso una casetta, le montagne sullo sfondo e vicino delle siepi con degli alberi alti che sembravano cipressi ma che io sapevo che non lo erano. In età adulta ho trovato quegli alberi nella realtà e sono i pioppi. Mi piacciono moltissimo per le loro foglie che si muovono al minimo soffio di vento resistendogli. Che dici, vado a vedere o potrei scoprire qualcosa che non mi garba?
Però non sono d'accordo con l'ultimo paragrafo,
per me tenere la mente (corpo) occupata consente allo spirito (anima) di poter emergere e volare...



Io figure geometriche......mi preoccupa la chiusura del sentimento e la troppa logica.
Uhmm dovrò cambiare disegno.





Maria Montessori e il disegno libero.
Il disegno libero del bambino è usato come test per rilevare il loro sviluppo intellettuale e la loro capacità di osservazione. I disegni rivelano l'integrazione del bambino con l'ambiente.
Maria Montessori


La Maestra Larissa
Un passaggio della Montessori - che molti, e io stessa tra i tanti, apprezzano - sul disegno infantile, che sicuramente suscitera' un po' di discussione per le sue posizioni in merito:


"Il cosiddetto disegno libero non entra nel mio metodo:
io evito le prove immature, inutilmente affaticanti e gli spaventosi disegni tanto in voga nelle scuole moderne d'idee avanzate (...), quegli strani scarabocchi del cosiddetto "disegno libero", in cui il bambino deve spiegare che cosa intende rappresentare con i suoi inomprensibili saggi"
Maria Montessori, "La scoperta del bambino"




Beh é come e noi dovessimo spiegare gli scarabocchi che facciamo mentre siamo al telefono o ad una conferenza... Forse sarebbe più giusto chiedere perché hanno usato quei colori, come si sono sentiti mentre disegnano. Inizialmente i bambini sperimentano i materiali ed imparano il gesto e non vogliono disegnare nulla... A volte inventano per fare un piacere a noi



hai ragione,,si tende sempre a chiedere al bambino cos'ha rappresentato come se dovesse esserci sempre un significato



ci hanno sempre detto che il disegno libero era necessario per i bambini ...... e ora?......... comincio a capirci poco............ fatemi sapere.... non si finisce masi di imparare....



benvenga il disegno libero! è importante la libertà di espressione in ogni età. Non è necessario che il bambino debba spiegare cosa ha rappresentato. "Spaventosi disegni"? E' già sbagliato l'approccio da parte dell'adulto .


Ma come?? Io impazzisco invece quando quello che per noi è un puntino per loro è una balena.. No?!



Io penso che una cosa non escluda l'altra: anzi, il disegno libero è comunque frutto delle abilità acquisite in quel momento dal bambino, anche attraverso le attività strutturate proposte dall'insegnante. La creatività si esprime al meglio quando si può disporre della più vasta gamma degli strumenti acquisiti.


Mmmmm no .... Non sono d'accordo .....spesso sono proprio loro che si presentano con i propri disegni e mi dicono loro cosa hanno rappresentato ....



Dissento. Il bambino nel disegno libero comunica stati d'animo, mettendo in atto le proprie abilita' cognitive connesse alla fase di sviluppo che sta vivendo



Sinceramente... i miei bambini di 5 anni, ma anche quando ne avevano 4, dopo aver lavorato con una scheda strutturata, mi chiedono di poter disegnare " a piacere" e sono molto contenti quando sono accontentati. Conta molto la padronanza che hanno acquisito.



La frase "non entra nel mio metodo" significa semplicemente, come è scritto subito dopo, che "noi non diamo lezioni di disegno [...], eppure molti dei nostri bambini sanno disegnare fiori, uccelli, paesaggi e persino schizzi immaginari in modo invidiabile". Quindi, dopo altri esempi, la Montessori conclude: " "Noi non insegnamo a disegnare disegnando, ma dando l'opportunità di preparare gli strumenti dell'espressione. Io considero questo un vero aiuto al disegno libero che, non essendo inefficace, né incomprensibile, incoraggia il bambino a continuare!
Maria Montessori, La scoperta del bambino, p.306



disegno libero è spontaneità ed emotività del bambino che esprime in quel momento. Spaventoso è solo l'adulto che non rispetta quel tempo del bambino e ha fretta di strutturargli tutto compreso il disegno.



Non vorrei dire cavolate ma la pedagogia di loris malaguzzi ha il concetto esattamente opposto nel senso che punta al disegno libero così come alle attività di gioco non strutturato. Fin qui non ci vedo granché male se non fosse per il fatto che dopo i bambini sono quasi "costretti" a giustificare e spiegare quello che hanno fatto,che cosa ci vedono e trovare per forza qualcosa di assolutamente creativo.ed è a questo punto che mi chiedo "ma cosa si intende per libero e spontaneo?".



Concordo pienamente! Sono per un'attività didattica strutturata anche nelle espressioni grafico-pittoriche. Ogni tanto lo si può proporre ai bimbi di 5 anni!



io li lascio disegnare liberamente e adoro tutti i loro disegni! (anche perchè I MIEI disegni la suora non li appendeva dicendo che erano brutti e con questo mi ha provocato una sofferenza che ricordo tutt'ora)



Nella sostanza, la posizione di Maria Montessori è la seguente:

a) quando il bambino manifesta interesse per il segno grafico mette insieme due aspetti destinati poi a separarsi: da un lato il segno si muoverà verso la rappresentazione e quindi il disegno; dall'altro prenderà la direzione dell'assunzione di significati formali, andrà cioè verso la scrittura; in altre parole, in disegno è preludio alla parola scritta;

b) il "disegno libero", in cui il bambino deve spiegare che cosa aveva inteso rappresentare con i propri strani scarabocchi, finisce per avere scarsa rilevanza educativa se è fine a se stesso e non preparazione "della mano e dei sensi";

c) inoltre è noto che in generale i bambini, che per un certo tempo appaiono artisticamente dotati, perdono poi improvvisamente ogni interesse per il disegno e per l'espressività grafica. Divenuti più grandi le loro rappresentazioni non migliorano, appaiono poche evolute dopo la prima 'esplosione' infantile. 
Maria Montessori assume dunque, nei confronti di questo problema, un'ottica particolare: non pare interessata ad affrontare il ruolo ed il valore in sé del disegno e delle attività grafiche in genere ma ne focalizza esclusivamente gli aspetti grafici connessi con la scrittura.



Disegni liberi cioè che decidono loro di fare, quando vogliono, in che modo preferiscono.... Spesso vogliono spiegarlo perché li abbiamo abituati così



il disegno libero spontaneo è assolutamente escluso in quanto considerato del tutto al di fuori della portata del bambino. La Montessori definisce il disegno libero "sgorbio dell’anima". Il disegno è visto come esercizio psicomotorio, come preparazione alla scrittura. Esso deve essere sempre assolutamente preciso come ogni cosa nell’ambito montessoriano. Solo molto più tardi e solo per alcuni soggetti particolarmente dotati sarà possibile un disegno libero.



Il disegno cosiddetto libero è tale solo se nasce spontaneamente dal bambino e solo cosi il bambino esprime al meglio se stesso, le sue emozioni. Se gli viene richiesto diventa per forza una consegna e dunque è un'altra modalità.



Amo il suo pensiero, e qui parliamo, come sempre, del suo metodo che condivido e apprezzo da anni. Conoscendolo e sapendolo applicare è davvero una garanzia di successo nell'apprendimento dei bambini. 





un bambino autistico in Italia è stato cacciato da una scuola Montessori